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Una cinematografia “videofoninica”: il frutto dell’ibridazione Il termine “cinematografico” si fa qui, così come nelle parole di Sandra Lischi,

sempre più ubiquo, ibrido e metaforico. 119

Come scritto da Maurizio Ambrosini nel saggio Visioni digitabili, Il videofonino

come schermo assistiamo ad un cambiamento continuo, una serie di

trasformazioni che ci portano a far confluire la stessa storia del cinema nel più ampio campo della storia e teoria dei media.120 Se con l’avvento della Tv il cinema aveva preso a seguire lo spettatore entrando in casa sua, oggi, potremmo riformulare il concetto proponendo l’assunto per cui il cinema segue lo spettatore ovunque, in ogni angolo e momento della vita quotidiana. Lo ha seguito e lo segue da così tanto tempo da renderlo parte del processo, impossibilitato

dall’esimersi a cimentarsi con una pratica che da sempre lo affascina (pensiamo ad esempio ai filmati di famiglia) e che oggi è divenuto un esercizio semplice e giornaliero.

Lo sviluppo di nuove tecnologie e la composizione del telefonino, diventato nel frattempo “lo schermo al centro del mondo” provoca la nascita di nuove

esperienze per lo spettatore: cambiano gli spazi di visione, cambiano i luoghi di fruizione, cambiano i momenti ed i contesti. Il tutto generando una nuova relazione sociale con gli spazi che ci circondano. Integrando quanto detto precedentemente nella citazione di Sandra Lischi, passando per Tranché per arrivare al discorso di Ambrosini sul qui e adesso in cui l’esperienza di visione si struttura, possiamo parlare non solo di una sovrapposizione dell’esperienza

119 M.Ambrosini, G.Maina, E.Marcheschi, I film in tasca. Videofonino, cinema e televisione, Ghezzano (Pi), Felici Editore, 2009, p.7

mediale e di quella filmica, quanto di un vero e proprio stravolgimento del medium cinema derivato dal rapporto e dalla integrazione di quest’ ultimo con i nuovi media: Un lavoro di comprensione facilitato dalla portata mediale dell’ oggetto di studio, quel telefonino che contiene al proprio interno ogni elemento utile alla fruizione e alla realizzazione, se necessario, di opere istantanee.121 Tale reticolo intermediale (definizione di Gaudreault ripresa da Ambrosini), questo interscambio continuo e graduale a cui assistiamo divenendo sempre più parte attiva, ci riporta all’iniziale analisi sulla rimediazione e su come

quest’ultimo fenomeno influenzi ancora, e probabilmente per molto altro tempo ancora, ogni tipo di rapporto tra i nuovi e vecchi media.

Il telefonino è, ad oggi, “il” mezzo con cui la rimediazione si mostra nei suoi aspetti centrali. Un mezzo di comunicazione con funzione ancora prettamente vocale che, al tempo stesso, permette di riprendere e replicare le immagini in maniera immediata. L’ibridazione crescente lo rende il mezzo centrale per svolgere in un solo gesto diverse funzioni: se con la rivoluzione digitale, infatti, ad ogni medium sono state conferite funzioni nuove, il videofonino è il risultato finale di una rivoluzione che ha generato e continua a generare novità, senza sosta alcuna.

Secondo Elena Marcheschi, la rimediazione, rappresenta la generazione di novità oltre che essere antesignana della cultura convergente jenkinsiana di cui abbiamo largamente parlato in precedenza. 122 Il cambiamento culturale avvenuto con l’avvento del digitale ha portato con sé un vero e proprio cambiamento culturale in cui i contenuti si muovono in maniera liquida, fluttuando tra i diversi media e

121 Ivi, p.16 122 Ivi, p.31

su piattaforme differenti, settori diversi hanno preso a cooperare tra loro e il pubblico si è fatto migrante, attento e partecipe nel ricercare modalità di intrattenimento sempre nuove. 123

E’ chiaro che in un panorama del genere, la telefonia mobile, e il telefonino come mezzo assumano un ruolo capitale nel processo di convergenza dei media e nel consumo mediatico quotidiano degli utenti. Il videofonino con il suo essere schermo di visione e ripresa porta al “convergere” al proprio interno di funzioni differenti.

Ancora citando la Marcheschi possiamo individuare nel mezzo oggetto di analisi le caratteristiche di una ibrida ambiguità in cui le varie funzioni e applicazioni sono sublimate in un unico strumento. La funzione primaria dell’oggetto, la possibilità di comunicare vocalmente, è divenuta altra, superata o se vogliamo “potenziata” dalle nuove possibilità di utilizzo. Il regno della parole si è espanso, è esploso in qualcosa di nuovo grazie all’intervento delle immagini.124

Possiamo individuare nel videofonino un mezzo che è costantemente a portata di mano e in cui anche la funzione primaria sta lentamente perdendo importanza e primarietà rispetto alle funzioni nuove e “secondarie” del mezzo.

Se fino a poco tempo fa avremmo affermato senza paura di essere smentiti che la funzione prima del videofonino è quella di “effettuare chiamate”, oggi, con lo sviluppo di tecnologie sempre più avanzate e l’implementazione di nuove applicazione e funzionalità del mezzo, potremmo quasi azzardare che la possibilità di scattare immagini ad una alta risoluzione, così l’avere sempre con sé

123 H. Jenkins, Cultura Convergente, Milano, Apogeo, 2007, p. XXV - XXVII 124 M.Ambrosini, G.Maina, E.Marcheschi, I film in tasca. Videofonino, cinema e televisione, Ghezzano (Pi), Felici Editore, 2009, p.32

una videocamera capace di renderci novelli reporter o registi di fatti di cronaca o documentaristici, stia nemmeno troppo lentamente spostando le priorità funzionali del medium verso nuovi territori.

Il linguaggio visivo che sta lentamente ibridando e cannibalizzando tutti i restanti linguaggi, trova nel telefonino il mezzo multimediale per fare propria la battaglia del primato. Ciò che è importante sottolineare, e che è parte importante dei discorsi di Marcheschi e Lischi, è che avere a che fare con questo “nuovo” e potenziato mezzo di espressione, significa sempre più avere a che fare con un’estensione corporea principale; costantemente attaccata alle nostre mani, alle nostre braccia, fino a divenirne protesi. Una prossimità della telecamera al corpo dell’ operatore già teorizzata e favorevolmente pronosticata da artisti come Michael Gaumnitz e Peter Greenaway.125

Abbiamo a che fare con uno strumento potenziato e che a sua volta potenzia la nostra percezione e i nostri sensi (basti pensare alla possibilità di zoomare su un’inquadratura precisa), accorciando la nostra distanza dalla realtà. Uno strumento portabile, capace di immagazzinare un discreto quantitativo di dati, personalizzabile. Un “luogo” di emissione di testi audiovisivi che delega alle volte tale funzione a quelle di ripresa e montaggio di immagini. Schermo e monitor, finestra su un mondo immaginario e pannello di controllo.

La ritualità di visione, un tempo propria dell’istituzione cinematografica si va sgretolando sotto la pressione di nuove forme di fruizione e nuovi spazi di visione. Il nostro sguardo, mediato da tale medium e dalle nuove possibilità di visione offerte, si fa via via più precario, sollecitato in maniera molteplice in cui è

messo in crisi il principio di visione fondato sul gaze immersivo ed esclusivo; in favore di una fruizione flessibile in cui il gaze muta in glance, sguardo instabile ed epidermico più vicino al cinema delle attrazioni. 126

Quel che è certo è che ci troviamo a fare i conti con forme testuali sempre più brevi, con spettatori disattenti e multitasking costantemente attratti da più schermi nello stesso momento, in un panorama mediale che ci inonda di contenuti e rende complessa l’analisi dei percorsi futuri. Oggi l’accessibilità al mezzo e al suo utilizzo è ampia, diffusa, nevrotica per certi versi e ci spinge a ripensare alla divisione manichea tra lavori amatoriali e professionali.

Nelle conclusioni cercheremo di rispondere a quest’ ultimo quesito, oltre che ad analizzare i possibili, complessi, scenari futuri dovuti alla costante mutazione del medium e del suo rapporto con l’istanza cinematografica.

126 Ivi, p.24

- Conclusioni