Il nuovo scenario mediale e lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione hanno generato e stimolato la nascita e la crescita di un nuovo sistema sociale costantemente interconnesso. Nell’ultimo decennio, tanto l’interazione elettronica che l’integrazione continua dei media hanno portato all‘ estensione del raggio d’azione personale e dalle potenzialità interattive in una sfera globale.
L'energia ibrida che alimenta molti dei fenomeni culturali contemporanei costituisce una differente logica di lavoro determinata dal desiderio di costruire messaggi al contempo vecchi e nuovi, attraverso l'impiego di varie combinazioni. Siamo difronte ad un’estetica dell’ibrido che Lev Manovich descrive come una investigazione sistematica di questa particolare porzione della cultura contemporanea, guidata dall’estetica dell’ibrido. Una porzione culturale in cui le logiche dei digital network si intersecano con le numerose logiche già stabilite dalle varie forme culturali.
Nell’odierno panorama culturale prende sempre più spazio l’idea di remix, in quanto risultato di una fusione tra le forme culturali consolidate nella conoscenza comune (tv, radio, libro, telefono, ecc.) e le nuove tecniche software.
Assistiamo oggi, con la crescita esponenziale dei vari mobile tools (telefonino, iPod, smartphone e, un tempo, il walkman) alla messa in crisi del concetto
di audience come normalmente inteso dalla sociologia dei mass media, poiché scompare l'idea di un luogo di produzione fisso e di un luogo di consumo altrettanto fisso ed emerge una realtà costituita da una molteplicità di contesti e
modalità di fruizione culturale. Una nuova fruizione partecipativa in cui l’utente
accede, avendo la possibilità di dare propri input ai media con la probabilità di
intervenire direttamente nel processo di produzione. Grazie alle modalità 2.0, l’utente, può creare e trasmettere prodotti mediali attraverso l'utilizzo di piattaforme convergenti e crossmediali.
Ne sfrutta le capacità di interazione, stabilendo una relazione bidirezionale tra produttore e consumatore, relazione in cui il coinvolgimento del secondo è tale da creare in esso una (illusione) sensazione di controllo dell’atto creativo.
Il concetto di partecipazione è, come visto precedentemente, lungamente trattato, nonché uno dei tratti distintivi dell’opera di Jenkins “Convergence Culture”. Partecipazione, convergenza mediatica e intelligenza collettiva, sono i tre concetti le cui relazioni Jenkins analizza profondamente all’interno del fondamentale testo del 2006. La partecipazione può avvenire a diversi livelli e può riguardare le grandi aziende (con grande potere decisionale) e gli individui singoli (con minor capacità decisionale).
L’azione combinata delle nuove riforme culturali quali la convergenza mediatica, la cultura partecipativa e l'intelligenza collettiva genera ciò che Jenkins definisce “costruzione collettiva del significato” grazie alla strutturazione di nuovi percorsi di senso su scala globale. 50
Il cambiamento culturale nato con lo sviluppo del Web 2.0 offre una grande varietà di siti e applicazioni che permettono all'utente di avere una nuova e più ricca esperienza del Web stesso. Tra contenuti aperti (Open Content), riuniti in due macro-categorie: i contenuti generati dai creative amateur (blog) e i contenuti
generati dagli utenti (User Generated Content o UGC). Questi ultimi possono essere delimitati entro una serie di definizioni dalle sfumature differenti:
« short for user-generated content, UGC is the term used to describe any form of content such as video, blogs, discussion form posts, digital images, audio files, and other forms of media that was created by consumers or end-users of an online system or service and is publically available to others consumers and end-users. User-generated content is also called consumer generated media (CGM) ». 51
O ancora come:
« any form of content such as blogs, wikis, discussion forums, posts, chats, tweets, podcasting, pins, digital images, video, audio files, and other forms of media that was created by users of an online system or service, often made available via social media websites ».52
Per conclude la parte dedicata alle definizioni useremo quella di Luca Grivet Foiaia, il quale definisce gli UCG come:
« creazione online di database di contenuti aperti da parte degli utenti in modalità condivisa/pubblica basati su un'architettura di partecipazione ».53
51 http://www.webopedia.com/TERM/U/UGC.html 52 http://en.wikipedia.org/wiki/User-generated_content 53 http://www.slideshare.net/giuliodestri/guida-alweb2
Le piattaforme basate sulla produzione di contenuti da parte del pubblico puntano sul valore aggiunto della creatività e della creazione dal basso (user add value), sfruttano lo spirito partecipativo e collaborativo degli utenti, offrendo, in cambio, spazio sul Web, accesso a dati preziosi, funzionalità utili e la possibilità di mostrarsi. La partecipazione bottom-up (dal basso verso l'alto), la mentalità collaborativa, la peer production (la produzione a opera di un gruppo di pari) e la condivisione delle conoscenze hanno partorito nuovi modelli di business e un nuovo modo di concepire l'economia detta wikinomics.
Procediamo ora verso la comprensione e l’analisi di alcuni degli aspetti principali di questa cultura del consumo e della produzione “dal basso”.
Per quel che riguarda le pratiche fandom, Massimo Scaglioni nel saggio Consumo
di Cinema e Pratiche Fandom, analizza tale concetto a partire dal termine “culto”.
Termine, quest’ultimo, oggetto di numerose ricerche accademiche e divenuto termine “etichetta” utilizzato nei contesti e per le finalità più diverse. Dovremmo porci la domanda su cosa sia un culto? Parola che convoglia nella stessa classe prodotti differenti come Matrix (blockbuster hollywoodiano di ampia circolazione), un anime qualsiasi o un J- Horror, tra loro così diversi e con canali di diffusione/distribuzione diametralmente opposti. Un concetto che attraversa tanto le sponde del mainstream, quanto quelle della nicchia, con l’aspetto sottoculturale a separarne in alcuni casi la natura.
Ciò che è certo è che la parola “culto” viene utilizzata in maniera trasversale, un meta-genere che attraversa testualità mediali differenti (film, serie tv, divi, oggetti, libri, ecc.) e che si muove entro strategie discorsive variegare e alle volte poco
conciliabili (“film d’arte” o “d’autore” vs cinema di explonation o b-movies e pellicole di successo commerciale).54
Il tutto viene accomunato dalla dimensione relazionale, sociale e culturale che possono generare, portando alla creazione di legami e consonanze identitarie che uniscano i membri in un lifestyle comune.
Un approccio costruttivista come quello di Le Guern – utilizzato da Scaglioni per avvalorare le proprie tesi – non può essere scisso dal concetto di fandom e dalle relazioni che questo termine instaura con prodotti mediali e cinematografici. Vengono fissati da Scaglioni alcuni “tratti idealtipici” del culto mediale, che possono essere sintetizzati come segue:
« a) esprime l’attribuzione di un particolare valore; b) funziona come elemento unificante in grado di generare gruppi o comunità di spettatori; c) definisce insiemi di natura sottoculturale, sebbene essi possano estendersi fino a comprendere un’intera generazione; d) crea un apporto di affetto ed entusiasmo fra culture fandom e testi di culto; e) genera particolari pratiche rituali come concreta manifestazione di questa relazione di culto ».55
Tale relazione culto/fandom manifesta alcuni tratti essenziali dell’economia culturale contemporanea, portando sul piano estetico e del gusto all’esaltazione, in alcuni casi, del brutto, dell’eccessivo e del camp56 come origine stessa del cult; sul
piano sociale genera culture fandom che ruotano attorno alla costruzione di
54 Federico Zecca, Il Cinema della Convergenza, cit., p. 244 55 Ivi., p. 245
56 Il termine camp si riferisce all'uso deliberato, consapevole e sofisticato del kitsch
nell'arte, nell'abbigliamento, negli atteggiamenti. Il fenomeno deve molto alla
rivalutazione delle culture popolari avvenuta negli anni sessanta, e negli anni ottanta alla diffusione del concetto di postmoderno applicato all'arte e alla cultura.
identità specifiche, all’espressione della soggettività e a comunità e forme di affiliazione, “in un contesto generale in cui modalità tradizionali […] sembrano progressivamente liquefarsi”.57
Gusto, soggettività e comunità si configurano come i concetti centrali che hanno guidato l’analisi dei culti mediali e cinematografici degli ultimi anni.
C’è bisogno, però, di analizzare le pratiche di fandom cinematografico contemporaneo mettendole in relazione alle trasformazioni in atto nel sistema dei media. Non basta più la lettura biunivoca dei processi in corso tra istanze top-
down d’incorporazione e bottom-up di resistenza (tra cui fandom e cultismo).
Scaglioni suggerisce di partire da una lettura differente e più articolata, organica, delle interrelazioni fra le diverse componenti del sistema dei media. In quest’ultimo caso dovremo analizzare i processi di consumo entro cui tali pratiche si sviluppano: scelte di marketing, conformazione del mercato e, al tempo stesso, le caratteristiche tecnologiche che consentono o inibiscono forme inedite di distribuzione e fruizione, oltre che i linguaggi e generi entro cui si sviluppano determinate pratiche di valorizzazione e di fandom.58
Tali pratiche di culto vengono analizzate da Scaglioni partendo da tre concetti chiave che, secondo quest’ultimo, contribuirebbero a “chiarirne le caratteristiche e la specificità nell’età della convergenza: estensione, accesso e brand”.59 L’accesso moltiplicato al processo cinematografico e la crescita esponenziale di pratiche fandom – o di culto- , producono una serie di effetti di cui, ad esempio, la ri-vitalizzazione della sala è uno degli aspetti principali. Senza contare la
57 F. Zecca, Il Cinema della Convergenza, cit., p. 245
58 Ivi, p.247 59 Ivi, p.252
circolazione dei prodotti su piattaforme diversificate, legali e non. Definiamo il prodotto mediale contemporaneo come un racconto esteso, in cui, al centro, non compare più un singolo testo ma una “galassia” di testi che si sviluppano su diverse estensioni.60
Possiamo sostenere che il fandom contemporaneo trovi in rete la sua massima espressione. Negli ultimi anni sono esplose le frammentazioni di testi cinematografici, con le scene principali caricate su YouTube, la condivisione degli archivi personali attraverso siti di peer-to-peer, costruzione di websites dedicati a film e personaggi finzionali, pagine facebook a cui accordare un like, montaggi che creano miscellanee di pellicole differenti, finti trailer, parodie e raccolta di informazioni e condivisione su forum appositi. Abbiamo elencato una serie di pratiche grassroots – che potremmo tradurre in maniera generale con il termine attivismo – utili a strutturare quel più ampio, complesso e ricco panorama che risponde al nome di fandom; processo e termine che indica:
« the community that surrounds a tv show/movie/book etc. Fanfiction writers, artists, poets, and cosplayers are all members of that fandom. Fandoms often consist of message boards, livejournal communities, and people.
The Harry Potter fandom has some of the most diverse fans, from eight year olds to thirty somethings ».61
60 Scaglioni sottolinea come tale aspetto non sia una novità propria del digitale, ma che
affonda le proprie radici in episodi precedenti all’avvento digitale. Basti pensare a uno dei modelli di culto più famosi di sempre: Star Wars. Ivi, p.253
Un fenomeno che si mostra come trasversale e diffuso, in cui possono essere evidenziate tre esigenze di fondo: espressione di identità, condivisione di gusti e interessi, costruzione di una comunità.
Proprio per quanto riguarda quest’ultimo punto prendiamo come esempio lo studio di Ruggero Eugeni sulle relazioni con i soggetti del mondo diretto. Nell’analizzare l’esperienza mediale nelle sue varie sfaccettature, Eugeni esamina la costruzione di relazioni tra il soggetto dell’esperienza mediale e altri soggetti facenti parte del suo mondo di vita.
L’analisi parte dalla clip finale di Grave Danger, episodio tarantiniano della serie CSI. La clip in questione è quella relativa al salvataggio di Nick dopo che questi è stato rapito e sepolto vivo.
Troviamo Nick appena ripresosi da una sorta di allucinazione dovuta alla mancanza di ossigeno e ai morsi delle zanzare che lo stanno tormentando. La squadra sta lavorando per liberarlo, scava disperatamente mentre l’ossigeno nella bara diminuisce ogni minuto. Eugeni pone il caso che un black-out faccia spegnere il suo televisore e lo porti a dover ricercare la clip finale su YouTube: il più grande connettore e archivio di filmati disponibile oggi. Delle 140 clip presenti che riguardano l’episodio in questione, molte sono costruite secondo un mélange che sintetizza il doppio episodio condensandolo in pochi minuti, aggiungendo a questo una nuova colonna sonora originale e manipolazioni grafiche di vario tipo.62
62 Un esempio del lavoro fatto su alcune clip di Grave Danger, miscelate con altri episodi
in cui è presente Nick. Oltre al montaggio di parti provenienti da vari episodi è stato aggiunto un sonoro ex novo: https://www.youtube.com/watch?v=KT9cUnr1sPc
Trovata la clip che abbraccia i 4 minuti decisivi, postata dall’utente MissyWatson, in due clip separate, racconta gli attimi che portano al salvataggio di Nick grazie al piano di Grissom. I primi commenti al video 63 raccolgono racconti dell’esperienza mediale dei singoli. Descrivono apertamente la propria esperienza di visione dell’intera clip o di singole parti. Creano dibattito rispetto alla richiesta e fornitura di alcune informazioni, aiutano a creare comprensione dell’episodio, di alcuni passaggi, migliorando in generale la nuova esperienza di visione. Nella sua ricerca, Eugeni, si imbatte in comunità di fan e blog in cui si discute dell’episodio in questione. Si discute in alcuni casi delle scelte stilistiche di Tarantino, con una netta divisione tra la comunità di fan del regista, che ne apprezza le novità introdotte, e una comunità di spettatori che, invece, si delineano come non particolarmente amanti delle scelte di quest’ultimo. Da questo viaggio tra siti Internet, blog e piattaforme video, Eugeni estrapola alcuni interessanti spunti. Ci troviamo di fronte ad un formato che ha perso la propria linearità, che si mostra ora come reticolare e aperta. Non più un’esperienza di flusso ma ambientale. La produzione discorsiva e l’intreccio sono affidate a “un coro” di voci che intrecciano il discorso in forma cooperativa: a questo coro possiamo aggiungere la nostra voce, trasformando la relazione del discorso con il mondo diretto e portando la nostra esperienza verso una dimensione partecipativa. 64
L’analisi dei siti che parlano di Grave Danger, ci dà la possibilità di notare ed esaminare le relazioni che si costituiscono tra i soggetti dell’esperienza mediale
63 https://www.youtube.com/watch?v=1v8QZox6LfE
64 R. Eugeni, Semiotica dei Media, Roma, Carocci Editore, 2010, p.193
all’interno del mondo diretto. Notiamo come i soggetti coinvolti sentono di condividere un patrimonio a cui ognuno può aggiunge il proprio tassello di conoscenza. Abbiamo a che fare con una serie di legami affettivi con i personaggi, degli antefatti alla storia analizzata, adesione ai valori che determinano alcuni dei comportamenti dei protagonisti. Jenkins, nell’analizzare un processo similare, afferente alle comunità di fan on-line dedicate nel 1991 alla serie culto Twin Peaks, ne associa i processi ad una certa similarità con le comunità del sapere di Pierre Lévy. Il teorico della convergenza, analizzando la community
alt.tv.twinpeaks, dimostra come i fan lavorino insieme per compilare grafici
degli eventi e dei frammenti di dialogo, condividendo materiale provenienti da giornali e usando la rete per passarsi file, videocassette, romanzi. Scambiarsi aiuti e azzardare ipotesi rispetto alla serie diretta da David Lynch diventa consuetudine; la comunità era altamente affascinata dalla potenzialità del lavoro collettivo, dalla possibilità di costruzione del senso di un prodotto televisivo che avviene in maniera collettiva come se la pellicola fosse “un manoscritto da decifrare”.65 La condivisione aveva portato la comunità a tessere intrecci sempre più elaborati e fornire spiegazioni di volta in volta sempre più interessanti. Il tutto arrivò al punto che il racconto lynchiano non riuscì più a tenere testa alle analisi della community. La televisione aveva la necessità di diventare più sofisticata per riuscire a reggere il confronto con gli spettatori più impegnati e attenti.
Tornando all’episodio di CSI analizzato da Eugeni, ci troviamo in aggiunta a quanto detto, ad interfacciarci con un processo che si basa sulla fiducia reciproca. I soggetti in questione sentono di potersi fidare gli uni degli altri. Molti dei
soggetti coinvolti affidano al resto della comunità la determinazione della propria esperienza: confidano a sconosciuti i propri aspetti emozionali più intimi della visione. Questo perché sanno di essere al sicuro, di potersi aprire senza pericoli. Condivisione e fiducia sono due aspetti interagenti, che si basano su un mutuo interscambio.
Il ricettore del testo filmico non è più un semplice decodificatore, bensì un soggetto attivo che mette in atto una serie di operazioni complesse e articolate.66 Troviamo di fronte a noi comunità che abitano insieme uno stesso ambiente mediale, con soggetti impegnati nel costruire e tessere un discorso all’interno di tale esperienza condivisa, iscrivendo tracce della propria presenza e di quella altrui.
Sono presenti confessioni intime che mostrano le reazioni emotive più profonde e private che vengono rese pubbliche. Oltre alla confessione ci troviamo ad affrontare una serie di giudizi rispetto all’opera analizzata: in questo caso sono principalmente i blogs a mettere in atto questa serie di interventi, che rappresentano un’altra modalità di esporre un sentire personale. In altri casi abbiamo a che fare con un’implementazione congiunta e coerente di saperi condivisi: le richieste di informazioni e chiarimenti, il mettere a disposizione di tutti le proprie competenze specifiche, il giungere a fornire risposte attraverso la cooperazione, sono tutte modalità di azione congiunta. Azione di cui l’esempio precedente della comunità nata intorno a Twin Peaks è un altro episodio lampante.
66 R. Eugeni, Semiotica dei Media, cit,, p.194
Possiamo, infine, assistere alla produzione di nuovi materiali mediali prodotti dagli stessi soggetti che partecipano allo scambio dialogico (parliamo in tal caso di UGC, user generated content). In alcuni casi abbiamo a che fare con prodotti simili a quelli di confessione e giudizio. In altri casi siamo più vicini a quelle che Eugeni definisce come “comunicazioni di servizio”, utili a consolidare il patrimonio di saperi comuni. Un esempio di questi ultimi sono rappresentati dai clip che riassumono Gave Danger in pochi minuti.
Mondo diretto e indiretto non sono slegati, dunque, anzi Eugeni ne individua alcuni punti di contatto centrali nel rapporto tra esperienza di visione del telefilm e la partecipazione della comunità.
Lo sviluppo diegetico e l’attenzione posta ai soggetti del mondo indiretto ha un’importanza rilevante e centrale rispetto al culmine raggiunto in fatto di condivisione di memorie, valori ed emozioni che lega lo spettatore e i soggetti della visione.
Assistiamo ad una ricca sequenza di soggettive e semi-soggettive dei detective che ci aiutano a seguire i salvataggio di Nick “con” i componenti della squadra Csi, immedesimandoci e creando un comune grado di sapere, oltre che emozionale, tra noi e i membri del gruppo a cui affidiamo il nostro sentire.
Il salvataggio di Nick, celebra secondo Eugeni una riammissione di uno dei membri all’interno della comunità.
« Questa cerimonia riproduce l’attraversamento dello schermo televisivo e si presta dunque a essere interpretata dallo spettatore come un ripercorrere e celebrare la propria ammissione alla condivisione di saperi, affetti e memorie che lega la squadra ».67
Analizzando la sotto sequenza in cui Grissom e Nick dialogano separati da una lastra di plexiglass, Eugeni mostra come all’attivazione della stessa e il successivo contatto fisico tra i due personaggi riconfiguri il legame tra spettatore e personaggi del mondo indiretto. L’esperienza di visione non appare più isolata, ma condotta assieme a un gruppo di soggetti che trasforma il gruppo in una comunità inclusiva, che soffre, vive la paura della morte, spera e opera insieme, consolidando il legame sociale.
Il legame sociale che si configura in questo modo è fluido, pronto a contagiare e coinvolgere chiunque abbia vissuto la stessa esperienza, anche l’intera fan base e il pubblico di Grave Danger.
La squadra di Csi si configura come modello di una seconda comunità, speculare e reale: la comunità degli spettatori che si identificano ed entrano a far parte del mondo indiretto celebrando, al tempo stesso, la propria appartenenza e consapevolezza di essere parte di una comunità spettatoriale facente parte del mondo diretto.
Il rapporto che si instaura tra soggetti del discorso e lo spettatore consente, inoltre, di sfruttare le conoscenze condivise per suturare i potenziali vuoti della narrazione.
67 Ivi, p.194
Continuando ad analizzare Grave Danger, Eugeni individua numerosi blanks di cui l’esperienza mediale dissemina il percorso dello spettatore. Vuoti che il pubblico colma attraverso forme più o meno cooperative di interpretazione.