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Nella fase più recente del Cinema, quest’ ultimo ha instaurato un intreccio via via più fitto con gli altri mezzi audiovisivi. Ad oggi il linguaggio cinematografico si compone di una pluralità di materie, fondato su un interscambio costante con altri linguaggi. Questa serie di transizioni va accrescendosi costantemente dall’avvento del digitale il quale, convertendo i differenti segni in codici elementari, rende immagini e suoni facilmente disponibili a molteplici trattamenti e facilmente trasferibili da un dispositivo all’altro.

I diversi linguaggi si sono influenzati da sempre in maniera reciproca, arricchendosi vicendevolmente. Se, come sostiene Luciano Giusti nel suo saggio

Forme Intermediali nel Cinema Dopo il Cinema, le immagini hanno sempre

trasmigrato in maniera sottocutanea da un medium all’altro: oggi, la trascrizione algoritmica ha portato ad un movimento che ha assunto un andamento vorticoso. Riferendosi all’attuale statuto delle immagini, De Giusti sostiene:

« Tradotte in sequenze binarie di 0 e 1, esse fluttuano più agevolmente da un testo all’altro, anche di media diversi, qualunque sia la piattaforma d’origine che le ha materialmente generate. Nel sistema, inaugurato dalla convergenza digitale, i media sono sempre più simili a vasi comunicanti, nei quali le immagini e suoni, ridotti al minimo comun denominatore del codice tecnologico di base, circolano fluidamente, come se il

digitale inducesse nei testi un passaggio di stato e la loro solida materia subisse una specie di liquefazione ».95

Tali e tanti passaggi mutano inevitabilmente la fisionomia del linguaggio cinematografico, generando prodotti mediali ibridi che sono in alcuni casi il frutto degli interscambi intrattenuti con linguaggi differenti. Questa attività di transizione di contenuti da un medium all’altro è utile a rinnovare le possibilità del cinema di raccontare storie che si costruiscono attraverso forme e strutture a modelli letterari nuovi, non riconducibili ad altre strutture preesistenti.

Il contemporaneo scenario mediale vede avvenire scambi sotto forma di prestiti, citazioni, infiltrazioni e contaminazioni che trasfigurano il linguaggio cinematografico.96 Tali movimenti possono avvenire in modalità e misura variabile, portando alla nascita di nuove configurazioni linguistiche che assumono forme meticce a cui approcciarsi con uno sguardo nuovo, analitico e rinnovato. Riprendendo McLuhan, De Giusti sottolinea come questi momenti di ibridazione portino alla creazione di “fertili condizioni per l’evoluzione e il rinnovamento di ciascuno”. Proprio lo studioso di Edmonton scriveva a riguardo:

« L’ibrido, ossia l’incontro tra due media, è un momento di verità e di rivelazione dal quale nasce una nuova forma ». 97

Tale aumento costante di contaminazioni e forme ibride rende sempre più lontane dal contemporaneo le posizioni di chi, come Robert Bresson, immaginava ed

95 L. De Giusti(a cura di), Immagini migranti, cit., 2008, p. 10 96 Ivi

auspicava un cinema capace di far affidamento soltanto sulle proprie specificità. Un divieto alla promiscuità che segna una soglia estetica da non oltrepassare, ogni arte ha una propria impronta che si manifesta in ogni passaggio attraverso l’arte stessa e non può avvenire, dunque, in nessun altra forma. Nel suo scritto, De Giusti, sostiene e mostra come in ogni scambio gli elementi espressivi vi sia una tendenza a far perdere la propria impronta d’origine. Ogni linguaggio importa l’ entità e le specificità di un altro facendone proprie le caratteristiche e piegandole a proprio favore le rende coerenti con il proprio principio di funzionamento, cancellandone, di fatto, le tracce dalla fonte. Ogni medium che ne incorpora un altro lo metabolizza, preservando, al tempo stesso, la propria specificità.

L’ aumento degli scambi dovuto allo svilupparsi della fluidità digitale, tende a ridurre le barriere e assottigliare le differenze delle identità linguistiche tra i diversi media. Vengono disegnate così quelle che De Giusti definisce “zone di frontiera”, create per osmosi o per reciproci sconfinamenti. Delle vere e proprie aree comuni. 98

In questa accelerazione di mescolanze ci troviamo davanti ad un panorama rimediato dove, per rimediazione, Bolter e Grusin vedono la rappresentazione di un medium all’interno di un altro. 99 Anche se nell’ultimo decennio si è largamente e maggiormente diffuso il termine «intermedialità», con cui si disegna, secondo Gaudreault, il processo di trasferimento e di migrazione, tra i media, di forme e contenuti. 100

98 L. De Giusti(a cura di), Immagini migranti, cit., 2008, p. 10 99 J.D. Bolter, R. Grusin, Remediation, cit., 2002, p.73

100 L. De Giusti(a cura di), Immagini migranti, cit., p. 16

Le attuali specificità testuali dell’ambito cinematografico sono configurate secondo una serie di racconti transmediali, la cui importanza è riconosciuta anche dai media conglomerate di riferimento. Un modello produttivo aggiornato all’ attuale epoca della convergenza non può non prescindere, anche, dalla correlazione transmediale utile ad ottimizzare lo sfruttamento “sinergico” di un

movie franchise. 101

Dopo l’esperienza cardine di Star Wars di George Lucas, la reiterazione multimediale del film è stata utilizzata per massimizzare i profitti del franchise. Videogiochi, libri, fumetti, l’obiettivo diventa moltiplicare i flussi di vendita di prodotti collegati al franchising di riferimento della pellicola. Sono quelle che Cucco definisce come “fruttuose sinergie” nate e cresciute grazie a pratiche eterogenee – dall’adattamento del film al merchandising vero e proprio – riconducibili ad una matrice comune di riferimento, pur nella loro eterogeneità. Materiali multimediali con un’esistenza semiotica autonoma e una struttura testuale autosufficiente. 102

In questo scenario transmediale, la dimensione narrativa dei prodotti assume un ruolo centrale, con questi ultimi strettamente connessi in tutte le “incarnazioni” del media frachise. I prodotti stessi sono diventati parte della storia, entrando a far parte di quello che Jenkins definisce come transmedia storytelling. 103

« Transmedia storytelling represents a process where integral elements of a fiction get dispersed systematically across multiple delivery channels for the purpose of creating a unified and coordinated entertainment experience. Ideally, each medium makes it own

101 Federico Zecca, Il Cinema della Convergenza, cit. 2012, p. 18 102 Ivi, p.18

unique contribution to the unfolding of the story. So, for example, in The Matrix franchise, key bits of information are conveyed through three live action films, a series of animated shorts, two collections of comic book stories, and several video games. There is no one single source or ur-text where one can turn to gain all of the information needed to comprehend the Matrix universe ». 104

I diversi elementi propri di una narrazione vengono dispersi attraverso molteplici canali con lo scopo di creare un’esperienza d’intrattenimento coordinata e unificata. Max Giovagnoli individua a riguardo quattro coordinate che definisce “obbligatorie”: il coinvolgimento dei diversi media che devono supportarsi a vicenda, mantenendo intatte le caratteristiche specifiche ma operando in continuità, all’interno di un unico sistema. L’accessibilità dei contenuti su supporti e piattaforme diverse, senza per questo provocare sovrapposizioni e interferenze. L’ impiego dei diversi media per supportare un’ unica storia, definendo una o più prospettive tra loro complementari. La condivisione da parte dei diversi media, delle “strutture del racconto” e delle “storie da loro mostrate”.105

Riprendendo il lavoro di Jenkins, Zecca individua come caso esemplare di

franchise contemporaneo quello di Matrix, definito dallo studioso di Atlanta come

“intrattenimento per l’era della convergenza mediale”, un caso che diviene il simbolo del proprio manifesto “convergente”. L’universo narrativo di Matrix prevede una segmentazione del discorso attraverso tre film, tre videogiochi, tre serie di webcomics e una miniserie animata in nove episodi. Ogni prodotto è stato

104 http://henryjenkins.org/2007/03/transmedia_storytelling_101.html 105 Federico Zecca, Il Cinema della Convergenza, cit. 2012, p. 22

realizzato o co-prodotto da sussidiarie della Time Warner, il conglomerato proprietario del franchise specifico di Matrix.

Pensiamo ad esempio alla corsa in autostrada di Matrix Reloaded (F.lli Wachowski, 2003), la seconda pellicola del franchise in cui fa improvvisamente la propria comparsa il personaggio di Niobe. Non siamo di fronte ad un “trucco” di sceneggiatura, come lo definisce Zecca, ma abbiamo a che fare con un elemento proveniente dal primo videogioco della serie: Enter the Matrix.

L’arrivo per tempo di Niobe all’appuntamento con Morpheus rappresenta una delle “missioni chiave” che il videogamer deve portare a termine.

Matrix rappresenta in questo una grossa novità. I prodotti ancillari alla pellicola

non sono semplici appendici alla storia, sono veri e propri elementi “organici” che si integrano perfettamente nella storia.

Jenkins spiega il suo punto di vista della complessità multilivello di Matrix anche attraverso una storia a fumetti di Peter Bagge – con una serie di 25 strisce il disegnatore aveva ampliato i contenuti per il sito di Matrix, una di queste strisce mostrava alcuni amici appena usciti dal cinema: mentre i primi due scambiano opinione entusiastiche sulla pellicola, il terzo esprime tutta la sua perplessità. Una pellicola come quella dei fratelli Wachowski segna un divario ampissimo tra quanti l’hanno compresa e apprezzata rispetto a coloro che non sono riusciti ad esaminarne fino in fondo la stratificazione del testo. 106

Fig. 1 Peter Bagge alle prese con la perplessità di uno spettatore di Matrix al cinema.

Ad oggi, quello dei f.lli Wachowski è ancora, con ogni probabilità, uno dei prodotti che ha chiesto una maggiore partecipazione del proprio pubblico al fine di comprendere pienamente e seguire ogni singolo passaggio della pellicola. Non ci limitiamo a dire ciò fermandoci ad una mera questione di acquisizione del senso intrinseco dell’ opera, quanto facendo riferimento alla necessità di operare

uno studio al limite dell’ investigativo per andare a mettere insieme le varie parti del racconto suddiviso in tre capitoli.

Se, infatti, Matrix ha introdotto i propri spettatori all’interno di un mondo filmico dove il confine tra realtà e illusione è sfumato oltre ogni limite, al tempo stesso ha spinto quegli stessi spettatori a muoversi come detective alla ricerca in rete di risposte al grande quesito: “Che cos’è Matrix?”. Ad esempio, The Matrix

Reloaded si apre senza nessun riepilogo e presuppone una nostra padronanza della

sua complessa mitologia e del cast di personaggi secondari. I registi hanno disseminato degli indizi che per noi non hanno alcuna rilevanza se non quando entriamo in contatto con il computer game e con le nuove istanze che quest’ultimo ci presenta.

Per un fan della trilogia si tratta di muoversi continuamente all’interno di prodotti mediali differenti ma ben integrati, che hanno avuto il merito di creare una ricerca continua di materiali che potessero suturare i passaggi più impenetrabili, svelando gli enigmi aperti dalla storia. Fiorirono e non poco le community di condivisione di impressioni e notizie riguardanti il “mondo di Matrix”, in cui gli utenti scambiavano informazioni, suggerimenti, possibili soluzioni ad enigmi, condividendo la propria conoscenza e mettendola al servizio degli altri.

Un esempio di tale attività è rappresentata da siti come www.matrixcommunity.org e www.hackthematrix.org. Il primo in particolare si struttura come un collettore di diversi altri siti con attenzione posta al mondo di Neo e Morpheus.

Il dilemma della comprensione di un opera, solitamente collegato al cinema europeo, artistico ed indipendente, veniva ora associato, come mai prima ad un cosiddetto prodotto cult e mainstream.

La prima pellicola e il primo videogame avevano venduto come nessuno in precedenza; mesi prima dell’uscita The Matrix Reloaded era già diventato film “da vedere” ad ogni costo.

Jenkins sostiene a riguardo:

« The Matrix è intrattenimento per l’era della convergenza mediatica. In esso molteplici testi sono integrati in una trama narrativa così complessa da non potersi dipanare attraverso un singolo medium. I fratelli Wachowski hanno condotto magistralmente il gioco transmediale, prima facendo uscire il film per stimolare l’interesse e concedendo qualche raro fumetto sul Web ai fan più accaniti e più curiosi, poi lanciando l’anteprima animata della seconda puntata e contemporaneamente il gioco per computer, così da sfruttarne la pubblicità. Infine, hanno chiuso il cerchio con The Matrix Revolutions e affidato tutta la mitologia prodotta nelle mani dei giocatori del gioco multiplayer online».107

The Matrix è un intrattenimento per l’era dell’intelligenza collettiva, in cui per riprendere Pierre Lévy, “la distinzione tra autori e lettori, produttori e spettatori, creatori e interpreti si confonderà” per formare “un circuito” di espressione in cui ogni partecipante è impegnato a “sostenere l’attività” degli altri. Il tutto porterà l’opera a divenire un “attrattore culturale” o un attivatore culturale, capace di unire diverse comunità e spingerle alla partecipazione, interpretazione,

esplorazione e infine nella creazione diretta dell’ opera. Su quest’ ultimo punto, il caso analizzato precedentemente con le pellicole Life in a Day e Italy in a Day rappresentano una prima espressione, su larga scala, di quanto sostenuto da Levy. Un’ opera che sia sempre aperta e mai chiusa su se stessa.

Se prendiamo The Matrix come esempio di narrazione transmediale, dobbiamo aprire un ulteriore spazio di analisi sulle tipologie sistemi (trans) mediali (come li definisce Zecca ponendo il suffisso tra le parentesi) che Giovagnoli suddivide in tre categorie a seconda delle relazioni stabilite tra i media coinvolti. In base a queste ultime possiamo distinguere tra: un sistema supportivo, “in cui i diversi media nei quali è articolato il racconto si integrano positivamente uno con l’altro, compartecipando all’immaginario e ai contenuti; un sistema competitivo, “in cui i diversi media si spartiscono ruoli e varianti specifiche dei contenuti del

progetto”; un sistema onnivoro, “in cui i diversi asset mediali sono subordinati alla presenza di un mezzo di comunicazione principale, dal quale tutti gli altri dipendono si per l’attribuzione dei contenuti sia per la diffusione

dell’immaginario specifico”. 108

Estendendo l’analisi di Giovagnoli al cinema hollywoodiano, potremmo dire che quest’ ultimo è caratterizzato, principalmente, dal sistema onnivoro in cui il cinema rappresenta il fulcro del sistema transmediale, riuscendo ad attrarre e catalizzare le altre piattaforme che servono a sviluppare il racconto filmico. Preso Matrix come esempio di narrazione transmediale, come storia raccontata su diversi media, notiamo che ciascun medium è chiamato in causa per esprimere le

108 Federico Zecca, Il Cinema della Convergenza, cit. 2012, p. 23

proprie caratteristiche precipue di modo che la storia possa essere approcciata in maniera autonoma attraverso differenti punti d’ ingresso. Ci troviamo di fronte ad un’esperienza di visione sempre più frammentata che necessità di una profondità e immersione crescente nella fruizione del prodotto mediale. Dato che media diversi attraggono diverse fette del mercato, un buon franchise tende a coprire uno spettro ampio di mezzi, proponendo contenuti leggermente differenti per ogni singolo mezzo.

Il transmedia storytelling sviluppa – nell’accezione jenkinsiana del termine – un’ unica storyline grazie a un meccanismo che Zecca definisce di proseguimento e continuazione, che ha come obiettivo il portare a compimento il racconto (ciò che accade in Matrix ) o di rilanciarlo oltre il suo termine iniziale (come nei casi di serie Tv a cui fanno seguito dei lungometraggi cinematografici). Il tutto avviene nel rispetto dell’autonomia narrativa dei differenti segmenti, in modo da permettere ai consumatori occasionali di fruire in maniera indipendente di ogni singola parte; con il contributo di ogni singolo modulo alla costruzione e “comprensione additiva” del racconto transmediale; la coerenza dei moduli transmendiali al canone del franchise, in modo da permetterne lo sviluppo omogeneo anche attraverso piattaforme differenti.

Nel caso di Matrix, l’universo diegetico è composto, nello specifico, da una macrostoria in tre lungometraggi – testi primari a fare da base del racconto -, dall’

Ultimo volo dell’Osiris primo episodio della serie animata Animatrix e dal

videogame Enter the Matrix. Gli altri 8 cortometraggi animati, la serie di fumetti

The Matrix Comics e il videogame online The Matrix Online compongono il

ultimi hanno una funzione meramente catalitica rispetto al racconto principale, questo perché se espunti dall’universo diegetico non pregiudicano il senso e la comprensione totale del racconto. Sono estensioni diegetiche che tendono alla continuazione del racconto; tali forme sono alternative alle seconde che cercano di includere il mondo reale all’interno di quello finzionale ( e viceversa ).