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Per evitare il rischio di ripetere concetti già espressi, mi piacerebbe concentrarmi in questo spazio su quei fenomeni che prendono il nome di post-convergenza, termine con cui vengono individuate le nuove prospettive nate dopo l’era della convergenza precedentemente analizzata.

La complessità maggiore, in un contesto mediale liquido e facilmente cangiante come quello descritto, resta proprio l’individuazione dei momenti di inizio e fine di un ciclo, di un fenomeno che possa essere rinchiuso all’interno di una

definizione. Per quanto riguarda il termine Convergenza abbiamo individuato qualcosa che è riassumibile, ancora una volta, con le seguenti parole:

« In general, convergence is a coming together of two or more distinct entities or phenomena. Convergence is increasingly prevalent in the IT world; in this context the term refers to the combination of two or more different technologies in a single device. Taking pictures with a cell phone and surfing the Web on a television are two of the most common examples of this trend ». 127

A partire dalla fine degli anni ’70, con la progressiva digitalizzazione dei mass media, possiamo segnare l’inizio di quella serie di fenomeni definiti convergenti. Una unione dei media che hanno preso a convergere secondo modalità differenti rispetto anche alla possibilità di essere rappresentati come realtà alfanumeriche.

A partire dalla convergenza dei mezzi di produzione – con i computer sempre più centrali per la creazione e l’editing di testi, immagini, suoni, film ed immagini televisive – abbiamo assistito alla graduale sostituzione dei differenti media con software all’interno di calcolatori costantemente crescenti in potenza.

Convergono anche i network, sempre più presenti grazie al segnale digitale. Cresce la possibilità di rappresentare ogni forma mediale:

« Distribution networks converged. All kinds of networks could carry the digital signals representing various media forms. Telephone wires, television cable networks, computer networks, and wireless telephone networks were all able to transmit telephony, television and internet traffic of all kinds. Business sectors converged. Before

digitization, the computer industry, the publishing industry, the telephone industry, the film industry, the music industry and the broadcasting industry were thought of as separate business sectors. Owners of telephone and TV cable networks soon realized, however, that they had become competitors in the business of carrying all kinds of digital signals. News corporations realized that they could also produce radio and television on the computers they had bought for newspaper production. Radical mergers and

acquisitions followed, the most spectacular being the combination of Netscape, America Online, Time and Warner culminating in the huge conglomerate AOL Time Warner in 2001. Genres and services converged. Websites provided stories and information in video and sound as well as writing and images, with links to pages where consumers could shop, reserve tickets, do their banking, or file tax forms. The technologies used by consumers, such as television sets, telephones, newspapers, video recorders, DVD players, game consoles, and computers converged ».

Tra i primi a riconoscere determinate forme di sviluppo, Nicholas Negroponte è stato tra i primi ad utilizzare il convergenza per descriverle. Durante gli anni ’90, leader del business, politici e giornalisti hanno scoperto e utilizzato il termine convergenza come parola che ben esplicava tutta una serie di grandissimi cambiamenti nel media business. La parola convergenza è stata usata ancora nei tardi ’90, quando secondo Negroponte ci si era già addentrati nella “digital age”.

Arriverà un punto, e secondo alcuni è già arrivato, in cui il fenomeno convergente dovrà placarsi, giungere al termine di un percorso che potrebbe coincidere con la fine degli interscambi tra media differenti, magari con i media che hanno

converso in un’ unico prodotto tecnologico o, piuttosto, è stato raggiunto il massimo limite di convergenza possibile.

Dall’altro lato potremmo avere l’esplosione di piccole nicchie di prodotti proposti da singoli attori mediali e media companies diversificate che porteranno ad un fenomeno di tipo divergente.

L’evoluzione del fenomeno convergente pare arrivata da anni al suo punto massimo, lo zenit dell’evoluzione che, però, non pare scemare mai. Il concetto di convergenza è, come visto, strettamente legato allo sviluppo tecnologico delle device e alle innovazioni mediali che crescono di pari passo. In passato si è parlato largamente di una digital “über-box”, una media machine che riuscisse a sintetizzare in sé ogni media conosciuto. 128

In questi anni abbiamo affrontato una vera e propria esplosione di differenti device che in maniera differente si prefiggevano di condensare al proprio interno

ogni forma e possibilità di utilizzo mediale. Nel 2007 creò enorme interesse lo sviluppo e la commercializzazione dell’ Apple iPhone, ennesima device che prometteva di avere al suo interno tutte le possibilità mediali in un’unica forma tecnologica. Così come l’iPhone anche la PlayStation Portable della Sony si prefiggeva lo stesso obiettivo. Due device con funzioni essenziali differenti, uno un telefono, l’altra una game console, con una costante crescita di possibilità di scelta delle device.

Negli anni è continuata incessante la crescita di nuovi gadget/device da acquistare così come i content providers hanno continuato a creare messaggi in forme

differenti. Fagerjord aveva individuato già alcuni anni fa il punto di non ritorno, il punto in cui i nuovi sviluppi mediali non erano più assimilabili sotto il processo che prende il nome di convergenza.

Al termine convergenza andrebbe affiancato quello di divergenza, legata all’inarrestabile proliferazione dei media: una diretta conseguenza della digitalizzazione.

Fagerjord propone a questo punto di descrivere i fenomeni degli ultimi anni con un nuovo termine: remix. Tale termine viene descritto dallo studioso attraverso le seguenti parole:

« Convergence is the process of levelling the differences between the different media. Digital representation has become a lingua franca; it has created a shared space where forms from different genres in different media may be combined in new ways, creating new genres.. I have characterized this process earlier as a “rhetorical convergence” (Fagerjord, 2003a, 2003b). In the present essay, I will propose the term remix to characterize how rhetorical convergence is created. This is only a subtle difference, but

by using remix I hope to change the focus away from an understanding of media development as convergence, as indicateds above.

As we will see, I am not the first to use this word. Lawrence Lessig (2007) has described modern folk culture as a “remix” culture or a “read/write” culture. Millions of people with inexpensive computers copy and paste elements from digital mass culture and assemble them into new works. (Jenkins (2006) uses the term Convergence Culture for the very same phenomenon.) I will use the concept in a similar way, trying to show that it is a fitting description for many phenomena in the age of YouTube. In music, to remix is to create a new version of a recording by altering the mix of the different musical elements, or also to introduce new elements. Some remix artists create completely new pieces by combining elements of different recordings. In what follows, I would like to point out that this is quite parallel to how several new media developments have come about. First, I will describe remix as a way of creating new genres from pieces of earlier genres. Then I will discuss remix as a certain mode of creativity, allowing anyone to become a media auteur. Last, I will suggest that the massive file sharing we are witnessing is part of the same development, as a remix culture is a culture of “rip and create” ». 129

Grazie alla digitalizzazione è stato possibile concentrare all’interno di un’ unica device una serie di elementi differenti provenienti da media già esistenti, una serie di movimenti definiti convergenti che cozzano con la realtà dei fatti: una serie di processi come quelli descritti in queste pagine sono potenzialmente infiniti.

129 Ivi, p.190

In realtà il concetto stesso di remix che secondo Fagerjord descriverebbe in maniera più decisa tutta questa serie di fenomeni è stato nel tempo assimilato al discorso stesso sulla convergenza, divenendone, di fatto, parte integrante.

I vari generi possono formarsi attraverso strade differenti, creative e non, ma ad oggi anche il concetto stesso di remix applicato al discorso mediale può apparire superato o comunque già perfettamente integrato nella matrice più ampia e complessa dello studio sulla convergenza.

Abbiamo da fare a questo punto una serie di considerazioni riguardati la remix culture e l’influenza portata sulla fruizione del prodotto mediale.

Innanzitutto ci troviamo a confrontarci con un sistema di segni in cui non c’è più una netta distinzione dei metodi di fruizione, i film che guardiamo non vengono guardati in una sala dall’inizio alla fine senza interruzione ma spesso skippati, con la possibilità di muoverci all’interno degli stessi andando avanti e indietro per confrontare le nostre impressioni. Possiamo ritrovarci ad analizzare prodotti mediali che sono il frutto di combinazioni di differenti sistemi di segno per ciascun testo, e con testo non ci riferiamo soltanto al quello filmico ma più in generale a testi in cui compaiono hyperlinks, o in cui sia possibile per l’audience di alterare e selezionare la sequenza delle differenti parti.

La tela su cui fruiamo dei prodotti mediali è cambiata: ci troviamo ad interagire con filmati si muovono in schermi di forme e risoluzioni varie e differenti. Siamo passati dai grandi schermi dei teatri e delle sale cinematografiche ad una serie di schermi di dimensioni variabili, questione che porta l’esperienza di visione ad essere ridotta e, spesso, con una qualità ridotta in termini di definizione audio video rispetto al prodotto originale. In particolare tale questione viene aumentata

quando parliamo di opere che rielaborano elementi originali inserendo all’interno contributi propri, modificando di fatto l’impostazione iniziale dell’ opera originale.

Come visto in occasione delle esperienze di Life In a Day, cambiano anche le modalità di distribuzione con una premiere affidata a YouTube e la successiva distribuzione in sala della pellicola. Questioni di broadcasting come il tempo per cui sarà disponibile un determinato tipo di testo sono altrettanto centrali nel nostro discorso. Così come un ragionamento sulla tipologia di lavoro con cui ci confrontiamo in casi come quello di Life in a Day e Italy in a Day, come potremmo definire in questi casi il lavoro registico? Chi è veramente il regista della pellicola? Quali modalità di sviluppo sono state adottate in queste pellicole che spesso differiscono, al proprio interno per impostazione, stile, modalità di realizzazione e qualità audio/video delle differenti clip? Potremmo trovarci a chiederci come cambi in queste opere lo status e la figura del regista o come potremmo definire opere collettive che in qualche modo portano ad un cambiamento di paradigma rispetto allo statuto dell’ opera filmica.

E ancora, ritornando sul lavoro di Federico Zecca potremmo analizzare come la svolta digitale abbia inevitabilmente modificato la fisionomia della mediasfera novecentesca.130

Quel che mi pare certo e chiaro è che rispetto a quanto sostenuto da Fagerjord, e cioè che il termine convergenza andrebbe sostituito con quello di remix possiamo senza dubbio affermare che la cultura convergente è ancora oggetto di analisi più che mai centrale, e che la stessa idea di remix proposta come sostitutiva o

alternativa alla prima sia in qualche modo già stata inglobata in un discorso più ampio e complesso che è lungi dall’essere concluso.

In un panorama in cui lo spettatore si trova a richiedere esperienze di intrattenimento sempre nuove, la cooperazione tra settori diversi dell’industria mediale è una realtà tutt’altro che superata. L’epoca che vivivamo è forse il punto massimo della convergenza mai raggiunto, in cui i pubblici connessi e la cultura

partecipativa (termine che con la convergenza ha uno stretto rapporto di

subalternità) sono tutt’altro che superati, anzi.

Ciò che risulta curioso è che proprio nel momento in cui il fenomeno si trova nel suo lungo periodo di massima diffusione, il dibattito riguardo determinati fenomeni pare essersi cristallizzato, come se tutto fosse già stato detto e fosse complesso riuscire a spingersi oltre. C’è un elemento che è centrale nel discorso fatto fino ad ora ed è rappresentato dalla centralità acquisita dall’attività dello spettatore. Centralità che può svilupparsi in modi differenti e che ci porta all’aspetto forse più importante del discorso, ovvero il cambiamento nella produzione e nella circolazione dei contenuti dei media dall’avvento di una certa cultura partecipativa.

Che tipo di lavoro incontriamo quando analizziamo opere in cui sono i fruitori stessi ad essere parte del processo produttivo? Che tipo di testo filmico affrontiamo in quel caso? Come cambia la narrazione quando si confronta con tipologie di narrazioni convergenti? Quanto influiscono i social media – citati in maniera incidentale da Jenkins nella propria opera – sui processi di costruzione di franchise filmici? Di che tipo di esperienza di visione parliamo quando abbiamo a che fare con proiezioni fugaci, fruite su schermi multiformi e fuggevoli come

quelli dei cellulari che teniamo fra le mani? Quali forme nuove nascono dal migrare di forme ed immagini, appartenenti a mondi culturali differenti, sotto lo stesso comune denominatore?

Sono solo una parte delle domande che sono state fatte e dovremmo continuare a farci per provare a rilanciare ulteriormente il discorso riguardante la convergenza nel secolo in corso. Ricordandoci che abbiamo a che fare con un fenomeno di massa e che è tale fenomeno è divenuto inscindibile dallo sviluppo dei fenomeni sociali e social che sembrano aver preso una certa centralità nell’analisi dei bisogni e della risposta dei consumatori rispetto all’elemento filmico. Quel che è certo è che ci troviamo difronte a domande ampia e che necessitano di analisi particolari per ogni interrogativo, ma la convergenza è tutt’altro che finita.

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