Jan Simons in YouTube but iPhone: quanto sono cinematografici i film girati con
il telefonino?, analizza come l’idea stessa di “cultura della convergenza” non sia
definita in modo chiaro e inequivocabile. Lo stesso Jenkins afferma come tale termine si riferisca al “flusso di contenuti attraverso più piattaforme mediatiche, la cooperazione tra imprese diverse, la ricerca di nuove forme di finanziamento tra vecchi e nuovi media e il comportamento nomade dei pubblici che sono alla ricerca di nuove esperienze di intrattenimento gratificanti”. 114
Il termine convergenza rappresenta, dunque, un insieme di processi tecnologici è al tempo stesso un insieme di processi sociali e culturali che tendono ad agevolare la comparsa, sempre più ampia, di una “cultura partecipativa” in cui gli utenti dei
new media con una esperienza minima nell’utilizzo delle tecnologie, possono
diventare prosumers, dei consumatori-produttori di contenuti.
In un ambiente cross-mediale come quello visto fino ad ora, il videofonino raccoglie in sé tutti gli aspetto precipui della convergenza: contiene al proprio interno una grande serie di media e pratiche mediali diverse (telefono, sms, mms, email, internet, video, televisione, musica, radio, navigatore, giornali, riviste, ecc.), fornendo al tempo stesso agli utenti degli strumenti adatti a produrre, modificare e pubblicare contenuti di varia natura (fotografia e videocamera, così come strumenti di editing). In aggiunta a ciò abbiamo la possibilità di ricercare
114 Jan Simons, YouTube but iPhone: quanto sono cinematografici i film girati con il telefonino?, «Bianco e Nero», n.568 (2010), p. 32
informazioni e la possibilità di usufruire di tutto in ogni momento, luogo o situazione.
Simons vede nel telefono cellulare un prototipo della convergenza mediale, ma, al tempo stesso, un aspetto centrale nella “divergenza” dei media: un singolo
apparecchio in mezzo ad una moltitudine di gadget ed apparecchi elettronici apparsi nel panorama mediale (lettori mp3, console videogiochi, e-book reader, lettori dvd portatili, computer portatili navigatori, ecc.), integrando l’enorme quantità di mezzi già esistenti (Tv, radio, videoregistratori e lettori dvd fissi). Mezzo convergente tra dispositivi divergenti.
Inoltre, il videofonino pone la questione di una esplosione e proliferazione di schermi che saturano e trasformano l’ambiente urbano, sottoponendoci ad una continua selezione visiva rispetto alle possibilità di visione e alla quantità di stimoli a cui, quotidianamente, veniamo sottoposti:
« il piccolo schermo portatile è solo una manifestazione della massiccia proliferazione di schermi di tutte le «taglie» forme e formati, che trasformato l’ambiente urbano
contemporaneo in una fonte apparentemente inesauribile di stimoli (audio) visivi. Ovunque si vada, non solo si è continuamente osservati e registrati dalle telecamere di sorveglianza, ma ci si trova davanti agli occhi una miriade di schermi, che popolano vetrine di negozi, mezzi di trasporto pubblici e auto private, sale d’attesa, piazze, uffici […] e qualsiasi altro luogo di ritrovo immaginabile ».115
L’immagine in movimento è stata liberata da tale proliferazione di schermi: come altri contenuti mediali nell’epoca della cultura della convergenza, questa corrente
di immagini in movimento scorre attraverso molte piattaforme, di diversa entità e mobilità,, in luoghi differenti e disparati. L’immagine in movimento è oggi più che mai ubiqua e promiscua, con il videofonino a fare da grande aggregatore di tale promiscuità. La visione sullo schermo ha perso la funzione esclusiva di luogo dell’immagine in movimento, divenendo contenitore su cui compaiono
documenti, dati, testi, fotografie, pagine web e molto altro ancora. Lo stesso schermo del telefono è la rappresentazione più viva di questo
mutamento della funzione dello schermo: da luogo deputato alla visione, come rito collettivo o familiare, nello spazio cinema o nel salotto di casa, per la visione di film, ad elemento multitasking che racchiude in se uno spettro ampio e
complesso di funzioni alternative.
Le immagini registrate dal vivo sono soltanto una parte delle possibili forme che l’informazione visiva può assumere; in una mescolanza che la porta a fondersi e a condividere lo spazio e il tempo con testi, grafica e altri ibridi mediali, tali
elementi possono scorrere attraverso differenti piattaforme mediatiche ma, al tempo stesso, i contenuti appartenenti a differenti tipologie di contenuto possano essere fruite e racchiuse in una medesima piattaforma: in questo caso il
videofonino stesso. La convergenza in una delle sue applicazioni maggiormente esplicative dei fenomeni in atto.
Assistiamo al processo di ibridazione dei contenuti mediali – che sono per lo più di tipo visivo e quindi particolarmente adatti ad incontrarsi su schermi di ogni tipologia, dimensione e formato – da cui il cinema è tutt’altro che immune. Dalla diffusione dei phone movies possiamo trovare uno spunto per aprire uno spazio di discussione sulla cosiddetta remix culture:
« Remix culture is a society that allows and encourages derivative works by combining or editing existing materials to produce a new product. A remix culture would be, by
default, permissive of efforts to improve upon, change, integrate, or otherwise remix the work of copyright holders. In his book Remix, Harvard law professor Lawrence Lessig presents this as a desirable idea ». 116
Accanto al computer - mezzo che ha proliferato e tenuto il centro del discorso sui media fino ad oggi – anche il cellulare (che in tutto è per tutto sta assumendo le caratteristiche di un minicomputer) sta assumendo le forma di un meta-medium, termine caro a Manovich, al cui interno si fondono non soltanto i contenuti veicolati dai diversi media ma anche le tecniche di riferimento, i metodi di lavoro e i modi di rappresentazione ed espressione. L’incremento rapido e continuo delle nuove tecnologie e gli ambienti software con caratteristiche simili (quando non identiche) così come la semplicità di integrazione tra gli stessi, crea le possibilità di base per cui una qualsiasi opera formatasi a partire dal lavoro di questi meta- medium, può utilizzare tutte le tecniche a disposizione o parte delle stesse per creare un lavoro che, in precedenza, poteva essere sviluppato soltanto attraverso l’utilizzo specifico dei diversi media presi singolarmente.
I processi di convergenza e divergenza in atto, hanno portato ad una serie di considerazioni sull’attuale statuto di tali forme di cinema: Possiamo considerarle come cinema vero e proprio? Il Phone Movies è in tutto e per tutto cinema o è qualcosa di diverso, qualcosa che ha superato gli steccati e portato il cinema oltre i propri confini per farlo esplodere nelle strade, nelle piccole stanze buie di migliaia di spettatori pronti a fruire del film in ogni momento (le cosiddette
immagini portatili) ed in ogni momento pronto a “fare cinema” grazie alle caratteristiche di: Jemeinigkeit, ovvero il suo essere proprio mio, individuale, personalizzato, di contro a un telefono domestico che può appartenere a più persone; Zuhandenheit, per il suo essere sempre in tasca e a portata di mano, utilizzabile nel senso che abbiamo la possibilità di tenerlo facilmente tra le mani e in tasca, maneggiabile in ogni momento e situazione; Befindlichkeit, rispetto al suo essere emotivamente situato, con il suo vibrare e poter far vibrare l’immagine, in un senso sia letterale che figurato e che coinvolge, stimolando, la sfera della partecipazione mia di chi filma e chi guarda.117 Non è questa la sede per un’ analisi approfondita dello statuto del cinema e della sua reale collocazione al tempo dei Phone Movies, troppo ampio il campo di ricerca e gli elementi da analizzare; quel che è certo è che proliferano i festival dedicati a questo tipo di realizzazioni ( basti pensare al Pocket Film Festival, all’ International Mobile
Film Festival, all’Iphone Film Festival o alla sezione dedicata a tale fenomeno dal Sundance Film Festival, per rendersi conto della portata di tale fenomeno), a
latere di ciò anche il ragionamento sulla cinematograficità di certi prodotti mediali andrebbe rivista e ripensata in funzione della perdita di cinematograficità del film stesso, sempre meno fenomeno “da sala” e sempre più immagine portatile come definite da Rafael R. Tranché nel suo saggio dal titolo Immagini portatili: dallo
schermo al computer.118
117 M. Ferraris, E. Terrone, Doppia Firma. Ontologia del mobile movie, «Bianco e Nero»,
n.568 (2010), p. 18