La libera circolazione dei capitali riguarda le transazioni finanziarie autonome, ossia non collegate alla consegna delle merci e alla retribuzione per la prestazione di servizi o per l'esecuzione di lavori. Essa si distingue dalla libera circolazione dei pagamenti che invece riguarda le controprestazioni in denaro strettamente collegate agli scambi di beni e servizi.
Nel Trattato originario della Comunità europea non era previsto un obbligo di eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali, ma soltanto un impegno condizionato "al buon funzionamento del mercato comune" e l'impegno di non rendere più restrittive le regolamentazioni esistenti (art. 67 del Trattato di Roma, ora abrogato). Sostanzialmente l'obiettivo era di consentire soltanto la liberalizzazione ai trasferimenti di
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valuta relativi agli scambi di merci, servizi o capitali (art 106 Trattato di Roma).
L'art. 67 non aveva effetto diretto e quindi per attuare la liberalizzazione dei movimenti di capitali furono emanate due direttive nei primi anni sessanta. Esse prevedevano la libera circolazione dei capitali connessa all'esercizio delle libertà fondamentali, lasciando però agli Stati membri la facoltà di controllare "la natura e la realtà" dei trasferimenti54.
In particolare sono stati liberalizzati incondizionatamente gli investimenti diretti, i crediti a breve e medio termine relativi a operazioni commerciali e gli acquisti di titoli negoziati in borsa.
Negli anni successivi alcuni Stati dell'Unione, senza aspettare le decisioni comunitarie, abolirono quasi integralmente le restrizioni alla circolazione dei capitali, mentre in altri Paesi i movimenti di capitali vennero molto controllati, al fine di contenere gli squilibri della bilancia dei pagamenti.
La svolta si verificò nel 1986, quando la Commissione predispose un Programma di liberalizzazione dei movimenti di capitali. Il programma si concluse il 24 giugno 1988 con l'emanazione della direttiva n. 361, la quale introdusse una liberalizzazione integrale tra gli Stati membri dell'Unione europea decretando l'abolizione, dal 1° luglio 1990, di tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra residenti comunitari. In questo modo la liberalizzazione venne estesa anche alle operazioni monetarie che possono avere maggior incidenza sulla politica monetaria dei Paesi, cioè i prestiti finanziari, i depositi in valuta o le operazioni sui titoli.
Tuttavia la direttiva prevedeva una clausola di salvaguardia che permetteva agli Stati membri di attuare delle misure di protezione nei casi in cui ingenti movimenti di capitali di breve termine potessero causare gravi perturbazioni nella conduzione della politica monetaria. Queste misure si
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Direttiva del Consiglio dell'11 maggio 1960, in GUCE del 12 luglio 1960 e Direttiva del Consiglio 63/21/CEE, del 18 dicembre 1962, in GUCE del 22 gennaio 1963.
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potevano applicare solo a specifiche operazioni e si potevano mantenere limitatamente per un periodo di sei mesi.
Infine la direttiva concedeva ai Paesi membri di mantenere restrizioni permanenti sui movimenti a breve termine, per un periodo limitato di tempo.
Successivamente, con il Trattato di Maastricht è stato definitivamente sancito che la liberalizzazione dei movimenti di capitali si doveva considerare un principio assoluto, quindi non più legata al finanziamento del mercato comune. La disciplina dei capitali e dei pagamenti fu unificata nel capo quarto del Trattato, corrispondente agli artt. 63-66 TFUE.
L'art 63 TFUE introduce il principio di piena libertà dei movimenti di capitali e dei pagamenti tra Paesi membri, e tra questi e gli Stati extracomunitari.
Sono escluse dalla disposizione dell'art. 63 le normative nazionali e comunitarie (già in vigore il 31 dicembre 1993), che prevedono restrizioni nei rapporti con i Paesi terzi, relative a investimenti diretti (inclusi gli investimenti immobiliari), allo stabilimento, alla prestazione di servizi finanziari e all'ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari. (art. 64, n. 1).
Inoltre gli Stati membri possono:
1. applicare normative tributarie che operino una distinzione tra contribuenti che abbiano residenza e collocamento del capitale in luoghi diversi (art. 65, lett. a);
2. controllare che non siano violate le leggi nazionali, "in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie", "stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica", e infine "adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza" (art. 65, lett. b).
In ogni caso i controlli degli Stati membri non possono ostacolare i movimenti di capitali che non siano contrari al diritto comunitario. A riguardo si precisa che i Paesi membri non possono impedire o sottoporre ad una
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previa autorizzazione i trasferimenti, tra Stati membri, di valuta, in quanto questo sarebbe contrario a quanto disposto dall'art. 58 TFUE, a meno che sia necessario ai fini di ordine pubblico o di sicurezza55.
Inoltre l'art. 66 TFUE prevede misure di salvaguardia comunitaria. In particolare nel caso in cui movimenti di capitali con i Paesi terzi "causino o minaccino di causare difficoltà gravi per il funzionamento dell'Unione economica e monetaria", il Consiglio ha la possibilità di mettere in atto delle misure nei confronti dei Paesi terzi, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione e dopo aver consultato la Banca centrale.
L'ultima fase dell'Unione economica e monetaria si realizzò il 1° gennaio 1999, quando si stabilì che non era più possibile applicare, agli Stati membri che avevano adottato l'Euro, le clausole di salvaguardia previste dagli artt. 119 e 120 TCE applicabili in caso di difficoltà o di crisi della bilancia dei pagamenti.
Infine per realizzare il mercato unico dei capitali è stato predisposto un piano di regolamentazione dei servizi finanziari (il cosiddetto PASF, sostituito da un Libro Bianco sulla politica dei servizi finanziari 2005-2010). Esso riguarda i servizi di investimento, i settori bancario e assicurativo e importanti proposte di riforma del diritto societario.
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