3. Libertà di stabilimento e di prestazione di servizi La libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi si riferiscono
3.3. Libera prestazione di serviz
Mentre il diritto di stabilimento prevede che i cittadini e le società debbano esercitare la propria attività autonoma in un altro Paese comunitario in modo continuativo e permanente, la libertà di prestazione di servizi prevede che lo svolgimento di tale attività sia solo occasionale e temporaneo. I beneficiari della libera prestazione dei servizi sono le persone fisiche con cittadinanza europea e che sono stabiliti in uno Stato membro diverso da quello del destinatario della prestazione. Possono anche usufruire della libertà di prestazione dei servizi i prestatori cittadini di Paesi terzi, stabiliti all'interno dell'Unione (art 56 TFUE).
Inoltre beneficiano di questa libertà anche le persone giuridiche costituite in conformità con la legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l'amministrazione centrale o il centro di attività principale all'interno dell'Unione (art. 62 TFUE, che richiama l'art. 54 TFUE che riguarda lo stabilimento delle società).
La disciplina della libertà dei servizi non si applica a situazioni puramente interne, cioè a quelle situazioni che si esauriscono all'interno di un solo Stato
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membro o che comunque non presentano alcun collegamento con le situazioni considerate dal diritto dell'Unione europea36.
La nozione di servizio la troviamo nell'art. 57 TFUE che recita: "ai sensi dei trattati, sono considerate come servizi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione, in quanto non siano regolate dalle disposizioni relative alla libera circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. I servizi comprendono in particolare: attività di carattere industriale, attività di carattere commerciale, attività artigiane, attività delle libere professioni".
Da questa definizione si osserva che il concetto di servizio è definito in modo residuale, in quanto si riferisce alle prestazioni non regolate dalle disposizioni sulla circolazione delle merci, dei capitali e delle persone. Quindi per servizio si intende qualsiasi attività economicamente rilevante che si concretizzi principalmente in uno scambio di beni.
Rientrano nella norma diverse tipologie di servizi. Una prima ipotesi si riferisce al caso in cui il prestatore del servizio si reca in uno Stato membro diverso da quello in cui è stabilito, per esempio un avvocato che si reca in un altro Paese comunitario per dare una consulenza.
Una seconda tipologia si ha quando un servizio è fornito per corrispondenza, telefonicamente o attraverso altri mezzi di comunicazione ad un cliente estero, senza che né il prestatore né il destinatario si spostino in un Paese membro diverso da quello in cui sono stabiliti (per esempio l'avvocato dà una consulenza per telefono).
Una terza tipologia si ha quando il prestatore e il destinatario dei servizi sono stabiliti in uno stesso Stato membro e si spostano per raggiungere un altro luogo in cui la prestazione deve essere fornita. A riguardo la Corte ha stabilito che "solo nel caso in cui tutti gli elementi attinenti all'attività considerata sono confinati all'interno di un solo Stato membro, le disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi non trovano applicazione. Di conseguenza le disposizioni dell'art. 59 si devono applicare
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in tutti i casi in cui un prestatore offre i propri servizi nel territorio di uno Stato membro diverso da quello nel quale è stabilito, qualunque sia il luogo in cui sono stabiliti i destinatari di detti servizi"37.
Infine si può verificare che si sposti il destinatario del servizio nello Stato in cui è stabilito il prestatore. Inizialmente si è discusso circa la possibilità di comprendere questa fattispecie nel regime della libera circolazione di servizi. Con la sentenza Luisi e Carbone, la Corte si è espressa nel senso dell'applicabilità della libertà di prestazione dei servizi affermando che essa "comprende la libertà, da parte dei destinatari di servizi, di recarsi in un altro Stato membro per fruire ivi di un servizio, senza essere impediti da restrizioni, anche in materia di pagamenti" e che "i turisti, fruitori di cure mediche e coloro che effettuano viaggi di studi o d'affari devono essere considerati destinatari di servizi"38.
Sono escluse dalla disciplina dei servizi le attività di trasporto, in quanto sottoposte alle regole previste per tale tipo di attività. Mentre, per quanto riguarda i servizi bancari e assicurativi è previsto un processo di liberalizzazione specifico da attuarsi in armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali (art. 58 TFUE).
Infine sono escluse dalla disciplina, come per il diritto di stabilimento, anche le attività che nel Paese ospite partecipano all'esercizio dei pubblici poteri, e sono concesse restrizioni dovute a ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e di sanità pubblica (art. 62 TFUE).
3.4. La libera prestazione di servizi: le misure
discriminatorie
La disciplina della libera prestazione dei servizi è fondata, come tutto il sistema del mercato comune, sul divieto di discriminazione in base alla nazionalità. Questo principio è citato nell'art. 57 ultimo comma TFUE: "il
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Causa C-154/89, 26.02.1991. Si precisa che l'art. 59 menzionato nella sentenza si riferisce al Trattato di Roma e corrisponde all'art. 56 TFUE.
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prestatore può, per l'esecuzione della sua prestazione, esercitare, a titolo temporaneo, la sua attività nello Stato membro ove la prestazione è fornita, alle stesse condizioni imposte da tale Stato ai propri cittadini".
Inoltre sono vietate anche le discriminazioni basate sulle "restrizioni alla libera prestazione dei servizi all'interno dell'Unione (...) nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione" (art. 56, 1 TFUE); infine, finché non verranno eliminate le restrizioni alla libera prestazione dei servizi in un Paese comunitario: "ciascuno degli Stati membri le applica senza distinzione di nazionalità o di residenza a tutti i prestatori di servizi contemplati dall'art. 56, primo comma" (art. 61 TFUE).
Queste prescrizioni evidenziano che il divieto di discriminazione in base alla nazionalità (o per quanto riguarda le persone giuridiche, della sede) non ha un ruolo deciso e assoluto come nel diritto di stabilimento. Infatti se lo Stato ospitante potesse legittimamente imporre ai prestatori stranieri le medesime condizioni richieste ai propri cittadini per esercitare determinate attività e cioè condizioni che presuppongono un collegamento stabile con tale Stato, la libera prestazione dei servizi sarebbe equiparata alla libertà di stabilimento, risultando completamente vanificata.
L'attuazione normativa in questa materia fu però molta lenta. Fu così determinante la giurisprudenza della Corte che affermò con la sentenza Van
Binsbergen39 la diretta applicabilità degli artt. 56 e 57 TFUE.
In altre sentenze successive la Corte ha confermato il divieto delle norme nazionali che contengono clausole di residenza o di stabilimento. Tra queste ricordiamo l'illegittimità sancita dalla Corte della condizione dell'esistenza di uno stabilimento secondario imposta ad una società di assicurazioni al fine di prestare determinati servizi assicurativi in un altro Stato membro40; poi è stata affermata l'illegittimità dell'obbligo fatto dalla legge belga alle imprese
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Causa C-33/74, 03.12.1974.
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che esercitano un'attività di sicurezza o di sorveglianza di avere una sede di attività in Belgio e di avere dei dirigenti che abbiano il domicilio in questo stato41.
Al di là della residenza possono esserci anche altri fattori che possono ostacolare gli stranieri a prestare i propri servizi. Una discriminazione in tal senso si manifesta, per esempio, nel caso in cui l'obbligo di versare una quota di contributi, che spetta alle imprese stabilite in un Paese dell'Unione, venga imposto anche ai datori di lavoro stranieri che svolgono una prestazione di servizi in questo Paese. In questo caso infatti il pagamento dei contributi rappresenta un onere economico supplementare per i datori di lavoro stranieri, essendo comunque questi ultimi tenuti al pagamento dei medesimi contributi già nel loro Paese di stabilimento.42
Infine la Corte ha stabilito che possono costituire restrizioni alla libera prestazione dei servizi anche misure applicabili, senza alcuna discriminazione, formale o sostanziale, a tutti coloro che esercitano una determinata attività non salariata (misure indistintamente applicabili). Si tratta di norme che disciplinano, nello Stato in cui si svolge una prestazione, l'esercizio di una determinata attività professionale e che si applicano sia ai soggetti stabiliti e sia a quelli privi di stabilimento.
In base all'orientamento della giurisprudenza gli artt. 56 e 57 TFUE non autorizzano lo Stato della prestazione ad estendere al prestatore non stabilito tutte le condizioni d’esercizio previste dalla propria normativa professionale. Sono per esempio contrarie le norme che richiedono il possesso di una particolare qualifica professionale alle guide che accompagnano gruppi turistici (entrambi provenienti dallo stesso Stato membro) in un altro Stato membro43; oppure sono state considerate incompatibili con gli artt. 56 e 57 le normative nazionali che impongono adempimenti legali che finiscono per 41 Causa C-355/98, 09.03.2000. 42 Causa 62 e 63/81 Seco, 03.02.1982. 43
Cause C-154/89 Commissione c. Francia, C-180/89 Commissione c. Italia, C-198/89 Commissione
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ostacolare o rendere meno attraente l'attività del prestatore stabilito in un altro Paese comunitario (è il caso per esempio delle leggi nazionali che impongono la condizione di iscrizione ad un albo professionale o nel registro delle imprese ad operatori stabiliti in altri Paesi membri44).
Le discriminazioni e le misure indistintamente applicabili sono comunque ammesse in alcuni casi. Le prime sono possibili per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e di sanità pubblica (art. 62 TFUE che rinvia all'art 52 TFUE); le seconde sono ammesse, secondo l'orientamento della Corte, nel caso in cui siano giustificate dall'interesse generale e che si applichino a tutte le persone fisiche o giuridiche che esercitano determinate attività nel Paese ospitante, nella misura in cui tale interesse non sia già salvaguardato dalle regole che disciplinano le attività del prestatore nello Stato membro stabilito e siano necessarie per raggiungere lo scopo prefissato, a condizione che il medesimo risultato non possa essere ottenuto con misure meno restrittive.