Il diritto di sciopero
2. Il principio costituzionale del diritto di sciopero Nel nostro ordinamento, l'esercizio del diritto di sciopero è garantito dalla
2.2. Le conseguenze dello sciopero: gli effetti sulla retribuzione e le reazioni datatorial
L'effettuazione dello sciopero da parte del lavoratore determina la sospensione del rapporto di lavoro e di conseguenza il venir meno del diritto degli scioperanti di percepire la retribuzione. Tuttavia la sospensione del rapporto non è integrale, in quanto restano intoccabili i diritti personali e gli 132 Cass. 29.06.1978, n. 3278. 133 Sentenza 26.03.1986, n. 53. 134 Sentenza 16.05.1996, n. 171.
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obblighi residuali dei lavoratori, oltre ai diritti retributivi connessi all'anzianità di servizio, come gli scatti di anzianità, gli automatismi salariali e di avanzamento nella carriera. Inoltre la sospensione non incide sui diritti sindacali135. Invece subiscono una decurtazione tutti gli elementi che si riferiscono alla retribuzione, ossia la tredicesima mensilità, le altre eventuali mensilità aggiuntive e le retribuzioni differite, come il trattamento di fine rapporto. In questi casi la misura della trattenuta è corrispondente alla durata dello sciopero136.
Si sostiene anche che il periodo di ferie (o la relativa indennità sostitutiva) debba essere ridotto in proporzione al periodo di astensione dal lavoro in conseguenza dello sciopero137, in quanto le ferie hanno la funzione di reintegrare le energie psico-fisiche spese durante un anno di lavoro e quindi con lo sciopero viene a mancare il presupposto che sta alla base del godimento delle ferie retribuite138.
In realtà però alcuni autori ritengono che le ferie e le mensilità aggiuntive siano indipendenti dalle cause, come lo sciopero, che sospendono le sole prestazioni lavorative senza avere conseguenze sul rapporto complessivo di lavoro, in quanto esse "devono essere corrisposte sulla base della retribuzione corrente al momento della maturazione del relativo diritto, e non sulla media della retribuzione percepita durante tutto il periodo cui esse si riferiscono, allora, pur restando lecito parlare di retribuzione differita, si comprende come questi istituti non possano essere direttamente influenzati, in via di principio, dalle vicende riguardanti l'esecuzione (o non esecuzione) giorno per giorno, delle singole prestazioni di lavoro e di retribuzione"139.
Sono i contratti collettivi comunque che stabiliscono come le ferie devono essere considerate in relazione allo sciopero.
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Si rinvia al cap. 2 paragrafo 3.
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Cass. 26.05.2001, n. 7196.
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Cass. 15.02.1985, n. 418.
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Mengoni L., Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, in AA.VV., Sciopero e serrata nei paesi
della CECA, 1961.
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Infine la giurisprudenza ha affermato che nel caso in cui il lavoratore scioperi nei giorni festivi in cui dovrebbe lavorare, perde l'intera retribuzione compresa quindi anche la maggiorazione prevista per il lavoro festivo.140 Inoltre il lavoratore quando sciopera nei giorni festivi soppressi dalla legge 5 marzo 1977, n. 54 egli perde anche il diritto al "permesso compensativo", qualora sia previsto dalla contrattazione collettiva141. Tuttavia su questa posizione non è concorde tutta la giurisprudenza142.
Conseguentemente allo sciopero il datore di lavoro può mettere in atto diverse reazioni, la più tipica delle quali è rappresentata dalla serrata, cioè la chiusura totale o parziale dell'azienda con conseguente sospensione dell'attività produttiva e il rifiuto di ricevere la prestazione lavorativa, rinunciando quindi al pagamento della retribuzione.
La serrata non è però, a differenza dello sciopero, un diritto previsto dalla Costituzione. Se essa ha fini contrattuali è considerata una libertà riconducibile all'art. 39 Cost.143, mentre è reato penale se ha scopo di solidarietà o protesta (art. 505 c.p.)144.
Tuttavia non essendo un diritto del datore di lavoro, dal punto di vista civile la serrata è illecita. Questo implica che la serrata è da considerarsi come una mora del creditore ai sensi dell'art. 1206 ss. c.c145. Il creditore in mora deve risarcire i danni subìti dal debitore, ai sensi dell'art. 1207, comma 2, c.c.
Per alcuni l'importo del danno deve essere di importo pari alla mancata retribuzione, essendo però possibile detrarre quanto il lavoratore abbia eventualmente percepito prestando la propria attività lavorativa altrove146. Per altri invece, in linea con l'art. 6 della legge sull'impiego privato (R.d. 13 140 App. Firenze 30.01.2004. 141 Cass. 08.07.1992, n. 8327. 142 Trib. Milano 28.04.1990. 143
Sentenza Corte costituzionale 04.05.1960, n. 29.
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Sentenza Corte costituzionale 15.12.1967, n. 141. La Corte invece non si è mai pronunciata sulla serrata per fini politici, sulla legittimità della quale la dottrina è divisa.
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Vedi. Mengoni L., Lo sciopero e la serrata nel diritto italiano, in AA.VV., Sciopero e serrata nei
paesi CECA, 1961 e Ghezzi G., La mora del creditore nel rapporto di lavoro, 1965.
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novembre 1924, n. 1825) applicabile a tutte le tipologie di lavoro dipendente, la quantificazione del danno non deve essere inferiore alle mancate retribuzioni.147 Infine un ultimo orientamento, che porta in pratica al medesimo risultato, considera che l'obbligo di pagare la retribuzione permanga anche in situazione di mora del creditore e quindi il lavoratore può esigere l'adempimento. Quindi in questo modo il diritto del pagamento della retribuzione deriva non come risarcimento danno, ma come obbligo di adempimento dal datore di lavoro148.
Il datore può inoltre reagire allo sciopero attraverso il crumiraggio, cioè sostituendo i lavoratori scioperanti con altro personale sia interno e sia esterno all'azienda. Nel primo caso si parla di crumiraggio interno, nel secondo di crumiraggio esterno.
La prevalente giurisprudenza ritiene legittimo il crumiraggio, in quanto il datore di lavoro, in virtù della libertà di iniziativa e organizzazione economica dell'impresa ai sensi dell'art. 18 Cost., può attenuare gli effetti negativi sull'attività produttiva con qualsiasi mezzo legale, senza che impedisca o ostacoli l'esercizio del diritto di sciopero149.
Il crumiraggio esterno richiede ovviamente che il datore di lavoro rispetti la disciplina del collocamento e delle assunzioni dei lavoratori. Tuttavia il crumiraggio esterno è limitato da molte disposizioni legislative, che impediscono, per esempio, di sostituire i lavoratori scioperanti assumendo lavoratori stipulando contratti a tempo determinato (vedi art. 3, lett. a, del d.lgs. n. 368/01), di somministrazione (vedi art. 20, 5, lett. a, del d.lgs. n. 276/03) o di lavoro intermittente (vedi art. 34, 3, lett. a, del d.lgs. n. 276/03).
Tra i problemi che spesso si sono posti sull'esercizio del crumiraggio, il principale consiste nel valutare se sia legittimo che il datore di lavoro affidi ai dipendenti non scioperanti mansioni inferiori rispetto a quelle di loro
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Ghezzi G., La mora del creditore nel rapporto di lavoro, 1965.
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Ghera E. e Liso F., Mora del creditore (diritto del lavoro), in Enciclopedia del diritto, in
Enciclopedia del diritto, vol. XXVI, 1976 ; Zoppoli L., La corrispettività nel contratto di lavoro, 1991;
Speziale V., Mora del creditore e contratto di lavoro, 1992.
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competenza. In più occasioni la Cassazione ha affermato che il datore di lavoro può sostituire i lavoratori scioperanti con personale con qualifica diversa, però la sostituzione deve essere fatta rispettando il principio dell'art. 2103 c.c., il quale vieta esplicitamente che il lavoratore possa essere adibito a mansioni inferiori rispetto a quelle per cui è stato assunto. Tuttavia la Corte ha dichiarato che è legittimo che il datore di lavoro, per ragioni di efficienza ed economia del lavoro, affidi ai lavoratori mansioni inferiori nel caso in cui queste rappresentino un marginale e necessario completamento di quelle che corrispondono alla propria qualifica, le quali devono comunque costituire l'attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore150.