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Fonte: Golini A., Mussino A. e Savioli M. (2000), Il malessere demografico in Italia: una ricerca sui comuni italiani.

3.3. Altri punti di vista

Presentiamo in questo paragrafo altri due approcci di analisi relativi allo studio del malessere demografico, che con tecniche analitiche diverse sono pervenuti più o meno agli stessi risultati di Golini e altri: il primo appartiene a Giacomello (2002), il secondo a Ciccarelli (2002).

Giacomello (2002), riprendendo le considerazioni già proposte da Golini, Mussino e Savioli, tenta anch’egli di evidenziare, tramite le distribuzioni dei dati comunali, le diverse realtà regionali identificando quelle in cui il malessere demografico è più acuto: considera in tal senso non solo il movimento naturale ma anche la componente migratoria e le componenti strutturali. Giacomello decide quindi di introdurre nell’analisi anche i flussi migratori, perché oggi assumono un significato ancora più importante per la presenza di flussi d’immigrazione considerevoli, e la distribuzione per età della popolazione comunale, per comprendere meglio le attuali problematiche derivanti dagli scompensi tra le diverse classi d’età e per cogliere quelli che sono stati gli andamenti passati dei fattori di flusso della popolazione.

Per quanto riguarda la componente naturale, nel Veneto la maggioranza dei comuni ha un incremento superiore a -2‰, quindi abbastanza lontani della situazione “pericolosa” di malessere demografico delineata dagli autori precedenti.

Anche riguardo al flusso migratorio i comuni veneti rivelano una forza di attrazione superiore a quella dei comuni delle altre regioni con una presenza straniera piuttosto elevata e crescente: come mette in evidenza Giacomello, infatti, in virtù della correlazione positiva che generalmente si osserva tra malessere demografico e malessere socioeconomico, i flussi di immigrati si dirigono verso le aree in cui la vitalità economica è buona (i modelli insediativi adottati in Italia dagli immigrati dipendono essenzialmente dalle differenti possibilità e opportunità lavorative) e in cui quella demografica, proprio come nel caso del Veneto, non è tra le peggiori (in questa regione solo il 3,6% dei comuni manifesta forte malessere demografico).

Per quanto riguarda infine la struttura per età nei comuni veneti, essa è tale per cui il Veneto si colloca tra le regioni più giovani, tanto che ben in ¾ dei comuni l’indice di vecchiaia non supera il valore di 157% e che in media il valore dell’indice di dipendenza, pari a 46%, è tra i più bassi di tutte le regioni d’Italia.

Alla fine del suo studio, Giacomello ha tentato di sintetizzare le diverse componenti demografiche da lui considerate al fine di individuare, tramite una graduatoria, quelle regioni in cui i comuni si trovano in situazione più favorevole, analizzando tuttavia il problema in senso relativo e non assoluto; il metodo da lui adottato per definire questa classifica regionale consiste nel determinare come situazioni demograficamente vivaci e positive quelle che presentano valori, standardizzati, bassi dell’indice di vecchiaia ed elevati del tasso di fecondità totale, dell’incremento naturale e del movimento migratorio sia interno che estero2. Alla luce di tutte queste considerazioni e andando a vedere in quale posizione si trova la nostra regione, ci accorgiamo che il Veneto, contrariamente alle altre regioni del Nord che si trovano verso la fine della graduatoria, si colloca addirittura al primo posto e quindi in una posizione relativamente favorevole di benessere demografico.

Ciccarelli (2002) presenta uno studio molto simile a quello affrontato da Golini, Mussino e Savioli: infatti, partendo da un set di indicatori che valuta le condizioni economiche, familiari, sociali e demografiche, utilizza una metodologia statistica di tipo multidimensionale ricorrendo alle analisi fattoriali (“analisi in componenti principali”) e di raggruppamento (analisi dei gruppi o “cluster analysis”, “analisi discriminante”).

Le cinque componenti principali individuate, che sintetizzano

convenientemente la struttura globale del fenomeno oggetto di studio, sono: il grado di sviluppo socioeconomico, la pressione demografica, il livello di sviluppo della struttura produttiva, il livello di dotazione di servizi, il livello di urbanizzazione. I quattro gruppi di comuni omogenei per caratteristiche

2 Il procedimento posiziona, in particolare, le regioni in base ai valori delle frequenze percentuali del numero dei comuni che, raggiungendo valori di rango normalizzato superiore a 0,7, presentano una situazione demografica più omogenea, rispetto agli indicatori considerati, e meno grave degli altri.

economiche, demografiche e sociali, all’interno dei quali vengono poi classificati i comuni italiani, possono essere ordinabili a seconda dello sviluppo socio- economico, dai livelli di reddito più elevati a quelli di ricchezza più bassi: Ciccarelli rileva infatti come siano soprattutto le variabili riguardanti la struttura economica e produttiva a contribuire alla spiegazione della maggior parte delle differenze riscontrabili tra le unità statistiche considerate.

In Veneto la predominanza di comuni viene fatta rientrare nel secondo gruppo, ossia assieme a quei comuni caratterizzati dall’avere livelli di sviluppo socio- economico e di dotazione di servizi superiore alla media, ma soprattutto un elevato livello di sviluppo della struttura produttiva; sono comuni, questi, solitamente situati nelle immediate vicinanze dei grandi centri produttivi ed economici e facenti parte dei distretti industriali (il nord-est è del resto la ripartizione nella quale si è meglio affermato il sistema distrettuale, trainato dalla vivacità e dalla flessibilità della piccola e media imprenditoria locale).

Esigua è invece la proporzione di comuni rientranti nel primo gruppo, mentre quasi nulla la percentuale di ripartizioni comunali facenti parte degli ultimi due gruppi, ossia di quei cluster con il più basso livello di sviluppo socio-economico; il primo gruppo è al contrario caratterizzato dal maggior grado di sviluppo economico, e dunque dalla maggiore ricchezza dei comuni che lo compongono: rientrano in questo gruppo quasi tutti i capoluoghi di provincia, i centri abitati di medie e grandi dimensioni, alcuni comuni della cosiddetta prima cintura delle aree metropolitane e le piccole e piccolissime località a forte vocazione turistica.

PARTE II