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L’Italia è, tra i paesi sviluppati, quello che, a livello mondiale, si trova nella situazione demografica più complessa e preoccupante a causa delle ripercussioni ormai inevitabili che la bassa fecondità e l’innalzamento della speranza di vita hanno sulla spesa sanitaria, previdenziale e sulla numerosità stessa della popolazione. L’analisi a livello nazionale è così preoccupante che si parla di sofferenza demografica o, per usare il termine utilizzato recentemente da Golini, Mussino e Savioli (2000), di “malessere demografico”. Scendendo nella dimensione regionale si riescono ad individuare zone di particolare sofferenza demografica e aree di relativa vivacità demografica: l’analisi svolta soprattutto nel dettaglio comunale permette di cogliere queste diversità che uno studio svolto invece per ampie aggregazioni non è in grado di fornire proprio per l’offuscamento della sintesi media.

Come già illustrato precedentemente, quando abbiamo parlato a proposito del malessere demografico (vedi capitolo precedente), Golini, Mussino e Savioli hanno proposto di ritenere un intorno della crescita zero (tasso medio annuo di incremento naturale (In) compreso tra -2‰ e +2‰) come condizione “normale”

dell’andamento di una popolazione matura, valori di In compresi tra +2‰ e +5‰

come situazione, invece, di vitalità demografica moderata e cifre superiori, infine, come condizione di vitalità intensa. Nella direzione opposta si identifica un malessere moderato se il decremento naturale è compreso tra -2‰ e -5‰, intenso se In varia tra -5‰ e -10‰ e forte se scende oltre tale limite.

L’andamento demografico, tuttavia, varia in modo notevole da regione a regione. La situazione di calo della fecondità e di invecchiamento è generalizzata all’Italia, ma i livelli sono diversi a seconda della collocazione territoriale dei comuni, della loro consistenza demografica e delle loro caratteristiche economico-produttive. Le variabili, quindi, da cui la dinamica demografica

potrebbe essere influenzata sono ripartizione territoriale e zona altimetrica, ampiezza demografica, situazione economica prevalente.

Guarderemo quindi, nello specifico, alla situazione complessiva della sola regione Veneto; ci baseremo in particolare su quanto emerge dal Rapporto Nord Est 2001 sulla base delle considerazioni in materia di popolazione e sviluppo a cura di Castiglioni e Dalla Zuanna (2001). Successivamente passeremo a dare uno sguardo a quanto avviene a livello di singola realtà comunale; un’analisi sulla situazione demografica, sociale ed economica dei comuni italiani è stata svolta infatti da differenti autori con approcci diversi, e quindi tra loro non propriamente confrontabili, ma tuttavia simili (tecniche statistiche multivariate): nonostante questo i risultati a cui i diversi studi pervengono sono sostanzialmente uguali e questo denota quindi che, da qualunque punto di vista si affronti il problema, il Veneto e i suoi Comuni presentano caratteristiche ben definite.

Riportiamo pertanto qui di seguito i risultati ottenuti da questi differenti lavori relativamente alla situazione dei comuni della regione Veneto, i cui risultati si discostano abbastanza da ciò che avviene nelle altre regioni d’Italia.

3.1. Una realtà in evoluzione

La vivace dinamica del Nord Est, evidenziano Castiglioni e Dalla Zuanna (2001), se vista in una prospettiva italiana ed europea, è frutto della combinazione di due opposte tendenze: incremento naturale negativo e incremento migratorio fortemente positivo.

Entrando più nel dettaglio, gli autori hanno individuato otto diverse tipologie di comuni che sintetizzano il tipo di dinamica demografica della popolazione del Nord Est. In particolare la prima tipologia interessa prevalentemente i centri situati attorno alle maggiori città, da dove negli anni ’90 la popolazione continua ad emigrare come nei due decenni precedenti, la cui causa viene individuata dagli autori negli alti costi delle case nei comuni urbani: ecco quindi che molte famiglie vanno ad abitare in zone da cui la città è rapidamente raggiungibile ma dove è possibile allo stesso tempo trovare casa a prezzi più contenuti. Prendendo proprio

ad esempio i comuni della cintura urbana di Padova1, essi rilevano che in questa area si registrava all’inizio dell’anno 2000 un tasso di incremento annuo di quasi l’1%, in gran parte dovuto alle immigrazioni: si tratta non tanto di stranieri quanto soprattutto di giovani famiglie provenienti dalla città alla ricerca di case più grandi e/o dal costo più contenuto; inoltre il saldo naturale non si presentava negativo in quanto la popolazione è relativamente giovane grazie proprio alle immigrazioni degli anni passati, assistendo così a pochi decessi e a molte nascite, sebbene la fecondità non sia particolarmente elevata. In complesso, l’incremento naturale supera il 3 per mille annuo, quello migratorio il 6 per mille, così che la popolazione dei Comuni considerati all’inizio del 2000 è ben il 78% rispetto a quella residente nella città di Padova; nel 1971, invece, quando ancora il processo di deurbanizzazione non si era avviato, la popolazione di questi comuni era solo il 49% rispetto a quella cittadina.

Un’altra tipologia di comuni è rappresentata dalle maggiori città del Nord Est; qui la combinazione fra saldo naturale fortemente negativo e saldo migratorio solo debolmente positivo o negativo porta in generale queste importanti aree urbane a perdere popolazione. Castiglioni e Dalla Zuanna imputano le cause del saldo naturale negativo alla bassa fecondità, alla popolazione molto anziana e con poche coppie in età riproduttiva (frutto del processo di fuga delle giovani famiglie dalle città, iniziato negli anni ’70 e non ancora concluso); i motivi del saldo migratorio positivo sono invece gli ingressi di stranieri (che vanno a occupare le case meno prestigiose) che sono in grado di bilanciare le uscite di giovani verso i comuni limitrofi. Quanto avviene, in particolare, a Padova nel 1999 è un saldo complessivo leggermente positivo (+1,7 per mille), frutto del saldo migratorio positivo con l’estero (gli stranieri, fra l’altro, rivela il Rapporto, sono fortemente impiegati nei ruoli più sgraditi e meno pagati) che riesce a bilanciare il saldo naturale negativo e il saldo migratorio negativo con gli altri comuni italiani. Nel dettaglio il saldo totale di Padova è determinato come da Tavola 3.1.

1 Nello specifico i Comuni presi in considerazione dagli autori sono: Cadoneghe, Vigodarzere, Limena, Villafranca, Rubano, Selvazzano, Abano, Albignasego, Ponte San Nicolò, Saonara, Vigonovo, Noventa, Vigonza.

Tavola 3.1 Bilancio demografico del Comune di Padova per l’anno 1999