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zazioni materiali, immateriali ed attivo circolante

ART 2426 C.C CRITERI DI VALUTAZIONE

6. Modifica del trattamento contabile degli strumenti finanziar

6.2. I prodotti della finanza derivata

6.2.1. Classificazione degli strumenti finanziari derivat

Nei moderni mercati finanziari, accanto al tradizionale scambio di capitali, è divenuto pos- sibile negoziare anche il rischio finanziario per mezzo degli strumenti derivati.

Secondo l’opinione comune il rischio finanziario è un fattore imprevedibile ed incontrol- labile, al quale ogni investitore è assoggettato. Per questo motivo sono nati degli strumenti assicurativi che permettono agli investitori di coprirsi dal rischio di andamenti sfavore- voli del mercato.

Lo strumento derivato è così chiamato perché fa dipendere il suo valore da quello di un'al- tra variabile, detta sottostante. Esso consente di controbilanciare il rischio, che è proprio del mercato reale (esterno), facendo assumere all’investitore “oggi” una posizione su quello che potrebbe essere il valore della variabile sottostante “domani”.

Com’è già stato anticipato, prima dell’adozione del D. Lgs. 139/2015, né l’ordinamento nazionale, né i principi emanati dall’Organismo Italiano di Contabilità, si erano mai occu- pati di regolamentare esplicitamente la categoria degli strumenti finanziari derivati. Per- tanto, in assenza di una specifica normativa civilistica, ci si limitava ad applicare alla “meno peggio” le frammentarie indicazioni sparse nei diversi principi contabili nazionali e nei pareri espressi dalla CONSOB157.

Questo ci fa capire come mai, quando si analizzano dette operazioni, si fa spesso appello alla disciplina internazionale, in particolare allo IAS 39 ed all’IFRS 9.

Vediamo di chiarire nel seguito del paragrafo il concetto di derivato, e di definirne le prin- cipali tipologie.

I principi contabili internazionali – ed anche la normativa civilistica, dato l’esplicito rinvio agli IAS/IFRS per la definizione di strumenti finanziari derivati – stabiliscono che il con- tratto derivato deve possedere contemporaneamente le seguenti tre caratteristiche:

157 Data la mancanza di una normativa nazionale specifica per la contabilizzazione degli strumenti finanziari

derivati, si cerca di definire un quadro regolamentare di riferimento con il combinato disposto dei seguenti documenti: D.Lgs. 87/1992, D.Lgs. 28/2005, principio contabile nazionale n. 3, principio contabile nazionale n. 19, principio contabile nazionale n. 22, principio contabile nazionale n. 26, comunicazione Consob 14 aprile 2000 n. 28731 e, comunicazione Consob 11 aprile 2001 n. 1026875.

- il suo valore dev’essere legato a quello di una variabile sottostante, che può essere ad esempio il tasso di interesse, di cambio, il prezzo delle materie prime, il prezzo di strumenti finanziari, un indice di merito creditizio (es. rating), o altri;

- non deve richiede un investimento netto iniziale o, comunque, ne deve richiede uno molto contenuto rispetto a contratti che producono risultati simili;

- è regolato ad una data futura prefissata158

.

Si usa distinguere i derivati in due grandi sottoinsiemi a seconda della finalità economica per cui sono utilizzati: i derivati di copertura ed i derivati di negoziazione.

Nel momento in cui una società sottoscrive un derivato su un’operazione intrapresa, cioè su attività o passività già iscritte a bilancio, significa che vuole coprirsi dal rischio di av- verse variazioni del valore di quell’operazione sottostante. Ad esempio potrebbe voler ri- durre la probabilità di inciampare in deficit di cassa, o peggio ancora in situazioni di dis- sesto finanziario, per la mancata resa di un investimento.

Viceversa, se la stessa società sottoscrive un derivato senza possedere l’attività sotto- stante, significa che vuole solamente speculare sul rendimento del titolo, attirata dalla leva finanziaria. In questa fattispecie essa non è intenzionata a proteggersi dal rischio di un andamento sfavorevole del mercato come nel primo caso.

Fondamentalmente, i derivati nascono come strumenti di copertura (hedging derivates), in quanto utilizzati da soggetti intenzionati ad eliminare il rischio di perdite relativamente ad operazioni già intraprese.

A titolo esemplificativo, si pensi al caso di un’impresa intenzionata a coprirsi da probabili variazioni sfavorevoli del tasso di interesse su un mutuo appena contratto. In tal caso esi- ste la possibilità di acquistare un IRS (interest rate swap), per trasformare il tasso varia- bile del mutuo in tasso fisso, ovvero, compensare la differenza tra interessi fissi e variabili con i flussi monetari prodotti dal derivato. Se si ipotizza che l’impresa abbia aspettative di rialzo dei tassi, nella fattispecie in questione è conveniente acquistare uno strumento di questo tipo.

Tuttavia, affinché il mercato dei derivati funzioni, si richiede che esistano anche dei sog- getti più avventati, pronti cioè ad assumersi un rischio facoltativo solo perché attirati dalle possibilità di guadagno. Essi sono la controparte dell’accordo di copertura sottoscritto dai soggetti intenzionati a ridurre il rischio finanziario. Per tali investitori, i derivati sono

strumenti di negoziazione (trading derivates), utilizzati per conseguire dei profitti nel breve periodo, ovvero ai fini del mero guadagno extra.

E’ il caso, ad esempio, di un’impresa di servizi che vende futures sul prezzo del petrolio senza possedere la contropartita dell’accordo, ovvero la materia prima, cioè il petrolio. A tal proposito, il nuovo terzo comma dell’articolo 2426 c.c. dispone che sono da conside- rarsi derivati anche quei contratti collegati a merci “che conferiscono all’una o all’altra

parte contraente il diritto di procedere alla liquidazione del contratto per contanti o me- diante altri strumenti finanziari159”.

Posto che esistono numerose modalità di classificazione degli strumenti finanziari deri- vati, in quanto la stessa ingegneria finanziaria ne crea in continuazione di nuovi, se ne individuano di seguito quattro principali tipologie, alcune delle quali sono già state richia- mate negli esempi precedenti.

Sono tipici strumenti derivati gli swap, accordi fra due soggetti per scambiarsi flussi di cassa determinati in base all’andamento di una variabile e a scadenze prestabilite; i for-

ward, contratti a termine per acquistare o vendere un’attività ad una data futura e ad un

prezzo prefissato; i futures, contratti a termine scambiati in un mercato specializzato se- condo condizioni standard; e le opzioni, strumenti che danno il diritto ad una delle con- troparti di eseguire o meno il contratto ad una certa data e ad un prezzo prefissato160.

Combinando tra di loro i derivati è possibile addirittura ottenere titoli ancor più struttu- rati, ovvero derivati sui derivati e così via.

Il successo ottenuto da questi strumenti sui mercati finanziari globali è senza dubbio no- tevole, tuttavia, la loro diffusione non è sempre stata accompagnata da una regolamenta- zione che andasse di pari passo. Alcuni studiosi, infatti, fanno risalire all’avventata inge- gneria finanziaria la causa principale della recente crisi finanziaria del 2008161.

Per concludere, si sottolinea che, come il lettore avrà intuito, i prodotti della finanza deri- vata sono davvero numerosi. Essi non solo assicurano la copertura dal rischio di oscilla- zione delle variabili macroeconomiche, come prezzi, tassi, valute, ecc., ma si adattano an- che ad assicurare un’ampia gamma di variabili reali, come merci, materie prime, metalli, o altre. Si parla in quest’ultimo caso di derivati su comodities.

159 Codice Civile, articolo 2426, comma 3, nuova versione in vigore dal 1 gennaio 2016.

160 Flavio Dezzani, Paolo Pietro Biancone, Donatello Busso, “IAS/IFRS”, cit., pagine da 1564 a 1600. 161 Jacques Attali, “La crisi, e poi?”, Fazi, Roma, 2009.