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CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI ED ATTRIBUZIONE DEL

CAPITOLO II : LA STRATEGIA COMUNITARIA NELLA GESTIONE DEL

4. CLASSIFICAZIONE DEI RIFIUTI ED ATTRIBUZIONE DEL

Abbiamo precedentemente definito con il termine “rifiuto” qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’Allegato A e di cui il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi (Art. 6, Decreto Legislativo n. 22 del 1997).

Il legislatore comunitario 89 si è inoltre preoccupato di fornire una classificazione di queste sostanze, poi recepita 90 all’interno del nostro Ordinamento nazionale, ordinandole nell’Allegato I, comunemente noto con il nome di “Catalogo europeo dei rifiuti” (CER), che si applica alla totalità dei rifiuti, siano essi destinati allo smaltimento o al recupero.

Tale elenco riguarda tutti i materiali che rientrano nella definizione di rifiuto: costituisce una nomenclatura di riferimento comune per tutta l’Unione Europea ed ha lo scopo di coordinare e migliorare tutte le attività connesse alla gestione dei rifiuti.

89 Direttiva 75/442/CE del Consiglio, del 15 Luglio 1975, relativa ai rifiuti.

90 La procedura per la corretta individuazione dei codici CER da attribuire ai rifiuti è

individuata nell’Allegato D del D. Lgs. n. 152 del 2006. Da segnalare inoltre l’intervento apportato nella classificazione dei rifiuti dalla successiva legge n.116 del 11 Agosto 2014, di conversione del Decreto legge 24 giugno 2014, n. 91, che integra le disposizioni contenute nell’Allegato D del Decreto Lgs. 152/06 effettivamente applicate a partire dal 18 febbraio 2015.

66 Il CER è un catalogo non esaustivo, poiché soggetto a revisione periodica ed eventualmente a modifica da parte della Commissione europea, ed anche un elenco unificato, nel senso che include sia le sostanze pericolose che quelle non pericolose.

La classificazione dei rifiuti è effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente codice CER, sequenza numerica composta da 6 cifre suddivise in tre coppie (es. 20 01 08 umido): le prime due cifre individuano le attività generatici del rifiuto (tra le 20 famiglie o capitoli previsti), la seconda coppia indica i sottoprocessi relativi all’attività generatrice del rifiuto e la terza i rifiuti generati.

Con decisione 2000/532/CE i codici, originariamente 839, sono stati inseriti all’interno dell’Elenco dei rifiuti, poi trasposti nel del nostro Ordinamento grazie a due provvedimenti91 di riordino della normativa. Successivamente, con Decisione n. 2014/955/UE sono stati aggiunti all’elenco tre nuovi codici (elevando quindi le voci dell’elenco a 842) ed inoltre modificate alcune descrizioni relative a voci esistenti.

I rifiuti possono essere classificati, secondo l’origine, in rifiuti urbani o rifiuti speciali.

91 D. Lgs. 152/06, “Norme in materia ambientale”, Allegati alla Parte IV, Allegato D;

Decreto Ministero dell’Ambiente del 2 Maggio 2006, “Istituzione dell’elenco dei rifiuti” emanato in attuazione del Precedente e successivamente dichiarato incapace di produrre effetti giuridici, non essendo stato sottoposto al preventivo e necessario controllo della Corte dei Conti, con comunicato del Ministero dell’Ambiente pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.146 del 26 giugno 2006.

67 Sono rifiuti “urbani” prima di tutto i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti a uso di civile abitazione, ma anche quelli non pericolosi provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi di quelli dei rifiuti domestici, che possono essere assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità.

Della stessa tipologia fanno parte anche i rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ad aree pubbliche o su strade e aree private comunque soggette ad uso pubblico o su spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d’acqua; quelli provenienti dallo spazzamento delle strade o i rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi ed aree cimiteriali, compresi quelli che derivano da esumazioni e estumulazioni. La categoria dei rifiuti “speciali” invece, comprende principalmente le scorie che derivano da attività agricole (comprese le attività agro-industriali) ma anche da lavorazioni industriali, artigianali, commerciali, sanitarie o di servizio.

L’elenco si arricchisce anche di categorie “eterogenee”, singolarmente considerate dal Legislatore, come i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione e costruzione, nonché quelli derivanti da attività di scavo (fermo restando quanto stabilito dall’art. 186 92) o dall’attività di recupero e

68 smaltimento di rifiuti (compresi quelli derivanti da trattamento meccanico o CDR93).

Chiudono la categoria dei rifiuti “speciali” i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti e tutti i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso e loro parti.

Con decreto del Ministro dell’Ambiente di intesa con il Ministro dello Sviluppo economico, sono definiti inoltre, entro 90 giorni, i criteri fissati per l’individuazione delle categorie dei rifiuti urbani per assimilazione; in mancanza si farà riferimento ai regolamenti comunali che nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani, stabiliscono l’assimilazione per qualità e quantità dei rifiuti non pericolosi urbani.

Il Decreto Legislativo n. 152 del 2006 (come modificato dal D. Lgs. 4/2008) stabilisce che è competenza dello Stato determinare i criteri qualitativi e quantitativi per l’assimilazione, ai fini della raccolta e smaltimento, dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani.

Restando in ogni caso esclusi da ogni possibilità di assimilazione sia i rifiuti prodotti nelle strutture di vendita (con superfici maggiori di 450 mq in Comuni fino a 10.000 abitanti e maggiori di 750 mq in Comuni con oltre 75.000 abitanti) che quelli derivanti da aree produttive compresi i magazzini (salvo si tratti di rifiuti prodotti da uffici, mense o bar).

69 Per quanto riguarda invece le caratteristiche di pericolosità, i rifiuti non domestici potranno essere espressamente indicati come pericolosi, con apposito asterisco, nell’elenco europeo dei rifiuti dopo le cifre (es. 16 01 07 *, filtri dell’olio).

I criteri principali per l’identificazione dei rifiuti pericolosi, sono due: il criterio dell’origine del rifiuto e il criterio del contenuto delle sostanze pericolose.

In questo ultimo caso si fa riferimento alla composizione effettiva dei rifiuti ed alla concentrazione presenti delle sostanze pericolose.

Se nella descrizione del rifiuto è contenuto un riferimento specifico o generico alla presenza di tali componenti, il rifiuto sarà considerato “pericoloso” solo se tali sostanze saranno presenti in quantità superiori ai valori limite previsti dalla Direttiva94 specifica.