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DEFINIZIONE E NUOVI OBIETTIVI DEL RECUPERO ALLA

CAPITOLO II : LA STRATEGIA COMUNITARIA NELLA GESTIONE DEL

1. DEFINIZIONE E NUOVI OBIETTIVI DEL RECUPERO ALLA

Il Decreto Legislativo 3 Dicembre 2010, n. 205 ha inciso su tutta la normativa previgente124, considerando in particolar modo le novità previste per il riutilizzo di prodotti e la preparazione per il riutilizzo di rifiuti.

Contiene, inoltre, gli inediti principi di autosufficienza e prossimità, prevedendo poi modificazioni rilevanti in tema di responsabilità del produttore, raccolta di rifiuti organici ed oli usati.

Introduce, infine, importanti novità per il sistema di controllo e di tracciabilità dei rifiuti, nonché un robusto impianto sanzionatorio.

Pur non essendo intaccata direttamente la precedente definizione di rifiuto125, quest’ultima risente dei cambiamenti apportati dal Decreto attraverso

124 In particolare, sulla parte IV del Decreto Legislativo n. 152 del 2006.

125 Art. 183, co.1, lett. a), Decreto Legislativo n. 152 del 2006: “Per rifiuto si intende

qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi”.

97 l’inserimento di norme specifiche per i sottoprodotti126

, per le materie prime secondarie e per le condizioni affinché un rifiuto possa cessare di essere definito tale (End of Waste).

Da segnalare il contributo che la Giurisprudenza127 ha apportato al concetto di “sottoprodotti”, offrendo importanti elementi interpretativi.

Rispetto alla precedente definizione molto più rigorosa, che richiedeva espressamente al materiale, per poter essere definito tale non dovesse “essere

sottoposto a trattamenti preventivi o trasformazioni preliminari” (vietando

quindi ogni trattamento), a seguito delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo n. 205 del 2010 vengono invece consentiti quei trattamenti che non abbiano l’effetto di “snaturare” il prodotto.

Infatti128, a norma del “nuovo” art. 184-bis, comma 1, lett c), “la sostanza o

l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale”.

126 Il Decreto Legislativo n. 205 del 2010 ha eliminato la nozione tutta italiana prevista

dalla Circolare del Ministero dell’Ambiente, prot. n. 3402/V/MIN, della categoria delle “materie prime secondarie sin dall’origine”; unica alternativa restava quindi quella prevista dall’art. 183, co.1, lett. qq, Decreto. Legislativo n. 152 del 2006, che qualifica come “sottoprodotto” “Qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfi le condizioni di cui all’art. 184-bis, comma 1 o che rispetti i criteri stabiliti in base all’art. 184-bis, comma 2”. Il citato art. 182-bis, stabilisce che è sottoprodotto e non rifiuto, ai sensi dell’art. 183, co.1, lettera a), qualsiasi sostanza od oggetto che soddisfa tutte le condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

98 Tale orientamento è stato confermato dalla stessa Corte di Cassazione, che nella sentenza n. 40109 del 2015, tenendo fermo il principio secondo cui “devono certamente escludersi trasformazioni radicali del materiale trattato

che ne stravolgano l’originaria natura”, ha però aggiunto che “la normale pratica industriale ricomprende tutti quei trattamenti o interventi (non di trasformazione o di recupero completo) i quali non incidono o fanno perdere al materiale la sua identità e le caratteristiche merceologiche e di qualità ambientale che esso già possiede” -come prodotto industriale all’esito del processo di lavorazione della materia prima o come sottoprodotto, fin dall’origine, in quanto residuo produttivo- ma che “si rendono utili o funzionali per il suo ulteriore e specifico utilizzo presso il produttore o presso altri utilizzatori (anche in altro luogo e distinto processo produttivo), come le operazioni di lavaggio, essiccazione, selezione, cernita, vagliatura, macinazione e frantumazione”.

In definitiva, quindi, il sottoprodotto non necessita mai di essere sottoposto al trattamento di recupero, altrimenti non potrebbe rivestire le caratteristiche merceologiche e ambientali che lo caratterizzano sin dall’origine e che lo qualificano come tale, contrapponendolo al rifiuto.

Il Decreto Legislativo n. 205 del 2010, con l’art. 4, comma 6, modifica il precedente art. 179, del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, specificando che le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il

128 V. Vattani, Il concetto di “normale pratica industriale” riferito al sottoprodotto: la

99 riutilizzo, il riciclo od ogni altro trattamento avente finalità di recupero del materiale, devono essere adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia.

Fissa dunque, in linea con la politica comunitaria, una vero e proprio criterio gerarchico in tema di gestione dei rifiuti: quest’ultima dovrà sempre tendere al trattamento di recupero e, solo laddove questa strada non sia percorribile, sarà possibile lo sfruttamento dell’energia prodotta dalle scorie.

Secondo la definizione comunitaria 129 per “recupero” deve intendersi “qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di

svolgere un ruolo utile sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere a una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia generale. L’allegato II riporta un elenco non esaustivo di operazioni di recupero”.

Sostanzialmente, quindi, il recupero include un’ampia gamma di operazioni, che mirano o a svolgere un “ruolo utile” per sostituire altri materiali (riciclaggio, oppure per prepararli ad assolvere a questa funzione (come le operazioni di pre-trattamento tipiche del settore raccolta e selezioni rifiuti). Si aggiunga poi quanto stabilito dalla Corte di Cassazione130 in tema di “cessazione qualifica rifiuto”, la cui disciplina è prevista dal nuovo 184-ter del Decreto Legislativo n. 152 del 2006, come riscritto dal Decreto

129 Art. 3, punto 15, Direttiva n. 98 del 2008.

100 Legislativo n. 205 del 2010 (in particolare nel comma 2), ove è espressamente previsto che l’operazione di recupero possa anche consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificarne il soddisfacimento dei criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto.

Si sono, dunque, susseguite varie teorie, anche contrastanti, per stabilire131 in cosa dovesse consistere tale controllo.

Secondo una prima teoria, sarebbe bastato un mero controllo in azienda da parte dello stesso produttore per accertare la conformità del rifiuto ai criteri fissati dalla legge; mentre la seconda e contrapposta impostazione riteneva fosse necessario che tale controllo venisse effettuato da un soggetto autorizzato ad effettuare attività di recupero dei rifiuti132.

Tale orientamento è stato confermato dalla Corte di Cassazione in occasione della pronuncia della sentenza in oggetto, affermando che “anche il semplice

controllo dei rifiuti, per verificare se soddisfano i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto, rientra tra le operazioni di recupero, ed è quindi necessario che venga effettuato da un soggetto autorizzato”.

131 V. Vattani, “Cessazione della qualifica di rifiuto”, su www.dirittoeambiente.net.

132 Santoloci M. e V., Tecnica di Polizia Giudiziaria Ambientale, pag. 340, 2014, su

www.dirittoeambiente.net: “Va precisato che l’ipotesi prevista dal comma 2, art. 184-ter, Decreto Legislativo n. 205 del 2010, consistente nel mero controllo di verifica, potrebbe essere attuata oltre che in proprio dall’azienda che gestisce i rifiuti, anche presso un centro di recupero”. Si ritiene che questa ipotesi sia la più corretta ed in linea con quanto previsto dalla stessa legge, in quanto per l’art. 184-ter in commento, l’attività di controllo dei rifiuti è comunque qualificabile come un’operazione di recupero rifiuti: “L’operazione di recupero rifiuti può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti”, pertanto deve essere effettuata da un soggetto abilitato al recupero.

101 L’introduzione del Decreto Legislativo n. 205 del 2010 ha inciso anche sulla nozione di raccolta differenziata133, precedentemente intesa quale “Raccolta

idonea a raggruppare i rifiuti urbani in frazioni merceologiche omogenee, compresa la frazione organica umida, destinate al riutilizzo, al riciclo ed al recupero di materia. La frazione organica umida è raccolta separatamente o con contenitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti biodegradabili certificati”.

L’attuale definizione invece è contenuta nel nuovo art. 183, lett. p), Testo Unico Ambientale, secondo cui: “La raccolta in cui un flusso di rifiuti è

tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico”.

Si nota immediatamente, rispetto alla precedente dicitura, il venir meno del riferimento ai rifiuti urbani: tale intervento persegue lo scopo di avvicinare il dettato normativo nazionale alle direttive comunitarie 134 ed implica la necessità di rivedere le delibere dell’Albo nazionale gestori ambientali, basate sul presupposto che tale concetto trovasse applicazione solo nell’ambito della gestione dei rifiuti urbani.

133

Art. 183 Testo Unico Ambientale, modificato dal Decreto Legislativo n. 205 del 2011.

134 Art. 3, num. 11), Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 98, del 19

Novembre 2008, “Definizioni”: “La raccolta differenziata è un tipo di raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico”.

102 La diretta conseguenza135 di questa considerazione attiene alla corretta attribuzione del Codice identificativo del rifiuto, il quale, desunto dal Catalogo Europeo dei Rifiuti, utilizza i criteri a partire dal capitolo 20, solo per l’individuazione dei rifiuti urbani raccolti nel Comune dal concessionario del servizio pubblico.

Gli obiettivi136 di raccolta differenziata sono contenuti nell’art. 7, Decreto Legislativo 205/10, contenente le modifiche all’art. 181 del Decreto Legislativo 152/06: assolutamente prioritaria è la promozione del riciclaggio di alta qualità, nonché i criteri qualitativi per i diversi settori, sulla base delle indicazioni fornite dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Le Regioni stabiliranno i criteri in base ai quali i Comuni provvederanno a realizzare la raccolta differenziata in conformità a quanto stabilito dell’art. 205137, mentre le Autorità competenti realizzeranno la raccolta differenziata

135 S. Maglia, La gestione dei rifiuti dalla A alla Z. Dopo il Testo Unico Ambientale, III

edizione, Ipsoa, 2012.

136

Art. 7, Decreto Legislativo n. 205 del 2011, recante “Modifiche all’art. 181 del Decreto Legislativo n. 152 del 2006”, comma 1 lettera a): “Entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro provenienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli domestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso”. Il primo comma, lett b) aggiunge: “Entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colmatazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, escluso il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell'elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso”.

103 per i materiali di carta, metalli, plastica e vetro (e ove possibile legno), e adotteranno le misure necessarie per adempiere agli obiettivi stabiliti.

Con uno o più decreti del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico e sentita la Conferenza unificata138, sono adottate misure per promuovere il recupero dei rifiuti in conformità ai criteri di priorità139 e alle modalità140previste, nonché misure intese a promuovere il riciclaggio di alta qualità, privilegiando la raccolta differenziata, eventualmente anche monomateriale, dei rifiuti.

Dove sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico e ambientale, al fine di facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti sono raccolti separatamente, tenuti distinti e non miscelati con altri materiali aventi caratteristiche diverse. Per quanto riguarda le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio e al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell'Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell'articolo 212141, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità142 agli impianti di recupero.

138 Art. 8, Decreto Legislativo n. 281, del 28 Agosto 1997, “Conferenza Stato-città ed

autonomie locali e Conferenza unificata”.

139 Criteri dettati dall’art. 179, Codice dell’Ambiente, “Criteri di priorità nella gestione dei

rifiuti”.

140

Modalità previste dall’art. 177, Codice dell’Ambiente, “Campo di applicazione e finalità”.

141 Art. 212, comma 5, Decreto Legislativo n. 152 del 2006, come modificato dall’art. 25,

lett. c), Decreto Legislativo n. 205 del 2010: “L’iscrizione all’Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto rifiuti, bonifica dei siti contenenti

104 Inoltre, per favorire l’educazione ambientale e la percentuale di rifiuti raccolti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica presenti negli edifici scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione, considerando che non presentano rischi per l’ambiente o per la salute umana e non sono gestiti su base professionale.