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IL PROCESSO DI ADEGUAMENTO NAZIONALE

Lo Stato italiano ha dato attuazione alla Direttiva 2008/98/CE con il Decreto legislativo n. 205 del 3 Dicembre 2010.

Le modifiche apportate al D. Lgs. 152/06 sono entrate in vigore a partire dal 25 Dicembre 2010, mentre gli adempimenti previsti relativi al sistema SISTRI53 e il relativo impianto sanzionatorio, le modifiche in materia di catasto dei rifiuti, registri di carico e scarico e formulario di identificazione entreranno in vigore a partire dal 1 Gennaio 2011.

52 Direttiva 2008/98/CE, Allegato II, “Operazioni di recupero”, sezione R1: “Gli impianti di

incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a 0,60 (per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1 gennaio 2009) o 0,65 (per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008)”. Dovrà inoltre tenere conto anche del CCF.

53 Il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) è un’iniziativa del Ministero

dell’Ambiente e Tutela del Territorio e del Mare, che permette l’informatizzazione della tracciabilità dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani della Regione Campania, su www.sistri.it.

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Il primo aspetto che deve evidenziarsi è che tale decreto ha ottemperato ad una consolidazione dell’impianto normativo previgente, tramite il coordinamento, semplificazione ed aggiornamento degli istituti tradizionali (ad esempio grazie alla nuova enucleazione delle definizioni generali di smaltimento, recupero e riutilizzo).

Non meno importanti tuttavia sono le novità introdotte nell’approccio metodologico per la regolamentazione di tutto il ciclo dei rifiuti, allo scopo di giungere ad una politica ambientale basata sulla gestione di risorse naturali di tipo preventivo (si consideri, ad esempio, alla prevenzione dei rifiuti con apposita programmazione e con appositi incentivi per incoraggiare il riuso del prodotto).

Il primo aspetto da considerare, dunque, sono le modifiche apportate dal presente al D. Lgs. 152/06 : viene riscritta la parte inerente ai rifiuti, ed in particolare viene fissata una gerarchia sulle opzioni possibili nell’aspetto generale della gestione del rifiuto.

La strada in assoluto da prediligere è la riduzione della quantità e/o pericolosità del rifiuto, ovvero la fase della prevenzione del rifiuto.

Le altre possibilità ecologicamente sostenibili sono la preparazione per il riutilizzo (riciclaggio), la fase del riciclaggio vera e propria o il recupero di altro tipo (recupero di energia o compostaggio).

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Lo smaltimento (in primis si intenda lo smaltimento in discarica, ma è compreso anche il trattamento termico che non raggiunge determinati valori di recupero energetico, come ad esempio la soglia del 65% per gli RSU). Residua tuttavia la possibilità di invertire o comunque non rispettare l’ordine espresso quando vi sia diversa valutazione del ciclo di vita dell’attività in gestione, purché vi sia comunque stata un’attenta pianificazione e si giunga ad un complessivo vantaggio ambientale.

Interessante l’aspetto delle politiche ambientali: si preme in questa sede affinché l’attenzione sia rivolta all’intero ciclo dei rifiuti nella sua globalità, con la previsione di misure applicative di diverso tipo.

Queste potranno consistere in strumenti legali di tipo normativo, strumenti di tipo economico (incentivi o disincentivi, come ad esempio la previsione di una ecotassa, da pagare previa presentazione del rifiuto in discarica, piuttosto che trattarlo in maniera differente) o ancora strumenti di tipo tecnologico (progettazione/realizzazione di nuovi impianti o trattamenti).

Potranno anche rivolgersi direttamente alla collettività, come nel caso di strumenti di sensibilizzazione dell’opinione pubblica (campagne pubblicitarie o informative).

Altre tematiche trattate dal Testo Unico Ambientale e modificate con il Decreto 205/10 sono il trasporto di rifiuti ed il trasporto in conto proprio (art. 212) così come l’aspetto della tracciabilità, oltre che rielaborazioni su

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concetti di interesse primario (come ad esempio nella definizione di sottoprodotti54 art. 184 bis)

Mutato parzialmente l’ambito di responsabilità del produttore (art. 188) in particolare nell’aspetto inerente la fase della classificazione del rifiuto55

, con enfatizzazione delle conseguenze di questa delicata operazione (di cui si tratterà nel secondo capitolo) e delle sanzioni applicabili.

Il primo obiettivo resta dunque la prevenzione, da raggiungersi mediante la stesura di un apposita attività di pianificazione e programmazione.

Vengono fissati limiti temporali e soglie specifiche per il raggiungimento di un efficiente sistema di gestione: entro il 2020 dovrà registrarsi una riduzione del 50% in peso dei rifiuti di carta, plastica, metallo e vetro; del 70% invece per il rifiuti provenienti da attività di costruzione e demolizione.

Il trattamento della frazione biodegradabile dovrà raggiungere invece il 100%. Non vengono invece fissate soglie per l’attività di recupero (almeno in questa sede) poiché sarà un’operazione demandata ai competenti Piani Regionali. Per quanto riguarda il momento del riciclaggio invece, vi sono fasi e premesse logicamente antecedenti da stabilire.

54 Con il termine “sottoprodotto”, invece si definisce una “qualsiasi sostanza od oggetto

che soddisfa le condizioni di cui all’articolo 184-bis, comma 1, o che rispetta i criteri stabiliti in base all’articolo 184-bis, comma 2 del TUA”.

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Innanzitutto risulta indispensabile partire dalla precedente definizione di rifiuto, e soprattutto fissare con certezza il momento in cui un materiale è considerato tale o quando esattamente cessa di esserlo.

Al fine di discriminare queste situazioni, viene in soccorso il dettato dell’art. 184ter del presente decreto, il quale si occupa di stabilire quando avvenga la cessazione della qualifica di rifiuto.

La disposizione individua le condizioni attraverso cui un rifiuto, dopo essere stato sottoposto ad un’operazione di recupero, cessa di essere tale (per divenire una materia prima secondaria).

Tali criteri consistono prima di tutto nel considerare il possibile utilizzo della sostanza per alcuni scopi specifici e se esiste o meno di un mercato per la sostanza in questione.

Vengono poi considerati il possibile soddisfacimento dei requisiti tecnici correlati agli scopi specifici per cui la sostanza può essere utilizzata e se l’effettivo utilizzo della sostanza metterà in pericolo o causerà un impatto negativo sull’ambiente o sulla salute umana.

L’art. 184Ter, comma 2, precisa poi che l’operazione di recupero può consistere anche solo nella mera verifica che i rifiuti rispettino le condizioni sopraelencate, potendo inoltre il Ministero dell’Ambiente emanare specifici decreti.

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in via generale può dirsi che qualsiasi materiale scartato si presume essere rifiuto; vige il principio di attrattività (se non esiste o non riesce a darsi prova che non è tale, allora il materiale è rifiuto; tutti i settori se non espressamente e tassativamente sottratti, soggiacciono e rientrano nella legislazione sui rifiuti).

Vengono trattate infine anche tematiche quali il deposito temporaneo di rifiuti (art. 183), il correttivo modifica alcuni aspetti conferendone la relativa possibilità al produttore, che potrà attuarlo in due situazioni differenti : ogni 3 mesi sena limiti quantitativi oppure ogni volta vengono raggiunti i 30 mc (dei quali però al massimo 10 mc potranno essere rifiuti pericolosi).

Inoltre, è fatta salva la possibilità di ricorrervi in ogni caso almeno una volta l’anno se il quantitativo complessivo è inferiore a 30 mc (in tal caso non è specificato se si debba fare riferimento alla precedente ripartizione di 20 mc di rifiuti non pericolosi e 10 mc di rifiuti non pericolosi).

La produzione accidentale di rifiuti pericolosi è prevista e disciplinata dall’art. 16 del D. lgs. 205/10, il quale individua i soggetti tenuti ad aderire al sistema di tracciabilità dei rifiuti; in tale situazione il produttore sarà tenuto a presentare la relativa richiesta di adesione nel termine di 3 giorni lavorativi dall’accertamento della pericolosità della scoria.

Per quanto riguarda la disciplina degli oli usati, con il presente decreto, viene introdotto un articolo specifico inerente la loro gestione (art. 31, ex art. 216

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bis, D. lgs. 152/06) il quale, dopo aver fornito una serie di indicazioni generali,

pone il divieto espresso di miscelazione fra dette sostanze ed altre, prescrivendo, per quanto tecnicamente possibile, la suddivisione per tipologia in tutte le fasi di deposito temporaneo, raccolta e trasporto.

Sarà poi onere specifico del Ministero dell’ambiente l’emanazione delle specifiche norme tecniche mediante l’adozione dei relativi regolamenti.

Per quanto riguarda il tema delle rocce da scavo, il Decreto Legislativo 205/10 fissa quattro modalità operative differenti.

Continua ad essere ammesso l’utilizzo del materiale, se non inquinato, direttamente nel sito di produzione a condizione che vi sia certezza dell’utilizzo nell’ambito della costruzione ed allo stato naturale (art. 185 comma 1 lett. c). In tale evenienza non si applica la normativa sui rifiuti e quindi la Parte IV del D.Lgs. 152/06.

Nel caso di produzione del rifiuto al di fuori del cantiere (cioè dell’ambito di produzione del materiale) terre e rocce devono essere considerate rifiuti oppure il loro utilizzo sarà consentito o come sottoprodotto o come materia prima secondaria, purché, apposito decreto ministeriale sia intervenuto per definirne le condizioni specifiche.

Viene infine espressamente previsto dall’art. 10 che le operazioni di sgombero dalla neve non sono considerate attività comprese nella gestione dei rifiuti.

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