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Clichés televisivi nello spazio postsovietico

CAPITOLO 2: IL CROLLO, LE MACERIE, LA POLVERE

3.5 La fine dell'Unione Sovietica e il postcomunismo: l'abbattimento del vecchio edificio

3.5.1 Clichés televisivi nello spazio postsovietico

Sepolto l'ancestrale spazio siberiano, Kolima si muove fin dalla sua giovinezza in un ambiente molto diverso, urbano, a stretto contatto con realtà sociali profondamente differenti dalla propria. Nel corso degli ultimi anni Ottanta, degli anni Novanta e primi Duemila, Kolima filtra attraverso il proprio sguardo il mutamento culturale che, fin dai primi segnali di crisi dell'Unione sovietica, esplode con il crollo del Muro di Berlino e gli anni del postcomunismo.

Il cambiamento epocale che sta investendo la sua società è percepibile fin dalle pagine dedicate all'infanzia del protagonista: mentre gli anziani della comunità si ostinano a trasmettere il

valore per il rispetto delle vecchie tradizioni i giovani (soprattutto delle altre comunità) sono attratti da nuovi stili di vita, abbandonati i vecchi costumi «onesti» per diventare «criminali disonesti». La distinzione tra onestà e disonestà, nella semantica di Lilin e dei suoi personaggi, dev'essere intesa in modo peculiare: «onestà» è un concetto che è strettamente connesso con quello di «educazione», così come «maleducazione» è sintomo di «disonestà». Quando gli anziani che si occupano della formazione di Kolima e dei suoi compagni accusano le nuove generazioni di essere «maleducate» non si riferiscono necessariamente alla mancanza di rispetto verso gli altri o ad un comportamento arrogante: il male che gli anziani siberiani vedono nelle nuove leve è la mancanza di tradizione, di etica e spirito comunitario. Uno dei principali problemi che il primo romanzo di Lilin pone al lettore è infatti riuscire ad accettare e comprendere la differenza che il narratore stabilisce tra la comunità siberiana e la sua cultura di origine tribale, basata sull'attività criminale, e le moderna associazioni a delinquere di stampo mafioso.

La comunità di Kolima affonda le sue radici in un mondo antico, il cui ambiente naturale era quello della taiga: la violenza insita nelle due principali attività di sussistenza, criminalità e caccia, era reputata un elemento normale dell'esistenza quotidiana e per questo sottoposta ad una severa regolamentazione, come avviene per ogni attività regolarmente svolta in seno a qualsiasi società. Con questo non si intende, in questa sede, giustificare la violenza insita nel furto o dell'omicidio, ma far emergere che, nella rappresentazione fornita dai romanzi analizzati, che ciò che porta una società alla disgregazione ed al collasso non è tanto la presenza di questi elementi, reputati destabilizzanti nelle società moderne ma comunque praticati sotterraneamente37; ciò che

Kolima ritiene veramente pericoloso e determinante per la proliferazione di comportamenti criminali è la perdita della propria storia individuale e comunitaria38 , la cancellazione della propria

identità e del senso di appartenenza, l'affermazione del desiderio utilitaristico ed anarchico di perseguire solo il proprio scopo, senza un'idea di futuro collettivo, rincorrendo unicamente l'appagamento individuale ed immediato.

Il contrasto che, nel romanzo di Lilin, divide i siberiani del quartiere Fiume Basso dagli altri abitanti di Bender non è riconducibile ad un banale scontro manicheo tra bene e male, tra etica e nichilsmo, tra tradizione e ribellismo: è il contrasto che si crea tra il vecchio - dove si ritrova l'elemento naturale, la coesione sociale, profondità storica - e la piattezza contemporanea del nuovo,

37 La criminalità, per quanto diffusa nelle più diverse forme, diventa qualcosa di estraneo, lontano; la mafia è stata reputata per anni solo un problema del sud; la guerra diventa “missione di pace”; la pena di morte praticata praticata negli Stati Uniti si accompagna a rituali che dovrebbero renderla “pulita”, come la sterilizzazione dell'ago per l'iniezione letale.

38 La perdita in questo caso si realizza con l'alienazione degli Urca dallo spazio in cui le loro tradizioni e le ritualità conservavano un senso

impostosi generalmente grazie all'immagine televisiva.

Mentre Kolima ed i suoi compagni sono costretti dai loro padri a distruggere tutte le loro cassette di musica americana e a rispettare il divieto assoluto di indossare i jeans, i giovani criminali della comunità ucraina imitano i rapper afroamericani. In particolare il contrasto tra i due mondi è evidente nell'assassinio di uno di questi giovani che, imitando le icone hip hop dei ghetti americani conosciute grazie a Mtv, si rende colpevole di aver sporcato con i suoi graffiti i muri di un criminale anziano.

Mi ricordo di aver commentato la cosa con nonno Kuzja: gli ho detto che secondo me ammazzare per un simile reato è ingiusto [...]. Lui non era d’accordo con me e mi ha detto che ero troppo umano, troppo umano e troppo giovane. Mi ha spiegato che quando i ragazzi prendono una strada sbagliata e non vogliono ascoltare i loro vecchi, nella maggior parte dei casi danneggiano se stessi e quelli che gli stanno intorno. I ragazzini ucraini stavano mettendo a rischio molti giovani di altri quartieri, che li avrebbero imitati, perché [...] comportandosi così, avevano messo in dubbio il potere criminale e l’ordine nella nostra città. Per questo era necessario trattarli con crudeltà e severità totale, per far capire a tutti dove può portare la via della disobbedienza alle tradizioni. E aggiungeva:

- E poi, perché fanno finta di essere neri americani e non, per dire, coreani del Nord o palestinesi? Te lo dico io perché: questa è sporcizia che arriva dal diavolo, attraverso la televisione, il cinema, i giornali e tutte le porcherie che una persona degna e onesta non tocca mai... L’America è un Paese maledetto dimenticato da Dio, e ogni cosa che esce da lì dev’essere ignorata, invece questi stupidi si divertono a giocare agli americani, tra un po’ cominceranno pure a parlare urlando come scimmie...

Nonno Kuzja odiava tutto ciò che era americano perché, come tutti i criminali siberiani, si opponeva a quello che rappresentava il potere nel mondo.[...]

Per questi motivi, a Fiume Basso era vietato usare qualsiasi cosa americana.39

Il senso di appartenenza che lega il giovane Kolima alla sua comunità non significa che il protagonista, nel corso del romanzo, ne dia un giudizio sempre ed incondizionatamente positivo: egli prova indubbiamente il piacere e l'orgoglio di far parte di una totalità strutturata, autentica, il sollievo di trovarsi protetto da una società coesa, per quanto discutibile, e di non essere condannato a naufragare come il resto del mondo, irrimediabilmente alla deriva. Tuttavia non mancano di sorgere perplessità nei confronti del mondo criminale, un ambiente dal quale il Kolima adulto,

protagonista dei romanzi successivi, cercherà di allontanarsi.

È importante dunque notare come la comunità siberiana di Bender appaia come sconfitta in partenza, accomunata suo malgrado a tutte le altre “caste” cui si oppone dalla perdita della Terra madre, nella quale queste affondava le sue radici. La deportazione si accompagna ad un trapianto forzato di stili di vita non conciliabili col mondo urbano: per quanto volto a fornire a Kolima un'educazione vera, solida, rispettosa del passato, lo stile di vita criminale in Transnistria conduce il protagonista ad un'esistenza violenta, a conoscere il carcere ed a vedere molti dei propri amici morire cruentemente prima della maggiore età. Nel contesto transnistriano la formazione tradizionale si rivela in realtà una deformazione che, marchiando Kolima come diverso, lo rende ancora più inadatto e vulnerabile al caos generato da una forma di postmodernità molto peculiare, il postcomunismo:

Quando ho compiuto diciotto anni, ero fuori dal mio Paese. Studiavo educazione fisica in una scuola sportiva, stavo cercando di crearmi un futuro diverso, fuori dalla comunità criminale.

Era un periodo molto strano per me, leggevo tanto, conoscevo persone sempre nuove e cominciavo a capire che la via del crimine, che prima definivo buona e onesta, era una via estrema, che la società definiva «fuori dal comune». Ma anche la società non mi faceva una gran bella impressione, la gente mi sembrava cieca e sorda ai problemi degli altri e persino ai suoi stessi problemi. Non riuscivo a capire i meccanismi che mandavano avanti il mondo «normale», dove le persone alla fine rimanevano divise, senza avere niente in comune, senza provare il piacere di condividere le cose. La tipica morale russa mi faceva arrabbiare, tutti erano pronti a giudicarti, a criticare la tua vita, ma poi loro stessi non andavano oltre le serate davanti alla televisione, la voglia di riempire il frigo con cibo buono e a poco costo, di ubriacarsi tutti insieme alle feste di famiglia, invidiare i vicini e cercare di essere a loro volta invidiati.

Macchine belle, preferibilmente straniere, vestiti uguali per essere come tutti gli altri, sabato sera al bar del paese per farsi belli, bere una birra in lattina prodotta in Turchia, raccontare agli altri che tutto è a posto, che «gli affari» vanno bene, anche se sei solo un umile lavoratore sfruttato e non sei capace di vedere la vera realtà della tua vita.

Il consumismo russo post-sovietico era una cosa impressionante, per uno come me. La gente si lasciava affogare nei detersivi di marca e nei dentifrici, tutti bevevano per forza solo bevande provenienti dall’estero e le donne si spalmavano addosso una quantità industriale di creme francesi, pubblicizzate ogni giorno in televisione, credendo che le avrebbero fatte diventare come le modelle degli spot.

Ero stanco, disorientato, non credevo che in questa vita sarei riuscito a realizzarmi in qualche modo onesto e utile.40

La società postsovietica aveva cancellato i valori in cui credevano i miei vecchi, le persone che mi avevano educato e che rappresentavano per me il massimo del livello della saggezza umana. Più cresceva l'euforia occidentale, più era chiaro che il caos avrebbe

dominato le nostre giornate.

In queste allegre circostanze, dicevo, ho compiuto i miei diciotto anni.41

Kolima non ha difficoltà a riconoscere alla televisione un ruolo primario nella deformazione della realtà cui appartiene: il suo stesso nonno Kuzja giudicava “demoniaco” lo stile di vita proposto e l'effetto che provocava nella popolazione. Ai decenni di propaganda comunista, volta a mistificare la realtà, si sovrappone dunque una nuova forma di distorsione, quella pubblicitaria: se Kolima riesce ad opporre una rabbiosa quanto inutile resistenza è solo in virtù dell'educazione ricevuta e degli sviluppi drammatici della Storia che, suo malgrado, continua ad investire violentemente lui e la sua comunità. Tuttavia affondare le mani nella sporca concretezza del Reale è inutile a fronte di un sistema mediatico in grado di cambiare il sistema percettivo di un'intera popolazione. Chiuso nella sua realtà marginale, all'interno di un Paese isolato dal resto del mondo, Kolima constata un tale divario tra il mondo da lui conosciuto e quanto vede alla televisione da arrivare a dubitare della stessa autenticità dei fatti vissuti in prima persona durante la guerra civile, nei primi anni Novanta:

Nessuno sapeva cosa succedeva veramente in Transnistria, le notizie in televisione presentavano le cose in maniera tale che, dopo aver guardato quella merda, anche a me veniva il dubbio che tutto quello che conoscevo fosse irreale42

La peculiarità del nuovo potere dei media, però, non è tanto quello di occultare o distorcere la realtà rappresentata: considerato l'utilizzo che ne faceva il regime dittatoriale che governava l'URSS e la scarsa libertà di espressione che continuò a caratterizzare il nuovo regime, non appare affatto strano che i mezzi di comunicazione di massa abbiano continuato ad essere utilizzati a fini propagandistici e di controllo dell'opinione pubblica. Questo utilizzo dei media risulta anzi ancor meno strano quando Kolima ritorna dal fronte, nel corso dei primi anni Duemila che videro l'elezione alla carica di presidente della Federazione Russa - proprio come aveva vaticinato il capitano Nosov - un ex luogotenente colonnello del KGB, Vladimir Putin.

Ciò che invece è assolutamente nuovo in Russia è il linguaggio che adottano i mezzi di

41 N. Lilin, Caduta libera, p. 9.

informazione: lasciati da parte i messaggi di ottimismo rivolti alla popolazione, mirati a nascondere qualsiasi problema o contraddizione interna al Paese per rinsaldare la fiducia nel grandioso ed ormai prossimo futuro comunista della Patria, la televisione nell'era della democrazia bombarda il telespettatore con qualsiasi tipo di informazione, creando una confusione ed un caos addirittura più efficaci della vecchia censura. Se prima il regime puntava ad inculcare i suoi valori ed a tenere sotto controllo la popolazione in modo coercitivo, il nuovo potere punta ad anestetizzarla: non serve nascondere nessuna notizia, la piattezza del flusso catodico, la confusione tra spot, guerre, comizi,

reality show e terrorismo sarà sufficiente a creare un dilagante quanto innocuo vuoto di pensiero.

Tornato a casa per cercare di calmarmi un po' ho acceso la televisione, ma le notizie che sentivo mi sembravano una presa in giro: in qualche scantinato quattro azerbaigiani avevano mischiato dell'acqua di rubinetto con un po' d'acqua e l'avevano spacciata per vodka, vendendola al prezzo di una coltellata in una rissa nel parcheggio di un nightclub; l'ex procuratore generale era stato sorpreso da una videocamera mentre si drogava e faceva sesso con una prostituta, dichiarando poi che quella era semplicemente una serata di relax, un suo diritto di cittadino; i politici facevano tante promesse con i loro sorrisi inutili e senza senso, gli occhi pieni di morte e tristezza, però tirati da un lifting che dava a tutti la stessa espressione da bambola gonfiabile. Intanto su un altro canale il Presidente parlava come un autentico criminale, minacciando senza mezzi termini tutti quelli che lo ostacolavano ma dimostrandosi al contempo così carismatico e giusto che veniva voglia anche a me di applaudire i suoi discorsi. Finti rivoluzionari, finti conservatori, finti estremisti. Persino il terrorismo era finto, organizzato a tavolino dai servizi segreti, e un grande disastro poteva servire a coprire l'ennesimo scandalo che coinvolgeva qualche dirigente. Un ministro è stato intercettato? Beccato fresco-fresco a parlare con gli oligarchi corrotti? La stampa non fa in tempo a preparare i pezzi che salta in aria un autobus in una delle città più importanti del Paese. Tragedia nazionale, si annuncia la nuova guerra al terrorismo, l'opinione pubblica esplode nell'ennesima crociata e nessun giornalista ricorda il caso del ministro corrotto, neanche mezza parola sul potere degli oligarchi, sui funzionari di governo venduti e comprati più volte da più padroni, sulle compagnie private che stanno prosciugando la nazione.

Quando ho visto al notiziario un servizio su un gruppo di nostri soldati morti di recente in uno scontro fra le montagne in Cecenia, senza pensarci ho preso un orologio da tavolo e l'ho scagliato contro il televisore, spaccando lo schermo e l'orologio. La notizia dedicata ai nostri morti era stata montata in mezzo ad altri due servizi: uno sull'allevamento dei maiali nel sud della Russia, l'altro sulle giovani modelle che avevano vinto dei concorsi internazionali di bellezza ed erano pronte a conquistare il mondo, dando così un enorme contributo alla causa della Madre Patria.

Sono rimasto seduto davanti al televisore rotto per tutta la notte, pensando a noi, che obbedienti come pecore al macello avevamo sacrificato le nostre vite in nome di un ideale di

cui al resto del Paese non fregava niente, e adesso il nostro posto nel notiziario era tra i porci e le troie.43

Questa operazione mediatica ha l'effetto di scindere il reduce Kolima dal mondo che lo circonda: dopo un'esperienza forte come quella della guerra, la società in cui vive, le persone che la abitano ed i nuovi valori che perseguono non gli sembrano credibili. La violenza conosciuta, nella sua atrocità, ha una chiarezza ed un'univocità che il mondo consumistico della Russia postcomunista non può capire né immaginare. A questo punto, nel protagonista si produce un tragico rovesciamento: se lui è il depositario di una conoscenza che lo differenza dalle persone che lo circondano, questa consapevolezza rappresenta una barriera tra lui, marchiato dalla guerra, e la massa, uniformemente ignorante. Il carattere irreale del mondo mediatico nel quale sono immersi i concittadini di Kolima è chiaro al lettore ed al narratore, ma il protagonista, vero e proprio outsider, non può che percepire la sua peculiare visione del mondo come il sintomo di un suo allontanamento dalla realtà. È questa la fase in cui il sistema percettivo postmoderno raggiunge il parossismo: è inutile cercare di stabilire che cos'è vero e che cos'è finzione, la confusione dei due piani è tale da renderli indistinguibili.

I miraggi che inseguono le nuove generazioni russe sono ormai l'effettiva verità di un'intera nazione, mentre la guerra periferica alla quale Kolima ha partecipato, le centinaia di migliaia di morti fra i civili, le rovine delle città, i traffici dietro le linee di combattimento, tutto quello che ha rovesciato la vita del protagonista, lo rendono irrimediabilmente solo. Le conseguenze per il reduce sono due: in primo luogo l'effettivo allontanamento dalla realtà, con l'infittirsi degli episodi di perdita di coscienza ed azioni compiute in stato trance, mosse da un sentimento fortissimo di odio e repulsione verso gli altri; in secondo luogo la nostalgia della guerra: certamente atroce ed inumana ma, se confrontata con la società pacifica, incredibilmente vera e semplice.

Più mi sforzavo di capire la situazione in cui si trovava il mio Paese, più mi allontanavo dalla realtà. Ripensavo a tutti quelli che avevo visto morire nel nome della pace,e mi convincevo che questo tipo di pace non meritava di esistere: meglio il macello che avevo conosciuto, ove almeno sapevamo qual era la faccia del nemico e non potevamo sbagliarci, e tutto era semplice proprio come una pallottola.44

La nevrosi collettiva che investe la società russa non è caratterizzata dunque dal conseguimento di un effettivo nuovo benessere, quanto piuttosto dall'inseguimento affannoso di uno

43 N. Lilin, Il respiro nel buio, cit. pp. 11-12. 44 Ivi, p. 11.

stile di vita che le è stato promesso: mentre ai più sembra che il cambiamento sia avvenuto semplicemente abbracciando i brand e gli status symbol proposti dalla pubblicità occidentale, Kolima si rende conto che questo traguardo, dal quale è disgustato, non solo è lontanissimo ma addirittura impossibile.

La rivoluzione antropologica che investì l'est europeo a partire dalla metà degli anni Ottanta, così com'è descritta nei romanzi di Nicolai Lilin, ricorda nuovamente gli ammonimenti di Pasolini circa i pericoli di uno sviluppo senza un progresso: non è possibile imporre un cambiamento radicale nei costumi e nello stile di vita se a questo non si accompagna un progresso culturale, che garantisca una continuità con il patrimonio collettivo (sociale, culturale, storico) della popolazione interessata. Sia nell'Italia di Pasolini che nella Russia di Lilin, invece, l'accettazione incondizionata dei modelli proposti dal capitalismo occidentale ha portato ad una radicale mutazione della superficie senza che questo fosse accompagnato ad un adeguato progresso culturale della sostanza, in grado di digerire il cambiamento.