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CAPITOLO 2: IL CROLLO, LE MACERIE, LA POLVERE

3.1 Sinossi

Il collasso storico sociale che ha interessato l'area dell'ex blocco socialista può essere narrata secondo punti di vista più strettamente personali, come quello di Nicolai Lilin. Nei suoi tre romanzi - Educazione siberiana (2009), Caduta libera (2010) e Il respiro nel buio (2011) - Lilin racconta in prima persona la propria esperienza nelle ex repubbliche socialiste sovietiche ponendo

al centro della narrazione un tema fondamentale: quello della formazione.

Non si tratta di opere autobiografiche, bensì di romanzi la cui fonte primaria è costituita da episodi vissuti in prima persona dall'autore (specialmente per quanto riguarda il primo romanzo) o da persone da lui conosciute. I luoghi e l'ordine degli eventi sono stati cambiati sia per agevolare la narrazione sia per tutelare la privacy dei protagonisti del racconto: per questi motivi, dunque, in questo lavoro utilizzerò il soprannome “Kolima” per identificare il protagonista della narrazione, distinguendolo dall'autore Nicolai Lilin. D'altra parte, nella maggior parte dei casi è proprio questo l'appellativo col quale l'Io narrante, protagonista dei romanzi, è designato.

In Educazione siberiana, Kolima racconta la propria infanzia ed adolescenza nella città di Bender, in Transnistria. La Transnistria, un tempo parte dell'URSS, è uno stato indipendente de

facto ma non riconosciuto dalla comunità internazionale, un'enclave russo-ucraina situata all'interno

della Repubblica Moldava che attualmente ne rivendica la sovranità11: in particolare all'interno della

Transnistria si distingueva una particolare comunità, gli Urca siberiani, deportati dalla loro terra nei territori sud-occidentali dell'Unione Sovietica durante il regime di Stalin. Questa popolazione da secoli basava la propria esistenza sull'attività criminale ai danni dei diversi occupanti - fra i quali le ultime furono le forze governative sovietiche - che, nel corso dei secoli, avevano tentato di imporsi sull'area siberiana da loro abitata. Una volta deportati in massa in Transnistria, gli Urca continuarono la loro resistenza anticomunista costituendo delle comunità indipendenti, individuando autonomamente le proprie autorità rappresentative e giuridiche, seguendo leggi proprie basate sul codice di comportamento criminale echeggiante l'antico modello collettivista delle piccole comunità tribali. Non si trattò di un'azione politica, quanto di una forma di resistenza naturale al potere centrale di Mosca e dalle sue ingerenze di tipo sostanzialmente coloniale, con la trasformazione della microcultura siberiana nella subcultura transistriana all'interno della quale si formò il giovane Kolima.

Come lo scrittore sottolinea spesso nelle sue interviste, è bene parlare al passato degli Urca, dal momento che oggi la comunità non esiste più, essendosi completamente sfaldata nel corso dagli anni Novanta e Duemila ed essendo già in profonda crisi fin dall'infanzia dello scrittore: in

Educazione siberiana uno dei temi principali è infatti il contrasto tra la giovane generazione,

11 La Repubblica Moldava di Transnistria, a maggioranza russo-ucraina, proclamò unilateralmente la propria indipendenza nel 1990 con la volontà di rimanere al'interno dell'Urss, in opposizione ai maggioritari movimenti nazionalisti moldavi che effettivamente nel 1991 ottennero l'indipendenza della Repubblica di Moldavia dall'Unione Sovietica. La neonata RSS di Transnistria tuttavia non venne riconosciuta né da Mosca né dal governo moldavo: tuttavia il territorio era ancora occupato dalla quattordicesima Armata Sovietica, che, nonostante la neutralità del governo russo, sostenne i separatisti fornendo loro armi, addestramento e volontari. Il conflitto si protrasse

ufficialmente dal marzo al luglio 1992, al termine del quale si decise di creare un corpo di peace keeping formato da truppe russe, ucraine, moldave. La presenza delle forze armate russe continua ancora oggi.

desiderosa di abbandonare le proprie tradizioni soprattutto in seguito al crollo del Muro di Berlino, e gli anziani desiderosi di preservare le antiche radici siberiane.

Caduta libera si innesta (riprendendole letteralmente) sulle ultime pagine di Educazione siberiana: nel suo secondo romanzo Lilin racconta la drammatica esperienza vissuta durante il due

anni si servizio militare. Convocato dall'esercito, Kolima tenta di scappare dalla base Bender e viene dunque punito con l'assegnazione al corpo dei sabotatori, un reparto di forze speciali che agisce dietro le linee nemiche, diviso in piccoli gruppi e senza divisa. Il secondo tentativo di fuga di Kolima dal campo di addestramento è punito con un breve incarico da addetto alle pulizie presso il carcere militare, un vero e proprio lager dove i detenuti (in larga parte disertori) vivono in stato di

shock accusando pesanti disturbi psichici, sono denutriti e subiscono ripetutamente sevizie dalle

guardie. Dopo aver saputo che chi non muore in carcere riporta traumi psicologici talmente gravi dal finire col suicidarsi poco dopo esser stato rilasciato, il protagonista si rassegna ad affrontare i due anni di servizio militare, cercando per quanto possibile di uscirne indenne. Durante l'addestramento Kolima rivela le sue doti di tiratore, sviluppate grazie ai mesi di caccia nella taiga assieme al nonno Nicolaj, che ancora vive in Siberia: per questo motivo, nell'esercito gli viene assegnato in ruolo di cecchino, per poi essere trasferito al fronte ceceno.

Qui per due anni Kolima fa parte di una squadra particolare, poiché i sabotatori oltre a non avere l'obbligo della divisa non sono tenuti a rispondere a nessun superiore che non faccia parte del loro corpo: sono l'incarnazione della forma di guerra più anarchica e cruenta.

Nel corso del servizio militare il capitano Nosov, a guida del reparto, espone ripetutamente ai suoi sottoposti le sue teorie sulla guerra, un complotto organizzato da ex dirigenti del KGB per mantenere il disordine in una zona di confine, mascherando il traffico di droga, armi ed esseri umani e riciclando il denaro sporco ricavato da queste attività. Gli stessi esponenti degli ex servizi segreti starebbero utilizzando le ricchezze accumulate per ottenere un sempre maggiore potere politico e conquistare “democraticamente” il Cremlino.

Nel corso di questi due anni Kolima riceve una nuova formazione in una comunità molto più ristretta, una sorta di famiglia che lo accompagna attraverso le esperienze più atroci fino al giorno del congedo.

Il respiro nel buio si apre con l'abbandono dell'esercito e il ritorno di Kolima in

Transnistria. Il protagonista affronta per diversi mesi le “crisi da reduce”, vittima del disturbo post- traumatico da stress, durante le quali cade ripetutamente in trance per poi risvegliarsi nel suo appartamento organizzato come un bunker, con le armi che lui stesso si era spedito dal fronte

disseminate in ogni stanza come se si trovasse ancora sulla scena del combattimento. Nel protagonista cresce un odio incontrollabile, alimentato dal disinteresse delle istituzioni che, dopo averlo congedato, seguono la prassi di cancellazione dai documenti del suo passato e del suo effettivo operato nell'esercito: è necessario a tutti i costi nascondere all'opinione pubblica l'effettivo pericolo che i veterani possono costituire una volta terminato il servizio militare.

La guerra non abbandona Kolima che, per affrontare le sue frequenti crisi, ricrea un ambiente bellico attorno a sé, girando sempre armato ed arrivando a sorprendersi dopo uno dei momenti di trance col fucile da cecchino carico e puntato contro i vicini di casa. Rendendosi conto di essere divenuto un pericolo reale per gli altri, Kolima decide tornare nella taiga Siberiana, presso il nonno Nicolaj, dove finalmente trova finalmente la forza di distaccarsi dal passato e cominciare la propria rigenerazione.

Dopo un periodo di “ri-formazione siberiana”, Kolima si reca a San Pietroburgo, alla ricerca di un lavoro: qui però si rende conto che nessuno è disposto ad assumere un reduce, anzi diviene un emarginato del quale le persone hanno orrore. La delusione e l'odio tornano a pulsare nelle vene del protagonista, il quale non può accettare di essere rifiutato proprio dagli abitanti di quegli stessi centri di potere (Mosca e San Pietroburgo) che avevano voluto la guerra alla quale era stato costretto a partecipare. A questo punto il reduce telefona all'ufficiale che si era occupato del suo congedo, il quale gli aveva proposto di farsi vivo per un lavoro nelle agenzie di sicurezza: così Kolima entra a far parte di un'organizzazione privata dell'ex generale del KGB Lavrov, comunista convinto, ora divenuto un influente uomo d'affari. Questi, tramite la sua organizzazione, cerca di influire nelle scelte di potere della Federazione Russa - accusando i politici di non essere in grado né di volere fornire garanzie ai cittadini - sfruttando i vecchi archivi dei servizi segreti ed radunando un esercito privato per azioni di spionaggio, intimidazione e scontri armati con i poteri mafiosi che si stanno via via affermando nella Russia democratica.

Kolima si rende conto che, pur avendo superato i primi disturbi post-conflitto del veterano, i riflessi e gli istinti maturati in guerra si riattivano subito con l'esecuzione dei primi incarichi commissionati, risvegliando una violenza che, sopita, non lo aveva mai abbandonato. Nonostante tutto riesce a stabilire degli elementi di normalità nella propria esistenza, impegnandosi in una relazione stabile con Anna, una fotografa, con la quale condivide la passione per la musica ed la letteratura.

Il vecchio Lavrov decide di assegnare a Kolima il comando delle guardie del corpo del figlio, un quarantenne criminale che sfrutta il denaro del padre per arricchirsi col traffico di droga: l'obiettivo dell'ex ufficiale sovietico è quello di tenere d'occhio il figlio, al quale con fiducia mal

corrisposta ha affidato delle importanti responsabilità. Kolima entra in contrasto con il nuovo capo, in particolare in seguito ad uno scontro molto duro, durante il quale l'agente di sicurezza cerca di intervenire contro il figlio del generale, deciso a stuprare una ragazzina dodicenne in una discoteca. Kolima, nauseato dalla nuova guerra sotterranea nella quale è stato coinvolto, studia un piano per abbandonare l'agenzia di sicurezza: la sua uscita, però, non può essere indolore, così il generale per non destare sospetti utilizza i propri agganci con la polizia per far rinchiudere in carcere il suo ex agente con l'accusa di detenzione illegale di armi da fuoco.

Alla fine della reclusione a Kolima verrà consegnato del denaro, un biglietto aereo per il Belgio e l'indirizzo di un israeliano che gestisce un'agenzia di sicurezza privata in medio oriente. Ancora una volta, come accadeva nella sua infanzia, il germe di normalità nella vita di Kolima - Anna, la passione per i libri, la musica - è spazzato via, per lasciare invece alla sola realtà che lo ha accompagnato per tutta la vita: la violenza e la guerra, dalle quale non riesce ad evadere.