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La distopia è reale? Il paesaggio prodotto da armi e spazzatura prima e dopo il 2001.

3.2 Alcuni caratteri degli anni Ottanta e Novanta ereditati dagli anni Duemila: televisione,

3.2.4 La distopia è reale? Il paesaggio prodotto da armi e spazzatura prima e dopo il 2001.

Lo stesso Io, subito il crollo, è polverizzato e frammentato, identico alle macerie ed ai rifiuti nei quali è immerso: si aggira dunque smarrito in particolari paesaggi che, essendo proiezione della sua nuova percezione modificata, assume toni apocalittici e distopici.

Tornando a DeLillo, nel suo romanzo le descrizioni di alcuni scenari sembrano attingere dalla fantascienza le sfumature cupe e surreali che sono invece impiegate nel fotografare la contemporaneità, stanata in quei particolari non-luoghi del presente, segretamente collegati tra loro, che sono le discariche: non a caso, la sede della distopia è il luogo deputato alla conservazione dei rifiuti.

Brian scese dalla macchina e si arrampicò su un argine terroso. […] Brian pensò che fosse l'allucinazione di uno di quei cocuzzoli isolati dell'Arizona. Invece era reale, ed era creata dall'uomo, spazzata dal volo roteante dei gabbiani, e Brian capì che poteva essere solo una cosa - la discarica di Fresh Kills a Staten Island.

Quello era il motivo del suo viaggio a New York, ed era proprio lì che la mattina dopo aveva appuntamento con i tecnici e i topografi.

C'erano migliaia di acri di spazzatura ammonticchiata, terrazzata e segnata dai percorsi dei macchinari, e bulldozer che spingevano ondate di rifiuti sopra il versante in uso. Brian si sentì rinvigorire, guardando la scena.101

L'irrealtà che caratterizza il paesaggio distopico della discarica, cumulo vibrante di schegge originate da un passato disgregato, è ciò che lo connette ad un altro particolare non-luogo del presente, suo omologo, costituito dai siti dove un tempo si tenevano gli esperimenti nucleari in sovietica e dunque in stretto rapporto col tema delle armi.

Più avanti vediamo segni di vecchi esperimenti, in superficie, e c'è una stranezza in questo posto, un disagio che tento di definire.

Vediamo i resti di un ponte ferroviario, un tratto scolpito di metallo scuro 100Ivi, pp. 321-322.

carbonizzato appoggiato a piloni di cemento. Una gravità, uno spirito di vecchi segreti andati a male, ormai privi di valore. Vediamo la base tozza e grigia di una torre di guardia, distrutta da decenni, di cui resta soltanto questo blocco di cemento che si alza di appena un metro e mezzo dalla superficie irregolare, con un'aria ancora stranamente stupefatta, con travi di metallo sporgenti. Senso di colpa in ogni oggetto contaminato, i pilastri sciupati dalle intemperie e le travi abbandonate al vento, cose fabbricate e forgiate dagli uomini, vecchi progetti andati a male.

Procediamo in silenzio. [...].102

La “distopia della disintegrazione” che emerge dal particolare ritratto del presente contemporaneo eseguito da Underworld si perfeziona nella descrizione di corpi deformi, frutto dell'esposizione alle radiazioni durante gli esperimenti nucleari:

[Viktor] ci porta in un posto che chiama il Museo delle Deformità. [...]

Evidentemente [...] è un uomo che ama andare in profondità nelle esperienze. I feti, alcuni, almeno, sono conservati dentro barattoli di cetrioli Heinz. C'è quello con due teste. C'è quello con una testa sola grande il doppio del corpo. C'è quello con una testa normale attaccata nel posto sbagliato, appollaiata sulla spalla destra. Guardiamo dentro i barattoli in silenzio. [...] Poi Viktor dice qualcosa ma non sui barattoli. Parla degli anni di esperimenti. Noi guardiamo dentro i barattoli, ascoltiamo Viktor e passiamo lentamente da una vetrina all'altra. Cinquecento esplosioni nucleari, in una zona a sudovest della città, e anche quando avevano smesso di far scoppiare le bombe nell'atmosfera, le gallerie scavate per le esplosioni sotterranee non erano abbastanza profonde da precludere la fuoriuscita di radiazioni pericolose.103

Le descrizioni di Saviano della Campania invasa dalle discariche abusive presenta toni apocalittici simili a quelli impiegati da DeLillo, tuttavia anche in questo caso la descrizione dei paesaggi, se confrontata con i passi precedentemente citati, rende straniante la lettura, non presentando nessuna trasposizione simbolica, ma solo la cruda realtà.

Questo desiderio di realismo nello sguardo del narratore sembrerebbe rappresentare un'inversione di tendenza, ma il riproporsi dell'effetto straniante, anche di fronte al testo di Saviano, è il segnale del perfezionamento della deformazione operata dai media del sistema percettivo del lettore: la descrizione diretta della realtà nei suoi lati più scomodi e sporchi, dimenticati o ignorati dall'informazione di massa ma quotidianamente sotto gli occhi di tutti, provoca paradossalmente un effetto di irrealtà nel lettore. Assuefatto a decenni di visione televisiva del mondo, un rovesciamento

102 Don DeLillo, Underground, cit., pp. 851-852. 103 Ivi, pp. 858-859.

nel suo sistema percettivo ha fatto sì che l'immagine mediatica sia divenuta più reale del referente concreto. La rottura di questo meccanismo, pertanto, conduce lo spettare ad uno shock: anziché essersi svegliato da un sogno, la sua impressione è quella di essersi addormentato in un incubo.

Una volta avevo deciso di attraversare a piedi la terra dei fuochi. Mi ero coperto naso e bocca con un fazzoletto, l'avevo legato sul viso, come facevano anche i ragazzini ROM quando andavano a incendiare i rifiuti. Sembravamo bande di cowboy tra deserti di spazzatura bruciata. Camminavo tra le terre divorate dalla diossina, riempite dai camion e svuotate dal fuoco, così da non rendere mai saturi questi buchi.

Il fumo che attraversavo non era denso, era come se fosse una patina collosa che si posava sulla pelle lasciando una sensazione di bagnato. Non lontano dai fuochi, c'erano una serie di villette poggiate tutte su una enorme x di cemento armato. Erano case adagiate su discariche chiuse. Discariche abusive che - dopo esser state utilizzate sino all'orlo, dopo aver bruciato tutto ciò che poteva essere bruciato - si erano esaurite. Colme sino a esplodere.

[…]

Il paesaggio della terra dei fuochi aveva l'aspetto di un'apocalisse continua e ripetuta, routinaria, come se nel suo disgusto fatto di percolato e copertoni non ci fosse più nulla di cui stupirsi.104

Tuttavia questo tipo di rappresentazioni attuate da Roberto Saviano, realistiche e distopiche allo stesso tempo, e rintracciabili, come si vedrà nel prossimo capitolo, anche nelle opere di Edmond Budina e Nicolai Lilin, emergono in modo rilevante solo negli anni Duemila, in seguito allo shock causato dall'abbattimento delle Torri Gemelle l'11 settembre 2001. Si tratta del secondo crollo di cui parla Marco Belpoliti nel suo testo, leggendovi il ritorno violento della realtà storica nelle vite dei cittadini occidentali, una volta scoppiata la bolla mediatica anestetizzante nella quale si trovavano immersi.105

104 R. Saviano, Gomorra. Viaggio nell'impero economico e nel sogno di dominio della camorra, cit., p.p. 327-328. 105 Trattandosi di eventi recentissimi, non è semplice, né probabilmente è possibile, tracciare una descrizione univoca

della contemporaneità. Riguardo alla “rottura della bolla mediatica anestetizzante”, questo fenomeno può intendersi, semplificando, in due modi: l'effettiva fine del vecchio sguardo catatonico televisivo del postmoderno (tacciato spesso, a mio avviso semplicisticamente, di disimpegno) seguito dal ritorno di uno sguardo diretto sul Reale, come si riscontra ad esempio nell'opera di Saviano; oppure il cambio di “programma televisivo globale” che, abbandonati (almeno parzialmente) i vecchi toni euforici, propone una visione altrettanto mediatica del mondo strutturata su alcuni (pseudo)concetti chiave derivati proprio dal crollo delle Torri Gemelle, come “terrorismo” e “guerra al terrore” spesso sovrapposti a “islam”, o a “medio oriente”, “scontro di civiltà”, “migrazione epocale”, “esodo”, “invasione”, “interruzione dell'ordine pubblico” ecc. Relativamente a questo lavoro, è chiaro che questo tipo di proiezioni è strettamente connesso con i temi della letteratura d'immigrazione.