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Sull’analisi della natura fondamentale del diritto alla dignità ci si è sufficientemente soffermati nei paragrafi precedenti, mentre si approfondirà l’esame sulla tutela della privacy e, più specificamente dei dati personali, nel capitolo seguente315.

310 Si v., a titolo d’esempio, la vicenda Omega, citata nel cap. I.VIII. supra alla nota 212 e, pure,

S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pag. 27.

311

S. Peers, T. Hervey, J. Kenner, A. Ward (cur.), The EU Charter of fundamental rights: A

commentary, cit., pag. 24.

312 C. Dupré, The Age of Dignity, cit., pagg. 192-193. 313 S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., pag. 12. 314

S. Peers, T. Hervey, J. Kenner, A. Ward (cur.), The EU Charter of fundamental rights: A

commentary, cit., pag. 239 segg.

A questo punto, sembra però opportuno anticipare qualche considerazione sul rapporto che, secondo parte della dottrina, potrebbe verosimilmente esistere tra i due diritti fondamentali.

È certamente possibile (come si vedrà infra) dare per assodato che la privacy e i dati personali detengano da anni, almeno nel sistema UE, una tradizione di tutela di lunga data316.

Mentre si esaminerà più avanti il concetto di privacy e, dunque, del dato personale che richiede protezione, è necessario premettere sin d’ora che la dottrina ha ritenuto che tra la dignità e la privacy vi sia un legame particolarmente stretto, tale da giungere addirittura a considerare la seconda come una delle accezioni o connotazioni della dignità317.

Invero, la dignità avrebbe a che fare con le nozioni di autonomia, di privacy318, di autodeterminazione e di integrità, considerate sia singolarmente che congiuntamente319, con riguardo alle quali l’ordinamento giuridico avrebbe un doppio onere di rispetto e tutela, vale a dire un dovere negativo di non interferire e un dovere positivo di adottare misure adeguate perché la dignità (e tutto ciò che ne consegue, dunque autonomia, privacy, autodeterminazione e integrità) non sia violata dall’ordinamento stesso o da terzi320.

Barak sarebbe invece giunto a ricollegare alla dignità il concetto più generale di umanità (proprio perché la dignità è umana e riconosciuta in quanto tale dalle carte giuridiche internazionali, regionali e nazionali, come visto in precedenza)321. Di conseguenza, sarebbe più facile ritenere che la dignità rappresenti sostanzialmente la libertà di scelta degli esseri umani, e dunque l’autonomia della propria volontà322.

316 Per un approfondimento, in particolare, della tutela dei dati personali nell’UE, si v. il commento

all’articolo 8 proposto in S. Peers, T. Hervey, J. Kenner, A. Ward (cur.), The EU Charter of

fundamental rights: A commentary, cit., pagg. 237 segg.

317

Come si è visto supra – cap. I.VII. – la dignità non ha infatti una sola nozione universalmente valida, ma si può definire mediante il riferimento a situazioni pratiche in cui può ritenersi che la stessa sia stata o possa essere violata. Sulla accezione di dignità come privacy, si v. S. Peers, T. Hervey, J. Kenner, A. Ward (cur.), The EU Charter of fundamental rights: A commentary, cit., pag. 18.

318 In tal senso, si v. anche F. Panagopoulou-Koutnatzi, Facebook as a challenge to privacy, in

M. Bottis (cur.), Privacy and Surveillance, Current aspects and future perspectives, Nomiki Bibliothiki, 2013, pag. 216.

319 S. Peers, T. Hervey, J. Kenner, A. Ward (cur.), The EU Charter of fundamental rights: A

commentary, cit., pag. 18.

320 Ibidem, pag. 20. 321

Inoltre, per Barak, la dignità umana quale valore costituzionale significherebbe proprio l’umanità di ciascuna persona in quanto essere umano. A. Barak, cit., pag. 363.

Così la dignità, in quanto autonomia della volontà e capacità e possibilità di autodeterminarsi, forgia la stessa figura umana, creando quella sfera di identità che è propria di ogni singolo individuo e che gli è esclusiva323. Poiché siffatta identità, non potendo che essere personale ed esclusiva ad ogni individuo, si collega ad una serie di diritti, che inter alia dalla dottrina italiana vengono riconosciuti come diritti personalissimi riconosciuti al soggetto sin dalla nascita e anche prima dell’acquisizione della capacità di agire, la stessa, attraverso l’esercizio dei suddetti diritti, dovrà rimanere integra e non subire lesioni. In questo senso, la dignità è strumento importante per comprendere quale sia l’integrità dell’identità umana e se sia necessario restaurarla qualora sia stata lesa324.

Il collegamento poi tra l’identità umana e la privacy, nel settore più specifico della tutela dei dati personali, non ha bisogno di ampie spiegazioni. I dati si intendono personali proprio perché inerenti ad una persona umana, esattamente come la dignità è umana poiché appartiene agli esseri umani. Proprio in quanto personali, è necessario che i dati ricevano una maggiore protezione rispetto a categorie generiche di informazioni. Sebbene paragonati a beni personali ed immateriali, i dati sono inerenti alla persona e le appartengono nella stessa misura in cui l’individuo è dotato, per voler seguire la definizione del codice civile italiano, di un nome, di un cognome e di un’immagine325, che devono essere altrettanto tutelati. Pertanto, seguendo la tesi sopra esposta per cui la nozione di dignità potrebbe spiegarsi anche attraverso la corrispondenza alla privacy, se nel più vasto concetto di privacy si comprendono anche i dati personali e la loro tutela, si osserva come un’eventuale lesione dei dati personali sia altresì lesione della dignità326.

Malgrado gli atti normativi UE che disciplinano il trattamento dei dati personali non riportino l’espressione dignità327, la dottrina, così come le autorità competenti,

323 Ibidem. 324

S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pag. 33.

325 Si vedano gli articoli 6, 7, 8, 9 e 10 del Codice civile.

326 F. Panagopoulou-Koutnatzi, Facebook as a challenge to privacy, cit., pag. 216.

327 Diversamente invece nel codice italiano in materia di protezione dei dati personali, che vi fa

riferimento espresso, ad esempio, all’articolo 2 sulle finalità del trattamento che deve svolgersi nel rispetto della dignità dell’interessato, o ancora all’articolo 17 sul trattamento di dati che presenta rischi specifici o all’articolo 24 che disciplina i casi in cui il trattamento di dati personali può avvenire senza il consenso dell’interessato. Il richiamo alla dignità è tuttavia presente anche in altre disposizioni dello stesso codice. V. Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (testo consolidato),

GU n. 174 del 29 luglio 2003, disponibile al sito

http://www.normattiva.it/atto/caricaDettaglioAtto?atto.dataPubblicazioneGazzetta=2003-07- 29&atto.codiceRedazionale=003G0218&currentPage=1.

ritengono che, di fondo, la tutela della privacy e dei dati personali si basi essenzialmente sul rispetto della dignità umana328. Ogni violazione della

riservatezza determinerebbe infatti una violazione della dignità umana329.

In particolar modo, la dottrina si è interrogata su cosa ne sarebbe del rapporto tra dignità umana e privacy laddove in gioco vi fosse la persona che utilizza le nuove tecnologie e che potrebbe quindi essere riconosciuta come una sorta di “persona digitale”330, la quale oltre a condurre una vita reale e “tangibile”, crea un profilo cibernetico lasciando tracce di ogni sua attività anche nel mondo della rete. In particolare, tra gli studiosi, Rodotà si chiede se l’individuo digitale, dotato di un “corpo elettronico”, possa essere homo dignus così come lo è la persona umana331. Ora, l’autore sottolinea che la Carta dei diritti fondamentali, all’articolo 3, riconoscendo il diritto all’integrità fisica e psichica di un individuo, sancisce contemporaneamente il divieto di trarre profitto dal suo corpo332. Che ne sarebbe dunque del cosiddetto corpo elettronico? Risulterebbe altrettanto protetto nella sua integrità “digitale” e indirettamente quindi nella sua dignità? Ragionando per via analogica, si dovrebbe giungere ad una risposta positiva. Peraltro, sempre secondo Rodotà, per certi aspetti la dignità potrebbe essere collegata al principio di eguaglianza, quando il divieto della sua violazione è mirato ad evitare discriminazioni sociali, nel caso in cui la violazione dei dati personali implichi il trattamento di dati sensibili, che necessitano di una gestione ancor più delicata rispetto alle informazioni ordinarie a carattere personale333.

La caratteristica, forse più peculiare, della rete digitale è rappresentata dalla possibilità che viene data agli utenti di avere accesso e di utilizzare e sfruttare un’infinita quantità di informazioni in tempi ridottissimi ed in qualunque parte del globo, purché vi sia disponibilità di una connessione alla rete internet. Per di più,

328

Garante europeo per la protezione dei dati, parere n. 4/2015, pagg. 13 e segg.

329 F. Panagopoulou-Koutnatzi, Facebook as a challenge to privacy, cit., pag. 216. 330

Per la definizione di “persona digitale”, si v. R. Clarke, The digital Persona and its Application

to Data Surveillance, in The information society, 1994, 10, 2, pagg. 77 segg, citato in S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pag. 33; ancora si v. D. Solove, The Digital Person. Technology and Privacy in the Information Age, New York University press, 2004.

331 S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pag. 33. 332

«Ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. 2. Nell’ambito della medicina e

della biologia devono essere in particolare rispettati: a) il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge; b) il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone; c) il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro; d) il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani», articolo 3, Carta dei diritti fondamentali.

l’opportunità di circolazione delle informazioni digitalizzate aumenta progressivamente in parallelo alla globalizzazione dei mercati334. Inoltre, da

qualche anno a questa parte, di pari passo con il maggior utilizzo e la sempre maggiore accessibilità alle informazioni, del pari accresce l’importanza che ne viene percepita da parte degli utenti335.

La rete digitale facilita certamente la diffusione, la creazione e la circolazione di questi nuovi beni, che sono rappresentati dalle informazioni digitalizzate336. Ciò pone tuttavia questioni di tipo mercantilistico, poiché le reti digitali vengono sfruttate non solo dagli utenti privati, dagli individui che “lasciano tracce” ogni volta che utilizzano la rete, bensì anche da utenti per così dire commerciali, che fanno della rete un uso a scopo di profitto. Ci si riferisce qui a quelle società o a quei professionisti che sfruttano Internet per legittimi scopi economico-commerciali e che ambiscono a obiettivi di lucro economico337. Come noto, anche l’iniziativa economica privata costituisce un diritto fondamentale riconosciuto altresì dalla Carta dei diritti fondamentali che all’articolo 16 recita:

«[è] riconosciuta la libertà d’impresa, conformemente al diritto dell’Unione e alle legislazioni e prassi nazionali». Si ricorda peraltro che anche la Carta costituzionale

italiana, all’articolo 41, stabilisce che «l’iniziativa economica privata è libera». Quest’ultima non può però «svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo

da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».

Poiché il ragionamento sull’integrità del corpo testé menzionato può applicarsi analogicamente anche all’integrità del corpo elettronico, di cui le informazioni personali farebbero parte, si ritiene che, parallelamente ed in via analogica, si possa proporre di applicare la tutela della dignità umana anche nel campo della libertà di

334 P. Sammarco, Circolazione, contaminazione e armonizzazione nella disciplina delle nuove

tecnologie, cit., pag. 721.

335

Ibidem.

336 Ibidem. 337

Si pensi ai professionisti che pubblicizzano online la propria attività o rendono servizi di consulenza online, o ancora a tutte le società che svolgono attività, non necessariamente esclusiva, di commercio elettronico. Emblema dell’uso della rete a scopi di profitto sono poi i cosiddetti motori di ricerca, vale a dire quelle piattaforme informatiche che, grazie alla rete digitale e a logaritmi matematici molto complessi, riescono a rendere disponibili ai loro utenti i risultati relativi a ricerche effettuate praticamente in tempo reale relative ai termini di ricerca inseriti dall’utente stesso. Le società che gestiscono i motori di ricerca non si limitano tuttavia ad offrire questo servizio, ma traggono generalmente profitto grazie ai metodi pubblicitari che offrono (si pensi, ad esempio, al metodo di Google Adwords) e alle informazioni degli utenti che possono raccogliere grazie ai cosiddetti cookies. Per approfondimenti, si v., inter alia, P. Sammarco, Circolazione,

contaminazione e armonizzazione nella disciplina delle nuove tecnologie, cit., 2006, 4-5,

impresa qualora questa si svolga nel contesto digitale (e non in quello inizialmente concepito, ad esempio, all’entrata in vigore della nostra Carta costituzionale). A suffragio di tale proposta, ad esempio e come ricordato in precedenza, vi sarebbe la formulazione dell’articolo 41 della Costituzione italiana, secondo il quale la libertà dell’iniziativa economica privata può svolgersi al contempo dovendo tenere necessariamente conto delle esigenze di tutela dell’individuo, anche ed in particolare della dignità dello stesso. Da ultimo, la tesi qui esposta sarebbe altresì supportata dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali, per il quale il libero esercizio dell’impresa deve essere subordinato al rispetto delle normative UE, tra cui innanzitutto la Carta dei diritti fondamentali ed il suo primo articolo che riconosce e tutela la dignità. A tal riguardo, a nulla vale la distinzione dell’esercizio di un’impresa commerciale tramite attività fisicamente o virtualmente individuabili, perché, di fatto, il profitto viene raggiunto allo stesso modo mediante ciascuno dei suddetti metodi.

Di tal sorta, prendendo ad esempio il sistema UE e quello italiano, si può affermare che sia nel primo, dove la dignità umana è formalmente riconosciuta come diritto fondamentale prima del riconoscimento della libertà fondamentale di impresa, sia nel secondo in cui la dignità umana costituisce un limite esplicito all’iniziativa economica privata, essa rappresenta un elemento che deve circoscrivere l’attività economica privata (anche digitale) laddove questa rischi di arrecare pregiudizio agli individui, in tale contesto, utenti della rete338.

Inoltre, se l’iniziativa economica privata è volta all’accumulo di profitto mediante la risposta alla domanda di offerta che viene presentata dai consumatori finali, si deve far presente che l’utente finale della rete, nel rispetto della propria dignità, non deve essere considerato quale “consumato”339, vale a dire, nel caso di specie, come

individuo di cui si sfruttano l’identità e i dati personali, di modo da sottrarre gli stessi alla sua autonomia decisionale e alla sua consapevolezza340. Ciò accadrebbe quotidianamente, ad esempio, attraverso l’utilizzo da parte dei motori di ricerca di quel sistema di autonomic computing (un sistema di gestione autonoma dell’apparato informatico, senza intervento dell’uomo, consentita grazie ad un

338

V., anche, S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pagg. 28 e segg.

339 Si v. B. Barber, Consumati. Da cittadini a clienti, Einaudi, 2010. 340 S. Rodotà, La rivoluzione della dignità, cit., pag. 36.

complesso sistema di algoritmi e procedure automatiche)341 che condiziona

enormemente i processi decisionali dell’utente individuo e che lo porta a compiere determinate scelte, rispetto alle quali, tuttavia, sarebbe dubbia la completa autonomia dell’individuo utente e per cui sarebbe dubbio altresì il rispetto dell’integrità dell’identità dell’individuo stesso, nel momento in cui ci si renda conto che la spinta verso una determinata scelta da parte di soggetti terzi rispetto all’utente (come possono essere, ad esempio, i motori di ricerca) è stata consentita grazie alla raccolta (più o meno lecita)342 di informazioni. Infine, alla luce di quanto poc’anzi affermato, sotto più profili, sarebbe dubbio il rispetto della dignità umana degli utenti coinvolti.

Premesso quanto sopra, la dottrina si interroga sulla possibilità che l’innovazione di pari passo con la globalizzazione, soprattutto dei mercati, possa comportare una minaccia, anziché un’opportunità343.

Orbene, volendo partire dal presupposto che è necessario riconoscere l’utilità delle nuove tecnologie, non solo per l’economia, ma anche e soprattutto per la gestione di qualsiasi altra attività umana, dalla conoscenza allo studio, alla possibilità di avere accesso alle istituzioni in modo più rapido ed efficiente, tanto da rendere l’accesso a Internet un diritto fondamentale344, si deve rilevare che oggigiorno non

341 V. definizione in M. Mensi, P. Falletta, Il diritto del web. Casi e materiali, Cedam, 2015. 342 A tal riguardo, si veda, ad esempio, la vicenda che ha coinvolto il sito Change.org. Il 27 luglio

2016, il Garante italiano per la protezione dei dati personali ha aperto un’istruttoria nei confronti nei confronti della società Change.org Inc., che gestisce una piattaforma di campagne online e che si occupa di promuovere o consentire agli utenti di aderire a petizioni su temi di interesse attuale, in particolare di natura socio-politica. Gli utenti del sito possono aderire ad una petizione online apponendo una loro “firma” che vale a partecipazione, ma conferendo alla società Change.org Inc. una serie di dati personali che, secondo alcuni indizi, sarebbero stati utilizzati a scopi di profilazione degli utenti e, addirittura, ceduti a terzi. Il Garante italiano per la privacy si è mosso in considerazione del numero considerevole di utenti italiani coinvolti, della possibile comunicazione dei loro dati personali a terzi e del luogo di stabilimento dei database della società americana. Si v.

il comunicato stampa, disponibile al sito

http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/5298730.

343 S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, cit., pagg. 66 e segg.

344 Si v. per esempio il riconoscimento già approntato a livello normativo da Finlandia, Estonia,

Grecia. Il diritto di accesso a Internet viene garantito come diritto fondamentale anche dalla Dichiarazione dei diritti di Internet, adottata dalla Camera dei Deputati nel 2015. Si v. articolo 2, comma 3, che così prevede: «Il diritto fondamentale di accesso a Internet deve essere assicurato

nei suoi presupposti sostanziali e non solo come possibilità̀ di collegamento alla Rete». Inoltre,

nell’UE la Direttiva 2002/22/CE poi modificata dalla Direttiva 2009/136/CE, ha reso obbligatorio per tutti gli Stati membri predisporre infrastrutture che garantiscano a tutti i loro cittadini un accesso a Internet. V. M. Mensi, P. Falletta, Il diritto del Web, Cedam, 2015, pag. 43.

sarebbe concepibile un mondo così globalizzato e, grazie alla conoscenza più accessibile e diffusa, forse anche più tollerante rispetto al passato345.

Peraltro, con l’introduzione di nuove tecnologie cresce l’esigenza di nuovi diritti, talvolta collegati a nuovi beni (come si è visto con riguardo alla tutela delle informazioni personali digitalizzate) e, negli ordinamenti in cui il loro bisogno è più percepito perché essi sono maggiormente coinvolti dallo sviluppo economico e scientifico, la creazione di siffatti diritti rappresenta una soluzione per cogliere appieno tutte le opportunità offerte dalle novità tecnologiche limitandone i rischi346. In sostanza, la possibilità di fare uso delle tecnologie, creando nuovi diritti o semplicemente determinando la necessità di esplicitarne e rafforzarne di già esistenti, contribuisce alla possibilità di esercitarne degli altri, dallo sviluppo della propria personalità alla libertà di iniziativa economica.

In ragione di tutto quanto descritto, dunque, se è vero che la rete digitale comporta potenziali pregiudizi della dignità umana, allo stesso tempo la può anche integrare ed enfatizzare, rendendo la conoscenza più accessibile all’utente, che dunque può arricchire la propria personalità.

Se ciò è vero, come anticipato, altrettanto importante è l’attività di limitazione dei rischi che l’utente può incontrare nell’esercizio dei propri diritti nel contesto digitale. Una circoscrizione di tal sorta, seppure complessa data la continua evoluzione delle nuove tecnologie, non può che essere normativa.

Inoltre, se nel contesto digitale la maggiore preoccupazione attuale è rivolta alla tutela dei dati personali che, circolando e venendo utilizzati impropriamente da soggetti terzi possono ledere la dignità del loro titolare, sarà necessario osservare i testi normativi che disciplinano il trattamento delle informazioni personali anche nel contesto attuale, nonché le implicazioni dottrinali e le pratiche che gli stessi hanno comportato.

A tal riguardo, si riscontra come l’ordinamento giuridico dell’UE rappresenti un esempio concreto del succitato contesto, in cui oltre all’esigenza di riconoscere

345 Si v., in tal senso, Voltaire, Trattato sulla tolleranza, nella traduzione di L. Bianchi, Feltrinelli,

1995. Il filosofo francese sostiene che «[i]l modo migliore per diminuire il numero dei maniaci, se

ne rimangono, è di lasciare questa malattia dello spirito al regime della ragione, che illumina gli uomini lentamente, ma infallibilmente. Questa ragione è dolce, è umana, ispira l’indulgenza, soffoca la discordia, rinforza la virtù, rende gradita l’obbedienza alle leggi, più ancora di quanto la forza non le faccia osservare. (...) I tempi passati sono come se non fossero mai stati. Bisogna sempre partire dal punto in cui si è e da quello in cui sono giunte le nazioni», pag. 58.

espressamente diritti già esistenti (come il diritto alla dignità umana analizzato nel presente capitolo) e il diritto alla tutela dei dati personali, cui è stato conferito il rango di diritto fondamentale347, si è riconosciuta e disciplinata anche l’esigenza di creare una Europa digitale348.

Dopo aver analizzato come l’UE abbia optato di tutelare la dignità umana, nel