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Si è accennato della proposta di regolamento che è attualmente sotto l’esame del legislatore UE e di come questa possa rappresentare, insieme al GDPR, il futuro

della tutela della riservatezza nell’Unione europea. Tuttavia, nel corso degli ultimi decenni, nonostante l’ordinamento dell’Unione abbia fatto enormi passi avanti nella tutela dei dati personali, il ritmo dello sviluppo tecnologico non consente di poter affermare, allo stato dei fatti, che la normativa ora in vigore e la riforma che probabilmente interverrà nel settore del trasferimento di dati nel contesto delle comunicazioni elettroniche saranno adeguate a farvi fronte anche tra qualche tempo. Anche perché, secondo alcuni autori, già queste normative non sarebbero completamente in grado di rispondere alle esigenze attuali. Dette opinioni ritengono infatti che, almeno sino ad ora, la globalizzazione e la tecnologia abbiano fondamentalmente cambiato la quotidianità dei traffici commerciali e delle relazioni interpersonali e che, entrambe, abbiano influenzato sotto diversi aspetti la società moderna, poiché se da un lato è indubbio che lo sviluppo tecnologico apporti benefici per la civilizzazione dei popoli, d’altro lato non si può nascondere che l’innovazione abbia un ruolo negativo nel comportare rischi per la società e per i valori che ne stanno alla base553. Dunque, nonostante si sia persino ritenuto che la tutela della privacy a fronte della continua innovazione spetti più ai consumatori e agli utenti delle tecnologie, che ai produttori delle stesse, è generalmente condivisa l’idea per cui ciascuno abbia un interesse alla riservatezza e che siano i detentori dei ruoli sociali più in vista a dover sensibilizzare la massa alla tutela dei dati personali (operatori del diritto, tra cui legislatori, giudici e accademici, ma anche studenti, giornalisti e docenti).

Pertanto, nonostante si sia raggiunto un importante obiettivo con l’adozione del GDPR, il futuro della privacy sembra tuttora incerto. Ma, oltre che sotto il profilo prettamente giuridico, la privacy potrebbe essere tutelata proprio grazie alla stessa tecnologia che la minaccia. Difatti, quest’ultima sarebbe già dotata del potenziale necessario per proteggerla in modo più concreto, anche se, come si vedrà infra, probabilmente ciò non accade perché la convenienza economica sta nel trasferire i dati, spesso non rispettando, magari in modo subdolo e non a prima facie comprensibile, la volontà dei rispettivi titolari. Certo è che la progettazione e l’uso di tecnologie ad incremento della privacy (le cosiddette PET – Privacy Enhancing

Technologies) potranno avere un ruolo significativo nella tutela della riservatezza,

ma queste dovranno essere integrate dal parallelo e necessario intervento del

legislatore554, perché la parte cruciale della tutela della privacy è proprio la

responsabilizzazione e l’accrescimento dei poteri dell’individuo555. Poiché risulta

evidente che il tema qui in esame sia una problematica che riguarda tutti gli individui, ci sono delle correnti piuttosto ottimistiche, le quali ritengono possibile (o forse sarebbe meglio dire auspicabile) il raggiungimento di una convenzione internazionale sul diritto alla tutela dei dati personali, il che risolverebbe gran parte dei problemi legati alla circolazione delle informazioni che avviene su scala universale tra diversi Stati556, consentendo ugualmente lo sviluppo di quei traffici essenziali all’economia transnazionale che, inevitabilmente, dallo sviluppo delle nuove tecnologie (e della conseguente circolazione dei dati personali) ha potuto e può trarre beneficio557. Secondo altri, questo approccio sarebbe corretto nell’ottica

di un ripensamento della privacy sotto una prospettiva orientata alla tutela dei diritti fondamentali, che andrebbe oltre alle tutele nazionali dei singoli ordinamenti giuridici e richiederebbe infatti una sua considerazione a livello transazionale, partendo però da una base comune, ovvero dal riconoscimento della tutela alla riservatezza come diritto fondamentale558. Peraltro, interessante è la teoria per cui

il diritto alla tutela della privacy rappresenterebbe oramai una norma condivisa di diritto internazionale consuetudinario559. Piuttosto, i dubbi concernenti lo specifico ordinamento UE in merito alla difficoltà di individuare la ripartizione delle competenze in questa materia tra l’Unione stessa e gli Stati membri560, almeno per

il momento, sembrerebbero superati dalla scelta del regolamento come strumento di disciplina di armonizzazione, obbligatorio allo stesso modo per tutti gli Stati membri. Certo, l’attività giurisprudenziale della Corte di giustizia in questo senso potrebbe contribuire a costruire un diritto alla riservatezza ancora più forte e orientato ad una prospettiva di tutela dei diritti fondamentali561. Attualmente, niente

554

Ibidem, pagg. 196 segg. Sulla condivisione di un necessario intervento del legislatore di pari passo con lo sviluppo di nuovi strumenti tecnologici, v. anche, F. Fabbrini, Privacy and National

Security in the Digital Age, in Tilburg Law Review, Journal of International and European Law,

2015, 20, 1, pag. 13

555 K. Lachmayer, Rethinking privacy beyond borders, cit., pag. 98. 556 Ibidem.

557 A.E. Wade, A New Age of Privacy Protection: a Proposal for an International Personal data

Privacy Treaty, cit., pagg. 660 segg. Secondo questo autore, peraltro, il potenziale accordo

internazionale sulla tutela dei dati personali, dovrebbe proprio bilanciare la privacy con altri fattori concorrenti, proteggendo sé stessa senza pregiudicare eccessivamente altri interessi.

558 K. Lachmayer, Rethinking privacy beyond borders, cit., pag. 81. 559

A. Rengel, Privacy in the 21st Century, cit., pag. 97.

560 Ibidem, pag. 83. 561 Ibidem.

farebbe pensare il contrario, sulla scorta di tutta la giurisprudenza in materia di diritti fondamentali in generale, ma in particolare in tema di diritto alla privacy che la stessa Corte di giustizia ha coerentemente inteso sviluppare in senso garantista nei confronti del cittadino562.

Cionondimeno, da quanto delineato, ad oggi, almeno in dottrina restano aperte alcune questioni relative al futuro della tutela della privacy. Non è infatti ancora stata trovata un’opportuna risposta alla domanda se sia meglio rafforzare i valori costituzionali di ogni ordinamento giuridico (e nello specifico dell’UE, di quelli contenuti nei trattati costitutivi), sviluppare nuovi parametri internazionali di tutela o tentare di raggiungere un accordo sulla tutela della riservatezza dei dati personali, se non a livello globale563, quantomeno al livello dei due protagonisti principali

dell’economia mondiale che interagiscono da una parte all’altra dell’Atlantico, ossia l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America564.

II.IX. Cenni sulla tutela della privacy e dei dati personali negli Stati