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commercializzazione di dati personali

Come è possibile desumere dal precedente paragrafo, l’analisi delle informazioni personali e della loro combinazione in big data porta inevitabilmente a fare considerazioni di ordine economico che non possono prescindere da questa ricerca. In particolare, ciò si impone in ragione del fatto che i big data, essenzialmente provenienti da individui nella propria veste di attori economici e, dunque, di consumatori che, nel contesto di Internet sono necessariamente anche utenti, vengono utilizzati (per quanto qui di interesse) anche dalle imprese a fini di maggior lucro. Resta inteso che i dati appartenenti ai consumatori-utenti sono ancor più appetibili per le imprese che traggono profitti ingenti dall’economia digitale, perché si rendono più facilmente accessibili, a maggior ragione quando il consumatore utilizzi servizi digitali offerti, ad esempio, da quelle piattaforme che rappresentano il prevalente strumento elettronico utilizzato da alcune società per ricavare enormi profitti, e che hanno lo scopo primario di offrire uno spazio virtuale che funge da intermediatore tra la domanda e l’offerta, mettendo in contatto diversi gruppi di clienti e di pubblicitari, oltre che di produttori o rivenditori694.

693 Ufficio esecutivo del presidente degli Stati Uniti, Big Data and Privacy: A Technological

Perspective, rapporto di maggio 2014, inizialmente disponibile al sito www.whitehouse.gov/sites/default/files/microsites/ostp/PCAST/pcast_big_data_and_privacy_-

_may_2014.pdf, ora disponibile al sito

https://bigdatawg.nist.gov/pdf/pcast_big_data_and_privacy_-_may_2014.pdf; nonché C. Focarelli,

La privacy. Proteggere i dati personali oggi, Il Mulino, 2015, pagg. 55 segg.

694

M.K. Ohlhausen, A.P. Okuliar, Competition, Consumer Protection, and The Right [Approach]

to Privacy, cit., pag. 145. In particolare, le piattaforme digitali (dette anche two-sided markets)

attraggono clienti da un lato della piattaforma, offrendo loro servizi apparentemente gratuiti, monetizzando il corrispettivo dovuto per il servizio attraverso la raccolta dei loro dati e, dall’altro lato (quello dell’offerta), applicando tariffe o commissioni agli inserzionisti per l’accesso alla stessa piattaforma o per l’accesso alle informazioni (degli utenti dal lato della domanda) raccolte da chi gestisce la piattaforma. In tal senso, si v. anche J.C. Cooper, Privacy and Antitrust: Underpants

Le informazioni raccolte da dette società che gestiscono piattaforme a doppio mercato, si sogliono differenziare, segnatamente, in dati volontari, intenzionalmente condivisi e divulgati dai consumatori-utenti, dati osservati, ricavati dall’osservazione del comportamento online dei consumatori-utenti e dalla registrazione dei dati così ottenuti, e, infine, dati dedotti i quali sono il risultato dell’analisi della combinazione tra dati volontari e dati osservati695. Tutte siffatte

categorie di informazioni possono ben rientrare nella più vasta categoria dei big

data di cui si è più ampiamente trattato in precedenza696.

Ad ogni modo, così suddivise, si comprende meglio come tali informazioni possano fungere sia da spunto economico, che da vero e proprio bene697. In primo luogo, costituirebbero uno spunto per i produttori di beni e servizi, affinché questi ultimi vengano maggiormente tarati e adeguati alle esigenze dei consumatori. In secondo luogo, rappresenterebbero un bene, come detto commerciabile, poiché non sarebbe raro assistere a compravendite di grandi ammassi di dati personali, talvolta anche già combinati e dunque riconoscibili nella categoria degli inferred data. Il beneficio per chi acquista dette tipologie di dati riguarda essenzialmente due fattori. Da una parte, la possibilità di investire meno nella spesa pubblicitaria dei propri prodotti, avendo occasione di mirare meglio il target e di rivolgere gli annunci pubblicitari ai solo consumatori effettivamente interessati al prodotto e, dall’altra, di calibrare al dettaglio la produzione del bene o del servizio creandolo a misura di consumatore698.

Per la verità, neppure sarebbe raro assistere a compravendite di informazioni personali gestite da cosiddetti data brokers. Si tratterebbe di figure professionali, sviluppate soprattutto negli Stati Uniti, che ricavano dati dai consumatori, traendoli da fonti di tipo diverso e spesso senza che l’individuo ne sia a conoscenza, li elaborano e li combinano a fini di pubblicità mirata alle scelte di consumo degli

Gnomes, the first amendment, and subjectivity, in George Mason Law Review, 2013, 20,

pagg. 1129-1130 e cap. IV.I. infra.

695 La dottrina riconosce queste tre categorie di dati nei volunteered data, observed data e inferred

data. Si v. M.K. Ohlhausen, A.P. Okuliar, Competition, Consumer Protection, and The Right [Approach] to Privacy, cit., pag. 146. Anche in occasione del World Economic Forum del 2011 si

è ammesso il valore dei dati personali come beni per le imprese operanti nel settore dell’economia digitale, definendoli addirittura quali il “nuovo carburante di Internet”. V. P. Jones Harbour, The

Transatlantic Perspective: Data Protection and Competition Law, cit., pag. 227.

696 V. cap. III.III. supra. 697

In quest’ultimo senso si v. anche cap. III.I. supra.

698 M.K. Ohlhausen, A.P. Okuliar, Competition, Consumer Protection, and The Right [Approach]

individui sia online, che offline. Peraltro, frequentemente accade che detti intermediari della commercializzazione di dati, scambino tra loro, a titolo oneroso, grandi ammassi di dati che permettano infine di elaborarli creando combinazioni ancor più numerose e profilazioni sempre più dettagliate699. Nonostante sia evidente, soprattutto negli Stati Uniti, la necessità di regolamentare l’attività di tali mercanti di dati, gli esponenti statunitensi in materia sembrano divisi sull’opportunità di adottare normative statali, piuttosto che norme di auto- regolamentazione che parrebbero più idonee a rispondere alle esigenze dei consumatori, i quali prediligerebbero orientare le proprie scelte di consumo verso quelle imprese che, adottando norme di autoregolamentazione in materia di privacy, forniscano allo stesso consumatore una politica più trasparente700.

Vi sarebbe dunque un vero e proprio mercato di dati sulla base del quale, secondo una ricerca statunitense, il singolo dato personale acquisito dal consumatore avrebbe un valore economico recentemente calcolato, a seconda dell’individuo profilato, in una forbice ricompresa tra 0,42 e 1,05 dollari701. In Italia è stata effettuata una ricerca di tipo diverso, su un gruppo di individui di età differenti, con livelli di istruzione e redditi vari, facendoli divenire oggetto di una vendita all’asta particolare, in cui la stessa asta sarebbe stata aggiudicata a colui il quale avrebbe

699 Federal Trade Commission, Data Brokers: A Call for Transparency and Accountability, maggio

2014, disponibile al sito https://www.ftc.gov/system/files/documents/reports/data-brokers-call- transparency-accountability-report-federal-trade-commission-may-

2014/140527databrokerreport.pdf.

700

Si v. il rapporto di Ernst&Young del 2016, disponbile al sito http://www.ey.com/Publication/vwLUAssets/ey-can-privacy-really-be-protected-

anymore/$FILE/ey-can-privacy-really-be-protected-anymore.pdf; nonché G. Norman, L. Pepall, D. Richards, L. Tan, Competition and consumer data: The good, the bad, and the ugly, in Research

in Economics, 2016, 70, pag. 753.

701 Tale ricerca è stata effettuata dal Financial Times, i cui risultati sono poi stati ripubblicati nel

Sole24Ore il 14 giugno 2013, nell’articolo Big data: tre profili a confronto sul valore dei dati

personali, disponibile al sito http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2013-06-14/data-profili-

confronto-012622.shtml?uuid=AbTdmq4H. La ricerca ha considerato tre profili campione diversi rispetto al lavoro svolto, alla situazione familiare, allo stato di salute, alle abitudini di vita rispondenti alle seguenti descrizioni: il primo sarebbe «un professionista sposato, senza figli, con

una casa di proprietà, affetto da diabete, appassionato di viaggi e frequentante attività per perdere peso, abitudinario di siti Web relativi a gossip, cibo e politica, dotato di carta fedeltà per un grande magazzino, interessato all’acquisto di auto, vestiti e viaggi»; il secondo «un manager di banca o società assicurativa, divorziato di recente, con figli, senza casa di proprietà ma traslocato di recente, possessore di una barca e frequentatore di palestre e centri fitness, abituale visitatore di siti Web relativi a finanza, politica e blog influenti, interessato all’acquisto di prodotti finanziari, auto e un nuovo smartphone»; il terzo «un imprenditore milionario, fidanzato da oltre tre mesi e in attesa del primo figlio, affetto da obesità, proprietario di una casa e di un piccolo aereo privato, appassionato di crociere, impegnato in attività per perdere peso, abituale visitatore di siti Web relativi a cucina, cibo, auto, giochi e cinema, interessato all’acquisto di auto, vestiti, pacchetti viaggio e in cerca di un nuovo smartphone». Ogni informazione di detti soggetti sarebbe valutata,

raggiunto il secondo prezzo più basso. Sulla base di questo meccanismo, si è giunti a calcolare un valore medio di ogni singolo dato personale pari a circa 2 euro702. In

realtà, secondo un meccanismo converso, quest’ultimo valore sarebbe stato desunto dall’importanza che gli stessi titolari dei dati vi conferiscono703, vale a dire dal valore economico che essi attribuiscono al rispettivo valore di vendita, il quale non corrisponde al valore, inferiore, “di acquisto” che sarebbero invece disposti a pagare per accertarsi che le stesse informazioni non siano divulgate a terzi704. Orbene, alla luce delle suesposte considerazioni circa il valore dei dati personali e la loro commerciabilità, è ancor più evidente che l’economia globale si basa oramai sulla raccolta, la combinazione ed il trasferimento dei dati personali con uno scopo di profitto secondario, che va oltre lo scopo primario di conseguire guadagno attraverso la vendita diretta di dati personali tra soggetti interessati e che mira piuttosto al conseguimento di un ricavo ancora maggiore una volta che le informazioni in questione siano utilizzate per personalizzare beni e servizi che gli stessi consumatori saranno ancor più indotti ad acquistare, perché più specificamente rispondenti alle loro esigenze. Perciò si suole parlare anche di economia “guidata dai dati” o di “data-driven economy”705.

La stessa Commissione europea ha preso posizione sull’economia fondata sui dati riconoscendo, già nel 2014, che il suo sviluppo rappresenterebbe «una nuova

rivoluzione industriale trainata dai dati digitali, dall’informatica e dall’automazione» poiché «le attività umane, i processi industriali e la ricerca generano un livello senza precedenti di raccolta ed elaborazione di dati, le quali favoriscono la comparsa di nuovi prodotti, servizi, processi commerciali e metodologie scientifiche»706. La Commissione ha inoltre evidenziato la necessità di far circolare liberamente le informazioni personali, al fine di stare al passo dello

702 V. J. Stajano, N. Oliver, B. Lepri, R. de Oliveira, M. Caraviello, N. Sebe, Money Walks: A

Human-Centric Study on the Economics of Personal Mobile Data, http://arxiv.org/abs/1407.0566,

cit. in C. Focarelli, La privacy. Proteggere i dati personali oggi, Il Mulino, 2015, pag. 68.

703 Secondo il suddetto studio, i dati cui viene data maggiore importanza da parte dei propri titolari

sono quelli relativi alla geo-localizzazione. Invero, alcuni utenti sarebbero meno propensi a cedere le proprie informazioni sul luogo in cui si trovano o si spostano, rispetto ad altre informazioni, o le cederebbero ad un prezzo superiore. V. C. Focarelli, La privacy. Proteggere i dati personali oggi,

cit., pag. 67.

704 A. Acquisti, J. Grossklags, What Can Behavioral Economics Teach Us About Privacy?, cit.,

pag. 9.

705

C. Focarelli, La privacy. Proteggere i dati personali oggi, cit., pag. 45.

706 Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico

sviluppo dell’economia digitale in modo più adeguato, cercando peraltro di seguire la crescita molto più rapida delle imprese statunitensi in materia707. In questa

direzione, l’istituzione si è mossa anche più recentemente, agli inizi del 2017, per far fronte agli obiettivi dettati dalla creazione del mercato unico digitale, anche alla luce delle nuove o più consistenti garanzie introdotte dalla riforma in materia di tutela dei dati personali, cui fa riferimento nella Comunicazione sulla costruzione di un’economia sui dati europea708. Nella medesima comunicazione, la Commissione rileva la primaria importanza dell’attuazione del principio di libera circolazione delle informazioni all’interno dell’Unione709 che sembrerebbe quasi richiamarsi alle quattro libertà economiche caratterizzanti l’ordinamento dell’UE710, ponendolo come un corollario del principio della libera prestazione di

servizi711.

Parrebbe quindi che il legislatore UE stia tentando di approcciarsi alla creazione di una sorta di quinta libertà fondamentale economica712 caratterizzata dalla libera circolazione delle informazioni personali entro i confini dell’Unione, che andrebbe ad integrare le altre libertà per spingere la crescita economica, inter alia e soprattutto, verso lo sviluppo del mercato unico digitale europeo713. Prova ne è, oltre all’anzidetta comunicazione della Commissione, altresì il titolo scelto dal

707 Ibidem, pag. 3.

708 Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European

Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, Building a European data

economy, 10 gennaio 2017, COM(2017) 9 final, pag. 5.

709 Ibidem, pagg. 7 segg.

710 Ci si riferisce alla libertà di circolazione delle persone, delle merci, dei capitali e alla libera

prestazione di servizi. Per approfondimenti si v. G. Tesauro, Il diritto dell’Unione europea, Cedam, 2016; R. Adam, A. Tizzano, Lineamenti di diritto dell’Unione europea, Giappichelli, 2010.

711 Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European

Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, Building a European data

economy, cit., pagg. 7 segg.

712 V. Progetto di parere della Commissione per il mercato interno e la tutela dei consumatori

destinato alla commissione per l’industria, la ricerca e l’energia sull’iniziativa europea per il cloud computing del Parlamento europeo, del 14 settembre 2016, 2016/2145(INI), disponibile al sito http://www.europarl.europa.eu/me, docs/2014_2019/plmrep/COMMITTEES/IMCO/PA/2016/11- 09/1104075IT.pdf, pag. 3, punto 2. Inoltre, tale proposta è stata ufficialmente presentata dalla Presidenza estone del Consiglio dell’UE, in carica dal 1° luglio al 31 dicembre 2017, in occasione della Conferenza “Digital Single Market” sul mercato unico digitale, tenutasi a Tallin il 17 luglio 2017. Come noto, l’Estonia è uno dei Paesi europei maggiormente digitalizzati (si v. altresì nota 351

supra) – si v. altresì European Commission, European Digital Progress Report: review of Member States’ progress towards digital priorities, disponibile al sito https://ec.europa.eu/digital-single-

market/en/news/european-digital-progress-report-review-member-states-progress-towards-digital- priorities.

713

Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, Building a European data

legislatore UE per il nuovo GDPR (ripreso comunque dalla direttiva 95/46), che indica esplicitamente come questo sia volto alla protezione delle persone fisiche

«con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati». Anche parte della dottrina sembra orientarsi in tal senso, prendendo atto

della necessaria tutela delle persone fisiche relativamente al trattamento delle loro informazioni in virtù dell’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali, ma altresì dell’ormai irrinunciabile esigenza di far circolare tali dati nel rispetto delle garanzie previste dall’ordinamento – che comunque non sembrerebbero ancora completamente adeguate – ai fini della crescita economica dell’Unione714. Ciò richiederebbe però un’attenta collaborazione tra le autorità nazionali garanti della privacy e, come vedremo nel capitolo seguente715, altresì delle autorità garanti della

concorrenza e del mercato, al fine di abolire le frontiere interne di raccolta e trattamento lecito e dignitoso dei dati personali716.

Tale interazione tra siffatte autorità pare imprescindibile poiché i dati non avrebbero valore economico se le imprese non fossero in grado di estrarne conoscenza. In effetti, la natura conoscitiva delle informazioni personali è ben evidente, ma solo in un secondo momento viene in rilievo la valenza economica che esse hanno acquisito nel tempo con lo sviluppo delle nuove tecnologie717. Dunque, la correlazione tra autorità garanti della privacy, e dunque indirettamente dell’individuo e della sua sfera privata, e autorità garanti della concorrenza e del mercato è legata al fatto che, di per sé, il mercato non sarebbe in grado di svilupparsi e conseguire i propri obiettivi garantendo al contempo i diritti degli individui. Ed è proprio in tal senso che il valore di mercato dei dati personali non può prescindere dalla considerazione della dignità dell’individuo-consumatore, al quale dovrebbe altresì essere garantita quell’autodeterminazione informativa di cui si è

714

In tal senso, si v. F. Costa Cabral, O. Lynskey, Family Ties: The Intersection between Data

Protection and Competition in EU Law, cit., pag. 13; O. Lynskey, From Market-Marketing Tool to Fundamental Right: The Role of the Court of Justice in Data Protection’s Identity Crisis, in

S. Gutwirth, R. Leenes, P. de Hert, Y. Poullet (cur.), European Data Protection: Coming of Age, Springer, 2013, pag. 61; E.A. Rossi, Il diritto alla privacy nel quadro giuridico europeo ed

internazionale alla luce delle recenti vicende sulla sorveglianza di massa, in Diritto Comunitario e degli Scambi Internazionali, 2014, 3, pag. 346.

715 V. cap. IV infra.

716 O. Lynskey, From Market-Marketing Tool to Fundamental Right: The Role of the Court of

Justice in Data Protection’s Identity Crisis, cit., pag. 61.

717 N.P. Schepp, A. Wambach, On Big Data and Its Relevance for Market Power Assessment, cit.,

trattato in precedenza718. E lo è in maggior misura se si considera che la quantità di

informazioni personali disponibili grazie alle tecnologie è superiore ad ogni aspettativa (attualmente, si stima che ogni due giorni l’umanità riesca a produrre circa cinque exabyte di dati, pari a quasi il volume di dati prodotti dall’inizio dei tempi civilizzati sino al 2003)719 e crescerà costantemente nei prossimi anni sino a

raggiungere un valore di mercato di circa un miliardo di dollari entro il 2020720.

Inteso che un ruolo fondamentale sarà svolto dalle suddette autorità garanti, occorre precisare che altrettanto importante sarà l’attività delle stesse imprese le quali, auspicabilmente, potrebbero educare i propri consumatori ad una gestione responsabile dei propri dati personali721.

A tal riguardo, se il primo driver dell’industria dell’informazione è e continuerà ad essere l’automatizzazione dell’informazione ed il rispettivo trattamento722, sarà necessaria un’adeguata formazione dei produttori delle informazioni quanto ai loro diritti, affinché scelgano consapevolmente controparti commerciali che garantiscano determinati livelli di tutela della riservatezza e rispettino i limiti dei loro consenso.

Tuttavia, sebbene siano le stesse imprese a potersi dotare di strumenti di migliore protezione della privacy, si deve osservare che, per le medesime, tale attività comporta ulteriori costi ed è proprio in questo senso che si parla dell’economia della privacy, in modo distinto dalla data-driven economy.

L’economia della privacy si riferisce infatti allo studio delle conseguenze di stampo economico, derivanti dalla tutela o dalla mancata tutela delle informazioni personali, in relazione ai costi sostenuti dalle imprese o da enti pubblici.

In particolar modo, siffatti studi prendono le mosse da una tesi piuttosto risalente, per la quale la riservatezza, una volta regolamentata, rappresenterebbe un fattore di costo per le imprese che, di conseguenza, subirebbero un rallentamento degli affari

718

V. cap. II.II. supra.V. anche F. Costa Cabral, O. Lynskey, Family Ties: The Intersection between

Data Protection and Competition in EU Law, cit., pag. 13.

719 P. Gilbert, R. Pepper, Privacy considerations in European Merger Control: A Square Peg for a

Round Hole, Competition Policy International Antitrust Chronicle, 2015, 2, pag. 2; M.J. Becker, The consumer data revolution: The reshaping of industry competition and a new perspective on privacy, cit., pagg. 213-218.

720 M.J. Becker, The consumer data revolution: The reshaping of industry competition and a new

perspective on privacy, cit., pagg. 213-218; in tal senso, si v. altresì G. D’Acquisto, M. Naldi, Big Data e Privacy by Design, cit., pagg. 5 segg.

721

P.R. Prabhaker, Who owns the online consumer?, in Journal of Consumer Marketing, 2000, 17, 2, pag. 166.

e, più in generale, comporterebbero un rallentamento dell’economia. Il tutto deve inserirsi inevitabilmente nel quadro della suddetta data-driven economy, nell’ambito della quale, data l’asimmetria di potere esistente tra coloro i quali sono dotati di più informazioni ed i soggetti che ne sono i titolari, i primi potrebbero utilizzarle a fini economici, ma si dovrebbero necessariamente scontrare con le esigenze di tutela dei singoli. Stabilire un equilibrio tra l’utilizzo a fini di lucro e la tutela dei dati personali non risulta di semplice soluzione, anche in considerazione del fatto che i titolari dei dati non ne percepiscono il valore economico e sono altresì disponibili a cederli in cambio di migliori vantaggi commerciali. Ciò non toglie, in ogni caso, che le imprese debbano adeguarsi alle richieste normative723, sostenendo costi per il mantenimento e la sicurezza delle banche dati, correndo il rischio di ottenere un minore ricavo sia per siffatti costi, sia nel caso che i propri clienti