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E i commercianti? I commercianti partecipano in realtà solo in minima parte a questo movimento Al contrario di quanto accade

W. H Sewell, Structure and mobility: men and women of Marseille,

II. ASSOCIAZIONISMO, SOCIABILITÀ' E PARTECIPAZIONE POLITICA

II.2. E i commercianti? I commercianti partecipano in realtà solo in minima parte a questo movimento Al contrario di quanto accade

in altre nazioni europee, la visibilità politica di questi ceti è molto scarsa (33) . Le piccole borghesie napoletane, almeno a giudicare da vari e spesso frammentari indizi, soffrono di una più generale difficoltà ad associarsi, a costituirsi in gruppi di interesse, a ricercare forme di solidarietà che prescindano da quel luogo di sociabilità naturale costituito dalla famiglia e dalla parentela. Commercianti e negozianti mostrano disinteresse e una certa indifferenza verso le istituzioni "governative" che li rappresentano ed una scarsa disponibilità anche verso associazioni che abbiano finalità strettamente ed esclusivamente economiche. Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, a Napoli sono poche le costituzioni societarie e sono pochissime le cooperative, siano esse di produzione, di lavoro o di consumo. Nel quadriennio 1897-1900 nel distretto notarile di Napoli i notai stipulano 440 atti di costituzione di società 'contro gli 887 rogati a Milano(34). E' un dato interessante che non solo conferma la fin troppo nota minore dinamicità economica dell'ex capitale, ma che evidenzia con chiarezza quella scarsa propensione all'associazione economica che ha connotato la storia del mezzogiorno fino agli anni più recenti. Quel 11,6 per cento di negozianti che si trova all'interno degli organi direttivi delle associazioni napoletane, di cui si è parlato in precedenza, rappresenta in effetti solo la parte alta del gruppo, ma singolarmente, non quella più esposta. A parte un paio di persone -Alessandro Betocchi e

33) Per un sintetico quadro d'insieme del rapporto tra lower middle olasses e politica cfr G. Crossick e H. G. Haupt, Shopkeepers, master artisans and the historian: the petite bourgeoisie in comparative focus, in Id. (eds.). Shopkeepers and master artisans in nineteenth-centurv Europe [1984], London,

1986, p.4 e ss.

34) I dati sono tratti dalla Statistica notarile, che per gli annir1897-1900 è contenuta -in SGCC. Gli atti di costituzione riguardano società in accomandita semplice, per azioni, cooperative, anonime e in nome collettivo.

Tommaso Pitterà- nessuno dei nomi incontrati fa parte della giunta della Camera di Commercio. Nei consigli direttivi il segmento più ampio del ceto medio produttivo e terziario è invece rappresentato soltanto da un bottegaio e da un calzolaio. Bottegai*e artigiani sono presenti in molti comitati elettorali occasionalmente costituiti e in molte società di mutuo soccorso, ma restano sostanzialmente fuori dalle maggiori associazioni politiche, dai circoli e dalle accademie più prestigiosi. I circoli la cui fondazione li vede protagonisti sono di tipo ricreativo: l'unica attività che vi si svolge è in realtà quella del gioco, spesso d'azzardo. Nascono con intenti ricreativi e di svago, ma vengono poi quasi tutti chiusi dalla Questura come bische, il Circolo del Moiareilo(35 ), il Piccolo circolo partenopéo (36) , il Circolo Montenegrino(37), il Circolo Massaua (3e) , il Circolo Sabaudo (39) e il Circolo Savoia (40) . Sono tutti di piccole dimensioni, venti o trenta soci in tutto, e riuniscono negozianti, impiegati, qualche proprietario e, più raramente, qualche professionista. Sono posti che gli statuti indicano come luoghi di svago e sale di lettura ma in cui si gioca esclusivamente a carte e a bigliardo, e che finiscono per accogliere, secondo i rapporti della polizia, pregiudicati e persone di "dubbia moralità". Hanno vita breve, e quelli che non vengono chiusi dall'intervento delle forze di polizia si sciolgono spontaneamente per mancanza di soci o per il prosciugamento della cassa sociale. Sono molti infatti i soci che si rivelano restii a pagare anche quel minimo contributo mensile previsto dagli statuti. Talvolta, a seconda del momento, si trasformano in comitato elettorale o in associazione di

35) ASN, Questura Gabinetto, f.94. 36) Ivi, f . 97 .

37) Ivi, f.94.

38) Ivi. f.93. Il circolo è composto da undici negozianti, dieci proprietari, cinque impiegati, tre medici e un "artista".

39) Ivi, f .99. 40) Ibidem.

beneficenza, come nel caso del Piccolo circolo dell'unione in sezione Avvocata (41) . Come si può vedere dalla composizione di un paio di questi circoli, e come si vedrà più avanti, l'area di relazioni dei ceti di cui ci stiamo occupando è più spostata verso il basso che verso l'alto. I contatti con l'universo delle professioni sono scarsi e in genere il rapporto è capovolto. Nel milieu dal piccolo commercio non ci si associa paritariamente tra professionisti e bottegai, ma sono piuttosto i professionisti che organizzano i bottegai e che provano ad utilizzarli come gruppo di pressione. L'avvocato Oronzio De Mita per esempio organizza un Circolo dei commercianti di Mercato per la sua candidatura alle elezioni politiche del 1889 {4_); l'avvocato Alberto Geremicca. presiede il Circolo del Bene economico della sezione Mercato (43) ; a un certo numero di commercianti fa anche riferimento il circolo elettorale dell'onorevole Curato o il Circolo elettorale operaio e il Circolo operaio che sostengono la candidatura dell'onorevole Giovanni Nicotera (44) . A voler stabilire una tipologia dell'associazionismo piccolo-borghese si può dire che bottegai e artigiani si ritrovano in quattro tipi diversi di associazione: 1) le società di mutuo soccorso; 2) le associazioni a carattere rivendicativo nate su un obiettivo circoscritto e preciso la cui durata è limitata a quella della questione per la quale sono nate; 3) i comitati elettorali o le associazioni che camuffano un comitato elettorale; 4) i circoli ricreativi. Sono totalmente fuori dai circoli culturali e dalle accademie, sono lontani anche dalle sedi dell'associazionismo commerciale istituzionale e sono estranei anche alla sociabilità dei teatri, dei caffè, delle occasioni mondane. Come scrive Felice De Filippis:

"la piccola borghesia napoletana si teneva a distanza dai teatri

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41) Ivi. f.104. Nel circolo si riuniscono venticinque persone tra cui diciotto negozianti e artigiani, quattro impiegati, un proprietario e un veterinario.

42 ) Ivi . f.82. 43) Ivi, f.76. 44) Ivi, f . 93 .

di varietà e dai caffè concerto che considerava luoghi di perdizione Per scimmiottare gli usi e i costumi delle case patrizie organizzava le cosiddette periodiche: riunioni settimanali di otto o dieci famiglie del quartiere con l'intervento di giovani di « b e l l e speranze» desiderosi di mettere in mostra le loro doti canore e più ancora di tessere con

le figlie del padrone di casa un tenero idillio" (4S) .

Forse commercianti e artigiani si associano poco anche per mancanza. di tempo. Il lavoro nella bottega, come vedremo più

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avanti, li assorbe per l'intera giornata e non ci sono né sabati, né domeniche né altri giorni della settimana liberi. La riorganizzazione della giornata in tempo di lavoro e tempo libero per i commercianti non si è ancora realizzata. La sociabilità di queste persone non è quindi improbabile che si svolga interamente tra le quattro mura del magazzino in cui avventori e amici si incontrano, chiacchierano, commentano gli avvenimenti del giorno, spettegoiano (46) .

Incapaci di identificarsi in un'organizzazione come la Camera di Commercio, che troppo spesso rappresenta esclusivamente le sfere più alte della gerarchia commerciale, e privati dell'ultima istituzione dal carattere corporativo in loro possesso, il Tribunale di Commercio(47), i ceti medi produttivi napoletani danno raramente vita ad un associazionismo autonomo, ma, quando ci riescono, si tratta di un associazionismo che come quello dei loro colleghi bolognesi è "ancorato a contenuti programmatici meramente settoriali, caratterizzato da una estrema

45) F. De Filippis, Ottocento napoletano... cit., pp.23-24. 46) Sulla bottega e l'atelier come luoghi di sociabilità cfr M. Agulho’n, Working class and sociabilitv in France before 1848. in The power of thè past. Essavs for Eric Hobsbawm, a cura di P. Thane, G. Crossick e R. Floud, Cambridge-Paris, 1984, pp.37-66, e A. Farge, L'atelier à Paris au XVIIIe: une structure de sociabilité en conflit avec elle-méme et avec les pouvoirs. in Sociabilité. pouvoirs et société. Actes du collogue de Rouen 24- 26 novembre 1983. a cura di F. Thelamon, Rouen, 1987, pp.307-319.

47) Sulla natura di questa istituzione cfr D.L. Caglioti, I. fallimenti del tribunale di commercio di Napoli: una fonte per lo studio del piccolo e medio commercio cittadino, "Società e Storia", a.XII, 1989, n.44, p.446 in particolare, e le osservazioni di M. Malatesta, Stato liberale e rappresentanza dell'economia. Le Camere di Commercio, in "Italia contemporanea", 1988, n.1‘71, p.54.

frammentazione degli interessi e dalla mancanza di un progetto organico" (48) , ma soprattutto non riesce mai ad andare al di là di un angusto localismo. La dimensione sovralocale è compìetamente assente dalle prospettive di tutte le società che vengono formandosi in questi anni pur in presenza di questioni e problemi che non possono certo dirsi peculiarmente napoletani. E' con questi limiti che nascono le varie società di mutuo soccorso *e le leghe di resistenza : la Società di mutuo soccorso tra i padroni beccai di Napoli del 1885 (49), quella dei negozianti di paste e salumerie costituita nel 1883 (50) o l'Associazione di fabbricanti d'alcool (51) fondata nel 1889; la Camera sindacale dei fabbricanti di guanti in Napoli costituita nel 1894 con lo specifico obbiettivo di contrastare la sindacalizzazione crescente dei lavoranti (52) o la Lega di resistenza negozianti grossisti orefici di Napoli(5Ì). Con gli stessi limiti si presentano le associazioni rivolte, un po' demagógicamente, ad affratellare operai, commercianti " e industriali e in genere animate da una vaga idea di progresso economico come, per fare solo qualche esempio, il Circolo del Bene economico della sezione Mercato, o il Piccolo Circolo del Commercio, o l 'Associazione commercianti, grossisti, dettaglieri, arti e mestieri nel cui consiglio direttivo si trovano sei commercianti e quattro professionisti (54) . Negli statuti e nei programmi di queste associazioni si parla di "affratellamento tra

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48) L. Barbieri, Commercianti a Bologna tra liberalismo e fascismo, in "Rivista di storia contemporanea", a.XVII, 1988,

pp.387-388; si veda anche il caso di Milano sinteticamente illustrato in J. Morris, Small shopkeepers in Milan, 1885-1892.

"Bollettino d'informazione a cura del gruppo di studio sulle Borghesie del XIX secolo", n.8, 1990, pp.6-7.

49) ASN, Ouestura Gabinetto, b.76. 5°) Ivi, f .97. 51 ) Ivi, b. 86. 52 ) ivi, b . 77 . 53 ) Ivi. t f . 94. 54) Ivi. b.76 e b.82.

le classi lavoratrici" e di “incremento morale e materiale" di commercianti e artigiani e, addirittura dei loro dipendenti, ma non si riesce ad andare mai al di là di generiche proposizioni.

Tutta la seconda metà dell'Ottocento è costellata da tentativi di mettere in piedi un'associazione di commercianti che sia effettivamente in grado di rappresentarne gli interessi; i risultati sono, però, a dir poco sconfortanti. Viene fondato un Circolo del commercio il cui scopo principale sembra solo quello di fornire una platea alle conferenze dell'avvocato Florenzano<55), quindi un'Associazione napoletana del commercio e dell ' industria (56) e poi ancora una Società per ali interessi economici delle Provincie meridionali (r,?), quindi una Associazione per oli interessi commerciali di Napoli (sa) , ma, passato t'entusiasmo iniziale e le numerose adesioni, tutto si sgonfia .e i commercianti napoletani continuano a dare una risposta individuale ai propri problemi quotidiani. Come si legge nella rivista della Camera di Commercio, che pure elogia il desiderio di socialità che serpeggia a Napoli, tutte queste associazioni sono in realtà degli inutili doppioni (59) . In questo panorama anche i rigurgiti corporativi, che pur non mancano, sono destinati a soccombere. Non meno disastrosa risulta l'esperienza del mutuo soccorso e delle società di mestiere, che questi gruppi non riescono a fare andare al di là del semplice mutualismo apolitico privo di prospettive e di rivendicazioni più ampie, e che naufraga sull'impossibilità di conciliare le esigenze di lavoranti e datori di lavoro, tutti apparentemente affratellati in queste società.

Il fallimento dell'associazionismo commerciale è un dato che riguarda tutta la nazione e non la sola città di Napoli dove le

55) Sull'attività di questo circolo cfr le notizie contenute in vari numeri de “Il Pungolo" negli anni 1882 e 1883.

t

56) "Economia e Finanza", a.I, 2.III.1878, n.3; 6.III.1878, n.4 e 30.III.1878, n.8.

57) Ivi, a. I, 23.III.1878, n.7. 58) “Il Pungolo", a.XXIV, 29.1.1883.

minacce al libero esercizio del commercio sono tutto sommato minori che in altri grandi centri italiani. Nel 1905 al IV congresso dei commercianti e industriali italiani che si svolge a Venezia il bilancio sul tema associazioni è negativo. Schiacciati tra le rivendicazioni crescenti delle classi operaie

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e la ^strenua resistenza del capitalismo soprattutto settentrionale

"i commercianti grossisti [...] gente quant'altra mai pacifica, pur sentendosi a disagio per le mutate condizioni della vita commerciale, mutamenti dovuti in parte al progresso dei tempi, ed in parte a molti inconvenienti sviluppatisi con lo stesso crescere della grande produzione nazionale, spesso pletorica e superiore ai bisogni del consumo paesano, si sono fin'ora, meno rare eccezioni, tenuti silenziosamente in disparte, accontenfiandosi del magro conforto di lamentarsi filosoficamente della loro dura condizione" (60) .

Delle varie associazioni fin qui menzionate, alla data del congresso a cui abbiamo accennato, resta in vita il solo circolo del commercio. Le altre associazioni napoletane che vi si presentano, oltre alla Camera di Commercio, sono 1 'Associazione fra commercianti ed industriali e 1 'Unione commerciale Umberto

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II.3. Nel primo ventennio postunitario il piccolo commercio