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Confinate in casa da un'economia che tende sempre più a

W. H Sewell, Structure and mobility: men and women of Marseille,

III. l Il quadro fin qui tracciato per grandi linee predominio della bottega, del commercio ambulante, della manifattura a

III.3. Confinate in casa da un'economia che tende sempre più a

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separare il luogo di lavoro dall'abitazione, le donne riemergono in momenti di crisi a puntellare economie familiari in difficoltà, cercando di frequente nell'attività commerciale un modo pe£ integrare il reddito di un marito impiegato in tutt'altro settore. Quando fallisce, nel 1886, Luisa Vetrone ha sulle spalle circa 5.800 lire circa di debiti, ma anche e soprattutto venti anni di gestione di un negozio grazie al quale ha dato mensilmente un "contributo al marito" di 40 lire: più o meno la paga di un commesso in un medio magazzino di tessuti. Rosa Garzia, fallita nello stesso anno, gestisce invece, per conto di tal Luigi Serino, un negozio di mercerie nella centrale

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piazza Mercato per una lira al giorno che va ad aggiungersi alla misera pajga del marito, Vincenzo Vollero, commesso in un opificio meccanico.

Gli indizi di un'economia che si sorregge grazie al sistema-famiglia si infittiscono allorché si passa ad analizzare una documentazione, come quella costituita dai processi di fallimento, relativa quindi a momenti di massima crisi (59). Quello che qui ci interessa è però il fatto che un evento come questo n<*n solo mette in evidenza i meccanismi di funzionamento dell'attività commerciale stessa, ma porta allo scoperto solidarietà e risorse che quasi in tutti i casi provengono dalla

57) In realtà, come sottolineato in alcuni dei lavori citati nella notTa precedente, in particolare quelli di Moricola (p.481), Caglioti (p.119) e Civile (p.231) l'immobiliare finisce per entrare con una certa frequenza anche nelle doti delle élite.

58) Un comportamento analogo si può riscontrare nei contratti dotali della borghesia avellinese per i quali cfr G. Moricola, Sui contratti dotali... cit., p.481.

59) E' opportuno ribadire che la fonte qui utilizzata enfatizz^, in un certo senso, il fattore solidarietà.

famiglia. Se infatti gli intrecci e le relazioni con l'esterno sono, in un mercato che si va progressivamente internazionalizzando, più forti, si scopre pure che la risposta si costruisce tutta all'interno del sistema della famiglia e della parentela. Quelle famiglie, sostenute economicamente nei momenti di floridità o stabilità- come si legge dai bilanci dei falliti -, intervengono offrendo a loro volta supporto economico e psicologico. Ciò che emerge inequivocabilmente è che del negozio e quantomeno attorno a questo vivono non solo moglie e figli del commerciante, che tra l'altro, come abbiamo visto, collaboràno spesso attivamente alla sua conduzione, ma anche madri, fratelli, cognati ecc. Aniello Aprile con il suo commercio di cuoi e pellami, fallito nel 1882, sostiene in tutto sette persone tra moglie, madre, fratelli e sorelle. Il sarto Vincenzo Salvi versa invece per dieci anni ai genitori un contributo di 480 lire annue. Luigi Astarita, gioielliere costretto a sospendere i pagamenti nel 1884, sostiene con 80 lire al mese la madre vedova e 4 sorelle nubili. Lo stesso fa Antonio Giannetti che, avendo rilevato la "meschinissima“ attività di fabbricante di cappelli del padre, aiuta la matrigna e si preoccupa degli studi di architettura del fratello. Si tratta di una solidarietà che di frequente è il risultato di una vita sotto lo stesso tetto, ma non necessariamente. Le condizioni economiche di tanti bottegai • spesso non consentono loro di allontanarsi dall'abitazione paterna, ma non di rado le disastrose condizioni causate loro dal fallimento li costringono ad un ritorno, sia pur momentaneo, in casa di un familiare. Il commissionario Augusto Ginier va a vivere con la suocera subito dopo la dichiarazione di fallimento; il droghiere Tommaso Borselli con il padre, come anche Vincenzo Zaccaria. Il sarto Luigi Rainone si rifugia invece in casa del figlio che vende abiti in una bottega non lontana dalla sua. Gennaro Perrotta è accolto addirittura da uno zio della moglie e sempre presso una zia, con marito e cinque figli, abitano Raffaele Irollo e la sorella: due storie interessanti che

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documentano il crearsi di gruppi familiari non nucleari in ambiente urbano. Luigi Astarita che, come abbiamo visto precedent'emente, sostiene con il suo lavoro moglie, figli, madre

e sorelle occupa una misera stanza nella casa del suocero che, in cambio, riscuote la rendita di un piccolo appartamento della dote della figlia. Gli esempi ovviamente potrebbero essere moltiplicati.

Il sistema famiglia dimostra maggiormente la sua capacità di funzionamento nei tentativi, molti dei quali riusciti, di risolvere la crisi, di chiudere il processo fallimentare ottenendo con ciò la riabilitazione del discreditato commerciante di fronte all'intera comunità economica cittadina. Nicola Ercolano, negoziante di coloniali fallito nel 1882, supera la crisi grazie ad un concordato con i suoi creditori che viene garantito dal cognato e alla vendita dei pochi immobili alla moglie. Salva così il suo piccolo patrimonio da una probabile vendita giudiziaria e nello stesso tempo riesce a non farne uscire la proprietà dalle mura domestiche. A garantire Vincenzo D'Angelo, negoziante di mercerie fallito nel 1883, interviene invece il padre che già gli aveva fornito i capitali per intraprendere la sua attività. La società tra Antonio Fraticelli ed Egidio Della Guardia, sottoposta a procedimento fallimentare nel 1883; viene invece salvata da un concordato di cui si fa garante uno zio della moglie del Fraticelli; mentre a garantire il concordato del sarto Luigi Rainone interviene il figlio.

Il sostegno della famiglia e della parentela non si limita tuttavia alla sola offerta di garanzia ma si spinge oltre, sconfinando sul piano dell ' illegalità. Nonostante il procedimento fallimentare sia ancora in corso, Bernardo Ruggiero, commerciante di tessuti fallito nel 1885, continua a comprare e vendere grazie alla moglie che ha preso in fitto una nuova bottega. rSempre grazie alla moglie il pizzicagnolo Francesco Iannuzzi manda avanti il suo commercio. Si rivolge invece al fratello, con una fittizia cessione del negozio e della mercanzia, il commerciante di generi di moda Luigi Vecchiarelli; mentre Guglielmo Hallecker, dopo aver sommariamente cancellato il suo nome dall'insegna, riapre la sua bottega in via Guantai intestandola al padre e allo zio. Con, un escamotage diverso -lo zio che si presenta all'asta giudiziaria- Luigi Astarita riesce invece a salvare una parte della mercanzia. Ancora un caso

interessante. Costantino Cerqua orefice sposato con due figlie fallisce nel 1889. Espletate le prime pratiche presso il tribunale civile, Costantino viene accusato di bancarotta fraudolenta e la sua vicenda passa al tribunale penale. La sentenza di dichiarazione del fallimento (16-1-1889) ha messo a

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soqquadro, la famiglia. Dopo un primo momento di panico è il cognato che interviene da Palermo e che, per evitare una condanna al carcere per il congiunto, che sarebbe "dispiacente e vergognoso", acquista un biglietto per Buenos Aires e convince Cerqua a partire "onde scongiurare questo pericolo e nel medesimo tempo formarti una posizione". Nonostante il procedimento sia in corso, Costantino Cerqua ottiene il passaporto e il 2 9 marzo del 1889 parte per l'Argentina. La lettera inviata da Palermo rivela una rete di solidarietà familiari forti e reciproche. Costantino Cerqua partirà con un altro cognato per Buenos Aires e, mentre le loro famiglie vivranno insieme in attesa che vengano

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raggranellati i soldi per il loro viaggio, cominceranno a lavorare e a preparare il terreno per l'arrivo dello scrivente e di suo figlio. I tempi, a suo dire, sono infatti critici per tutti specie nel piccolo commercio(fc0). Quella della solidarietà familiare non è tuttavia una risorsa illimitata, come dimostra il caso di Alessandro Bellet. Figlio di Guglielmo e di Rosalia Senes, che assieme ai Courmes gestiscono un fiorente negozio di profumeria e chincaglieria in via Roma, Alessandro, unico maschio di otto figli, ha il grosso difetto di essere uno spendaccione. E' per questo che, dopo aver dissipato la somma di 57.480 lire e dopo aver firmato varie obbligazioni, in parte pagate dal padre, viene inabilitato nel 1865. La morte del padre sembra provocare un leggero cambiamento nella sua condotta e la sentenza di inabilitazione viene revocata. Dal 187 6 Alessandro riprende tuttavia le sue abitudini. E' ancora la famiglia ad intervenire. Il cognato Eduardo Rap, un commerciante di origine palermitana, vende la'propria quota sull'eredità paterna per far fronte agli impegni eli Alessandro e salvare così un'onorata e, fino a quel momento, florida attività commerciale. Successivamente tocca ad

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Antonietta, sorella di Alessandro, che cede per 20.000 lire la quota che le spetta sul negozio del padre. Finalmente nel 1878 la famiglia, fatti i dovuti calcoli -Alessandro ha dissipato più di 300.000 lire- decide di interrompere una solidarietà troppo costosa e ne chiede 1'interdizione(61 ).

Come è stato scritto recentemente

"l'universo di piccoli bottegai, commercianti ambulanti, esercenti pubblici è [..] un universo assai inquieto. Per l'esiguità dei suoi mezzi economici e delle sue risorse si presenta continuamente esposto ai contraccolpi delle congiunture economiche generali e ai casi fortuiti della vita" (62) .

La forte esposizione e la debolezza del sistema si accompagnano tuttavia ad una altrettanto forte propensione all'adattamento che, come abbiamo visto, trova nella famiglia e nella sua capacità di generare continuamente risorse, l'anima dell'intera struttura del commercio napoletano.

III.4. Nel milieu della bottega la solidarietà endogamica è