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Presupposti teorici dell’ironia

6. Comprendere l’ironia

I.6.1. Introduzione

Nella Postille a Il nome della rosa Umberto Eco scrive: “Ironia, gioco metalinguistico, enunciazione al quadrato. […] se, col moderno, chi non capisce il

115 HUTCHEON, L’estensione pragmatica della parodia, cit., p. 4.

116 HUTCHEON, A Theory of Parody, cit., p. 6.

117 HUTCHEON, Ironie et parodie, cit., pp. 472−473: “L’ironia e la parodia […] operano entrambe su due livelli, un livello primario di superficie in primo piano, un livello secondario e implicito in secondo piano. Quest’ultimo livello, in entrambi i casi, deriva il proprio significato dal contesto in cui viene a trovarsi. Il significato ultimo del testo ironico o parodico risiede nella sovrapposizione dei due livelli, in una sorta di doppia esposizione (nel senso fotografico del termine) testuale”.

45 gioco non può che rifiutarlo, col post-moderno è anche possibile non capire il gioco e prendere le cose sul serio. Che è poi la qualità (il rischio) dell’ironia”.118 Decodificare l’ironia è certamente un’operazione complessa, e lo è perché, come abbiamo visto, esistono vari gradi e forme attraverso le quali essa può esprimersi; Booth sostiene che sono le ironie da lui definite “stabili” quelle che sono più facilmente riconoscibili, proprio perché “once a reconstruction of meaning has been made, the reader is not then invited to undermine it with further demolitions and reconstructions”.119 Decifrare un messaggio ironico significa, certamente, chiamare in causa le esperienze culturali e ideologiche degli interlocutori, nonché le loro reciproche competenze linguistiche e paralinguistiche; nel processo di ricostruzione del significato originale di un’espressione ironica hanno pari importanza, inoltre, tanto le informazioni fornite dal testo (materiale verbale e paraverbale), quanto gli elementi legati alla situazione contestuale che, come abbiamo già sottolineato, risulta spesso imprescindibile.

È importante tenere presente che questo lavoro di interpretazione non può essere genericamente definibile: non tutti i lettori/interlocutori sono infatti in grado di attribuire a un messaggio, chiaramente ironico, il medesimo significato; non solo, ma l’appartenenza a una determinata cultura piuttosto che a un’altra può suggerire un percorso di lettura di volta in volta diverso: “no todas las culturas se comportan de modo similar ante la ironía: para algunas es casi un deporte nacional y, en cambio, en otras está mal vista”120, sostiene Gurillo, mentre Hans-Jörg Neuschäfer, parlando proprio dell’ironia in Delibes, precisa:

Más problemático […] es el discurso irónico y en parte disparatado de Madera de

héroe. Y es que el alemán suele reaccionar o con incomprensión o con una especie

de pánico al discurso irónico. Cuando en mi país se dice algo con ironía, hay que añadir enseguida, si se quiere evitar el enfado del interlocutor, que se ha hablado en broma. Como Delibes, en su texto, no lo advierte, se han producido malentendidos grotescos. Así que habrá que recomendar a Delibes, que si vuelven a traducirle

118 Umberto ECO, Postille a Il nome della rosa (1980), Milano, Bompiani, 1993, p. 529 (“Il post-moderno, l’ironia, il piacevole). Eco ha trattato il tema dell’ironia anche nel saggio Tra menzogna

e ironia, Milano, Bompiani, 1998.

119 BOOTH, A Rhetoric of Irony, cit., p. 6.

120 RUIZ GURILLO, La ironía verbal, cit., p. 8. Anche Almansi ricorda che “[…] ogni forma di ironia, in quanto appartenente al dominio dei fenomeni culturali, assume aspetti diversi secondo la lingua e la società a cui è legata”, in ALMANSI, Amica ironia, cit., p. 20.

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algún texto irónico (las Cartas de amor de un sexagenario voluptuoso, por ejemplo), ponga un aviso para la crítica alemana.121

Partendo dalla volontà di suggerire un percorso oggettivo di “lettura” del testo ironico, Booth individua quattro precise fasi di ricostruzione del significato: nella prima, il lettore dovrebbe rifiutare il senso letterale dell’enunciazione, poiché “If he is reading properly, he is unable to escape recognizing either some incongruity among the words or between the words and something else that he knows”.122 Rifiutando, possiamo dire, il primo grado di lettura, chi si avvicina al testo è nelle condizioni di poter cogliere eventuali sfumature terminologiche e si mette nella posizione, nella fase successiva, di poter avanzare interpretazioni alternative, diverse da quelle immediatamente possibili. Il terzo passo consiste, secondo Booth, nell’essere in grado di prendere una decisione sul valore semantico da attribuire all’enunciazione, tenendo in considerazione le caratteristiche, anche ideologiche, proprie dell’ironista. Infine, si giungerà all’attribuzione del nuovo significato, che dovrà essere conforme, per quanto possibile, alle intenzioni reali del singolo autore.

Il modello proposto da Booth risulta teoricamente chiaro, ma non così facilmente praticabile; ci sembra corretta, infatti, l’osservazione che muove Schoentjes, il quale, sottolineando l’inadeguatezza del primo stadio di analisi, in cui viene richiesto di rinunciare al senso letterale: “No hay necesidad […] de recurrir a la oposición literal/figurado para describir cómo funciona el procedimiento. Más que explicar la ironía por la sustitución de un sentido por otro, es posible describir el funcionamiento a partir de la oposición entre el ideal y la realidad”.123 È chiaro che in qualsiasi enunciato o testo letterario che sia, la contrapposizione non è di esclusiva pertinenza del significante, non riguarda solo l’aspetto formale, superficiale, di un termine o di un’espressione; l’ironista emette, infatti, attraverso il linguaggio, un giudizio di valore e lo fa contrapponendo l’evidenza dei fatti, che egli può percepire come negativa, e il proprio “mondo ideale”, che si basa, però, su una visione personale della realtà. Per cui, continua Schoentjes, “no se trata de rechazar el sentido literal en favor de

121 Hans-Jörg NEUSCHÄFER, Delibes en Alemania, in GARCÍA DOMÍNGUEZ, SANTOJA (eds.), El

autor y su obra: Miguel Delibes, cit., p.122.

122 BOOTH, A Rhetoric of Irony, cit., p. 10.

47 uno figurado, nociones, por otra parte, que sabemos son difíciles de definir con precisión, sino más bien de asignar a los distintos propósitos en contradicción su lugar respectivo dentro de una jerarquía de valores”.124

La medesima difficoltà nel discriminare un significato rispetto a un altro può emergere anche nel momento in cui chi tenta di “leggere” un messaggio ironico deve, a un certo punto, decidere tra i possibili significati: se ci riferiamo a un’opera letteraria, chi legge opterà per un senso piuttosto che per un altro a seconda degli elementi che essa è stata in grado di fornirgli. Il testo, da solo, però, non può esaurire tutta la possibile gamma di significazioni (“Resulta sin duda ilusorio querer encontrar en el pasaje irónico y sólo en él los criterios para decidir sobre la ironía”125), per cui il lettore dovrà necessariamente appoggiarsi a una ipotetica idea, propria e personale, che si sarà fatto rispetto alla situazione ironica; un’idea che, almeno teoricamente, egli giudica sufficientemente vicina ai propositi dell’ironista.

Il processo di ricostruzione del significato ironico in un testo scritto richiede, dunque, una precisa conoscenza dell’autore e una certa consapevolezza delle sue reali intenzioni comunicative: il suo profilo, tanto personale quanto ideologico, risulta fondamentale per orientarci nel percorso di individuazione del senso proprio dell’enunciato, sia esso ironico o, al contrario, assolutamente serio. 126 Ecco perché l’eventuale anonimato di un autore può rendere particolarmente arduo il riconoscimento dell’eventuale ambiguità ironica e ciò può accadere, per esempio, quando affrontiamo articoli di giornale inseriti in rubriche generiche, che tendenzialmente non rispecchiano la linea ideologica della testata. Per questo motivo, una previa conoscenza del proprio “interlocutore” è decisiva per cogliere, in maniera pressoché certa, il messaggio ironico.

L’ironia viene spesso associata anche all’idea di intelligenza127 e luogo comune è quello di credere che solo le persone dotate di una certa capacità

124 Ivi, p. 123.

125 Ivi, p. 129.

126 “La migliore garanzia se si vuole essere certi della presenza dell’ironia è data comunque dalla personalità dell’oratore e dall’incompatibilità fra le conclusioni e gli altri elementi ai quali si ritiene che l’oratore debba tenere”, in Lucie OLBRECHTS-TYTECA, Il comico del discorso. Un

contributo alla teoria generale del comico e del riso, Milano, Feltrinelli, 1977, p. 159.

127 Schoentjes, di fatto, precisa che: “La equivalencia entre ironía e inteligencia sólo se establece porque la ironía opera a veces con conocimientos compartidos y porque una cierta cultura general,

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cognitiva siano in grado di decodificarla senza grandi difficoltà; nulla di più infondato e arbitrario, pare, dato che l’ironia tende a sfavorire di più coloro che possiedono una conoscenza limitata della sfera di valori dell’ironista e che quindi non sono in grado di osservare la realtà da un punto di vista distaccato e straniante. Rimane dunque implicito ciò che riconosce Schoentjes: “Lo único que impide que la ironía funcione es la pertenencia a una comunidad distinta, sea sexual, religiosa, cultural o nacional, al igual que el desconocimiento de las normas precisas que manejan otras comunidades. A una comunidad distinta corresponde una moral diferente […]”.128

Un peso non trascurabile, come abbiamo più volte sottolineato, è costituito dal contesto, da ciò che Schoentjes definisce come “el entorno”129: la sfumatura ironica sorge, infatti, solo nel momento in cui tra enunciato e circostanza esterna (esterna anche rispetto al testo stesso) viene a crearsi una stonatura evidente, un contrasto, che è poi l’essenza del gioco ironico. Pensiamo, per esempio, a Cinco

horas con Mario, che prende forma sotto la pressione della dittatura franchista e che perderebbe gran parte del suo fascino letterario, del suo vigore beffardo, se l’opera venisse completamente decontestualizzata e sganciata dal contingente di quegli anni.

Non secondarie sono anche le componenti temporali e spaziali legate a un testo specifico: quanto maggiore sarà, infatti, la distanza tra l’autore di un’opera e il singolo lettore, altrettanto maggiori saranno le difficoltà inerenti al processo di decodificazione del senso ironico; è possibile, in questa prospettiva, intendere l’ironia in maniera più immediata quando chi la utilizza è vicino alla nostra realtà, sia in termini di tempo che di spazio. Alcuni passaggi ironici presenti nell’opera di Delibes, per esempio, rischiano di sfuggire a un lettore straniero più che a un connazionale, così come sfuggirebbero a entrambi se l’autore fosse vissuto in un’epoca a loro non contemporanea. Ecco perché in gran parte dei testi scritti nei secoli precedenti il lettore viene supportato, spesso, da note chiarificatrici che lo guidano nel percorso di interpretazione e che lo avvertono sul possibile senso

basada en la tradición humanística, ha constituido desde hace tiempo un fondo en el que pueden encontrarse personas por lo demás totalmente extrañas”, op. cit., p. 155.

128 Ivi, p. 155.

129 Ivi, p. 132. Cfr. anche: KatharinaBARBE, Irony in context, Amsterdam, John Benjamins, 1995; Rachel GIORA, Irony: Context and Salience, in “Metaphor and Symbol”, 14, 4, 1999, pp. 541−257.

49 ironico di enunciati e sequenze. Lo scarto sociale e le differenze culturali ed educative, inoltre, anche indipendenti rispetto a tempi e contesti lontani, possono determinare valutazioni diverse rispetto al peso da attribuire all’ironia, che passerà sotto silenzio se ad accomunare autore e lettore saranno solo esigue coincidenze.

Potrà capitare, infine, di trovarsi nella situazione in cui gli enunciati o le sequenze che esprimono la contraddizione ironica non si presentano così ravvicinati tra loro; ciò significa che l’intenzionalità burlesca può essere percepita e decodificata solo a fine testo, per cui risulta indispensabile, per il fruitore del messaggio, mantenersi sempre sull’ordine di una lettura attenta e partecipe, nonché mnemonicamente solida. Ma ciò che risulta, a nostro avviso, ancora più determinante per una corretta analisi interpretativa dell’ironia, è la specificità dell’universo del lettore: ci accorgiamo, infatti, quanto sia difficile preferire una soluzione piuttosto che un’altra nella misura in cui l’importanza che noi attribuiamo al nostro patrimonio di valori è talmente inamovibile da non essere in grado di proiettarsi nell’universo altrui e, quindi, di aprirsi alle possibili ambiguità di un messaggio; ci paiono significative le parole di Schoentjes quando conclude che: “Cuando tenemos una buena – o demasiado buena – opinión sobre nosotros mismos, nos es más difícil comprender la ironía que nos toma como víctimas”.130

I.6.2. Gli indicatori dell’ironia

Un aspetto sul quale è opportuno insistere è che non tutti i lettori sono in grado di intuire gli indizi forniti dal testo, in particolar modo se questi non vengono esplicitamente indicati dall’ironista: “Niente di più penoso di un’ironia che faccia fiasco perché mancano orecchie abbastanza fini per afferrarla!”131, sostiene Jankélévitch. È anche vero però che la migliore ironia è quella che non si svela agli occhi di tutti, quella che riesce a colpire il proprio bersaglio mantenendosi discreta e ricorrendo al minor numero di indizi. Senza raggiungere

130 SCHOENTJES, op. cit., p. 133.

131 JANKÉLÉVITCH, op. cit., p. 60. Una buona sintesi sui principali indizi ironici presenti in un testo è contenuta in: Emma A. SOPEIÑA BALORDÍ e M. Amparo OLIVARES PARDO, Los indicios de la

ironía en el texto, in Les Chemins du texte: VI Coloquio da APFUE, Santiago, 1997, coord. María Dolores Olivares Vaquero, Teresa García-Sabell Tormo, vol. 2, 1998, pp. 205−214; María Belén ALVARADO ORTEGA, Las marcas de la ironía, in “Interlingüística”, 16, 2006, pp. 1−11. Cfr. anche il già citato articolo di RUIZ GURILLO, La ironía verbal, in particolare la parte “Indicadores para la ironía”, cit., pp. 9−10.

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l’estremo limite per cui propende Floris – secondo il quale “per comprendere l’ironia appieno, per gustarla veramente, occorre che questa non sia segnalata, deve sorger spontaneamente”132 – tentiamo di fornire di seguito alcune generiche informazioni in merito agli indicatori che più frequentemente caratterizzano una sequenza ironica.133

Esiste, anzitutto, una categoria di segnali che risultano chiaramente individuabili perché concretamente espliciti: quando comunichiamo, non utilizziamo solo il linguaggio, ma ricorriamo anche a una precisa gestualità, e ci riferiamo soprattutto agli sguardi complici, ai sorrisi ammiccanti, ai ghigni equivoci (Guido Almansi dedica, per esempio, ampia trattazione alla

tongue-in-cheek134, quella particolare abitudine inglese di muovere la lingua premendola contro la guancia, chiaro segnale di ironia), che, pur essendo tipici dell’oralità, trovano una propria realizzazione anche all’interno di un testo scritto, come negli esempi che seguono: “Probablemente ni se acordaría ya, tampoco, de que no hacía cinco horas que se destornillaba de risa y de que su codo se clavaba en mi muslo para subrayarme, irónico, todo lo que a mí pudiera pasarme inadvertido.”135 O ancora: “Tenía una sonrisa de ironía adormecida entre sus labios gruesos.”136 L’ironia può sorgere, in questi casi, dal contrasto che viene a crearsi tra il linguaggio del corpo e quello verbale, che tende a significare tutt’altro, ma che sottolinea, palesemente, la reale intenzione che muove i singoli personaggi.

Il tono con cui vengono espresse determinate parole risulta, poi, un’altra marca importante a livello comunicativo137, nonostante non sia sempre facile captare la sottile sfumatura ironica (un tono indignato o interrogativo è senza dubbio più immediatamente riconoscibile). Il problema nasce, però, nel momento in cui ci dobbiamo confrontare con un testo, poiché l’inflessione ironica di un medesimo termine può non equivalere nel passaggio dal discorso orale al testo

132 FLORIS, op. cit., p. 75.

133 Anche Marina Mizzau chiarisce che per comprendere l’ironia è importante il supporto degli “indici comunicativi”: “[…] l’ironia è l’unica figura retorica che utilizza il non verbale e il paralinguistico come segni di distinzione”, op. cit., p. 22; indici che, in ogni caso, sono identificati quando l’ironia emerge nello scritto e non nel parlato.

134 Guido ALMANSI, L’affaire mystérieuse de l’abominable ‘tongue-in-cheek’, in “Poétique”, 36, 1978, pp. 413−425.

135 DELIBES, La sombra del ciprés es alargada, cit., p. 77.

136 Ivi, p. 224.

137 I bambini, sostiene Schoentjes, “antes de comprender el sentido de las palabras […] entienden la diferencia entre palabras afectuosas, agradables o amenazadoras”, op. cit., p. 138.

51 scritto; in quest’ultimo caso, infatti, il tono tende ad avere un senso, per noi lettori, se consideriamo una più ampia sequenza enunciativa, e non, quindi, una singola parola, per cui risulterà fondamentale individuare quella che, sempre in base a Schoentjes, viene definita “tonalidad básica de la obra”.138

La vasta gamma dei segni di interpunzione a cui le lingue ricorrono per stabilire il ritmo delle enunciazioni o per evidenziare pause più o meno brevi all’interno di un testo, costituisce un altro punto di riferimento significativo nel processo di lettura critica; gran parte della punteggiatura che noi abitualmente utilizziamo in uno scritto può avere, infatti, anche un preciso valore semantico, pur non così esplicito nel caso dell’ironia.139 Tra le numerose proposte che sono state avanzate, negli anni, dagli studiosi del linguaggio, nessuna pare essersi imposta come specifico segno convenzionale; ciò significa che, nella maggior parte dei casi, chi legge un testo dovrà prestare particolare attenzione alle modalità con cui una certa punteggiatura, normalmente usata per significare altro, viene dosata e recuperata nel testo con precise finalità ironiche: il punto esclamativo, per esempio, potrà avere la funzione di enfatizzare un’espressione che, in base al contesto, non richiederebbe invece alcun risalto; i punti sospensivi sono utili per insinuare il dubbio, l’incertezza, in chi legge, e quindi per marcare l’ambiguità del discorso; l’impiego delle virgolette o del carattere corsivo possono, rispettivamente, funzionare anch’essi come indice di un proposito ironico.

Certamente significativi, nei romanzi di Delibes, sono quegli indizi che Schoentjes definisce come “palabras de alerta”140, ossia termini che mettono in allarme il lettore su una probabile doppia significazione; è vero anche che negli stessi dizionari è facile incontrare, accanto alla prima accezione di un vocabolo, l’eventuale significato ironico, che talvolta − dovuto a un fenomeno di lessicalizzazione − tende a predominare su quello primario. Pensiamo, per esempio, alle formule: “seguramente”, “por así decir”, “sin ninguna duda” (“Mis

138 Ivi, p. 138. Una totalità, aggiunge Schoentjes, che risulta evidente già in apertura di un romanzo: “[…] las primeras páginas de una obra son capitales para advertir la tonalidad básica: cuando la ironía aflora en este sitio de privilegio, es raro que no se mantenga en la continuación de la obra”, p. 148.

139 Cfr. a tal proposito l’utile lavoro di Serena FORNASIERO e Silvana TAMIOZZO GOLDMANN,

Scrivere l’italiano. Galateo della comunicazione scritta, Bologna, Il Mulino, 1994, pp. 43−49 (“Valore semantico della punteggiatura”).

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manos son inútiles para cualquier menester que no sea sujetar una pluma. De ahí que, mi primera aspiración, a raíz de jubilarme, haya sido aprender a hacer algo con las manos, sembrar y recolectar, pongo por caso, ya que para imponerme en otras industrias es seguramente demasiado tarde”141), o alla frequenza con la quale possono ricorrere i diminutivi (nella versione teatrale di Cinco horas con

Mario142 se ne incontrano, per esempio, una lunga serie: “chiquitín”, “igualito que dormido”, p. 777; “guapín”, p. 795; “curitas”, “asquito”, p. 794; “mismito”, p. 801). 143 Si tratta di alterazioni lessicali che marcano, in sostanza, un atteggiamento enigmatico del soggetto e un’ingannevole vicinanza emotiva; lo stesso valga per la particolarità di alcuni sostantivi, come “señor”, “amigo” (“señor Cura”, “señor Gobernador”144); gli aggettivi, spesso utilizzati in termini iperbolici: “incomparable”, “excelente”, “delicioso”, “listísimo”; gli avverbi: “bien”, “evidentemente”, “extraordinariamente”, “aparentemente” (“Por aquel entonces el hijo de mi naviero me regaló una preciosa corbeta encerrada en una botella. Aparentemente aquello era una contradicción. El hombre se resistía a admitir que primero que la corbeta hubiera existido la botella”145) e infine gli aggettivi possessivi, come “mi” o “nuestro” (“mi fiel amigo Baldomero Cerviño”146). Delibes ricorre frequentemente a questi espedienti e uno degli elementi che più caratterizzano la sua ironia è proprio la reiterazione di parole e sequenze, che non debilitano il discorso, non lo rendono ridondante, ma, al contrario, efficacemente mordace; quando, in Aún es de día, il narratore si riferisce all’amante di Aurora, l’intenzione è quella di mettere continuamente in risalto la sua ipocrisia e il suo egoismo, la sua totale indifferenza nei confronti dei sentimenti della ragazza, la quale, dopo essere rimasta incinta, viene da lui

141 Miguel DELIBES, Cartas de amor de un sexagenario voluptuoso, Barcelona, Destino, 1983, p. 73 (Il neretto è nostro).

142 La pièce viene prodotta da José Sámano e rappresentata per la prima volta al Teatro Marquina di Madrid il 26 novembre 1979, con la regia di Josefina Molina. L’edizione a stampa del dramma