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La comunicazione di apertura

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI (pagine 122-133)

LA PROCEDIMENTALIZZAZIONE DEI POTERI DEL DATORE DI LAVORO

III.2 Gli obblighi procedurali a carico del datore di lavoro

III.2.1 La comunicazione di apertura

Come segnalato, punto di partenza e di snodo della procedura è costituito dalla comunicazione preventiva dell‟intenzione di procedere a dei licenziamenti per rdp, atto da cui prende avvio la fase dell‟esame congiunto e della consultazione; si tratta dell‟atto più importante prima dei licenziamenti, la cui omissione impedisce di configurare una procedura di licenziamento collettivo211.

La legge pecca di chiarezza in quanto non specifica se, ai fini della validità della procedura, sia sufficiente la comunicazione alle sole r.s.a.

concretamente presenti in azienda, o sia necessario coinvolgere anche le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, a prescindere dalla presenza in azienda.

Punto di partenza certo è che la comunicazione va fatta a tutte le r.s.a212. L‟orientamento prevalente in giurisprudenza ritiene obbligatoria la comunicazione solamente ai sindacati che abbiano costituito le r.s.a.213.

211 Art. 4, comma 2, L. 223, la comunicazione deve essere inviata dal datore di lavoro, indipendentemente dal fatto che le decisioni riguardanti i licenziamenti siano prese dal datore o da un’impresa che lo controlli ( art. 4, comma 15-bis, l. 223, introdotto dall’art. 1, comma 3, d.lgs.

n. 151/97), alle r.s.a. costituite ai sensi dell’art. 19, Statuto dei Lavoratori, ed alle rispettive associazioni di categoria, o, in mancanza, a quelle aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale, nonché alle rsu, se costituite; la comunicazione in esame deve altresì essere inviata all’ufficio del lavoro (art. 4, comma 4, L. 223). L’atto unico della comunicazione deve essere contestuale (sulla contestualità, v. infra III.2.3).

212 Cass. 10.4.2003, n. 5698, in MGL, 2003, 486.

213 Trib. Milano 23.1.1997, in LG, 1197, 36; Pret. Napoli 23.12.1999, in RIDL, 1999, 411; Pret.

Milano 2.2.1999, in OGL, 1999, 225; Cass. 14.1.2005, n. 639, in RIDL, 2005, II, 950, ritiene non obbligatoria la comunicazione di apertura ad una rappresentanza sindacale “informale”, ossia non regolarmente costituita; in segno contrario, Pret. Milano 1.10.1992, in D&L, 1993, 88, sostiene che la comunicazione preventiva debba essere fatta a tutti, anche ai sindacati maggiormente

L‟esigenza è quella di far partecipare solo soggetti aventi rappresentatività in concreto214.

La comunicazione è a forma vincolata in quanto deve essere effettuata “per iscritto”215; tale requisito essenziale serve a rendere le associazioni sindacali compiutamente edotte della situazione aziendale che determina l‟intenzione di procedere ai licenziamenti per rdp, mettendole nella condizione di assumere iniziative o formulare proposte dirette ad evitare o attenuare gli effetti della crisi216. La legge nulla dispone sulle modalità di inoltro; l‟unica forma ammessa è quella scritta, in quanto si tratta dell‟atto iniziale di una rappresentativi che non hanno costituito r.s.a., onde non essere sanzionata la sua omissione come comportamento antisindacale; Pret. Milano 20.2.1996, in OGL, 1996, 201, che addirittura ritiene sufficiente la comunicazione ai sindacati maggiormente rappresentativi, anche se omessa nei confronti di una r.s.a..

214 Corte Cost. 26.1.1990, n. 30, in DPL, 1990, 513, risolve la questione se sia sufficiente la comunicazione solo alle rsu. affermando l‟inammissibilità per tali soggetti di disporre per contratto dei diritti e delle prerogative ex art. 19, Statuto dei Lavoratori.

215 Art. 4, comma 2, L. 223.

216 Cass. 5.6.2003, n. 6998, con commento di BONI, Licenziamenti collettivi e oneri procedurali:

verso una svolta giurisprudenziale, in RIDL, 2004, I, 104.

217 Pret. Roma 15.9.1995, in LG, 1995, 418.

218 Art. 4, comma 3, L. 223, il contenuto è immodificabile e consiste nell’indicazione de: “i motivi che hanno determinato la situazione di eccedenza; i motivi tecnici, organizzativi e produttivi, per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre rimedio alla predetta situazione ed evitare, in tutto o in parte, la dichiarazione di mobilità; il numero, la collocazione aziendale e i profili professionali del personale eccedente; i tempi di attuazione del programma di mobilità; le eventuali misure programmate per fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell’attuazione del programma medesimo”.

eccedente, ma di tutto quello abitualmente impiegato, nonché il metodo di calcolo di tutte le attribuzioni patrimoniali diverse da quelle già previste dalla legislazione vigente e dalla contrattazione collettiva219. L‟esplicitazione analitica degli elementi elencati all‟art. 4, comma 3, non solo consente di esaminare con chiarezza il rapporto di congruità tra situazione dell‟impresa, scelte dimensionali e tipologie dei rapporti di lavoro coinvolti nel licenziamento progettato, ma ha anche un effetto di

“autolimitazione” della procedura: si tratta, infatti, di coordinate quali-quantitative del progetto di licenziamento che permettono al datore di tipizzare le ragioni e gli effetti della scelta di procedere a licenziamenti per rdp220. Il datore deve prendere posizione sul perché dei licenziamenti collettivi, sul chi deve essere licenziato, sui tempi di attuazione e su cosa fare per diminuire l‟impatto sociale dei licenziamenti.

L‟esigenza di chiarezza iniziale è volta a favorire l‟effettiva partecipazione sindacale al processo decisionale dell‟impresa: dunque, in questa prima fase della procedura, i requisiti vanno intesi non come semplici raccomandazioni, ma come “veri e propri obblighi di allegazione preventiva, l‟inottemperanza dei quali si risolve in un inadempimento essenziale”221.

219 Art. 1, comma 1, lett. a e b, d. lgs. N. 151/97.

220 GAROFALO, CHIECO, Licenziamenti collettivi e diritto europeo, cit.

221 Cass. 18.11.1997, n. 11465, in RIDL, 1998, II, 627.

La legge, quindi, impone al datore di dare informazioni, sin dall‟inizio, serie, corrette, complete, precise e dettagliate: ogni carenza, pedissequa riproposizione della lettera legislativa, eccessiva genericità o mancanza di veridicità finisce sempre per determinare una violazione della procedura222. Tale soluzione giurisprudenziale denota una posizione rigidamente formalistica fondata sull‟esclusione, in sede di controllo giudiziale, di qualsiasi valutazione in ordine a profili giustificativi della decisione di procedere a dei licenziamenti per rdp.

Punto di domanda è se sia possibile superare la carenza di indicazioni circa gli elementi della comunicazione attribuendo rilievo ed efficacia sanante al riconoscimento delle parti, tramite l‟accordo, della effettuazione/regolarità della procedura. L‟orientamento prevalente risolve la questione in senso negativo, sottraendo la procedura sindacale alla disponibilità delle parti e configurando la comunicazione come un vero e proprio obbligo di allegazione preventiva, non sanabile a posteriori223. Conseguentemente, il non corretto adempimento dell‟obbligo informativo inciderebbe sulla validità dell‟accordo ugualmente concluso224. Un secondo orientamento si è rivelato più sensibile al profilo teleologico della normativa: la funzione informativa viene inquadrata nella logica di una gestione contrattata

222 Cass. 23.12.1996, n. 11497, in Foro it., 1997, I, 461; Cass. 15.11.2000, n. 14760, in GCM, 2000, 2323; Pret. Monza 31.1.1995, in D&L, 1995, 170; Cass. 7.9.2002, n, 13031, in GCM, 2002, 1642; Cass. S.U. 27.6.2000, n. 461, in RIDL, 2001, II, 144, che parla di duplice funzione delle garanzie procedimentali, in quanto ogni vizio della fattispecie comporta carenza o reticenza di notizie, ovvero un vizio della procedura.

223 Trib. Novara 23.4.2004, in RCDL, 2004, 419.

dell‟esubero, e non in prospettiva di una garanzia individuale dei dipendenti; le condizioni prescritte risulteranno appieno realizzate quando consentano all‟interlocutore sindacale di esercitare, in maniera consapevole e trasparente, un controllo effettivo sulla programmata rdp225. Nelle parole della Cassazione emerge uno spostamento dell‟attenzione sulla fase successiva alla comunicazione, ovvero sugli accordi raggiunti con il sindacato: il contenuto dell‟informazione è sufficiente che presenti connotati tali da consentire l‟apertura di un dialogo con il sindacato potendo, poi, trovare ulteriore sviluppo nel corso delle trattative. Tali posizioni cercano di conciliare il diritto all‟impugnativa del licenziamento, intimato in violazione delle procedure, riconosciuto al singolo lavoratore, con quello del sindacato a non essere delegittimato ogniqualvolta abbia raggiunto un accordo con la controparte datoriale226.

Comincia, allora, a diffondersi un‟impostazione sostanzialistica, in cui il fine ultimo avrebbe un peso maggiore della forma seguita per raggiungerlo:

un‟interpretazione che valuta ex post la correttezza ed adeguatezza

224 Cass. 29.7.2003, n. 11651, in MGL, 2003, 861.

225 Cass. 5.6.2003, n. 8998, in RIDL, 2004, II, 104.

226 BONI, Licenziamenti collettivi e oneri procedurali: verso una svolta giurisprudenziale?, cit., secondo cui la lettura funzionalistica della procedura si pone a garanzia della legittimità dei licenziamenti, in quanto realmente produttiva di un confronto tra le parti serio e corretto, la cui prova sia il raggiungimento dell‟accordo sindacale. Per valutare la completezza della comunicazione, non si pone un problema di sanatoria, che farebbe presupporre l‟esistenza di illegittimità comunque compiute, bensì un problema di rilevanza del successivo accordo al fine di apprezzare l‟adeguatezza della precedente comunicazione; è infondata la censura della sentenza di merito nella parte in cui afferma che “qualora l‟accordo sindacale sia raggiunto non sarebbe più obbligatoria la comunicazione […] e i recessi sarebbero validi ed efficaci anche se la comunicazione non vi fosse stata affatto”. La Corte non dice che l‟accordo sindacale sana anche la mancanza della comunicazione.

dell‟avvenuta comunicazione, escludendo l‟apprezzamento astratto frutto dell‟impostazione formalistica227.

La soluzione merita di essere condivisa nel momento in cui incentiva la gestione contrattata, lasciando più ampia autonomia alle parti, all‟interno di un sistema che sembra preferire l‟angolazione del controllo procedurale preventivo sull‟operazione imprenditoriale di ridimensionamento dell‟organico: infatti, l‟ostilità dei giudici ad interpretare le regole formali in maniera elastica deriva dalla costruzione della procedura come fattispecie a formazione progressiva, foriera di una naturale rigidità sul piano applicativo228.

Resta salva per il sindacato la possibilità di attivare il procedimento per la repressione della condotta antisindacale (art. 28, St. Lav.) in presenza di un comportamento in malafede229 o allorché siano fornite notizie inesatte, incomplete o parziali, o, ancora, venga opposto un immotivato rifiuto di integrazione del contenuto. La genericità o laconicità dell‟informazione o la non veridicità dei motivi costituiscono violazione della procedura a cui segue la “inefficacia” dei licenziamenti con la reintegrazione nel posto di

227 BONI, Licenziamenti collettivi e oneri procedurali: verso una svolta giurisprudenziale?, cit. Se prevarrà quest‟orientamento, d‟ora innanzi bisognerà prima vedere se le parti sono addivenute ad un accordo, poi valutare se vi è stata comunicazione, infine, soffermarsi sul contenuto della stessa;

prima, si verificava in primo luogo la coerenza della comunicazione con la puntualità dell‟elencazione di cui all‟art. 4, comma 3, e poi, eventualmente, si verificava se, a fronte di tali informazioni, si era potuti giungere ad un accordo.

228 MARINO, Procedure di consultazione sindacale nei licenziamenti collettivi e omissione delle formalità previste dalla legge, commento a Cass. 20.11.1996, n. 10187, in RIDL, 1997, II, 624.

229 VALLEBONA, Il licenziamento collettivo per riduzione di personale, cit.. secondo cui la buona fede deve essere reciproca, sicché l‟omissione od insufficienza va rilevata dai sindacati nel verbale del primo incontro, ma l‟infedeltà dell‟informazione non può essere rilevata prima che i

lavoro (v. infra III.4); d‟altra parte, la comunicazione non deve avere un contenuto neppure troppo specifico, altrimenti finirebbe con l‟individuare in anticipo i lavoratori da licenziare, ovvero finirebbe col non richiedere alcuna specificazione nel corso della procedura.

In merito al contenuto, si segnala come la legge faccia riferimento ai

“motivi” dei licenziamenti, i quali acquistano una rilevanza indiretta ma sono, comunque, oggetto di comunicazioni obbligatorie: in altre parole, pur restando al di fuori della fattispecie e non rilevando direttamente ai fini della legittimità del licenziamento, hanno valore decisivo in quanto oggetto della norma procedurale, la cui violazione comporta la reintegrazione nel posto di lavoro230. L‟obbligo datoriale di indicare, poi, già in tale sede, i motivi per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a porre

sindacati ne abbiano consapevolezza, il che può verificarsi anche nel corso della procedura o dopo la conclusione della stessa.

230 MISCIONE, I licenziamenti per riduzione di personale e la mobilità, cit., 343, il quale distingue tra motivi che determinano la rdp (abbandono/riduzione di produzioni dell‟impresa, introduzione di nuovi procedimenti tecnologici per produzioni in atto o nuove …), motivi tecnici (modifiche dell‟organizzazione aziendale del lavoro, inidoneità della struttura tecnica aziendale a consentire nuove e diverse produzioni, anche per ragioni di carattere economico-finanziario …), organizzativi (impossibilità/difficoltà di apportare modifiche all‟organizzazione aziendale o del lavoro, anche mediante trasferimenti/spostamenti del personale) e produttivi (pregiudizio dell‟attività e/o mancanza di convenienza economica di nuove o diverse produzioni); Pret. Genova 29.11.1993, in MGL, 1993, 676; Pret. Milano 22.6.1993, in FI, 1993, I, 2024, l‟informazione deve avere un minimo di concretezza idoneo a fornire un quadro della specifica situazione aziendale, con l‟indicazione di fatti specifici ed attuali comportanti la situazione di eccedenza, ma, al tempo stesso, non così analitici da impedirne ogni possibile discussione; RENDINA, In tema di procedura di mobilità e licenziamenti collettivi per riduzione di personale, in MGL, 1993, I, 493, secondo il quale non sembra che il contenuto possa estendersi fino a ricomprendere le motivazioni determinanti il mancato ricorso alla cig , che è uno strumento per fronteggiare la crisi aziendale dai presupposti diversi rispetto alla rdp; contra, Pret. Busto Arsizio 18.10.1993, in MGL, 1993, 493;

Pret. Roma 17.7.1992, in RIDL, 1993, II, 335, per cui l‟indicazione non deve essere tale da arrivare all‟esposizione dei programmi produttivi; Cass. 7.1.2009, n. 82, l‟assunto per cui la sufficienza della comunicazione viene valutata in relazione ai motivi della rdp, permette al datore di limitarsi all‟indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti suddivisi tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale occupato in azienda; Cass.

rimedio alla situazione di eccedenza, ha spinto la giurisprudenza a ritenere non sussistente la situazione legittimante il ricorso ai licenziamenti collettivi se, dall‟iter della consultazione sindacale, emerga la possibilità di evitarli a seguito dell‟individuazione, ad opera delle parti, di misure alternative231. Non è necessario indicare fin dall‟inizio tutte le possibili alternative, le quali possono essere trovate anche e soprattutto durante lo svolgimento della procedura232.

Gli obblighi di contenuto si semplificano quando il licenziamento collettivo avviene per cessazione dell‟attività; è, infatti, irrilevante la mancata indicazione, oltre che dei criteri seguiti per la riduzione di personale, anche delle ragioni per le quali non si fa ricorso a misure alternative o ad altre forme occupazionali233. In caso di apertura della procedura volta alla soppressione di un settore aziendale, è, invece, possibile omettere l‟indicazione dell‟impraticabilità di misure diverse dai licenziamenti,

13.1.2009, n. 505, la sufficienza deve necessariamente valutarsi altresì con riferimento alle misure proposte dall‟imprenditore per attenuare l‟impatto sociale dei licenziamenti.

231,Pret. Roma 6.4.1994, con commento di LAMBERTUCCI, Licenziamento collettivo illegittimo e relative sanzioni ,in RIDL, 1995, II, 425.

232 Cass. 7.9.2000, n. 11806, in FI, 2000, I, 3472, secondo cui gli accordi di dequalificazione (art.

4, comma 11, L. 223), in mancanza del tempo in cui sono ammessi, devono essere stipulati in qualunque momento, senza che sia necessario dichiarare immediatamente l‟alternativa; Cass.

20.3.2008, n. 7596, il riferimento è alle misure idonee ad evitare la messa in mobilità, misure per definizione legislativa “eventuali” e tipiche, come il part-time e, in generale, gli ammortizzatori sociali, che, dunque, non possono avere come riferimento la situazione della singola azienda:

cosicché risulta sufficiente esporre le ragioni per cui, nel preciso contesto aziendale, non siano praticabili le misure cui più frequentemente ed efficacemente si ricorre per evitare la dichiarazione di esubero del personale.

233 TATARELLI, Il licenziamento individuale e collettivo: lavoro privato e pubblico, cit., 428, secondo cui l‟indagine deve essere diretta a verificare l‟effettività della scelta, al fine di escludere che il datore possa aggirare il diritto dei lavoratori alla prosecuzione del rapporto, simulando la cessazione in vista della cessione dell‟azienda, o per riprenderla altrove o con altra denominazione.

soltanto quando si tratti della cessazione di un ramo autonomo d‟azienda234. Nel caso di trasferimento d‟azienda, invece, la previsione dell‟informazione dei motivi, essendo finalizzata alla loro consultazione, non deve indurre a ritenere sindacabile l‟atto di trasferimento: non a caso l‟informativa è circoscritta a quei motivi che determinano conseguenze giuridiche, economiche e sociali per i lavoratori, e alle misure previste nei loro confronti235.

La concreta definizione di istituti e misure di sostegno dei lavoratori in esubero è lasciata alla piena libertà dei singoli ordinamenti: una responsabilizzazione forte dell‟impresa si realizza in quei sistemi (francese, tedesco, spagnolo …) in cui si prevede, a pena di illegittimità della procedura, la predisposizione di un piano sociale, ovvero un piano di misure alternative e/o sociali di accompagnamento che consenta la ricollocazione dei lavoratori, all‟interno o all‟esterno dell‟impresa, o ne favorisca la riqualificazione: si va da indennità particolari per i lavoratori (specificamente connesse, nell‟ordinamento inglese, alla causa del licenziamento) agli incentivi alle dimissioni, dalla mobilità territoriale alle riduzioni dell‟orario di lavoro.

234 PANAIOTTI, Obblighi procedurali in materia di licenziamenti collettivi per cessazione di un ramo d’azienda, cit., a tale ipotesi si estende quanto affermato in merito alla chiusura totale: il datore di lavoro può assolvere l‟adempimento de quo facendo riferimento alle soluzioni alternative disponibili nella contingenza, senza che sia necessario confrontarsi con tutti i tipi di misure astrattamente possibili.

235 SANTORO PASSARELLI, Trasferimento d’azienda e rapporto di lavoro, cit., 42.

L‟art. 4, comma 3, è stato modificato dall‟art. 8, L. 236/94, di conversione del D.L. 148/93. L‟art. 8, comma 1, lascia invariata la prima parte della norma in esame; essa ha il compito di chiarire che le disposizioni economiche contenute nella normativa riservata alla mobilità si applicano anche ai licenziamenti collettivi non preceduti da messa in Cig, intimati da imprese soggette alla disciplina della Cigs. Nella L. 223 era previsto che tali imprese avrebbero dovuto sostenere un onere economico uguale a quello accollato alle stesse in caso di attivazione della procedura di mobilità; ora è invece stabilito che il contributo previsto dall‟art. 5, comma 4, L. 223 (pari a sei volte il trattamento mensile iniziale, ridotto a tre in caso di accordo sindacale) è dovuto dalle imprese di cui all‟art. 16, comma 1, L. 223, nella misura di nove volte il trattamento iniziale di mobilità236. Una copia del versamento deve essere inviata alla Direzione del Lavoro presso la Regione.

Inizialmente era necessario allegare una copia della ricevuta del versamento all‟Inps del contributo d‟ingresso: si trattava di un onere procedurale condizionante la legittimità dei licenziamenti, che impediva, però, i licenziamenti regolari effettuati da imprese prive della disponibilità finanziaria a pagare il contributo e, soprattutto, impediva la maturazione dell‟indennità di mobilità per i lavoratori. Ecco, allora, che l‟art. 8, comma 8, L. 236/93, ha disposto, in maniera retroattiva, che il pagamento del

236 NAPOLI, Le nuove disposizioni in materia di licenziamenti collettivi e di mobilità, in RGL, 1999, I, 181. La nuova disposizione intende aggravare la posizione dell‟impresa, rientrante nel campo di applicazione della Cigs., che ricorra ai licenziamenti collettivi senza accordo sindacale,

contributo non influisce sulla regolarità della procedura: il mancato versamento della mensilità alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno non comporta la sospensione della procedura di mobilità né la perdita, da parte dei lavoratori interessati, del diritto a percepire l‟indennità237.

rispetto alle imprese che vi ricorrano a seguito della messa in Cig. Le differenze scompaiono in presenza di un accordo sindacale.

237 Pret. Modena 16.7.1994, in RIDL, 1995, II, 691, quella che era una condizione di procedibilità degrada, quindi, a mera possibilità, in quanto favorisce il ricorso delle imprese alla mobilità anche quando queste si trovino in una difficoltà finanziaria che impedisce di assolvere al pagamento di tale onere economico. La violazione di tale obbligo non incide sull’efficacia dei licenziamenti.

III.2.2 L’esame congiunto e la fase amministrativa: la

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