L’INDIVIDUAZIONE DELLA FATTISPECIE LEGALE
II.2 L’autonomia della fattispecie: licenziamento collettivo
e licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo
La fattispecie del licenziamento per rdp, così come configurata dall‟art. 24, L. 223, presenta molte analogie con il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo. Infatti le cause integrabili il licenziamento per rdp, “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”, sono analoghe alle “ragioni inerenti all‟attività produttiva, all‟organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”, ex art. 3, L. 604 del 1966.
Dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il g.m.o. ricorra non solo quando viene modificata la componente materiale dell‟organizzazione (come, ad esempio, la riduzione delle mansioni per introduzione di macchinari o la cessazione di attività), ma anche quando la modifica investa la sola organizzazione personale (soppressione delle attività svolte dai dipendenti licenziati, scorporo verso l‟esterno dei loro compiti, oppure redistribuzione delle loro mansioni al personale rimasto in servizio), anche solo incidenti sull‟estensione temporale dell‟attività (passaggio da tempo pieno a part-time o viceversa, ad esempio). Si tratta, dunque, di una decisione datoriale che comporta un intervento puramente
quantitativo o anche qualitativo sulle dimensioni occupazionali dell‟impresa140.
Prima della L. 223, il sistema riservava la tutela legale al licenziamento individuale; come segnalato (vedi supra, cap. 1), l‟imprenditore aveva la facoltà di scegliere tale tipo di licenziamento assumendosi l‟onere della prova del g.m.o. (con conseguente dimostrazione della oggettiva individuazione ed inutilizzabilità dei lavoratori licenziati). Pur in presenza dei presupposti sostanziali, non vi era, dunque, un dovere per il datore che ritenesse conveniente evitare la procedura sindacale di intimare un licenziamento collettivo141. La situazione cambia profondamente con l‟introduzione di una definizione legale di licenziamento collettivo per rdp, intimato come tale, sempre se ne ricorrano gli estremi, a pena di inefficacia per la mancata osservanza delle relative procedure. Si tratta di una fattispecie costruita, come visto, su due livelli. Innanzitutto, l‟individuazione di una motivazione oggettiva espressione dell‟intenzione imprenditoriale, costituita dai seguenti elementi: requisiti soggettivo-dimensionali dell‟impresa, numero dei recessi, arco temporale ed ambito spaziale. Ad un secondo livello, il coinvolgimento di interessi individuali dei lavoratori: la L. 223, pure prefigurando una causale di rilievo collettivo,
140 Per una completa ricostruzione degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, si veda per tutti CARINCI MARIA TERESA, Il giustificato motivo oggettivo, Cedam, 2005.
141 VALLEBONA, Il licenziamento collettivo per riduzione di personale, cit.
non prevede, alla fine della procedura, un singolo atto di licenziamento, bensì una scomposizione in singoli atti di recesso142.
La fattispecie è individuata, quindi, sia in negativo per la sottrazione di tutte le ragioni non inerenti alla persona del lavoratore, sia in positivo per l‟addizione di soglie spazio-numerico-temporali. La latitudine della definizione normativa ha, sin da subito, consentito un‟interpretazione lata ed omogenea del requisito causale rispetto alla limitrofa ipotesi del g.m.o.:
è dunque sul piano dei presupposti di legittimazione di entrambe le ipotesi di recesso che si rinvengono le analogie oggetto di indagine. La nozione di licenziamento collettivo si muove necessariamente sul piano della giustificatezza oggettiva e, dunque, su un piano di equivalenza rispetto alla nozione di licenziamento individuale per g.m.o. In passato, si riteneva, invece, che l‟indipendenza fra le due ipotesi derivasse proprio dalla loro giustificazione causale: distinzione ontologica. L‟autonomia delle due fattispecie si ricavava dalla circostanza che le esigenze aziendali, ex art. 3, L. 604, consentirebbero l‟immediata individuazione del lavoratore da licenziare, laddove, alla decisione di riduzione e/o trasformazione corrisponderebbe la soppressione di un certo numero e tipo di posti di lavoro, per la cui specificazione è necessario il ricorso al filtro dei criteri di
142 CARABELLI, Licenziamenti per riduzione di personale, cit., parla di una somma di licenziamenti di singoli individui; non necessariamente deve trattarsi di una causale collettiva che riguardi più lavoratori posto che, nel caso in cui l‟impresa si trovi in Cigs, la rdp potrebbe riguardare anche un solo dipendente.
scelta143. Tale differenza è stata ritenuta priva di fondamento logico, in quanto anche nel caso del licenziamento per rdp le esigenze dell‟impresa sono finalizzate all‟individuazione, seppure non nominativa, dei lavoratori eccedenti, in relazione ai profili professionali investiti dalla modifica organizzativa: il ricorso ai criteri di scelta impone “solo” la considerazione di ulteriori elementi ai fini di un ampliamento dello spettro di soluzioni possibili144.
Ora, nel nuovo quadro, l‟indipendenza deriva, invece, dalla diversa rilevanza “oggettiva” sociale del licenziamento per rdp, individuata mediante i suddetti indici presuntivi145.
La ricostruzione sistematica che meglio delinea il rapporto che intercorre fra i due istituti in questione è offerta da Del Punta attraverso una metafora geometrica146. Ci troviamo di fronte a due cerchi non concentrici, ovvero le due ipotesi di recesso, che si intersecano parzialmente e nei quali la parte
143 Cass. 18.12.1984, n. 6618, in Giur. It., 1985, I, I, 701; Cass. 6.12.1985, n. 6158, in OGL, 1987, I, 201; Cass. 26.5.1989, n. 2533, in OGL, 1990, 4, 192.
144GAROFALO M.G., Eccedenze di personale e conflitto: profili giuridici, in AIDLASS, Licenziamenti collettivi e mobilità, cit., 44; CARABELLI, Licenziamenti per riduzione di personale, cit., il quale esclude l‟assolutezza di tale distinzione quando, ad esempio, l‟operazione di scelta dei lavoratori da licenziare nell‟ambito di una rdp potrebbe risultare inutile ove tali lavoratori siano già concretamente ed inevitabilmente individuabili sulla base delle decisioni economiche dell‟impresa; contra, VALLEBONA, Il licenziamento collettivo per riduzione di personale, cit.
145 Cass. 15.1.2003, in NGL, 2003, 409; Cass. 4.3.2000, n. 2463, in Dir. e Giust., 2000, 11, 28; Cass.
6.7.2000, n. 9045 con nota di SALOMONE, Licenziamenti collettivi: gli obblighi di forma nella comunicazione del recesso al lavoratore e il controllo sulla giustificatezza dei motivi, in RIDL, 2001, II, 574, la distinzione si fonda su elementi di tipo quantitativo, senza dare rilievo a quelli qualitativi; qualsiasi licenziamento dovuto a ragioni non inerenti alla persona del lavoratore viene ricompreso: sono esclusi il licenziamento per inadempimento del lavoratore (ovvero, per giusta causa o giustificato motivo soggettivo) e quelli dovuti a sopravvenuta impossibilità della prestazione non imputabile al lavoratore.
146 DEL PUNTA, Sul superamento dell’autonomia ontologica del licenziamento collettivi, in I licenziamenti collettivi, cit.
comune è proprio data dal requisito causale, mentre nelle parti comunicanti stanno, da un lato, il g.m.o. (ovvero la possibile rilevanza di “altre” ragioni tecniche, organizzative e produttive), dall‟altro lato, i criteri di scelta147. Sino a quando si rimane sul piano della procedura la distinzione può tranquillamente ancorarsi al dato quantitativo, indice della rilevanza sociale dell‟evento; ma se è in gioco il regime di validità dell‟atto e, dunque, la struttura ed il contenuto del controllo sullo stesso, il motivo torna prepotentemente in gioco.
Bisogna partire da una premessa: nel nostro ordinamento manca una regola generale che impone la necessità di una causa giustificatrice adeguata a qualsiasi tipo di recesso datoriale: l‟art. 3, L. 604, per quanto sottolinei l‟importanza dell‟obbligo di comunicazione, e del conseguente sindacato giudiziale del licenziamento individuale, è pur sempre una norma che specifica il proprio ambito di operatività, con relative esclusioni, dunque inidonea a porre un principio generale. Ecco, allora, che la questione è se debba parlarsi di un controllo giudiziale circa la sussistenza di una sorta di g.m.o. collettivo (e cioè sull‟esistenza di “ragioni …”, art. 3, L. 604), o se, in nome di un‟autosufficienza del sottosistema normativo che regola la mobilità, si possa proporre un‟utilizzazione ulteriore del requisito causale ex art. 24, o meglio se si possa parlare di un controllo sulla ricorrenza
147 CARABELLI, Licenziamenti per riduzione di personale, cit., il quale ritiene che sarebbe stato più opportuno, anziché richiamare i criteri di scelta, fare riferimento ai requisiti, diversi da quello causale, così analiticamente disciplinati nella L. 223.
effettiva di una causale collettiva148. In altre parole, la questione è se la L.
223 si sia limitata a ribadire per il licenziamento collettivo la necessità di un g.m.o. in senso proprio, o se abbia introdotto delle regole diverse.
Secondo un primo orientamento, acausale, le locuzioni ex art. 24, L. 223, ed ex art. 3, L. 604, alluderebbero alla modifiche dell‟organizzazione in sé per
sé considerate; tali modifiche costituirebbero in positivo elementi di giustificazione, quindi soggetti al vaglio del giudice. La L. 223 avrebbe sostituito al controllo giudiziale ex-post, proprio del g.m.o., il controllo sindacale ex ante: il licenziamento per rdp è un recesso ad nutum la cui proceduralizzazione è funzionale al solo controllo sindacale, ovvero, la validità/efficacia del recesso non è “toccata” dall‟assenza di ragioni giustificatrici149. Un secondo orientamento, causale, afferma che le locuzioni in esame non alluderebbero alle modifiche organizzative in sé per sé, ma, piuttosto alle ragioni che ne sono alla base: e il giudice dovrebbe verificare non solo l‟effettività della riorganizzazione, ma anche l‟ammissibilità, serietà e rilevanza delle motivazioni datoriali addotte150. Entrambe le posizioni hanno, comunque, permesso di affermare come il
148 LIEBMAN, La mobilità nel lavoro nella l. 223/91: tendenze della prassi applicativa, cit., 125.
149 Cass. 27.6.2000, n. 461, in RIDL, 2001, II, 144; Cass. 27.5.1997, n. 4685, in DL, 1997, 171;
Cass. 13.6.2000, n. 419, in LG, 2001, 242; Cass. 11.5.2000, n. 302, in Giust. Civ., 2000, I, 2917, il giudice, se può controllare il rigoroso rispetto della procedura e dei criteri di scelta, non può indagare sull‟effettività della decisione datoriale di riorganizzazione.
150 Cass. 21.10.1999, n. 11794, e Cass. 14.10.2000, n. 13727, entrambe in Juris Data, 2006; Cass.
7.12.1999, n. 13691, in FI, 2000, I, 2842, in caso di scioglimento per cessazione dell‟attività, un sindacato sulle ragioni a monte è escluso e la discussione è limitata all‟effettività della scelta imprenditoriale; in caso di riduzione/trasformazione la verifica, invece, riguarda l‟effettività, gravità e serietà delle ragioni determinanti e dunque il grado di relazione rispetto alla riorganizzazione ed ai licenziamenti.
licenziamento collettivo per rdp non possa essere una semplice articolazione del licenziamento per g.m.o., nel momento in cui la legge ne sancisce la tipicità della fattispecie: il licenziamento collettivo si configura, allora, quale istituto unitario ed autonomo qualificato da un elemento quantitativo che sottolinea la rilevanza sociale dell‟istituto stesso e la peculiarità della disciplina.
La questione, allora, diventa un‟altra: capire il contenuto del potere di licenziamento per g.m.o. allorquando il provvedimento di recesso si inserisca in una programmata rdp; o meglio, che cosa accade se, dopo dei licenziamenti intimati per g.m.o., si verifica il raggiungimento, a posteriori, delle soglie ex L. 223151. La ricostruzione giurisprudenziale precedente alla L. 223 aveva mostrato i suoi limiti quando, di fronte ad un licenziamento collettivo ingiustificato o per il quale non era stata seguita la procedura, non riuscendo ad individuare sanzioni adeguate, aveva inventato la figura del licenziamento plurimo per g.m.o., nel quale detto licenziamento veniva convertito, agli insoliti fini dell‟applicazione di una normativa, l‟art. 11, L.
604, che sanciva l‟esclusione del licenziamento per rdp152(vedi supra, cap.
I). In realtà, il termine e l‟istituto della conversione venivano utilizzati in maniera distorta, in quanto ci si trovava piuttosto di fronte ad una scappatoia giurisprudenziale tesa a ricondurre alcuni licenziamenti,
151 TOPO, I poteri dell’imprenditore nelle riduzioni di personale, cit., 71 e ss.
152 Cass.18.10.1982, n. 5396, in RIDL, 1983, II, 483; Cass. 2.9.1987, n. 5384, in RIDL, 1987, II, 593; Cass. 2.3.1988, n. 2215, in DPL, 1998, 298, dal mancato rispetto delle regole procedurali si
qualificati come collettivi, sotto il controllo causale del licenziamento per motivi oggettivi ma individuale153.
Parte della giurisprudenza, una volta entrata in vigore la L. 223, ha cominciato a valorizzare l‟art. 24, comma 1, ultima periodo, affermando che il criterio cui fare ricorso è quello dell‟unicità dell‟evento di riduzione o trasformazione; tale criterio deve, dunque, assumere rilevanza oggettiva e deve essere verificabile dal giudice154. Chi ha sostenuto l‟orientamento causale, invece, ha offerto una soluzione che, senza attribuire rilievo all‟unicità/duplicità dell‟evento, considera idoneo e sufficiente, ai fini della qualificazione di un licenziamento come collettivo, il raggiungimento delle soglie155. Va da sé, allora, che i licenziamenti riconducibili ad una scelta di ridimensionamento, inferiori alla soglia numerica, ricadono nell‟ambito della clausola generale del g.m.o156.
deduceva la trasformazione del licenziamento collettivo in una sommatoria di licenziamenti individuali.
153 Cass. 26.7.1990, n. 7540, in DPL, 1991, 63; ALESSI, Il licenziamento collettivo per riduzione di personale: fattispecie e disciplina, in RGL, 1995, I, 230, secondo il quale l‟obiettivo era, nel caso di carenza dei presupposti sostanziali, garantire l‟applicazione della tutela prevista nella L.
604 e nell‟art. 18, L. 300/70.
154 Trib. Milano 29.9.1999, in D&L, 2000, 147; Pret. Milano 20.1.1999, in D&L, 1999, 320, riferiscono la richiesta unicità dell‟evento riduttivo alla modifica organizzativa in sé per sé considerata; Pret. Milano 22.2.1993, in OGL, 1993, I, 442; Trib .Milano 15.3.1994, in OGL, 1994, I, 98, l‟unicità si intende riferita alle ragioni che hanno determinato la modifica organizzativa;
CERRETTA, Elemento numerico-temporale del licenziamento collettivo e criteri di scelta (comm.
Pret. Frosinone 17.2.1995), in DL ,1995, II, 379., secondo il quale diverso è il caso in cui alle esigenze organizzative si collega anche l‟interesse alla soppressione di specifiche posizioni di lavoro, mediante licenziamento per g.m.o, e, simultaneamente, all‟esigenza e /o scelta gestionale di riduzione dell‟attività produttiva e di lavoro si collega l‟interesse alla riduzione percentuale di posizioni dei lavoratori eccedenti il fabbisogno, mediante licenziamento collettivo. Preferibile è la configurazione di un licenziamento unitario per rdp, con la necessità, però, di attribuire, nell‟applicazione, poi, dei criteri di scelta, prevalenza a quello attinente alle esigenze produttive.
155 Pret. Milano 18.2.1993, in OGL, 1993, I, 444. Anche per i sostenitori della tesi del recesso ad nutum l‟unico criterio rilevante è quello quantitativo.
156 Pret. Cagliari 25.9.1995, in RFI, 1996, voce Lavoro (rapporto) n.1273.
Le esposte difficoltà di coordinamento sistematico tra i due tipi di recesso sono, in realtà, proprie del nostro ordinamento157; tuttavia, l‟autonomia concettuale e giuridica della fattispecie ex art. 24 può essere facilmente recuperata sul piano dell‟inosservanza delle procedure: inosservanza autonomamente colpita con l‟inefficacia del licenziamento e l‟applicazione della sanzione della reintegrazione, ex art. 18, L. 300158.
157 SPINELLI, I licenziamenti per riduzione di personale: un’analisi comparata, cit., 547 e ss., gli altri sistemi europei, infatti, hanno adottato un assetto normativo fondato sulla lineare distinzione tra licenziamento per motivi soggettivi e per motivi oggettivi dando rilevanza, nell’ambito della seconda categoria, al licenziamento collettivo, al fine di ricollegarvi l’applicazione di una tutela procedurale.
158 MORA, Commento sub art.11, l. n. 604 del 1966, in GALANTINO, La disciplina dei licenziamenti individuali e collettivi, Commentario alle leggi 604/66 e 108/90, Torino, Giappichelli, 186.
II.3 La nozione ex art. 4: il collocamento in mobilità dei
lavoratori eccedenti. Cenni
La regolamentazione dei licenziamenti collettivi deriva dalla giustapposizione di un ulteriore nucleo normativo, collocato negli artt. 4 e ss., capo I, titolo I, L. 223/91 (rubricato “norme in materia di mobilità“).
L‟ipotesi ex art. 4 ricorre nel caso di licenziamenti posti in essere nel corso dell‟intervento straordinario della Cassa integrazioni a causa di una sopravvenuta definitività dell‟eccedenza di personale: la legge parla di
“collocamento in mobilità” dei lavoratori nel caso in cui “l‟impresa ritenga di non essere in grado di garantire il reimpiego, e di non poter ricorrere a misure alternative”159.
Si tratta di un‟ulteriore definizione della medesima fattispecie sostanziale (più recessi unilaterali per riduzione o trasformazione di attività o di lavoro), che costituisce altresì termine di rinvio per l‟applicazione della procedura, qui prevista, per l‟ipotesi ex art. 24. Ci troviamo, allora, di fronte ad un nucleo di norme che disciplina la procedura che il datore deve seguire per pervenire alla dichiarazione di mobilità; tale procedura, nella sequenza prefigurata dalla legge, contrassegna, però, solamente la seconda fase di un processo di ristrutturazione aziendale che ha già comportato il ricorso alla
159 Art. 4, comma 1.