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La disciplina normativa e l’ambito applicativo

Nel documento UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI (pagine 168-183)

I CRITERI DI SCELTA

IV.2 La disciplina normativa e l’ambito applicativo

L‟operazione che conduce alla scelta dei lavoratori da licenziare è successiva alla definizione della reale portata quantitativa della riduzione di personale: questa prima decisione organizzativo-gestionale, che postula la descritta partecipazione sindacale, costituisce, infatti, la cornice entro cui definire, poi, i criteri di individuazione dei dipendenti da espellere dal processo produttivo. Dunque, una volta definita l‟entità dei licenziamenti e prima di giungere ai provvedimenti finali, si inserisce l‟ulteriore passaggio dell‟applicazione, in concorso tra loro, dei criteri legali o dell‟individuazione, in via contrattuale, di diversi criteri selettivi: si tratta di una fase della procedura di importanza decisiva, in quanto rappresenta il momento unico di tutela del lavoratore per la verifica del comportamento datoriale. Da un lato, si hanno, quale punto di partenza, le posizioni lavorative eccedenti sulla base e alla luce delle quali l‟azienda ritiene di dover aprire la procedura di mobilità, dall‟altro lato, a conclusione della procedura ed al termine del procedimento di selezione, si avranno i

nominativi dei lavoratori destinatari del provvedimento espulsivo.

Il compito di individuare i singoli lavoratori da licenziare e di comunicare loro il provvedimento di recesso è di esclusiva competenza del datore:

“l‟individuazione […] deve avvenire, in relazione alle esigenze tecnico-produttive ed organizzative del complesso aziendale, nel rispetto dei criteri

previsti dai contratti collettivi stipulati con i sindacati di cui all‟art. 4, comma 2, ovvero, in mancanza di questi contratti, nel rispetto dei seguenti criteri, in concorso tra loro: a) carichi di famiglia, b) anzianità, c) esigenze tecnico-produttive ed organizzative”309.

La disciplina dei criteri di scelta è nuova in senso relativo(v. supra I.1)310. Sul piano storico, la previsione di tali criteri ha rappresentato il primo tentativo del movimento sindacale di porre dei limiti lato sensu giuridici all‟arbitrio datoriale relativo alla scelta dei licenziandi, attraverso la creazione di un sistema di garanzie sostanziali che, stante l‟inattaccabilità della scelta pregiudiziale, ha tentato di porre un argine all‟uso discriminatorio della fattispecie del licenziamento per rdp e di assicurare l‟obiettività delle singole scelte.

Si tratta, senza dubbio, di una delle questioni più delicate tra quelle derivanti dalla disciplina in esame: la delicatezza emerge dal fatto che la scelta concreta del lavoratore da licenziare evidenzia non solo una contrapposizione tra le esigenze produttive dell‟impresa e l‟interesse del dipendente al mantenimento del posto, ma anche l‟antagonismo che, inevitabilmente, nasce fra gli stessi lavoratori311. Il contenuto dei criteri è

309 Art. 5, comma 1, L. 223.

310 DEL PUNTA, I criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi e nella cassa integrazione guadagni, cit., 775, parla di una nuova disciplina sia perché la vecchia disciplina non era propriamente legale, bensì prodotta dalla stratificazione tra l‟accordo interconfederale del 1950 ed il successivo Accordo del 1965, con efficacia limitata alle imprese industriali firmatarie dei contratti collettivi di categoria; sia perché i criteri legali sono sostanzialmente gli stessi dell‟Accordo del 1965.

311 DEL PUNTA, I criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi e nella cassa integrazione guadagni, cit., secondo cui i criteri devono considerarsi parte integrante del nesso di

legato ai reali bisogni dell‟impresa, così come determinati dalla sua collocazione nel sistema economico-produttivo e dalla congiuntura del momento storico: emerge un‟esigenza di contemperamento tra la datoriale autonomia decisionale, costituzionalmente garantita, in merito alle scelte economiche e la possibilità di incidere sulle scelte stesse, così realizzando la tutela dei lavoratori.

Le norme di legge che individuano il rispetto di criteri oggettivi e salvaguardano la diversità delle sostanziali posizioni lavorative sono espressione/attuazione di alcuni principi costituzionali: dall‟art. 41, comma 2, Cost., in base al quale l‟iniziativa economica non si può svolgere in contrasto con l‟utilità sociale o in modo da recar danno alla dignità umana, all‟art. 3, Cost., che impone di trattare situazioni uguali in modo uguale e situazioni diverse in maniera corrispondente alla diversità. Il processo decisionale subisce, dunque, in virtù della necessità di tener conto di tali interessi antagonistici, un‟ulteriore complicazione: si parla di limiti interni (coerenza e ragionevolezza) e limiti esterni (il corretto esercizio della libera iniziativa economica privata, la compatibilità con quei programmi di legge volti a coordinare il complesso di attività economiche con obiettivi di natura sociale, il divieto di atti discriminatori e gli obblighi di correttezza e buona

causalità che lega il fatto giustificativo addotto al singolo recesso; nell‟ipotesi specifica del licenziamento per rdp si rende necessaria una diretta comparazione orizzontale tra le rispettive posizioni e qualità dei lavoratori, con un sostanziale conflitto di interessi in merito a chi licenziare;

è pertanto necessaria una procedura che non lasci alcun margine di discrezionalità al datore, e ciò si realizza attraverso l‟oggettivazione dei criteri ed una loro applicazione tale da escludere qualsiasi predeterminazione nella scelta.

fede)312. Innanzitutto, occorre chiarire le finalità della norma. L‟originario progetto dell‟impresa, costruito dalla legge su pilastri obiettivi (analisi economiche e valutazioni sulle prospettive della struttura produttiva), incontra nello specifico processo selettivo le situazioni di ciascun lavoratore: in altre parole, la norma in esame fa emergere una serie di elementi, come anzianità/carichi di famiglia, che appartengono ad una dimensione soggettiva, esterna al rapporto di lavoro313. Tali elementi vengono elevati al rango di criteri selettivi, parametri da interpretare ed applicare seppure con valutazioni di merito e suscettibili di verifica giudiziale: il giudice è chiamato a stabilire in positivo se la selezione ed il ragionamento datoriali siano stati coerenti rispetto ai canoni prefissati. L‟art. 5, quindi, esprime la propria preferenza per un‟intesa metodologica314 costituita dal doppio passaggio della fissazione dei canoni di giudizio e della successiva concreta selezione: solo così si può offrire adeguata risposta al problema

dell‟imparzialità della scelta (v. infra IV.1)315. La disponibilità collettiva del catalogo dei criteri non deve indurre, tuttavia,

a trascurare il valore imperativo dello schema della giustificazione della

312 TOPO, I poteri dell’imprenditore nelle riduzioni di personale, cit., 38 e ss.

313 Cass. 27.2.1979, n. 1270, cit., sottolinea, invece, la natura oggettiva delle esigenze tecniche.

314 CERRETTA, Elemento numerico-temporale del licenziamento collettivo e criteri di scelta, cit., 381, il passaggio dall‟individuazione delle posizioni eccedenti all‟indicazione dei singoli lavoratori da collocare in mobilità deve essere determinato dall‟adozione di criteri con caratteri di obiettività e generalità, verificabili attraverso la puntuale specificazione di come i criteri sono stati applicati e tali da procedere ad una selezione del personale occupato nel settore interessato dalla rdp, nel cui ambito possa addivenirsi, alla stregua di meccanismi controllabili (ad esempio, il ricorso a graduatorie), alla concreta individuazione.

scelta: la formula testuale per cui l‟individuazione dei lavoratori “deve avvenire nel rispetto dei criteri …” significa che, a prescindere dai criteri concretamente applicabili, il lavoratore ha diritto ad un equo procedimento di selezione, sulla base di più criteri concorrenti, preventivamente stabiliti.

Ne consegue che nel licenziamento collettivo, a differenza del licenziamento per g.m.o. ancorché plurimo, l‟identità dei licenziandi non è necessariamente nota nella fase iniziale, ma emergerà solo quando la scelta organizzativa produrrà i propri riflessi sul personale, indistintamente considerato ed individuato in base ai criteri316.

Uno dei principali nodi da sciogliere riguarda la delimitazione dell‟ambito di riferimento per l‟applicazione dei criteri. L‟ambito aziendale è individuato dal parametro oggettivo delle ragioni che hanno determinato il licenziamento collettivo attraverso la localizzazione delle esigenze aziendali che si sono manifestate.

La prima questione riguarda il duplice riferimento alle esigenze dell‟impresa. L‟individuazione dei lavoratori da licenziare richiede un duplice passaggio: la focalizzazione dell‟ambito dei lavoratori interessati dal licenziamento per rdp, ambito più o meno ampio a seconda dei caratteri

315 Pret. Bologna 6.4.1992, in RIDL, 1992, II, 1012.

316 TATARELLI, Il licenziamento individuale collettivo: lavoro privato e pubblico, cit., 441, secondo il quale la preferenza per la disciplina collettiva si spiega in virtù della migliore conoscenza che le parti sociali hanno della realtà dell‟impresa in crisi e del mercato del lavoro di riferimento, conoscenza che può giovare sia ai lavoratori in ordine alla possibile rioccupazione dei soggetti più forti sia all‟azienda ai fini del recupero di competitività ed efficienza; D‟ANTONA, Commento all’art. 5, cit., 928, il quale ritiene che, nel momento in cui si sancisce la disponibilità della materia dei criteri, la norma fissa al tempo stesso l‟inderogabilità dello schema del procedimento di selezione.

della “riduzione o trasformazione di attività o di lavoro”, e poi, all‟interno di tale ambito, l‟applicazione concreta dei criteri. I primi commentatori della legge n. 223 hanno messo subito in evidenza come il criterio delle esigenze aziendali giochi, nei due suinidicati contesti, un ruolo diverso: nel primo prova l‟oggettiva ragionevolezza della delimitazione della cerchia in cui possono avvenire i licenziamenti, nel secondo, in concorso con gli altri criteri, prova l‟oggettiva ragionevolezza della scelta del singolo lavoratore317. Tale criterio costituisce il nesso di causalità che deve legare la decisione di procedere a licenziamenti per rdp con quella di licenziare un

certo numero di lavoratori entro uno specifico ambito aziendale318. La seconda questione riguarda l‟individuazione specifica dell‟ambito di

comparazione. Quest‟aspetto era già stato oggetto di intenso dibattito prima dell‟entrata in vigore della legge n 223: nel periodo di vigenza dell‟Accordo

317D‟ANTONA, Commento all’art. 5, cit., 934; LISO, La nuova legge sul mercato del lavoro: un primo commento, in LI, 1991, 11; PERA, I licenziamenti collettivi, in GC, 1992, II, 213;

FOCARETA, I criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi, in RGL, 1992, 331, secondo cui il primo riferimento serve, non solo alla rilevazione del nesso di causalità, ma anche alla delimitazione dell‟ambito aziendale e professionale nel quale effettuare la comparazione tra i lavoratori; CORAZZA, Ambito di comparazione e criteri di scelta: osservazione sulla coerenza degli accordi ex art. 5, l. n. 223/91, commento a Cass. 10.6.1999, n. 5718, in RIDL, 2000, II, 192, distingue nettamente la fase di predeterminazione dell‟ambito spaziale dalla definizione dei singoli criteri. La prima fase concretizza il momento riduttivo dell‟organizzazione aziendale ed è posta in relazione alle esigenze dell‟intero complesso: è qui che occorrerà tener conto dell‟intera forza lavoro occupata in azienda per valutare la fungibilità dei lavoratori nelle singole porzioni dell‟impresa, ed è in questo momento che le richieste organizzative e produttive vengono finalizzate alle prospettive di rivitalizzazione del corpo imprenditoriale. Al termine di tale fase, il datore deve necessariamente giustificare la determinazione dell‟ambito spaziale; Cass. 18.11.1997, n. 11465, in RIDL, 1998, II, 627, sottolinea come l‟ambito in cui operare la scelta è causalmente collegato alle ragioni addotte a motivo dell‟eccedenza di personale.

318 Cass. 24.3.1998, n. 3133, e Cass. 23.3.1998, n. 3057, entrambe in MGL, 1998, 456; Cass.

24.1.2002, n. 809, in NGL, 2002, 233, e Cass. 3.4.2002, n. 4736, in OGL, 2002, I, 593; Cass.

12.8.2009, n. 18253, “l‟operazione imprenditoriale diretta a ridimensionare l‟organico si scompone […] nei singoli licenziamenti […]entro una cerchia di soggetti delimitati dal “nesso di causalità, ossia dalle esigenze tecnico produttive ed organizzative …”, in altre parole, una riesumazione del profilo causale dei licenziamenti collettivi dato per defunto nelle sentenze

del 1965 si erano, infatti, fronteggiati due orientamenti, uno portatore dell‟idea che la selezione dovesse effettuarsi con riguardo all‟intero organico dell‟impresa319, l‟altro dell‟idea che la comparazione dovesse essere operata tra i soli lavoratori addetti alle singole unità produttive oggetto del ridimensionamento320.

La diversità di opzioni interpretative si ripresenta nel momento in cui l‟art.

5 riferisce le esigenze aziendali al “complesso aziendale”. Una prima notazione: la legge n. 223 subordina l‟applicabilità della disciplina in essa contenuta ad alcuni requisiti tra cui la presenza di almeno 15 dipendenti abitualmente occupati: il computo viene posto in relazione all‟impresa nel suo complesso, e non invece all‟unità produttiva, nozione più vicina a quella di stabilimento utilizzata nella Dir. 75/129 (v. supra II.1.3); di qui una serie di difficoltà, dettate dalle continue trasformazioni della fisionomia dell‟organizzazione aziendale ed economico-produttiva, nell‟individuare in maniera univoca l‟ambito d‟applicazione all‟interno del quale considerare, ancora prima, il numero dei dipendenti che apre l‟accesso alla procedura legale. La delimitazione del personale a rischio deve avvenire, come si diceva, in relazione al complesso aziendale; l‟art. 5 si limita ad effettuare un‟estensione dell‟area di riferimento che, se da un lato valorizza il principio di solidarietà sociale, dall‟altro lato, però, agevola il datore

relative agli obblighi procedurali.

319 Pret. Milano 29.12.1982, in OGL, 1983, 732; Trib. Milano 17.11.1982, in L80, 1980, 233; Trib.

Ferrara 8.1.1986, in LPO, 1986, 2230.

320 Cass. 11.2.1989, n. 853, in LPO, 1990, 330; Cass. 1.6.1983, n. 3750, in GC, 1984, I, 1257; Pret.

permettendogli di esercitare un più ampio potere discrezionale321; l‟indicazione legislativa che rimanda al complesso aziendale sarebbe collegata ad una migliore possibilità di selezionare i lavoratori che dovrebbero essere considerati più forti nel mercato322, e, al tempo stesso, costituirebbe una maggiore garanzia contro scelte discriminatorie323. In questa prospettiva rileva sia il concetto di impresa nel suo complesso, sia quello di singola unità produttiva, sia quello di sede dell‟organizzazione non imprenditoriale, sia quello di reparto/ufficio/stabilimento, a seconda dell‟esigenza di ridimensionamento/riorganizzazione.

Occorre, a questo punto, considerare le diverse ipotesi che possono concretamente verificarsi.

Qualora la rdp coinvolga l‟intera azienda, in quanto sia determinata dalla necessità di fronteggiare una crisi implicante una generica riduzione dei costi, o sia stata programmata una mera riduzione dei lavoratori, nulla quaestio324: la selezione dovrà avvenire nell‟ambito di tutta la struttura aziendale.

Reggio Emilia 22.1.1991, in DPL, 1991, 1563.

321 D‟ANTONA, Commento all’art. 5, cit., 934, secondo il quale la selezione non può essere dal datore ristretta a piacere, a questo o a quel reparto o gruppo; la scelta dell‟ambito, se più limitata dell‟intero complesso aziendale, va motivata con onere a carico del datore, sulla base delle esigenze tecnico-produttive ed organizzative.

322 FOCARETA, I criteri di scelta dei lavoratori nei licenziamenti collettivi, in RGL, 1992, 341;

VENTURA, Licenziamenti collettivi, in EGT, vol. XIX, 1990, 28.

323 DIAMANTI, L’ambito di applicazione dei criteri di scelta in materia di licenziamento collettivo, commento a Cass. 24.1.2002, n. 809, in RIDL, 2002, II, 910.

324 Cass. 10.6.1999, n. 5718, in FI, 1991, I, 2528; Cass. 4.11.1997, n. 10832, in RGL, 1998, II, 225; Pret. Milano 11.1.1993, in RIDL, 1994, II, 114; Cass. 24.1.2002, n. 809, cit.; Cass. 3.4.2002, n. 4736, cit.

Tuttavia, può verificarsi il caso che il progetto di ristrutturazione si riferisca in modo esclusivo ad una sola unità produttiva o che, comunque, oggetto di soppressione/ristrutturazione sia un singolo reparto, settore o ramo inserito in una più ampia articolazione produttiva325. In tal caso, occorre, innanzitutto, fare una premessa. Per un verso l‟espressione “complesso aziendale” si riferisce ad un dato organizzativo che, nel corso del tempo, può subire modificazioni quali-quantitative; per altro verso, l‟ambito di riferimento della selezione è un dato originario, insuscettibile di subire, nel corso della procedura, allargamenti o limitazioni geografiche: né il datore unilateralmente né le parti sociali convenzionalmente possono modificare l‟ambito, in quanto si altererebbe il nesso oggettivo che intercorre tra le ragioni riconducibili alla “trasformazione o riduzione di attività o di lavoro”

e il singolo licenziamento326.

Partendo da queste considerazioni, una parte della giurisprudenza ha ritenuto che l‟applicazione dei criteri possa essere ristretta in un ambito più limitato solo se la predeterminazione del campo di selezione sia giustificata dalle specifiche esigenze che hanno dato luogo ai licenziamenti per rdp: si è

325 Cass. 9.9.2993, n. 13182, in NGL, 2004, 232; Cass. 15.2.2001, n. 2188, in Foro it., 2001, I, c.

1566; Cass. 26.9.2000, n. 12711, in Mass. Giur. It., 2000, accomunano, tutte, all‟unità produttiva il settore aziendale.

326 RIGANò, L’accordo sindacale sui criteri di scelta nei licenziamenti collettivi, cit., 197, secondo cui, allargando la base di riferimento, sarebbe lesa o forse impedita la realizzazione del programma aziendale, mentre, restringendola, si produrrebbe un‟ingiustificata lesione dell‟interesse dei lavoratori alla conservazione del posto.

parlato, in tal senso, di una vera e propria deroga alla regola generale del complesso aziendale327.

Tuttavia, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale che, sulla base di un‟interpretazione letterale del dato normativo, accoglie la tesi per cui è necessario porre a confronto tutti i lavoratori che svolgono identiche mansioni, indipendentemente dal loro livello di inquadramento contrattuale, a meno che la comparazione sia resa impraticabile dall‟eterogeneità delle specifiche professionalità in capo agli addetti ai reparti non coinvolti328. In altre parole, la comparazione può essere limitata ad una singola struttura

327 Cass. 22.4.2005, n. 8474, in MGI, 2005; Cass. 26.9.2000, n. 12711, cit., secondo cui una deroga è possibile solo in riferimento a casi specifici, ove sussista una diversa e motivata esigenza aziendale, altrimenti diverrebbe possibile finalizzare i criteri di scelta ad esigenze imprenditoriali non esclusivamente tecnico-produttive e all‟espulsione di elementi non graditi al datore, senza concrete possibilità di difesa da parte degli interessati; Cass. 2.11.2008, n. 26376, “è illegittima la decisione unilaterale dell‟imprenditore di limitare la scelta all‟unità produttiva da sopprimere o ridurre, qualora non sussistano oggettive esigenze tecnico-produttive. Diversamente occorrerà ricomprendere nella procedura di mobilità tutti i dipendenti.”; Cass. 12.5.2006, n. 11034, in LG, 2006, 12, 1229, “in caso di licenziamento collettivo per soppressione di una singola unità produttiva, la scelta dei lavoratori in esubero può essere limitata ai dipendenti ad essa addetti.”;

Cass. 17.2.1999, n. 1335, in MGL, 1999, 421, laddove l‟organizzazione del lavoro sia tale da far emergere in modo chiaro una suddivisione in settori e la ristrutturazione/riduzione coinvolga in modo evidente soltanto uno di essi, difficilmente il computo dei dipendenti potrà avvenire a un livello macro-aziendale, prevedendo, quindi, che la scelta vada operata reparto per reparto; Cass.

10.6.1999, n. 5718, cit., ciò che fa la differenza è la sottolineatura dell‟esaustività e dell‟esclusività delle esigenze che possono portare ad una deroga eccezionale al riferimento all‟intero complesso aziendale; Cass. 10.5.2003, n. 7169, in RIDL, 2004, II, 158, richiede la prova in concreto che il piano di ristrutturazione coinvolga in modo esclusivo ed esaustivo un solo settore; Cass.

23.3.1998, n. 3057, con commento di MARRA, Sui requisiti della pattuizione collettiva in materia di criteri di scelta nei licenziamenti collettivi, in RIDL, 1999, II, 200, l‟accordo sindacale ben può riferirsi ai soli addetti ad un settore dell‟azienda, ad una sola categoria di lavoratori, o ai soli lavoratori già in Cigs; Cass. 4.11.1997, n. 10832, con commento di DI CROCE, Ambito di applicazione dei criteri di scelta nei licenziamenti collettivi, in RGL, 1998, II, 227; Cass. 9.9.2003, n. 13182, in NGL, 2004, 232; Cass. 15.10.2002, n. 14616, in DPL, 2002; Cass. 19.5.2005, n.

10590, in MGL, 2006, 52.

328 Cass. 10.7.2000, n. 9169, in BL, 2001, 48, 3702; Cass. 13.7.1998, n. 6867, in RIDL, 1999, II, 390; Pret. Milano 1.8.1994, in DL, 1994, 833; Cass. 9.6.1993, n. 6418, in MGL, 1993, 484; Cass.

4.11.1997, n. 10832, cit., secondo cui, qualora i licenziamenti siano diretti allo sfoltimento di prestatori che svolgono compiti fungibili, sarà necessario operare la comparazione fra tutti i dipendenti dell‟impresa, anche se occupati in diverse unità produttive, poiché, in tal caso, la riduzione non sarà strumentale o diretta ad uno specifico ambito, ma esclusivamente numerica;

Pret. Perugia 12.12.1992, in GC, 1993, I, 1360.

solo quando in essa non esistano professionalità suscettibili di utilizzazione negli altri reparti nei quali l‟attività prosegue, o meglio, quando i lavoratori ad essa addetti ricoprano professionalità infungibili con quelle disimpegnate in analoghe strutture aziendali329. Ratio legis è che il confronto avvenga tra tutti i lavoratori addetti all‟unità produttiva in cui il reparto è inserito e che svolgano mansioni omogenee330. Si comprende come occorra una relativa omogeneità delle situazioni oggetto della selezione331, a presidio della sua coerenza, altrimenti l‟applicazione dei criteri perderebbe di significato: il riscontro dell‟omogeneità delle posizioni lavorative non può che passare attraverso una generale cernita delle competenze e professionalità impiegate in azienda332, per giungere alla formazione di una vera e propria graduatoria di tutti i dipendenti. La selezione deve dunque avvenire per fasce omogenee di professionalità333, concetto, quest‟ultimo, da accertarsi per ogni realtà

329 Cass. 10.5.2003, n. 7169, in MGL, 1998, n. 4-5, 692; Cass. 3.4.2002, n. 4736, cit.; Cass.

22.6.1999, n. 6357, in RIDL, 2000, II, 189; Cass. 11.3.2005, n. 5353, “la scelta[ …] comporta una comparazione fra tutti i lavoratori che svolgono mansioni fungibili, e non può essere limitata agli addetti ad un singolo ufficio”; Cass. 14.5.2007, n. 11034, cit.; Cass. 3.5.2006, n. 10198, “in caso di riduzione del personale, la soppressione di un reparto non è sufficiente a giustificare il licenziamento dei lavoratori ad esso addetti, se la loro professionalità consente di utilizzarli in altri settori”; Cass. 3.11.2008, n. 26376.

330 Cass. 15.1.2001, n. 2188, in RGL, 2001, II, 62; Trib. Milano 8.9.1993, in RIDL, 1994, II, 580;

Pret. Torino 30.4.1992, in GPiem, 1993, 194; contra, Pret. Bologna 6.4.1992, in RIDL, 1992, II, 1021, secondo cui è legittima, in fase di selezione dei lavoratori eccedenti, la predisposizione di tante graduatorie quante sono i settori di produzione; Cass. 4.2.1998, n. 1150, con commento di

Pret. Torino 30.4.1992, in GPiem, 1993, 194; contra, Pret. Bologna 6.4.1992, in RIDL, 1992, II, 1021, secondo cui è legittima, in fase di selezione dei lavoratori eccedenti, la predisposizione di tante graduatorie quante sono i settori di produzione; Cass. 4.2.1998, n. 1150, con commento di

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