LA PROCEDIMENTALIZZAZIONE DEI POTERI DEL DATORE DI LAVORO
III.1 I soggetti della procedura
Da una prima lettura della L. 223 emerge, evidente, la centralizzazione del ruolo del controllo del sindacato sulla scelta datoriale di procedere a dei licenziamenti per rdp, controllo realizzato mediante la predisposizione di una procedura di informazione/consultazione scandita rigidamente nei tempi, nelle forme e nei contenuti essenziali. Il controllo procedurale sindacale si rivela il punto di forza del modello di tutela configurato nella legge in esame fondato su uno “scambio” tra più libertà di iniziativa economica e più contropotere sindacale178.
La disciplina dei licenziamenti collettivi persegue, nel complesso, l‟obiettivo di ridurre i sacrifici derivanti, per la collettività degli occupati, da un provvedimento di ristrutturazione aziendale con connessa riduzione
178 DEL PUNTA, La legge 223/91 e i licenziamenti collettivi: un primo bilancio teorico, cit.
della forza lavoro179. La soddisfazione di esigenze sociali e solidaristiche non può che passare attraverso la considerazione degli interessi dei lavoratori, ovvero una valutazione delle loro situazioni individuali; la configurazione dell‟assetto di interessi in gioco parte dunque dalla definizione di un interesse collettivo180 che, però, progressivamente implode nel corso, appunto, delle procedure di gestione delle eccedenze e dei licenziamenti, frammentandosi al suo interno. La necessità di tener conto delle istanze sociali del fenomeno del licenziamento per rdp ha fatto sì che fosse individuata nella contrattazione collettiva, e non nella legge, la fonte regolativa idonea, in quanto più flessibile.
Lo strumento prioritario per la realizzazione dell‟obiettivo di un equo contemperamento tra l‟interesse imprenditoriale e quello dei lavoratori è offerto, allora, dalle norme procedurali le quali, devolvendo una serie di competenze gestionali alle OO. SS. e rafforzando la posizione contrattuale delle stesse nel quadro del conflitto collettivo, hanno fatto da contrappeso all‟allentamento del controllo sulla giustificazione causale dei licenziamenti collettivi, insito nella stessa legge n. 223: l‟accentuazione del ruolo garantistico del procedimento è tale da trasformare l‟adempimento degli
179 Cass. 9.9.2000, n. 11875, in FI, I, 3100.
180 SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1983, 25, secondo il quale
"l'interesse collettivo è l‟interesse di una pluralità di persone a un bene idoneo a soddisfare un bisogno comune".
obblighi procedurali in requisito che possiamo, fin da ora, definire esclusivo della validità dei licenziamenti collettivi181.
La norma fondamentale in materia di procedura di mobilità è l‟art. 4 che contiene la descrizione dell‟iter procedurale, composto da comunicazioni, esami congiunti e consultazioni finalizzati alla conclusione di un accordo tra datore di lavoro e OO. SS. volto ad evitare, o quantomeno a ridurre i licenziamenti per rdp attraverso la predisposizione di misure alternative. Si tratta di un vero e proprio sostegno al potere negoziale dei soggetti sindacali, un potere di codeterminazione della gestione dell‟eccedenza, tanto ampio da potersi configurare come autorizzativo (tramite il suddetto accordo di presa d‟atto dei licenziamenti collettivi) di una forte riduzione del contributo di mobilità gravante sulle imprese: si realizza così un efficace raccordo fra la tutela collettiva ed il regime sostanziale del singolo atto di recesso, raccordo garantito, come si vedrà, dall‟immediata incidenza del vizio procedurale sulla legittimità del negozio risolutorio.
Una tutela efficace dell‟interesse collettivo e, in via mediata, di quello individuale può essere garantita solo da un processo decisionale trasparente182. (v. infra III.2).
181 Per una ricostruzione giurisprudenziale della questione DE LUCA TAMAJO, BIANCHI, D‟URSO, Licenziamenti individuali e collettivi nella giurisprudenza di Cassazione, Giuffrè, 2006.
182 MARIUCCI, Poteri dell’imprenditore, rappresentanze sindacali unitarie e contratti collettivi, in DLRI, 1995, secondo il quale ciò pone il problema del fondamento delle prerogative datoriali, che richiede la dimostrazione dell’esistenza di un potere direttivo di gestione sull’organizzazione produttiva, o meglio, dell’attribuzione di rilevanza giuridica ad una posizione autoritaria alla quale ricondurre le fattispecie tipiche di amministrazione del rapporto di lavoro: solo cosi è possibile qualificare tutti i comportamenti nei quali si realizza l’impresa, e, dunque, limitarli.
L‟attenzione ed il controllo giudiziale hanno, allora, cominciato a focalizzarsi non sulle scelte organizzative a monte, bensì sul comportamento procedurale del datore. È la Costituzione, all‟art. 41, comma 1, ad escludere che sia in gioco la sindacabilità nel merito della scelta di procedere a licenziamento per rdp; è la L. 223 ad imporre la correttezza della procedura quale elemento costitutivo di validità della fattispecie di rdp.
La centralità della procedura pone uno dei punti più delicati della disciplina in esame, ovvero l‟individuazione dei soggetti collettivi legittimati a stipulare l‟accordo; la fase sindacale della procedura presenta, infatti, problemi legati alla precarietà del nostro sistema di rappresentanza sindacale, nel momento in cui si incontrano delle difficoltà a conciliare una cooperazione così avanzata di certi soggetti collettivi nei meccanismi istituzionali preposti alla gestione delle crisi aziendali, con le irrisolte carenze di legittimazione dei soggetti medesimi183.
A tale riguardo la normativa comunitaria mostra tutta la sua “apertura”
quando identifica come titolari dei diritti di informazione e consultazione “i rappresentanti dei lavoratori”, come “previsto dal diritto o dalla pratica in vigore negli stati membri”184. Il rinvio al diritto nazionale, però, presuppone
183 DEL PUNTA, La legge 223/91 e i licenziamenti collettivi: un primo bilancio teorico, cit.
184 Art. 1, comma 1, lett. b, Dir. 75/129.
l‟esistenza, in ogni Stato Membro, di un meccanismo di rappresentanza adeguato al contenuto ed alle finalità della procedura di consultazione185. La legge richiama le rappresentanze sindacali aziendali186 e le relative associazioni di categoria, e, in mancanza di queste, i sindacati aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. A seguito dell‟accordo trilaterale sul costo del lavoro, del 23 luglio 1993, le parti contraenti hanno riconosciuto come rappresentanti dei lavoratori nelle singole unità produttive le rappresentanze sindacali unitarie187, organismi unitari regolati dall‟intesa quadro tra le confederazioni CGIL, CISL e UIL del 1.3.1991188.
I diritti di informazione non sono, tuttavia, attribuiti esclusivamente alle r.s.a., ma anche alle associazioni di categoria alle quali le rappresentanze aderiscono189. Su richiesta delle r.s.a. e delle rispettive associazioni, l‟esame congiunto circa le ragioni del licenziamento per rdp può procedere “tra le parti”190, dove per “parti” si intendono sia le rappresentanze sindacali costituite nell‟unità produttiva, sia le associazioni esterne alle quali le
185 ARRIGO, Il diritto del lavoro dell’Unione Europea, Giuffrè, cit. La direttiva non impone agli Stati Membri di prevedere una rappresentanza specifica.
186 D’ora in avanti r.s.a per rappresentanze sindacali aziendali.
187 D‟ora in avanti rsu per rappresentanze sindacali unitarie.
188 Lo stesso accordo, da un lato, sottolinea la possibile persistenza di realtà aziendali nelle quali continuano ad operare le r.s.a.,dall’altro lato, prevede che il passaggio dalla disciplina delle r.s.a a quella delle rsu avvenga a parità di trattamento legislativo e contrattuale: si deduce che le r.s.u.
godono delle stesse prerogative all’informazione ed alla consultazione: la rsu subentra alla r.s.a.
“nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali” (art. 4, parte I, accordo interconfederale 20 dicembre 1993), nonché “nella titolarità dei poteri e dell’esercizio delle funzioni” attribuite dalla legge (art. 5, parte I, Accordo 20.12.1993).
189 Art. 4, comma 2, L. 223.
190 Art. 4, comma 5, L. 223.
rappresentanze aderiscono; nel caso in cui i lavoratori non abbiano costituito delle rappresentanze, soggetti legittimati sono, infine, le associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale191.
Tale meccanismo non solo conferisce alle rappresentanze dei lavoratori la legittimazione a partecipare alla trattativa, ma attribuisce, in assenza della rappresentanza aziendale, specifiche prerogative ad un soggetto, l‟organizzazione esterna maggiormente rappresentativa, privo di legami con i lavoratori interessati dal licenziamento per rdp192. Si pone, allora, il problema, tutto interno all‟ordinamento inter-sindacale, della necessità o meno del consenso di tutte le OO. SS. che abbiano ricevuto dal datore di lavoro la comunicazione relativa al licenziamento per rdp. C‟è chi ha affermato che la procedura possa essere chiusa solamente con l‟accordo di tutti i soggetti che l‟hanno aperta, ovvero di tutte le r.s.a. e rispettive OO.
SS. che hanno chiesto all‟impresa l‟esame congiunto193.
La regola dell‟unanimità dei consensi, che troverebbe riscontro nella norma della legge n. 223 riferita “ai contratti collettivi stipulati con i sindacati,
191 Pret. Milano 26.6.1997, in OGL, 1997, il coinvolgimento del sindacato esterno all‟azienda diviene necessario solo quando siano del tutto assenti le r.s.a.
192 Si tratta di un sistema che non riproduce in alcun modo il contenuto dell‟accordo interconfederale del 1965, il quale aveva delineato una progressiva espropriazione della rappresentanza interna dalla gestione dei fenomeni di rdp.
193 D‟ANTONA, I licenziamenti per riduzione di personale nella l. 223/1991, cit., secondo cui condizione basilare di ogni procedura codeterminativa sarebbe la legittimazione generale, e non meramente associativa, dei rappresentanti dei lavoratori, al fine di evitare di esporsi al rischio di accordi collusivi.
unitariamente intesi”194, impone al datore un obbligo di negoziare, unitariamente appunto, con tutte le OO. SS. qualificate che, legittimamente, ne facciano richiesta. Tuttavia, la tesi dell‟unità obbligatoria del soggetto collettivo (ovvero un soggetto che comprenda tutte le rappresentanze sindacali eventualmente esistenti nell‟unità produttiva) è, da alcuni autori, messa in discussione: la legge, infatti, da un lato, non condiziona in nessuno ambito l‟efficacia e lo stesso svolgimento della trattativa alla partecipazione di tutti i soggetti legittimati, dall‟altro lato, non consente al datore una selezione della controparte, favorendo la più ampia rappresentanza degli interessi dei lavoratori. In altre parole, si ritiene ammissibile, nel corso della trattativa, l‟intervento di OO. SS. precedentemente rimaste inerti, ovvero, si esclude che la partecipazione ed il consenso di tutte le OO. SS. alle quali siano state inviate le informazioni sul licenziamento per rdp costituiscano un requisito di validità dell‟accordo195.
L‟alternativa prospettata è stata quella dell‟applicazione del principio di maggioranza, desunto dall‟art. 39 della Cost. o dai principi generali dettati per le formazioni sociali a decisione collegiale: l‟accordo stipulato anche da una sola organizzazione sindacale, purché rappresentativa della
194 Art. 4, comma 2, L. 223.
195 DE MARCHIS, Chi sceglie chi nei licenziamenti collettivi, in RGL, 1994, II, 667. Vi è pure la posizione di chi ritiene valido il consenso di anche una sola organizzazione qualificata: si tratta di una soluzione, comunque, inidonea, per alcuni autori a giustificare la prevalenza data al consenso di un‟organizzazione rispetto al dissenso di altre parimenti rappresentative, e che, per di più, affermando la validità di un “accordo separato” anche in presenza di forme conclamate di dissenso, nega alla radice la costruzione in termini indivisibili dell‟interesse collettivo.
maggioranza dei lavoratori iscritti, sarebbe pienamente valido196. Tale soluzione dovrebbe comportare una partecipazione diretta dei membri della comunità di lavoro, ciascuno dei quali avrebbe l‟onere di attivarsi ai fini della formazione di un‟unica volontà collettiva a base assembleare idonea ad incidere sul singolo rapporto. Anche tale orientamento, comunque, appare poco convincente per due ragioni. La prima attiene alle difficoltà connesse al concetto di “comunità dei lavoratori”, il quale postula dei rapporti trasversali con la presenza di una pluralità di prestatori collegati individualmente al datore di lavoro, sulla base del singolo contratto; la seconda ragione attiene al riferimento, contenuto nella L. 223, alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. Ciò significa che la regola della maggioranza opererebbe non sul piano aziendale, bensì su quello nazionale, riferito all‟intera categoria dei lavoratori197 (v. infra IV.3.1).
La soluzione, allora, è ancora una volta da rinvenire nei dati normativi.
Innanzitutto, sia l‟art. 19, St. Lav, che gli accordi che regolano la costituzione delle rsu, presuppongono a monte la capacità rappresentativa di
196 DEL PUNTA, I licenziamenti collettivi, cit.; MISCIONE, I licenziamenti, cit.; ANDREONI, Commento sub art. 5, in PERSIANI (a cura di), Commentario alla l. 23 luglio 1991, n. 223, in NLCC, 1994, 939.
197 MANGANIELLO, Legge e autonomia collettiva nella disciplina dei criteri di scelta per riduzione di personale: la Consulta introduce il controllo di ragionevolezza, commento a Corte Cost. 30.6.1994, n. 268, in RIDL, 1995, II, secondo cui il legislatore, menzionando accanto alle r.s.a. le rispettive associazioni di categoria, ha comunque voluto investire queste ultime della procedura, rendendo insostenibile il riferimento ad una rappresentatività esclusivamente a livello aziendale; il rischio e la conseguenza sono rappresentati dalla possibilità di riconoscere efficacia generalizzata ad un accordo nazionale stipulato dalle tre confederazioni anche in aziende in cui le stesse organizzazioni abbiano pochissimi iscritti.
tali soggetti sindacali, il cui accertamento è garantito dalla previsione di criteri selettivi. In secondo luogo, la L. 223 fa discendere l‟effetto generalizzato dalla semplice esistenza di un accordo stipulato da soggetti che vengono preventivamente ed astrattamente selezionati, e ritenuti istituzionalmente idonei a svolgere le funzioni previste dalla legge stessa, a prescindere dalla loro effettiva capacità rappresentativa: ciò che conta è l‟esistenza di un accordo, stipulato da soggetti selezionati a priori ed in astratto (e non sulla base di fattori specifici della situazione in cui si realizza l‟accordo)198. Si tratta di una legale presunzione assoluta della rappresentatività del soggetto stipulante che si misura con la concreta capacità di concludere l‟accordo, a cui la legge, solo formalmente, collega effetti generalizzati199.
La rilevanza sociale del fenomeno del licenziamento per rdp coinvolge anche l‟interesse tipico dei pubblici poteri al governo del mercato del lavoro e, più in generale, dell‟economia: infatti, da un lato, la natura collettiva del
198 MANGANIELLO, Legge e autonomia collettiva nella disciplina dei criteri di scelta per riduzione di personale: la Consulta introduce il controllo di ragionevolezza, Corte Cost. 30.6.1994, n. 268, in RIDL, 1995, II, 240. L’organizzazione stipulante viene presuntivamente individuata dalla legge come l’unica in grado di rappresentare gli interessi collettivi dell’intero gruppo professionale di riferimento, sia esso l’azienda o la categoria.
199 SPINELLI, I licenziamenti per riduzione di personale in Europa: un’analisi comparata, Cacucci, 2001, 550. Che il profilo più delicato sia proprio l‟individuazione dei soggetti da informare e consultare è confermato dall‟eterogeneità delle soluzioni adottate da altri ordinamenti europei: da quello inglese, che “individuava” la controparte sindacale solo nel sindacato riconosciuto in quanto tale dal datore di lavoro e che, prima della sent. CGCE 8.6.1994, cause 382/92 e 383/92, lasciava, anzi, l‟imprenditore libero di decidere se confrontarsi o meno col sindacato, a quello spagnolo che individua gli interlocutori sia nelle rappresentanze unitarie dei lavoratori sia nei rappresentanti sindacali, a quelli francese e tedesco dove referenti dell‟imprenditore sono gli organismi aziendali di rappresentanza dei lavoratori, fino a quello belga che, in assenza del comitato di impresa e della delegazione sindacale, richiede la consultazione diretta degli stessi lavoratori..
licenziamento ha un evidente impatto sui livelli occupazionali, dall‟altro lato, le riduzioni dell‟attività produttiva influenzano l‟assetto economico complessivo. Si tratta, dunque, di interessi trasversali che comportano l„attribuzione, nelle battute finali della procedura, di funzioni precipue anche ad organi amministrativi: un ruolo che va oltre la funzione mediatoria se solo si pensi alla posizione del Ministero del Lavoro, chiamato a vigilare sulla correttezza del confronto sindacale e, al tempo stesso, ad erogare le risorse pubbliche necessarie a fronteggiare la situazione di crisi aziendale.