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Conceptual fluency

Nel documento Breaking through complexity (pagine 56-60)

1.4 La processing fluency

1.4.2 Conceptual fluency

Fino a questo momento la trattazione si è focalizzata prettamente sulle conseguenze della

perceptual fluency, ma la natura del processo di fluency non è limitata solo a quest’ultima; effetti paralleli possono essere osservati anche per la cosiddetta conceptual fluency. Per esempio, Tversky e Kahneman 1973 (1973, p. 208) propongono che gli individui spesso effettuano i loro giudizi basandosi sulla “facilità con cui gli esempi o le associazioni

affiorano alla mente”; alla luce di tale prospettiva, uno stimolo che viene elaborato dal



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Tuttavia, anche se una precedente esposizione può favorire sia la perceptual che la

conceptual fluency, i due tipi di fluency sono due fenomeni strettamente distinti. Mentre

infatti, la perceptual fluency si verifica quando l’elaborazione e la codifica dello stimolo viene favorita dalle caratteristiche dello stimolo stesso (Bornstein e D’Agostino, 1994; Jacoby et al. 1989; Janiszewski 1988, 1990, 1993; Shapiro, 1999), la conceptual fluency è associata ai casi in cui l’elaborazione e la codifica dello stimolo vengono favorite non già dalle sue caratteristiche, bensì dal suo significato (Shapiro 1999; Shapiro, MasInnis, and Heckler 1997; Whittlesea 1993).

Il primo esperimento che ha esaminato direttamente l’influenza della conceptual fluency

sulle valutazioni è stato condotto da Whittlesea (1993, Esperimento 5). Nel suo studio, la

fluency con cui una parola target poteva essere elaborata è stata manipolata attraverso il

suo inserimento in un contesto semantico che poteva essere prevedibile o meno (“il mare

burrascoso rovesciava la barca” vs. “il mare burrascoso lanciava la lampada”). L’ultima

parola inserita nel contesto presumibile (barca) veniva pronunciata più velocemente rispetto alla parola inserita nel contesto poco verosimile (lampada). Il risultato è stato che, nel momento in cui ai partecipanti è stato chiesto quanto piacessero loro le parole target

(barca o lampada), quelle semanticamente predittive (barca) sono state valutate più favorevolmente rispetto alle parole non predittive (lampada), confermando dunque la tesi che gli stimoli ad alto contenuto semantico generano delle valutazioni più positive rispetto agli stimoli neutri. Sfortunatamente lo studio di Whittlesea (1993) non chiarisce se le preferenze per le parole target siano effettivamente influenzate dalla presenza della

fluency nel contesto predittivo, oppure dalla sua assenza nel contesto non predittivo, o da

entrambi.

Al fine di fugare tali dubbi sono stati condotti alcuni esperimenti volti a testare il ruolo della conceptual fluency in relazione ai giudizi affettivi degli individui (Lee & Labroo, 2004). Il primo esperimento ha avuto l’obiettivo di esaminare gli effetti del processo di

fluency sulle valutazioni dei soggetti e di scartare le spiegazioni alternative sugli effetti della conceptual fluency riportate da Whittlesea (1993). A tal proposito è stata adottata la medesima procedura usata da Whittlesea (1993), ossia, sono state usate delle parole comuni come stimoli target, cercando di analizzare sia la perceptual che la conceptual fluency. Al fine di esaminare l’effetto della perceptual fluency, è stata presentata ai partecipanti una frase, seguita subito dopo da una parola, che poteva essere identica



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oppure differente rispetto alla parola target presente nella frase (es. “spesero tre ore per guardare un vestito”: “vestito” o “drink”). Come atteso, il risultato è stato che quando la parola target è identica rispetto all’ultima parola della frase presentata in precedenza

(“vestito”), viene registrato un aumento della perceptual fluency generando, a sua volta,

una valutazione più positiva della parola stessa. Successivamente, è stato testato l’effetto della conceptual fluency in due differenti maniere: attraverso la presentazione di una frase “prevedibile”, oppure attraverso l’associazione semantica dell’ultima parola della frase con la parola target. Nel primo caso, la frase precedente lasciava presagire una situazione piuttosto prevedibile (“La mamma immergeva il maglione bianco in acqua”: “acqua”), con la presenza della parola target alquanto scontata, e dunque facilmente accessibile in memoria, generando un aumento della conceptual fluency, che si traduceva, a sua volta, in una maggiore risposta affettiva verso lo stimolo target stesso. In sintesi, i partecipanti hanno valutato la parola target più favorevolmente quando questa veniva presentata in un contesto semanticamente prevedibile, piuttosto che in un contesto neutrale. Nel secondo caso, veniva presentata una parola target correlata semanticamente all’ultima parola della frase precedente (“Scriveva dei numeri su un pezzo di carta”: “matita”); anche in questo caso l’accesso in memoria risulta essere alquanto semplificato, dunque i partecipanti hanno valutato la parola target più favorevolmente quando quest’ultima è semanticamente correlata all’ultima parola della precedente frase.

Successivamente è stato chiesto ai soggetti di valutare la piacevolezza di parole target semanticamente significative, e dunque connotate da un alto livello di fluency, miste a parole non precedute da alcuna frase e che dunque non erano né concettualmente né percettivamente fluenti. I risultati hanno mostrato un alto livello di gradevolezza per le prime, e un basso livello per le seconde, evidenziando ancora una volta che la fluency

favorisce la formazione di atteggiamenti tendenzialmente positivi.

In un secondo esperimento è stata esaminata e dimostrata la robustezza degli effetti del processo di fluency rispetto alle valutazioni formulate dagli individui, in modo tale da permetterne una generalizzazione in un contesto di marketing. Per raggiungere tale obiettivo, è stato utilizzato come stimolo target un prodotto di consumo abbastanza familiare (ketchup). Come nell’esperimento precedente, è stata manipolata la perceptual

fluency attraverso una prima esposizione al prodotto target, e poi la conceptual fluency



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le esposizioni: i partecipanti sono stati, cioè, esposti prima ad una condizione di elevata

conceptual e perceptual fluency, oppure ad una condizione di bassa conceptual e

perceptual fluency (between subject). I risultati di tale esperimento hanno dato ulteriore

evidenza del fatto che sia la conceptual che la perceptual fluency guidano verso la formazione di atteggiamenti più positivi; nello specifico, gli atteggiamenti risultano essere più favorevoli quando il prodotto è stato reso più accessibile in memoria, anche in assenza di una precedente esposizione, come nel caso in cui, ad esempio, venga mostrato anziché il prodotto target (il ketchup) un prodotto complementare, quale la maionese (condizione di alta conceptual fluency e bassa perceptual fluency). Concludendo, i risultati dell’esperimento 2 mostrano un atteggiamento più favorevole verso il ketchup nella situazione di alta conceptual fluency e alta perceptual fluency, rispetto invece ad una situazione di bassa conceptual fluency e alta perceptual fluency.

In un ultimo studio viene mostrato, infine, che gli effetti della conceptual fluency non sono sempre positivi; ossia quando il processo di fluency ha valenza negativa, come nel caso in cui vengano riportate alla mente situazioni negative o poco desiderabili, gli atteggiamenti verso lo stimolo correlato possono, con ogni probabilità, diventare meno favorevoli. Per testare tale ipotesi, è stato scelto come prodotto target un marchio poco conosciuto e quindi poco familiare (“Nutriace Enriching Conditioner”) che è stato caratterizzato da una certa connotazione negativa (es., Not-Nice-to-Lice, lice-killing shampoo). I risultati mostrano che i partecipanti considerano il prodotto sfavorevole e poco desiderabile; dunque, è possibile concludere dicendo che una precedente esposizione al prodotto target risulta in un atteggiamento maggiormente positivo verso il marchio, tuttavia, quando il processo di conceptual fluency è associato a situazioni con valenza negativa, gli atteggiamenti dei soggetti verso lo stimolo/marchio diventano meno favorevoli.



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Nel documento Breaking through complexity (pagine 56-60)