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Obiettivi strategici del logo

Nel documento Breaking through complexity (pagine 83-88)

1.6 L’elaborazione degli stimoli visivi: Visual Feature Integration Theory

1.7.3 Obiettivi strategici del logo

Definire che cosa costituisce un “buon” logo dipende dalle circostanze, ma soprattutto dagli obiettivi del logo stesso. Tradizionalmente, un buon logo deve essere riconoscibile (correttamente), significativo, e creare degli stati affettivi positivi (Henderson e Cote, 1998). Ad esempio, un’azienda che ha a disposizione un considerevole budget pubblicitario preferirebbe un logo che evochi un senso di riconoscimento, come accade per la correct recognition; altre aziende, invece, non sono interessate al riconoscimento, ma vogliono semplicemente un logo che dia un look professionale e che crei un’immagine positiva. Sono quindi tre gli obiettivi strategici perseguibili da un logo:

1. creazione di una high-recognition: ovvero fare in modo che il logo sia immediatamente e correttamente connesso all’azienda/prodotto a cui appartiene; 2. ridurre al minimo gli investimenti aziendali (low-investiments logos) generando

tuttavia uno stato affettivo positivo attraverso la creazione di una false recognition; 3. determinare uno stato affettivo altamente positivo senza pensare al riconoscimento

(high image logos).

È facilmente intuibile che il raggiungimento di un obiettivo esclude il raggiungimento degli altri; in questo caso, la scelta dipenderà dalla vision e dagli obiettivi strategici perseguiti dall’impresa. Di seguito verranno proposte le linee-guide volte al raggiungimento dei diversi risultati ottenibili attraverso l’utilizzo dei logo.

1.7.3.1 Linee-guida

Per quanto riguarda i loghi ad alto riconoscimento (high-recognition) essi sono caratterizzati da un elevato grado di naturalezza, armonia ed elaborazione; dalla presenza di elementi ripetuti, i quali, combinati con una certa esposizione ripetuta nel tempo, sono in grado di essere memorizzati molto facilmente da parte dei consumatori. L’esame dei



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loghi presentati nello studio di Henderson e Cote (1998), indica che ci sono pochi loghi che simultaneamente esibiscono tutte le qualità sopra menzionate.

Fig. 1.8 Esempi di loghi ad high-recognition utilizzati da Henderson e Cote (1998)

Entrambi i logo della fig. 1.8 sono ottimi esempi di una strategia di alto riconoscimento; essi, infatti, seguono attentamente tutte le linee guida suggerite attraverso l’esistenza di un’elevata naturalezza, un’elevata armonia (anche se il primo lo è leggermente meno), e la presenza di un giusto dosaggio di elementi ripetuti.

Anche i loghi della fig. 1.9 raggiungono gli obiettivi dettati da una strategia di high- recognition. Essi, infatti consentono una correct recognition, uno stato affettivo positivo, un significato familiare e una bassa false recognition attraverso la presenza di un’elevata naturalezza. Tuttavia, contrariamente alle linee guide suggerite, essi sono eccessivamente elaborati e poco armoniosi:

Fig. 1.9 Esempi di loghi ad high-recognition utilizzati da Henderson e Cote (1998)

I loghi a basso investimento (low-investiments logos), invece, mirano a generare un certo grado di false recognition e uno stato affettivo positivo; in tal caso, le linee guida da



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seguire dovrebbero essere: un basso grado di naturalezza, un’elevata armonia, un moderatamente elevato grado di elaborazione, la presenza di linee parallele, e la presenza di una certa proporzione (Henderson e Cote, 1998). I seguenti loghi sono buoni esempi di una strategia ad investimenti contenuti, in quanto sono caratterizzati da un elevato grado di armonia ed esibiscono una serie di linee parallele e posseggono, infine, un basso livello di naturalezza:

Fig. 1.10 Esempi di loghi caratterizzati dall’utilizzo di scarsi investimenti utilizzati da Henderson e Cote (1998)

Per quanto riguarda gli high image logos, l’obiettivo è quello di creare uno stato affettivo positivo. A tal proposito le linee guida da seguire dovrebbero garantire la presenza simultanea di un certo grado di naturalezza e elaborazione, combinate ad un alto livello di armonia (Henderson e Cote, 1998). Quasi tutti i loghi mostrati precedentemente raggiungono un elevato stato affettivo positivo; l’importante è non eccedere con l’elaborazione.

Nonostante ciò è possibile, in alcuni casi, selezionare un logo che non riesce a soddisfare nessuna delle strategie e quindi degli obiettivi sopra menzionati (Henderson e Cote, 1998). Benché tali loghi potrebbero, in circostanze del tutto eccezionali, realizzare comunque alcuni degli obiettivi del management, ciò potrà avverarsi solo attraverso la presenza di massicci investimenti correttivi. Tali loghi sono caratterizzati da un basso grado di naturalezza, armonia ed elaborazione, come mostrato dalla fig. 1.11.



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Fig. 1.11 Esempi di loghi che non raggiungono nessun obiettivo strategico individuato da Henderson e Cote (1998)

Infatti, nell’esperimento di Henderson e Cote (1998), tutte e tre le figure hanno esibito delle valutazioni basse da parte dei soggetti, sia per quanto concerne il corretto riconoscimento, sia per quanto riguarda la possibilità di generare uno stato affettivo positivo o la comprensione di un significato univoco.

Le linee guida presentate sono piuttosto flessibili, visto che i manager, a causa delle sempre più mutevoli dinamiche competitive, spesso devono optare per dei cambiamenti o delle rimodulazioni dei loghi esistenti (Henderson e Cote, 1998). Inoltre, molte aziende ritengono che un particolare tipo di logo sia più appropriato per rappresentare il loro prodotto o la loro categoria di prodotto. Per esempio, molti produttori di automobili usano delle immagini o delle astrazioni, mentre aziende che producono beni packaged usano più spesso dei caratteri di testo.

A tal proposito, così come Henderson e Cote (1998), anche la società Interbrand (Schechter, 1998) ha rilevato che i loghi poco naturali (molto astratti) generalmente non sono facilmente riconosciuti e piacciono poco ai consumatori; in questo caso tali loghi dovrebbero essere migliorati rendendoli maggiormente significativi, naturali, elaborati e armoniosi nel loro design (Henderson e Cote, 1998). Per esempio, i simboli di Nike e Coca-Cola, entrambi molto astratti, sono stati resi più ricchi di significato collegandoli al nome dell’azienda ed alla filosofia dei loro prodotti, comunicando un senso di ”velocità” il primo e una connessione con i suoi slogan pubblicitari il secondo (“prendi l’onda”). Questi collegamenti non fanno altro che migliorare il riconoscimento e il ricordo da parte dei consumatori. Entrambi i loghi sono dotati di una certa naturalezza nel design (usando delle forme non geometriche), hanno un appropriato grado di elaborazione (attraverso la presenza di un design dinamico), e sono caratterizzati da una certa armonia (senza essere troppo simmetrici).



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Fig. 1.12 Logo Nike e Coca-Cola

Il suggerimento degli autori è, dunque, di migliorare i loghi astratti collegandoli ogni volta possibile all’immagine ed alla vision della società, usando delle forme più naturali (e dunque meno geometriche), aggiungendo un certo grado di elaborazione (attraverso complessità, profondità, o dinamicità), ripetendo la presenza di alcuni elementi, ed evitando un eccessivo grado di armonia.



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Nel documento Breaking through complexity (pagine 83-88)