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Implicazioni per la ricerca sulla complessità

Nel documento Breaking through complexity (pagine 145-149)

IMPLICAZIONI PER LA RICERCA SULLA COMPLESSITA’ E PER IL MANAGEMENT

4.2 Implicazioni per la ricerca sulla complessità

Seguendo la direzione di un recente filone di ricerca volto ad esplorare la relazione tra i costrutti percettivi e concettuali, così come le correlate tipologie di elaborazione di tali costrutti (Lee e Labroo, 2004; Labroo et al., 2008), la presente ricerca contribuisce alla letteratura sulla complessità:

i) mostrando che gli effetti della CV e della CC sull'atteggiamento verso il logo dipende dal numero delle esposizioni, e che seguono pattern di comportamento opposti, e

ii) considerando simultaneamente la CV e la CC, spiegando come le valutazioni dei loghi caratterizzati da diverse combinazioni delle due forme di complessità (loghi ibridi) cambiano a seconda del numero delle esposizioni.

I differenti comportamenti della CV e della CC all’aumentare del numero delle esposizioni sembrano essere guidati, rispettivamente, dalla dual-process theory/perceptual fluency e dalla teoria della codabilità/conceptual fluency. Mentre, tuttavia, gli studi precedenti hanno analizzato diverse dimensioni della complessità a una singola esposizione o specifiche forme di complessità, singolarmente analizzate, in un contesto di esposizioni ripetute, la presente ricerca dimostra l’importanza di tener conto di entrambe le forme della complessità considerando più esposizioni. Infatti, i risultati dei due studi mostrano che, all’aumentare del numero di esposizioni, l’atteggiamento verso i loghi a bassa CV segue un andamento a U rovesciata, mentre l'atteggiamento verso i loghi ad elevata CV segue un andamento decrescente. Per i loghi a bassa CC e alta CC, invece, accade esattamente l’opposto, ovvero rispettivamente un andamento decrescente (alta CC) piuttosto che a U rovesciata (bassa CC). D’altra parte, le valutazioni delle combinazioni "ibride" di CV e CC mostrano degli andamenti del tutto singolari. In particolare, all’aumentare del numero delle esposizioni, i loghi ad alta CV e bassa CC presentano valutazioni decrescenti, mentre i loghi a bassa CV e alta CC seguono un modello di atteggiamento a U rovesciata.



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I risultati mostrano, inoltre, che l'effetto della CV sulle valutazioni dei loghi è guidato dalla perceptual fluency, che a sua volta, come descritto dalla dual-process theory, è collegato a due meccanismi istintivi di sensibilizzazione e assuefazione. Diversamente, l'effetto della CC rispetto alle valutazioni dei loghi è guidato dalla conceptual fluency, che riguarda l'elaborazione consapevole del significato di uno stimolo.

I due studi condotti nell’ambito del presente lavoro di tesi rappresentano il primo tentativo di analizzare come la relazione tra esposizioni e valutazioni degli stimoli visivi viene mediata dai cambiamenti della perceptual e della conceptual fluency

simultaneamente considerate. Mentre, infatti, la ricerca passata si è ampiamente concentrata sull'interazione tra perceptual e conceptual fluency ad una singola esposizione (Lee e Labroo, 2004), il presente lavoro mette in luce come le due forme di

fluency agiscono in un contesto di esposizioni ripetute.

Questa ricerca è inoltre correlata agli studi precedenti sulla complessità. Sulla base dei rispettivi studi, Henderson e Cote (1998) e Van der Lans et al., (2009) affermano che

l’elaborateness dei loghi – una dimensione basate su misure di CV, profondità e attività

– presenta, sulle valutazioni affettive dei consumatori, effetti con una leggera forma ad U rovesciata, piuttosto che un andamento positivo. Con riferimento alla presente ricerca, mentre l'effetto della CV sull'atteggiamento a una singola esposizione è generalmente in linea con i risultati sovra menzionati, l’analisi concettuale proposta arricchisce i contributi di Henderson e Cote (1998), e di Van der Lans et al., (2009), mostrando come l'effetto della CV rispetto all’atteggiamento cambi al variare del numero delle esposizioni, e come tale effetto differisce da quello della CC.

Tuttavia, i risultati della presente ricerca sembrano essere in contrapposizione rispetto a quelli proposti da Cox e Cox (2002). In particolare, questi ultimi hanno testato l'effetto della complessità sull’atteggiamento nel contesto del fashion design e hanno rilevato che le valutazioni di elementi visivi semplici diminuiscono all’aumentare del numero delle esposizioni, mentre le valutazioni di stimoli visivi complessi, aumentano all’aumentare del numero delle esposizioni. La differenza tra i risultati dei due autori e quelli proposti dalla presente ricerca può essere dovuta alla differente natura degli stimoli sperimentali; Cox e Cox utilizzano, infatti, schizzi di disegni di moda caratterizzati da un numero di significati attribuibili (CC) estremamente limitato, in quanto il bozzetto di un abito di moda è facilmente riconoscibile e non richiama altri significati se non quelli direttamente



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collegabili all’abito rappresentato. La presente ricerca si concentra invece sui loghi, che hanno un maggiore potenziale in termini di significato e di struttura intrinseca, e che perciò danno luogo a effetti diversi rispetto ai bozzetti di moda.

Il presente contributo è strettamente correlato al modello concettuale proposto da Janiszewski e Meyvis (2001), anche se tuttavia segue direzioni teoriche e metodologiche diverse. In primo luogo, gli autori hanno applicato la dual-process theory alla complessità concettuale, ma la loro definizione della CC è riferita alla congruenza tra gli elementi pittorici del marchio e del nome della marca, tenendo così in considerazione anche gli aspetti percettivi. Di conseguenza, i loghi vengono definiti come mono vs. multi significato, a seconda della congruenza piuttosto che dell’incongruenza tra l’elemento grafico che costituisce il logo e il nome del marchio a cui è associato. La presente ricerca, al contrario, isola la parte pittorica rispetto al nome di marca, e definisce il logo come semplice vs. complesso concettualmente, a seconda della sua capacità di evocare un significato consensualmente condiviso piuttosto che diversi significati. Queste differenti concettualizzazioni della CC richiedono, di conseguenza, diversi modelli concettuali atti a spiegare i loro differenti effetti rispetto alle risposte dei consumatori. Janiszewski e Meyvis al fine di spiegare l'effetto della congruenza tra i due componenti della struttura della marca, applicano la dual-process theory; infatti, tale teoria riguarda le risposte agli stimoli visivi attraverso reazioni istintive e non elaborate (Groves e Thompson, 1970). Pertanto, la dual-process theory sembra essere molto più adatta a spiegare la rapida percezione delle informazioni visive (cioè, la CV) piuttosto che l'elaborazione del significato semantico (cioè, la CC), in quanto quest'ultima richiede più tempo e sforzo per interpretare lo stimolo rispetto invece a quella precedente.

In secondo luogo, Janiszewski e Meyvis (2001) valutano l'effetto della congruenza tra elemento pittorico e nome di marca sulla scelta binaria dei consumatori per tra loghi

mono-meaning o multi-meaning a diversi livelli di esposizioni. Tuttavia, è più comune

che le persone abbiano un atteggiamento (positivo vs. negativo) verso un particolare logo, piuttosto che facciano una immediata scelta tra due loghi contrapposti. Di conseguenza, è stato deciso di focalizzare la presente ricerca sull’atteggiamento come variabile dipendente, piuttosto che sulla scelta.

È interessante, tuttavia, notare che, anche se la variabile dipendente e la definizione di complessità del logo proposta sono differenti, i risultati della presente ricerca sono



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generalmente in linea con quelli proposti dallo Studio 2 di Janiszewski e Meyvis (2001), infatti, i loghi con un unico significato sono inizialmente preferiti rispetto a quelli con molteplici significati, mentre all’aumentare del numero di esposizioni i loghi con molteplici significati diventano relativamente più preferiti. Da un lato, questa convergenza dei risultati suggerisce che, all’aumentare del numero di esposizioni, l'effetto positivo della complessità concettuale sulle valutazioni degli stimoli visivi è robusto a differenti operazionalizzazioni. D'altra parte, bisogna riconoscere che i risultati della presente ricerca sono diversi da quelli dello Studio 1 di Janiszewski e Meyvis, dove le iniziali esposizioni favoriscono i loghi con molteplici significati rispetto a quelli con un unico significato e viceversa all’aumentare del numero delle esposizioni. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che nello Studio 2 rispetto allo Studio 1, gli autori aumentato gli intervalli tra le esposizioni per ridurre l’abitudine e l’assuefazione agli stimoli. Tale manipolazione è più in linea con il confronto tra le condizioni di una e tre/quattro esposizioni proposta negli studi della presente tesi, mentre le esposizioni massed

utilizzate nello Studio 1 di Janiszewski e Meyvis non sono paragonabili alle manipolazioni applicate, dando vita di conseguenza, a risultati dissimili.



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Nel documento Breaking through complexity (pagine 145-149)