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Perceptual fluency

Nel documento Breaking through complexity (pagine 53-56)

1.4 La processing fluency

1.4.1 Perceptual fluency

Con il termine di perceptual fluency si indica la possibilità di elaborare e codificare più facilmente un certo stimolo sulla base della percezione delle caratteristiche dello stimolo stesso (Bornstein e D’Agostino, 1994; Jacoby et al., 1989; Janiszewski 1988, 1990, 1993; Shapiro, 1999). Storicamente, l’interesse sul collegamento tra perceptual fluency e valutazioni date dai soggetti parte dalle ricerche sull’effetto della mera esposizione (mere- exposure effect, Zajonc, 1968), ossia la teoria in base alla quale l’esposizione ripetuta nel tempo ad uno stimolo, rende quest’ultimo più piacevole agli occhi dell’osservatore. Diversi autori hanno proposto che tale effetto trovi le proprie fondamenta nella perceptual

fluency (Bornstein e D’Agostino, 1994; Klinger e Greenwald, 1994; Seamon et al., 1983),

innanzitutto perché un’esposizione ripetuta nel tempo accelera l’identificazione dello stimolo e ne migliora i giudizi relativi alla sua chiarezza ed al suo contenuto,



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indipendentemente dalla durata dell’esposizione stessa (Haber e Hershenson, 1965; Jacoby e Dallas, 1981; Witherspoon e Allan, 1985; Whittlesea, Jacoby, e Girand, 1990). Dunque, le variabili che determinano un aumento della perceptual fluency generano a loro volta una più positiva valutazione dello stimolo, anche di fronte ad una singola esposizione.

Al fine di verificare tale affermazione sono stati realizzati diversi esperimenti (Reber, Winkielman, Schwarz, 1998), in cui è stata testata la relazione tra perceptual fluency e preferenze. In un primo studio 53 laureati sono stati chiamati a giudicare 20 figure rappresentanti oggetti neutri (cavalli, aerei). Ogni figura veniva presentata per 2 secondi. Il riconoscimento degli stimoli grafici è stato reso difficile attraverso una deformazione dell’immagine in primo piano del 30%, e una deformazione dello sfondo pari al 40%. Immediatamente dopo la presentazione di ogni immagine, ne veniva presentata un’altra per 25 ms, deformata per il 90%. Subito dopo veniva chiesto ai partecipanti di indicare le loro valutazioni di preferenza (“quanto ti piace la figura?”) da una scala da 1 (non affatto

bella) a 9 (molto bella). Le analisi hanno rivelato che le figure precedute da matching

primes vengono riconosciute più velocemente e soprattutto valutate più favorevolmente,

rispetto alle figure precedute da mismatching primes. In generale, i risultati suggeriscono dunque che le manipolazioni sul priming basato su stimoli visivi (visual-priming) migliorano sia la perceptual fluency (misurata dalla velocità dell’identificazione, e dunque dalla facilità di elaborazione), che la preferenza (misurata attraverso i giudizi sulla piacevolezza).

Successivamente, in un altro esperimento è stato esaminato se i giudizi affettivi vengono in qualche modo influenzati dalla variazione di perceptual fluency percepita nel caso in cui venga manipolato il contrasto esistente, in termini di chiarezza visiva, tra sfondo ed immagine in primo piano. A tal proposito, i partecipanti hanno valutato in termini di piacevolezza, una serie di cerchi caratterizzati da diverse graduazioni di contrasto rispetto allo sfondo in cui erano posti. L’ordine di presentazione dei 19 cerchi era randomizzato per ciascuno dei partecipanti. Come previsto, i risultati hanno suggerito una spiccata preferenza dei soggetti per le figure caratterizzate da un alto livello di contrasto, indicando, inoltre, che la perceptual fluency è connotata da uno stato affettivo positivo e che guida dunque, verso la formazione di giudizi piacevoli piuttosto che sgradevoli.



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Al fine di replicare e chiarificare le evidenze di tale esperimento, ne è stato disegnato un terzo; l’ipotesi da rigettare era il fatto che i soggetti fossero attratti dagli stimoli ad alto contrasto non a causa della perceptual fluency, ma a causa delle caratteristiche proprie dello stimolo inerenti al contrasto tra figura e sfondo. Per verificare tale possibilità, è stata manipolata la perceptual flency variando il tempo di presentazione degli stimoli, lasciando invece invariate quelle che erano le caratteristiche dello stimolo in termini di contrasto rispetto alla situazione precedente. Un maggior tempo di presentazione dovrebbe favorire la possibilità di estrarre un maggior numero di informazioni dagli stimoli stessi (Mackworth, 1963), aumentando, conseguentemente, l’intensità della

fluency provata. Dunque, gli stimoli presentati per una durata di tempo maggiore

dovrebbero risultare essere più graditi. Altro obiettivo dell’esperimento era quello di confermare che la perceptual fluency è caratterizzata da uno stato affettivo positivo piuttosto che neutro; a tal proposito fu chiesto ai partecipanti in uno stato affettivo positivo un giudizio sulla “piacevolezza” (liking) dello stimolo, mentre ai partecipanti in uno stato affettivo negativo è stato chiesto un giudizio sulla “sgradevolezza” (disliking) dello stimolo. I risultati sono stati coerenti con le aspettative, vale a dire concordi con quelli dell’esperimento precedente.

In un altro esperimento, volto a testare la relazione esistente tra durata dell’esposizione e

perceptual fluency, i partecipanti sono stati invece, esposti in maniera casuale a stimoli

positivi oppure negativi. Al gruppo esposto agli stimoli positivi è stata chiesta una valutazione sul grado di piacevolezza delle immagini, mentre al gruppo esposto a stimoli negativi è stato richiesto un giudizio sulla sgradevolezza delle figure. Su una scala di valutazione da 0 (per niente) a 9 (molto), per entrambi i gruppi. L’ordine di presentazione degli stimoli grafici è stato fissato per entrambi i gruppi. I risultati hanno suggerito che i soggetti prediligono gli oggetti presentati per una durata di tempo più elevata rispetto agli oggetti presentati per poco tempo, presumibilmente perché una maggiore esposizione tende a far aumentare la perceptual fluency. Inoltre, ancora una volta, è stato notato che la

perceptual fluency tende a far aumentare i giudizi sulla piacevolezza e a far diminuire

quelli sulla sgradevolezza, mostrando dunque una stretta connessione tra perceptual fluency e stati affettivi positivi.

Un’altra questione di estrema importanza da un punto di vista teorico, concerne la natura delle risposte valutative suscitate dalla facilitazione dell’elaborazione dello stimolo,



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ovvero dalla fluency. I cambiamenti di quest’ultima dovrebbero generare risposte affettive spontanee, di conseguenza, un aumento della fluency dovrebbe manifestarsi attraverso indicatori psico-fisiologici dell’attivazione affettiva. Allo scopo di testare tali ipotesi, Winkielman e Cacioppo (2001) hanno misurato le risposte affettive della fluency

attraverso una tecnica volta all’individuazione e misurazione dei movimenti facciali

(facial electromyography, EMG). Più nello specifico, tale tecnica postula che le risposte

affettive positive aumentano l’attività nella regione zigomatica (“smiling muscle”), mentre le risposte affettive negative aumentano l’attività nella regione frontale (“frowing

muscle”), generando, ad esempio, un corrugamento delle sopracciglia (Cacioppo, Petty,

Losch, e Kim, 1986; Lang, Greenwald, Bradley, e Hamm, 1993).

Nel loro studio, Winkielman e Cacioppo (2001) hanno chiesto ai partecipanti di guardare delle immagini rappresentanti figure di vita quotidiana e di valutare ogni figura in termini di sentimenti positivi o negativi suscitati su una scala da 1 a 9. I risultati sono stati coerenti con le aspettative, ossia alti livelli di fluency sono associati ad una forte attività nella regione zigomatica (indicando stati affettivi positivi), ma non sono associati ad attività di aggrottamento delle sopracciglia (indicanti stati affettivi negativi). Inoltre, queste differenze sono state registrate nei primi 3 secondi dopo la presentazione dello stimolo, alcuni secondi prima che i soggetti possono formulare i propri giudizi, indicando quindi delle risposte affettive del tutto spontanee.

Dunque, da tali esperimenti può essere dedotto che lo stato affettivo generato dall’elaborazione di uno stimolo che favorisce uno stato di fluency è senza dubbio di tipo positivo.

Nel documento Breaking through complexity (pagine 53-56)