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CONCETTI GENERALI

Nel documento MCAI Alpinismo Roccia (pagine 164-167)

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Ci è sembrato opportuno inserire in questo manuale, a proposito della tec-nica individuale di arrampicata, un capitolo di Paolo Caruso. Riteniamo che il testo, orientato forse più agli istruttori, possa essere molto utile anche per chi istruttore non è. Lo lasciamo quindi nella sua impostazione origi-nale, certi della sua fondamentale importanza non solo per insegnare, ma anche per apprendere, i principi basilari dell’arrampicata.

CONCETTI GENERALI

Sono trascorsi diversi anni dalla pubblicazione della prima edizione de “L’arte di arrampicare” (Ed. Mediterranee, 1993) nella quale sono stati esposti i primi risultati della ricerca sulla tecnica del movimento nell’arram-picata elaborata in base al metodo di Paolo Caruso. In un primo momento le nuove tesi hanno suscitato una certa perplessità, dato che era diffusa l’idea preconcetta che si sarebbe potuto imparare a scalare grazie a una non meglio precisata facoltà “istintiva”. Di conseguenza, si riteneva che una vera e pro-pria tecnica non dovesse essere studiata, insegnata e appresa con un metodo e tramite un programma didattico. Si trattava in realtà di una convinzione senza fondamento, derivante da una scarsa conoscenza dei principi generali che regolano il movimento, specialmente quello inerente la dimensione ver-ticale. C’era per la verità anche un’altra teoria in base alla quale si aggirava l’intera questione propriamente tecnica in favore di un esasperato sviluppo delle capacità condizionali e, in particolar modo, di uno specifico poten-ziamento tendineo-muscolare degli arti superiori perseguito fin dai primi passi. In molti casi ne sono nati degli arrampicatori certamente strutturati nella parte muscolare specifica, ma con lacune vistose sul fronte della tecnica del movimento. La gran parte degli istruttori considera oramai un simile approccio decisamente limitante e in via generale poco corretto. Sarebbe come se nella pratica dello sci, ad esempio, un maestro si improvvisasse pre-paratore atletico e allenasse i suoi allievi con esercizi di potenziamento delle gambe piuttosto che svolgere il proprio ruolo insegnando le varie tecniche di discesa. Nel caso specifico dell’arrampicata, oltretutto, non è certo difficile rendersi conto che si è di fronte a una disciplina molto complessa, in cui l’aspetto tecnico e motorio non può che risultare prioritario. Negli ultimi anni un entusiasmo crescente ha accolto gli studi sul movimento in verticale su roccia e su ghiaccio: è anche grazie a ciò che ulteriori sviluppi hanno potuto portare a un metodo sempre più completo. Gli istruttori del Club Alpino Italiano, mostrando sensibilità e interesse per la nuova “filosofia” del

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movimento, hanno condiviso la convinzione della necessità di dare vita a un nuovo strumento teorico, finalizzato a raccogliere i principi fondamentali e le meccaniche del movimento nell’arrampicata, che si ponesse come punto di riferimento didattico, selezionando nello stesso tempo i movimenti migliori da sviluppare così come gli errori da eliminare.

Vengono dunque esposti in questo capitolo tutti gli aspetti più avanzati e aggiornati del metodo, con l’intento di portare un contributo al migliora-mento tecnico, didattico e, più in generale, culturale. In ragione di ciò, le tecniche qui esposte costituiscono, nel loro insieme, un metodo organico nato dalla sopra indicata esigenza di individuare e studiare, nel caso dell’arram-picata, quei principi generali dell’atto atletico che sono universali, vale a dire oggettivamente validi per ogni praticante. E’ stato necessario, pertanto, andare oltre una visione personale e soggettiva delle cose, liberandosi delle idee preconcette e di quegli automatismi involontari che determinano il movimento casuale che viene generalmente definito “istintivo”.

Sono più che evidenti i limiti che il linguaggio scritto ha nell’esposizione di una materia riguardante lo sport, il quale necessita per lo più di applicazioni pratiche. Proprio in considerazione di ciò, si ritiene importante sottolineare che coloro i quali si pongono come istruttori dovrebbero avere ben chiari i tre aspetti fondamentali su cui si basa l’insegnamento di questo metodo: conoscenza teorica della materia, capacità di saper eseguire le tecniche qui illustrate e saper apportare le giuste correzioni al lavoro degli allievi. Se la teoria non viene messa in pratica con coerenza, si rischia di generare qualcosa di completamente difforme, che potrebbe essere perfino in antitesi con ciò che ci si propone nel presente lavoro.

In questo capitolo le tecniche sviluppate sono esposte in modo sintetico al fine di facilitarne la comprensione. Uno dei primi obiettivi specifici consiste nel rendere effettivamente formativo il ruolo dell’insegnante. Ci si propone, in pratica, di lavorare in modo mirato nella direzione dello sviluppo della capa-cità motoria prevenendo sin dagli inizi l’insorgere di quegli errori e difetti di cui si è detto, insegnando a ricercare l’equilibrio ottimale del corpo, riducen-do lo sforzo e favorenriducen-do di conseguenza una maggiore sicurezza nell’arrampi-catore. In questo quadro, il risultato pratico (la prestazione) che ciascuno può proporsi di raggiungere non costituisce più la motivazione predominante, ma diventa una logica conseguenza delle capacità e delle conoscenze acquisite. Tanto premesso, ciò su cui sembra importante porre l’attenzione è il fatto che, migliorando la qualità del movimento, gli stessi orizzonti motori si

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no, dando risalto a tutti i molteplici aspetti che vi sono compresi e che spesso vengono invece ignorati o sminuiti. L’arrampicata può diventare una disci-plina molto bella e utile, estremamente formativa, non solo per il fisico. Può divenire uno strumento per ampliare la consapevolezza e la conoscenza di noi stessi, anche sotto il profilo di quei valori che rendono completa l’esperienza esistenziale. Al di là di vuote retoriche, è sempre più importante capire quale sia il modo migliore per interagire con ciò che ci circonda, salvaguardando l’ambiente naturale e attribuendo il giusto rispetto a chi è venuto prima di noi, alle vie che ha tracciato e, allo stesso modo, a chi verrà dopo. Ciò vale anche per le grandi lezioni di sobrietà e, perché no, di modestia che è possibile trarre dalla scalata, quando ci si accosta ad essa con un giusto approccio. Se invece tutti questi aspetti sono trascurati, se la pratica della scalata viene costretta e rinchiusa in un numero, o in un grado di difficoltà, si rischia di perdere di vista l’aspetto sostanziale del problema, vale a dire i valori formativi e cognitivi, a vantaggio di una superficiale esteriorità che nel caso specifico si esprime esasperando la ricerca della prestazione come fine a se stessa. Si finisce così per sacrificare la qualità dell’esperienza nel suo insieme e quindi nei suoi più autentici significati. In simili casi diviene predominante un sentimento che esaspera in modo eccessivo l’affermazione dell’ego, sup-portato quasi sempre da un elemento di arroganza e di aggressività, mentre l’aspetto competitivo diventa esorbitante, con tutte le conseguenze negative che ne derivano.

Per raggiungere il massimo livello nell’apprendimento motorio e di conse-guenza un armonico sviluppo psicofisico (nonché, in senso lato, anche una più vasta conoscenza), è necessario armonizzare le capacità tecniche e coor-dinative, dette anche capacità “interne” (coordinazione, equilibrio, tattica, sensibilità, ecc.) con quelle condizionali o “esterne” (resistenza, forza, sciol-tezza ecc.), evitando di sacrificare le prime in favore di una esaltazione uni-voca delle seconde. Non esiste al mondo uno scalatore che non vorrebbe essere più forte, ma il vero obiettivo da raggiungere non consiste tanto nell’acquisire sempre maggior forza, quanto nell’imparare a usare nel modo più appropria-to le risorse che abbiamo a nostra disposizione, a seconda delle circostanze, delle doti naturali con cui siamo nati, dell’allenamento, dell’età, ecc. Gli insegnanti dovrebbero avere coscienza del fatto che trasmettere una disci-plina, i cui modelli culturali sono basati essenzialmente sul record e sulla pre-stazione, risulta sicuramente pericoloso e limita necessariamente gli orizzonti degli allievi, oltre a rendere più difficile il conseguimento del risultato.

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CONCETTI BASE

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