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Uso dei piedi

Nel documento MCAI Alpinismo Roccia (pagine 171-182)

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mani, e dall’altro che si possa determinare una perdita di aderenza sui piedi.

Uso dei piedi

Imparare a utilizzare i piedi in modo ottimale è probabilmente il traguardo più importante

da raggiungere nell’apprendimento della tec-nica in arrampicata. Il corretto uso dei piedi permette di diminuire lo sforzo delle braccia e favorisce l’azione di spinta delle gambe, arti che grazie alla loro costituzione e alla maggior mole sono più idonei allo scopo. Inoltre, bisogna considerare che un corretto uso dei piedi infl ui-sce sul mantenimento dell’equilibrio e questo è determinante anche ai fi ni dell’incolumità fi si-ca dell’arrampisi-catore.

Innanzitutto è importante evitare di “tastare” la roccia poggiando i piedi ripetutamente sul-lo stesso punto, come per verifi carne la tenuta. Ciò genera insicurezza e impedisce la continuità di movimento. Se i piedi non vengono ben po-sizionati sulla roccia è praticamente impossibile caricarvi il peso del corpo adeguatamente, con la conseguenza che bisognerà ricorrere a uno sforzo maggiore degli arti superiori. Tanto per fare un esempio, ciò equivarrebbe a poggiare un peso su di un appoggio insicuro o poco stabile. La presente metodologia, dunque, si pone tra gli obiettivi primari quello di favorire il raggiungi-mento dell’equilibrio e di conseguenza, a que-sto stesso fi ne, il perfezionamento dell’azione di spinta delle gambe, azione che è in grado di dare luogo a un movimento più sicuro, effi cace e meno faticoso. Per fi ni pratici è opportuno, quindi, fornire alcuni consigli specifi ci sull’uso

Il corretto uso dei piedi permette di diminuire lo sforzo delle braccia e fa-vorisce l’azione di spinta delle gambe, arti che gra-zie alla loro costituzione e alla maggior mole sono più idonei allo scopo.

Se i piedi non vengono ben posizionati sulla roccia è praticamente im-possibile caricarvi il peso del corpo adeguatamente, con la conseguenza che bisognerà ricorrere a uno sforzo maggiore degli arti superiori.

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dei piedi; essi sono indispensabili, oltretutto, per acquisire un assetto corretto fi n dai primi passi. Con il progredire dell’apprendimento si impara a utilizzare i piedi in tutti i modi possi-bili (dall’appoggio del lato esterno all’aggancio del tallone e della punta): è innanzitutto fonda-mentale, però, impostare correttamente le più semplici ma effi caci posizioni di base, cosa che è tutt’altro che scontata.

Al contrario di quanto viene spesso ritenuto, non è conveniente poggiare la punta della scar-petta alzando il tallone, soprattutto nella fase iniziale dell’apprendimento. La posizione in punta dei piedi, infatti, favorisce il “tremore” dei polpacci, tende a far fl ettere le gambe e conseguentemente a far spostare il bacino in fuori, allontanandolo dalla parete con la

conse-guente tendenza all’iperlordosi lombare. In so-stanza, questa posizione ostacola il caricamento ottimale del peso del corpo sugli appoggi (ciò può essere facilmente verifi cato, sul piano teo-rico, ricorrendo alla scomposizione delle forze), nonché la retroversione del bacino. Una volta assunta questa postura scorretta, per compen-sare la mancanza di equilibrio si tende ad av-vicinare il petto e la testa alla parete in quella tipica posizione che è la meno favorevole in ar-rampicata. Per ovviare a ciò, i primi concetti da acquisire sono i seguenti:

A) se l’appoggio è grande, poggiamo il piede perpendicolarmente alla parete coinvolgendo tutto l’avampiede e in particolar modo la linea costituita dalle articolazioni che uniscono il me-tatarso alle falangi, che chiamerò per semplicità

linea di fl essione (cioè la zona compresa tra la

Fig. 5.01 Appoggio grande

Con il progredire dell’ap-prendimento si impara a utilizzare i piedi in tutti i modi possibili (dall’ap-poggio del lato esterno all’aggancio del tallone e della punta): è innan-zitutto fondamentale, però, impostare corretta-mente le più semplici ma efficaci posizioni di base, cosa che è tutt’altro che scontata.

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fi ne dell’arco plantare e le dita dei piedi). (Vedi Fig 5.01)

Bisogna inoltre tener presente che risulta scon-veniente:

- poggiare una parte maggiore del piede fi no a coinvolgere l’arco plantare in quanto si sposte-rebbe in avanti la base d’appoggio che è eviden-temente legata al piede e alla sua posizione. In questo caso, pertanto, il baricentro verrebbe ad essere meno sostenuto dalla base d’appoggio. Tutto ciò, oltretutto, penalizza la sensibilità sul piede. (Vedi Fig 5.02)

- poggiare soltanto la punta delle dita del pie-de senza coinvolgere la linea di fl essione dato che, in tal caso, saremmo costretti a sollevare il tallone per compensare la fl essione del pie-de (con le conseguenze già pie-descritte), cosa che

tenderebbe comunque e inevitabilmente a far sfuggire le dita dall’appoggio. (Vedi Fig 5.03) B) nel caso in cui l’appoggio da utilizzare sia piccolo o poco profondo, si appoggia il piede con il lato interno coinvolgendo l’alluce e in particolar modo l’articolazione compresa tra falange e metatarso. (Vedi Fig 5.04)

Anche in questo caso, infatti, se poggiassimo soltanto la punta dell’alluce dovremo sollevare il tallone per compensare la fl essione del piede. C) con appoggi ancora più piccoli si utilizza sempre il lato interno della scarpetta ponendo sull’appoggio l’articolazione che collega le due falangi dell’alluce. (Vedi Fig 5.05)

E’ anche possibile poggiare la parte esterna del-la scarpetta in corrispondenza del dito migno-lo, ma nelle fasi iniziali se ne sconsiglia l’inse-gnamento sia perché il mignolo è meno forte

Fig. 5.02 Appoggio grande-errore

Fig. 5.03 Appoggio grande-errore

Fig. 5.04 Appoggio taglio interno

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dell’alluce sia perché è consigliabile utilizzare l’esterno del piede solo quando è effettivamente necessario (vale a dire sopratutto nelle tecniche più avanzate), in modo da evitare complicazio-ni inutili se non negative per l’apprendimento. D) nel caso dell’aderenza poggeremo il piede

perpendicolarmente alla parete cercando sem-pre di coinvolgere la linea di fl essione in modo

da abbassare il tallone. (Vedi Fig 5.06)

Tenere alto il tallone in aderenza risulta ancora più sconveniente perché, come abbiamo visto, la forza d’attrito dipende essenzialmente dalla componente di spinta perpendicolare alla su-perfi cie di contatto: alzando il tallone spostia-mo in avanti la direzione di spinta che cesserà di essere ortogonale alla parete, comprometten-do così l’aderenza stessa. (Vedi Fig 5.07) Al contrario, se coinvolgiamo la linea di fl essio-ne e abbassiamo il talloessio-ne favoriremo l’uscita in fuori del bacino rispetto alla parete, miglioran-do così l’aderenza per i motivi sopra esposti. Imparare a poggiare i piedi come qui descritto è già un buon punto di arrivo ed è suffi ciente, ad esempio, per poter eseguire correttamente la progressione fondamentale e quella a triangolo (come vedremo in seguito).

In altri casi è necessario utilizzare i piedi di punta: ad esempio, nei buchi e nei passi inter-medi su piccoli appoggi, così come in aderenza su terreni molto verticali o strapiombanti, so-prattutto quando si utilizzano appigli molto piccoli o sfuggenti, ovviamente non potremo coinvolgere la linea di fl essione.

E’ importante comprendere, allora, che la ne-cessità di sollevare il tallone è inversamente

Fig. 5.06 Aderenza

Fig. 5.07 Aderenza-errore

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proporzionale alla forza che siamo in grado di

sviluppare con le dita dei piedi e soprattutto con l’alluce. In altri termini, a una maggiore forza dell’alluce corrisponde una minore necessità di sollevare il tallone. (Vedi Fig 5.08 e 5.09) Quando si inizia ad arrampicare, in genere, si ha poca forza nelle dita dei piedi ed è importan-te quindi svilupparla adeguatamenimportan-te per evitare di automatizzare un assetto che vede i talloni alti, difetto che sarà poi ben diffi cile da correg-gere. A parte alcuni esercizi specifi ci di poten-ziamento, è possibile rinforzare le dita dei piedi anche praticando l’arrampicata stessa. Questo, purchè si utilizzino delle scarpette non eccessi-vamente strette con una forma che ci permetta di mantenere le dita dei piedi distese o quasi. Se la scarpetta ci costringe a tenere le dita piegate con le nocche verso l’alto, ci verremo a trovare nell’impossibilità di fare qualsiasi tipo di movi-mento con le dita stesse e di conseguenza non potremo allenarle in modo adeguato. Per fare un esempio, sarebbe come voler sviluppare i muscoli degli arti superiori utilizzando le brac-cia sempre piegate in bloccaggio. E’ noto, infat-ti, che il movimento completo dei capi artico-lari è molto importante per aumentare la forza di qualsiasi muscolo e tendine. Logicamente, ai fi ni della prestazione, le scarpette piccole ci offrono dei vantaggi (la totale coesione piede-scarpetta fornisce un maggior sostegno), ma se normalmente utilizziamo una misura giusta daremo alle dita dei piedi la possibilità di rin-forzarsi, cosa che, di fatto, migliorerà le nostre potenzialità a prescindere dalla scarpetta. Siccome non è mai stata analizzata

approfon-Fig. 5.08 Punta

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ditamente la problematica inerente alla linea di fl essione dei piedi in relazione alla scalata, in genere le scarpette che vengono prodotte si fl ettono prevalentemente ed eccessivamente proprio in corrispondenza del punto debole del piede, vale a dire lungo la linea di fl essione. E’ generalmente diffusa l’idea che sia necessario calzare misure piccole che costringano il piede a rimanere con le dita piegate e con le nocche verso l’alto, in una posizione poco naturale, in modo da garantire maggior sostegno all’insieme piede-scarpetta. In pratica, si cerca di non com-promettere la sensibilità sul piede utilizzando scarpette eccessivamente fl essibili che non ga-rantiscono il sostegno adeguato lungo la linea di fl essione e che, per questo motivo, devono essere calzate molto strette nel tentativo di ottenere un maggior sostegno. Si potrebbe più intelligente-mente risolvere il problema comprendendo che il piede lavora meglio in una posizione naturale, quando non si costringono le dita a rimanere piegate con le nocche verso l’alto, soprattutto nel momento in cui, grazie a una scarpetta adat-ta, si riuscisse a predisporre (nella scarpetta) un sostegno adeguato per l’intera zona interessata alla linea di fl essione. Il problema rimane quin-di aperto, tuttavia bisogna rendersi conto che utilizzare misure eccessivamente piccole non risolve il problema alla radice: come si è detto, sicuramente in questo modo l’avampiede diven-ta più rigido ma la linea di fl essione rimarrà un punto debole in cui, sotto la spinta del peso del corpo, si produrrà una dispersione della forza-peso. Per concludere, il consiglio che si può dare consiste nello scegliere, per quanto possibile, dei

Il piede lavora meglio in una posizione naturale, soprattutto nel momento in cui, grazie a una scar-petta adatta, si riuscisse a predisporre (nella scar-petta) un sostegno ade-guato per l’intera zona interessata alla linea di flessione.

Per garantire maggior so-stegno all'insieme piede-scarpetta non è necessa-rio calzare misure piccole che costringano il piede a rimanere con le dita pie-gate e con le nocche verso l’alto, in una posizione poco naturale.

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modelli di scarpette d’arrampicata che sosten-gano maggiormente i piedi lungo la linea di fl essione e non quelli che si fl ettono

eccessiva-mente proprio lungo la suddetta linea. Per mag-giore completezza, bisogna tener presente che, nel caso di vie e passaggi su terreno strapiom-bante, il peso del corpo grava maggiormente sugli arti superiori e i piedi, evidentemente, so-stengono una parte minore del peso del corpo: solo in tali casi, pertanto, è opportuno utilizza-re scarpette in via di principio più fl essibili, ma dotate comunque di un certo sostegno lungo la linea di fl essione.

Come ultima considerazione, ricordiamo che le scarpette eccessivamente strette possono ge-nerare dei danni e delle deformazioni ai piedi, motivo ulteriore per utilizzare una misura ap-propriata e rinforzare le dita in modo naturale.

Previsione

La capacità di “prevedere”, nel senso di scegliere in anticipo gli appigli e gli appoggi da utilizzare visualizzando il movimento da eseguire, è una tecnica vera e propria. Essa può essere messa in pratica grazie a un’attitudine che risulta essere di fondamentale importanza e che, proprio per questo, dovrebbe essere sviluppata fi n dai primi passi. Come si è detto nella parte iniziale, pri-ma che l’aspetto tecnico dell’arrampicata fosse studiato in modo scientifi co, al pari di ciò che avviene nelle altre discipline sportive, general-mente si riteneva che il principiante dovesse sa-lire in modo istintivo, quasi inconsapevole e che un eventuale lavoro sulla tecnica, laddove se ne ammettesse l’esistenza, avrebbe dovuto semmai

Nel caso di vie e passaggi su terreno strapiomban-te, il peso del corpo grava maggiormente sugli arti superiori e i piedi, evi-dentemente, sostengono una parte minore del peso del corpo: solo in tali casi, pertanto, è opportuno utilizzare scarpette in via di principio più flessibili, ma dotate comunque di un certo sostegno lungo la linea di flessione.

Prima che l’aspetto tecni-co dell’arrampicata fosse studiato in modo scienti-fico, al pari di ciò che av-viene nelle altre discipline sportive, generalmente si riteneva che il principian-te dovesse salire in modo istintivo.

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riguardare esclusivamente le diffi coltà più eleva-te. Questo modo di pensare si è rivelato decisa-mente scorretto e fuorviante.

In realtà, la previsione, così come tutto l’aspetto tecnico in senso lato, diventa essenziale soprat-tutto quando un arrampicatore affronta diffi -coltà elevate rispetto al proprio livello. Da

notare, però, che in questo caso non si tratta di diffi coltà assolute, bensì relative. Ne consegue che, a maggior ragione, sarà proprio il princi-piante a poter benefi ciare dei principi basilari della tecnica dell’arrampicata e, quindi, della metodologia riguardante la “previsione”. Que-sta contribuisce a determinare un atto motorio pienamente consapevole, basato su una scelta volontaria e non casuale degli appigli e degli ap-poggi da utilizzare, e quindi un’esecuzione pre-cisa del movimento che si vuole compiere. In pratica, la corretta applicazione delle differenti tecniche esposte nel presente manuale risulta strettamente correlata alla capacità di prevedere i punti ottimali (per posizione o per dimensio-ne) sui quali poggiare le mani e i piedi.

Come vedremo successivamente, tali tecniche alternano una posizione statica (o posizione base) a una fase dinamica; quest’ultima costitui-sce evidentemente il momento più complesso della progressione e, pertanto, dovrebbe essere eseguita con particolare precisione al fi ne di fa-cilitare il movimento nel suo insieme. Per co-minciare a lavorare sulla previsione si consiglia di individuare dalla posizione statica (sicura-mente favorevole per l’osservazione) gli appog-gi fi nali sui quali si intende portare a termine la

fase dinamica della progressione; tanto più che

Il principiante, in modo particolare, può benefi-ciare della metodologia riguardante la “previsio-ne”; infatti, questa con-tribuisce a determinare un atto motorio piena-mente consapevole, ba-sato su una scelta volon-taria e non casuale degli appigli e degli appoggi da utilizzare, e quindi un’esecuzione precisa del movimento che si vuole compiere.

Per cominciare a lavo-rare sulla previsione si consiglia di individuare dalla posizione statica (sicuramente favorevole per l’osservazione) gli appoggi finali sui quali si intende portare a termi-ne la fase dinamica della progressione.

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la scelta di questi appoggi è fondamentale per il conseguimento della successiva posizione di maggior equilibrio.

Con il miglioramento della capacità tecnica, in un secondo tempo si potrà dare importanza an-che agli appoggi intermedi. In questo modo si riuscirà gradualmente ad ampliare la capacità di previsione estendendola, quando necessario, a una sequenza di movimenti sempre più ampia. Sarà quindi possibile individuare gli appoggi migliori in base agli appigli utilizzati, ma anche il contrario, scegliendo gli appigli in relazione alla posizione degli appoggi che si vogliono uti-lizzare.

In defi nitiva, se si riesce a impostare corretta-mente l’aspetto tecnico fi n dall’inizio, risulterà molto più facile sviluppare al meglio le poten-zialità dell’allievo eliminando lacune e difetti.

Con il miglioramento della capacità tecnica si potrà dare importanza anche agli appoggi inter-medi. In questo modo si riuscirà gradualmente ad ampliare la capacità di previsione estendendola, quando necessario, a una sequenza di movimenti sempre più ampia.

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Anticipo

Come la precedente, anche la capacità di “an-ticipare” un movimento è un’attitudine poco evidente ma che risulta invece di grande im-portanza. L’anticipo facilita e spesso rende pos-sibile l’esecuzione del movimento che abbiamo “previsto”, soprattutto quando l’esecuzione del movimento stesso si presenta complessa. In al-tri termini, anziché arrivare al passaggio diffi cile con un assetto più o meno casuale, possiamo in precedenza disporre il corpo, o parti di esso, in un modo ben preciso, così da anticipare e age-volare proprio la successiva esecuzione di quello stesso passaggio che costituisce in sé il momen-to più complesso della sequenza. In pratica, i

due concetti di previsione e di anticipo sono strettamente collegati. Non bisogna pensare,

però, ad applicazioni complesse degli stessi, so-prattutto nelle fasi iniziali. E’ importante invece imparare a metterli in pratica in modo semplice e naturale fi n dai primi passi, al fi ne di favorire l’apprendimento e lo sviluppo dell’intelligenza motoria.

Esempio n° 1: se prevediamo di raggiungere una posizione in spaccata a destra, prima di ef-fettuare la spaccata dovremo poggiare il piede sinistro con il tallone verso destra, in modo da raggiungere la posizione prevista in modo otti-male.

Esempio n° 2: per superare un passaggio verso sinistra, anticiperemo la posizione delle mani scegliendo degli appigli sulla sinistra. Logica-mente, se necessario, prima di spostare le mani anticiperemo i piedi spostandoli sulla sinistra.

L’"anticipo" facilita e spesso rende possibile l’esecuzione del mo-vimento che abbiamo “previsto”, soprattutto quando l’esecuzione del movimento stesso si pre-senta complessa.

Anziché arrivare al psaggio difficile con un as-setto più o meno casuale, possiamo in precedenza disporre il corpo, o parti di esso, in un modo ben preciso, così da anticipa-re e agevolaanticipa-re proprio la successiva esecuzione di quello stesso passaggio che costituisce in sé il momento più complesso della sequenza.

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Respirazione

Nelle discipline sportive la respirazione è un momento fondamentale che favorisce la funzio-nalità dell’organismo e ciò tenendo conto che sono molteplici gli elementi che rientrano in questa funzione, a prescindere dall’aspetto me-ramente fi siologico.

Dato che, al pari di tutte le altre componenti concernenti il movimento, anche la respirazione può essere allenata, è necessario dare la giusta importanza a questo aspetto sin dalla prima fase didattica perché, altrimenti, risulterà molto dif-fi cile riuscire a respirare correttamente durante le diverse fasi del movimento e dello sforzo. Per una corretta pratica si ritiene indispensabile la conoscenza teorica dei principi di base che vengono qui descritti.

Come è noto, la respirazione diaframmatica

deve il suo nome al fatto che, coinvolgendo la parte bassa dei polmoni, determina il movimento del diaframma, la membrana muscolo-tendinea che separa i polmoni dalla cavità addominale. La respirazione diaframmatica consente una respirazione profonda e completa, favorisce il rilassamento ed esercita un effetto benefi co sulla paura e sull’ansia, facilita la mobilità del bari-centro e l’applicazione della forza coinvolgen-do maggiormente i muscoli adcoinvolgen-dominali; tende inoltre a contrastare il fenomeno dell’apnea che si verifi ca generalmente quando si è sotto sfor-zo, dopo aver inspirato. Bisogna tenere presente che è preferibile, a tal proposito, dare maggiore importanza alla fase di espirazione piuttosto che a quella di inspirazione, in modo da evitare il rischio di bloccare la funzione respiratoria

rima-Al pari di tutte le altre componenti concernenti il movimento, anche la

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