BENE E MALE NEL TOMISMO DI MARITAIN
CAPITOLO 2. IL CONCETTO DI FINE SECONDO MARITAIN
Riguardo al concetto di fine, Maritain sostiene poi, sempre nelle Nove lezioni, che la bontà dei nostri atti dipende dall’oggetto dell’atto (quello che Tommaso chiamerebbe l’objectum actionis), che sempre si riferisce a dei fini ulteriori.
Come abbiamo appurato nell’analisi del concetto tommasiano di fine336, quelli che Tommaso
chiama “ea quae sunt ad finem” (e che, erroneamente, sono spesso tradotti come “mezzi”), per Maritain si configurano come i cosiddetti “fini (o beni) infravalenti”; questo tipo di fini, che riguarda la vita umana in hoc statu viae, è orientato da inclinazioni naturali, che tengono in conto la tendenza – superiore e perenne – al fine ultimo.
La scelta del fine ultimo autentico, come anche dei fini infravalenti, è “moralmente obbligata”, è «un “imperativo categorico”, ma non vuoto come quello kantiano», sia perché afferma il valore, sia perché riceve «efficacia esistenziale dal suo inserimento nel dinamismo della nostra naturale tendenza alla felicità»337.
Tra i vari fini infravalenti, Maritain tratta in modo particolare del bene comune della società politica. Per la persona umana, alla quale è connaturata la dimensione comunitaria, questo si presenta come un fine ultimo; tuttavia, il bene comune è un fine ultimo solo secundum quid. Il bene della comunità politica si dà infatti in un certo odine: nel momento in cui il bene comune si richiude in sé stesso, si perde come bonum honestum. In quest’ottica, bisogna tener conto del fatto che il bene perseguito in hoc statu viae, è un bene che è volto sempre, ultimamente, al bene assoluto. Per questo motivo, il filosofo francese scrive che «appartiene alla sua natura [del bene comune, come
bonum honestum] favorire i fini superiori della persona umana […] in quanto la vocazione della
persona umana a beni che la sorpassano è “inviscerata”, per così dire, nell’essenza del bene comune»338.
Nella sua opera La persona e il bene comune339 il filosofo francese scrive: «La persona stessa domanda, in virtù della sua dignità come dei suoi bisogni, di essere membro di una società. Le
336 In merito a questo argomento, cfr. la nostra III Parte, CAP. 2, Par. 2.1.10: “Verso un’analitica dell’azione: l’oggetto,
il fine, la circostanza”.
337 J. Maritain, Nove lezioni sulle prime questioni della filosofia morale, pag. 134.
338 J. Maritain, La persona e il bene comune (tit. or. La personne et le bien commun, 1946), tr. it. di M Mazzolani,
Morcelliana, Brescia 1990, pag. 39.
società animali sono denominate società o città soltanto in senso improprio. Sono dei “tutti” collettivi formati da semplici individui. La società propriamente detta, la società umana, è una società di persone; una città, in quanto è degna di questo nome, è una città di persone umane. L’unità sociale è la persona»340.
Quindi l’uomo si impegna pienamente nella comunità politica, poiché questa gli è connaturata e si configura come il fine ultimo in hoc statu viae, fermo restando che il fine ultimo assoluto è da ritrovare nella realizzazione della tendenza al bonum absolutum, che, sempre in hoc statu viae, è perseguibile dall’uomo, secondo il nostro autore, solo per via speculativa.
Maritain, riguardo quest’ultimo punto, sostiene tomisticamente la superiorità dell’intelletto speculativo su quello pratico; infatti, come sostiene peraltro Tommaso, la beatitudo – consistente nella visio beatifica –, dipende dall’intelletto speculativo, non da quello pratico. Quest’ultimo infatti, afferma Maritain, ha come objectum actionis un “bene da fare”, che non si può equiparare in alcun modo al bonum absolutum. Ora, sulla base di questa differenziazione, Maritain sostiene poi che soltanto tramite l’intelletto speculativo l’anima della persona sia in grado di assimilarsi totalmente a Dio e perseguire il fine ultimo assoluto. Mentre, attraverso l’intelletto pratico il singolo può destreggiarsi tra i vari fini infravalenti e proporzionarsi in qualche modo al Creatore. Leggiamo per l’appunto il passo di Summa Theologiae dal quale Maritain desume tale concezione: «La somiglianza dell’intelletto pratico con Dio esiste secondo la proporzionalità, nel senso che l’intelletto pratico ha con l’oggetto che conosce (e che produce nell’essere) una relazione simile a quella che Dio ha con l’oggetto della sua scienza [creatrice]. Ma l’assimilazione dell’intelletto speculativo a Dio esiste secondo l’unione o l’informazione [intenzionale]: cosa che è un’assimilazione assai più perfetta [quae est multo major assimiliatio]»341. Ora, la più perfetta
somiglianza dell’intelletto speculativo con Dio, afferma Maritain, si compie con un atto solitario dell’intelletto personale. Comunque, il bene e il fine dell’intelletto speculativo sono di per sé superiori al bene e al fine dell’intelletto pratico.
In questa tesi ritroviamo una forte esaltazione del personalismo, dottrina che ha avuto largo successo in Francia nel corso del XX secolo, e che ha evidentemente influenzato ampi aspetti dello stesso pensiero filosofico di Jacques Maritain.
340 Ivi, pag. 29.
Leggiamo nel suddetto testo: «Il bene della comunità (dico il bene autentico e vero), è superiore al bene della persona individuale nella linea dei valori terreni, secondo i quali la persona stessa è parte della comunità. Ma questi valori non eguagliano la dignità e il destino della persona: in virtù della legge di trascendenza o di travalicamento che abbiamo segnalata, la persona emerge al di sopra di questo livello dov’essa non è che parte, ed è proprio il suo bene ad essere, a questo titolo, più elevato. Eppure, ecco che a questo livello superiore essa è ancora parte di una comunità nuova, il cui bene sarà quindi a sua volta più elevato, in modo che il dictum authenticum di Aristotele risulterà di nuovo verificato, in condizioni del tutto differenti, e su di un piano totalmente diverso»342.
Questa tesi va a smentire quella tipicamente totalitarista, secondo la quale la persona dovrebbe agire “tutta nello Stato, niente contro lo Stato, niente fuori dello Stato”343.
A proposito di ciò, nella sua opera intitolata Umanesimo integrale, Maritain distingue il concetto di autentico bene comune da quello della semplice somma di beni individuali e dalla subordinazione di tutte le dimensioni della vita personale rispetto alla società politica.
Quest’ultimo concetto in particolare è da ritenere, secondo il filosofo francese, uno dei più gravi errori delle ideologie totalitariste del ‘900. Queste hanno perso di vista completamente l’essenza creaturale dell’uomo e la sua conseguente peccabilità; in merito a ciò Maritain scrive: «L’uomo, dimenticando che nell’essere dell’ordine e del bene, è Dio che ha l’iniziativa primaria e vivifica la nostra libertà, ha voluto fare del movimento suo proprio di creatura il movimento assolutamente primario, dare alla sua libertà di creatura l’iniziativa prima del proprio bene. Era quindi necessario che il suo movimento di ascensione fosse da allora separato dal movimento della Grazia, ed è perciò che l’età in argomento è stata un’età nella quale lo sforzo del progresso doveva contribuire esso stesso alla distruzione dell’umano»344.
342 J. Maritain, La persona e il bene comune, pag. 50. 343 Benito Mussolini, Discorso del 28 ottobre 1925.