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IL MALE SECONDO DIONIGI LO PSEUDO-AEROPAGITA

Nel documento Il male e la scelta umana in S. Tommaso (pagine 62-67)

In questo capitolo faremo riferimento alla teoria del male in Dionigi lo pseudo-Aeropagita, che abbiamo definito, all’inizio del capitolo precedente, come il discepolo (se non reale, almeno spirituale) di Proclo.

Dionigi, vissuto a cavallo fra il V e il VI secolo, autore del cosiddetto Corpus Dionysianum, ebbe un’ampia influenza in tutto il Medioevo latino. Tommaso stesso si rifarà molto al pensiero dionisiano, e in particolar modo all’opera De divinis nominibus, di cui ha curato un’edizione critica e commentata132. Nel corso del trattato De malo, di cui ci occuperemo nella Seconda Parte del nostro testo, troviamo copiose citazioni delle opere di Dionigi, in particolar modo il De divinis

nominibus, il De coelesti hierarchia e il De ecclesiastica hierarchia.

Rispetto al problema del male, ci soffermeremo ora sul IV capitolo del De divinis nominibus, che tratta il tema del divino come Bene in sé, e si interroga di conseguenza sull’origine del male.

In quanto discepolo di Proclo, Dionigi presenta un pensiero fortemente influenzato dal neoplatonismo. Potremmo infatti sostenere che la sua filosofia consista in una rivisitazione cristiana delle tesi neoplatoniche.

All’inizio del IV capitolo del De divinis nominibus lo Pseudo-Aeropagita riflette sul Bene inteso come nome attribuito a Dio. Secondo Dionigi Dio rappresenta infatti la stessa Bontà, che non è delimitata al mero divino soprasensibile, come i più hanno spesso inteso: Bene è in primis Dio stesso, dal quale poi deriva, per irradiazione divina, la totalità delle creature, le quali rientrano, allo stesso modo, nella dimensione della Bontà.

Dionigi sostiene infatti che tutto ha inizio per l’irradiazione del Bene; perciò tutto deriva dal bene e quindi tutto è buono.

Il Bene poi deriva il suo raggio dalla Bontà (ossia da Dio), ed è celebrato anche col nome di Luce, che si presenta come l’archetipo che si manifesta nell’immagine, ovvero l’immagine della Bontà di Dio presente nelle cose. La luce intelligibile accoglie ed unifica tutte le realtà intelligenti e razionali, purificando, con la sua presenza, chi è nell’errore.

Un ulteriore nome di Dio e quindi del Bene è la Bellezza: infatti il Bene è sia Bello che Bellezza al tempo stesso, per la bellezza che Dio elargisce a tutti gli esseri. Perciò Bello e Buono sono lo stesso Dio, e anche il non-essere è bello e buono quando si celebra in Dio. Il non essere infatti aspira ad essere in Dio in quanto Dio si colloca al di là degli esseri ed è perciò totalmente separato.

132 L’opera tommasiana di commento al De divinis nominibus di Dionigi è infatti intitolata In librum beati Dionysii de

Dionigi afferma più avanti che Dio si identifica anche nell’Amore, e quindi nella Carità. Lo pseudo- Aeropagita constata che non è infatti sbagliato denominare Dio in tal senso, visto che nel Libro

della Sapienza Salomone scrive: «Mi sono innamorato della sua bellezza»133, sebbene per la massa sia arduo attribuire il nome di Amore a Dio (poiché, nel senso comune, l’amore è riferito alla dimensione amorosa tipicamente umana).

Con il paragrafo 18, Dionigi entra nel vivo della questione sul male. È proprio in questo luogo che lo pseudo-Aeropagita, dopo aver ampiamente discusso in merito alla Bontà di Dio e quindi della totalità del reale, si chiede quale origine possa avere il male. Leggiamo infatti nel paragrafo 18: «come mai la stirpe dei demòni, derivata completamente dal Bene, non ha forma buona, oppure come mai, se è stata originata buona dal Bene, si è modificata? E che cosa l’ha resa malvagia e insomma che cos’è il male, e da quale principio è derivato e in quali esseri si trova?»134.

Anzitutto Dionigi sostiene che il male non deriva dal bene: infatti, se derivasse dal bene non sarebbe male, allo stesso modo in cui non è proprio del fuoco produrre freddo.

Inoltre, secondo lo pseudo-Aeropagita, non esiste un male ontologico, quindi un male di per sé. Infatti il male non è negli esseri, perché non è nel bene, da cui procedono gli esseri: quindi il male non è né essere, né non-essere (se fosse il non-essere assoluto infatti non esisterebbe).

Proseguendo con la ricerca sul male, Dionigi deduce che il male ovviamente non risiede nemmeno in Dio, il quale, configurandosi come la Bontà per essenza, è produttore di mere cose buone. Di conseguenza il male poi non si identifica nemmeno negli angeli, che sono manifestazione della luce di Dio.

A questo punto, lo pseudo-aeropagita propone una tesi molto significativa, che possiamo per certi versi assimilare al pensiero agostiniano, e alla quale poi si rifarà Tommaso. Dionigi afferma infatti che neppure i demòni sono cattivi per natura: essi derivano dal bene, nonostante poi se ne siano disaccati, mutando la loro natura. Infatti i demoni sono cattivi non per ciò che sono, ma per ciò che non sono; questi si originano dal Bene e sono inizialmente buoni, divengono cattivi nel momento in cui si distanziano dal bene a loro connaturato135.

133Libro della Sapienza 8, 2.

134 Dionigi lo pseudo-Aeropagita, I nomi divini, IV, 18, trad. it. di G. Regoliosi, su testo greco a cura di B. R. Suchla-G.

Heil-A. M. Ritter, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2010.

135 Dionigi scrive: «Dunque per loro il male è sviamento, allontanamento da ciò che conviene loro, incapacità di

riuscita, imperfezione, impotenza, debolezza della capacità di conservare la loro perfezione, fuga e caduta. D’altra parte, cos’è il male dei demòni? Ira irragionevole, desiderio insensato, immaginazione sconsiderata. Ma queste cose, se anche sono dei demòni, non sono del tutto cattive, né per tutti, né di per sé. Infatti per altri esseri viventi non il possesso di

Questa riflessione rientra a tutti gli effetti nella concezione filosofico-cristiana del male come

privatio boni, inaugurata in modo eminente da Sant’Agostino. Il filosofo di Ippona sosteneva, per

l’appunto, che nemmeno lo stesso Satana sia origine e sussistenza del male. Infatti, sebbene personifichi il male, lo stesso Demonio proviene dalla Bontà divina, dalla quale ha poi preso la massima distanza: esso è infatti un angelo decaduto.

A questo punto della trattazione, Dionigi apporta delle tesi che fungono da supporto alla sua considerazione.

Egli dice infatti che, se i demoni fossero cattivi per natura, sarebbero sempre stati cattivi e permarrebbero sempre nella medesima condizione; tuttavia essi sono instabili poiché non sono buoni: infatti è proprio del bene mantenere costantemente la stessa condizione. Questo ragionamento implica perciò che i demòni siano cattivi, non per natura, bensì per perdita dei beni angelici, e quindi della stessa misura: il male è infatti sinonimo di imperfezione, mancanza di riuscita, fuga e caduta.

Inoltre, come sostiene lo pseudo-Dionigi, il fatto che i demòni non costituiscano un male per natura, è provato anche dalle caratteristiche che contraddistinguono la loro stessa malvagità: essi sono malvagi in quanto possiedono un’ira irragionevole, presentano un desiderio insensato e un’immaginazione sconsiderata. Tuttavia, per altri viventi le medesime caratteristiche sono fondamentali per la propria natura, tanto che è invece la privazione delle stesse che determina per questi un male (per esempio nel leone è fondamentale l’ira, senza la quale non potrebbe aderire pienamente alla sua essenza)136.

Perciò le caratteristiche demoniache non sono di per sé cattive, ma diventano tali quando sono attribuite ad un ente che non le detiene per natura.

Quindi i demòni sono buoni in quanto vengono dal Bene, ma cattivi a causa della loro caduta. Di conseguenza le anime sono malvagie non di per sé, ma a causa della mancanza di attitudine e attivazioni dei beni, e dell’incapacità di riuscita e della caduta a causa della propria impotenza. Dionigi conclude che il male perciò non è nemmeno nella natura, ma per la stessa natura è male l’incapacità di portare a perfezione le caratteristiche ad essa congeniali.

queste cose, ma la loro privazione è per il vivente distruzione e male. Invece il possesso conserva e fa essere la natura del vivente che le possiede» (Dionigi lo pseudo-Aeropagita, I nomi divini, IV, 23).

136 Leggiamo per l’appunto: «D’altra parte, che cos’è il male dei demòni? Ira irragionevole, desiderio insensato,

immaginazione sconsiderata. Ma queste cose, se anche sono nei demòni, non sono del tutto cattive, né per tutti, né di per sé. Infatti per altri esseri viventi non il possesso di queste cose, ma la loro privazione è per il vivente distruzione e male. Invece il possesso conserva e fa essere la natura del vivente che le possiede» (Dionigi lo pseudo-Aeropagita, I nomi divini, IV, 23).

Dunque, ne consegue che il male non si trovi nemmeno nei corpi. Infatti, quelli che sono ritenuti i mali dei corpi, come la malattia o la bruttezza, sono carenza di forma e ordine, ma non privazione totale della salute o della bellezza, sono cioè una salute e una bellezza inferiori: infatti, se consistessero nella totale carenza di forma, i corpi stessi non esisterebbero.

Uno dei punti innovativi del pensiero dionisiano è che la materia non è più vista come il male, al pari di Plotino, né come un sostrato neutro, come abbiamo appurato in Proclo. La materia si configura altresì come un bene, e questo per due motivi. Innanzitutto, nonostante non abbia forma, la materia è comunque un sostrato che appartiene alla dimensione dell’essere; essendo che tutti gli esseri derivano dal bene e sono perciò buoni, essa stessa è un bene. Inoltre, la materia è il sostrato necessario al completamento dell’intero universo; essendo dunque un elemento necessario, che genera e fa crescere la natura, essa non può configurarsi come male: infatti il male in quanto tale non genera e non fa crescere, ma corrompe solamente. Ne consegue dunque che il male nelle anime non deriva dalla materia, ma da un movimento disordinato ed erroneo.

Inoltre lo pseudo-Aeropagita intuisce che il male non si può qualificare nemmeno come la privazione totale, poiché questa si identifica con il non-essere, quindi, più che male, essa è nulla. Il male si ritrova invece nelle privazioni parziali, tant’è che, mentre il Bene deriva da una sola e totale causa, il male presenta invece svariate e indefinite cause, che si individuano nella molteplicità e parzialità delle mancanze (o privazioni parziali). Questa tesi è desunta da Proclo, e diventerà molto importante per lo stesso Tommaso.

Dionigi riflette poi sul fatto che, molte volte, si cade nell’errore poiché si scambia il bene con dei falsi beni, ossia si agisce secondo ciò che si crede sia giusto, secondo un presunto scopo buono, che in realtà non lo è.

Troviamo infatti nel De divinis nominibus: «è dimostrato che altro è ciò che desideriamo e altro ciò che avviene. Ora, il male è contro la via e la meta e la natura e la causa e l’inizio e il fine e il confine e l’intenzione e l’esistenza. Pertanto il male è carenza, privazione, debolezza, incoerenza, errore, assenza di scopo, di bellezza di intelligenza, di ragione, di fine, di fondamento, di causa, di limite, di generazione, di zione, di attività, di ordine, di uguaglianza, di confine, è oscurità, insostanzialità, e di per sé assolutamente non è un essere. Come ha in assoluto qualche potere il male? Per la mescolanza col bene»137.

Come per la riflessione precedente, anche questa stessa concezione sarà fatta propria in seguito dall’Aquinate, divenendo una colonna portante del suo pensiero morale.

Lo pseudo-Aeropagita si interroga poi su come possa esistere il male se esiste la provvidenza, la quale, essendo buona, non dovrebbe permettere il male.

Tuttavia, Dionigi si risponde che la provvidenza, concedendo agli esseri la possibilità della caduta nel male, non viola così la natura, ma ci conduce alla virtù secondo la nostra volontà (che ci è data esattamente per natura), dunque provvede agli esseri in modo conforme alla loro natura, e agli uomini, dotati di libero arbitrio, in modo proporzionale a ciascuno.

Dionigi infine conclude, ribadendo che il male, non essendo un essere, non si trova in nessun luogo; esso è causato dalla debolezza, che provoca lo sviamento del desiderio, il quale di per sé desidererebbe il bene, ma desiderando il male desidera il non-essere.

Dunque, per trarre delle conclusioni, potremmo dire che lo pseudo-Aeropagita rappresenti la chiave di volta che permette il passaggio dalla filosofia greca e neoplatonica, a quella cristiana, creando una commistione delle varie riflessioni in ambito morale, riproposte in chiave cattolica.

Nel documento Il male e la scelta umana in S. Tommaso (pagine 62-67)