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2. Il contesto educativo fra spinte e cambiamento in ambito organizzativo e didattico

4.7 Conclusione

Dal quadro ricostruttivo che abbiamo delineato in questo quarto capitolo, il fenomeno della conoscenza si manifesta con la costruzione e socializzazione di ambienti didattici che si configurano come piattaforme relazionali e simboliche di un territorio organizzativo, dove ogni interazione fisica e spaziale, forma e genera conoscenza. Si tratta di un contesto modellato su significati comuni e condivisi, laddove la condivisione rappresenta il metodo e il processo di costruzione del reale e del possibile; con il primo termine intendiamo la formazione di competenze meta comunicativa e meta emotiva, con il secondo, invece, ci riferiamo alla disponibilità degli ambienti di contenere idee per l’innovazione. Da questo punto di vista, la sede, articolata nei suoi spazi, crea le basi geografiche perché ciascuno degli apprendenti si collochi con un ruolo preciso e sistematizzi un differente sistema di valori rilevabili nei comportamenti delle altre persone. Ecco allora che riconosciamo l’innovazione: di ogni nuovo contatto ci interessiamo della sua identità e della sua attività. In quest’ottica fondata sul ruolo centrale degli individui e sull’accrescimento del valore delle risorse umane, abbiamo osservato e ipotizzato gli aspetti più significativi della progettazione didattica dei luoghi dell’apprendere: lo abbiamo fatto mediante una strategia focalizzata sui bisogni dei discenti affinché ambienti knowledge based, creino e mettano nelle condizioni migliori l’allievo di fare e migliorare il profitto in classe, adeguandosi perciò ai ritmi e ai momenti della sua formazione, assicurando in questo modo funzionamento e coerenza fra livello organizzativo e didattico, fra metodo e processo didattico, fra comunicazione e traguardo. Come presupposto e fondamento teorico, questi luoghi, quindi, si basano su un’idea di contatto fra storie differenti che rappresentano il contenuto micro contestuale, intangibile e visibile, che adorna e impreziosisce strategie e decisioni, risultati e valutazioni (Quaglino, 2004). Nel fare questo, utilizziamo un linguaggio comune, quello fisico e spaziale, con il fine di stabilire le premesse dell’incontro, del dialogo e di aggregare i soggetti apprendenti a una narrazione contestuale, secondo una dimensione emotiva, affettiva e cognitiva, capace di generare una trama autentica che, composta di relazioni, tende a modificare le sinergie con gli ambienti, includendoli in una prospettiva aumentata della realtà di studio, di costruzione del proprio progresso conoscitivo, di specificazione di se stessi e delle differenze degli altri. Da questo angolo di lettura, l’ambiente didattico è stabile nel creare legami forti, spesso non immediati, ma in sintonia con le strategie personali di relazione con la lingua straniera, con la motivazione dell’allievo ad apprendere, a comunicare e interpretare una nuova visione del mondo. Pertanto, tali spazi si caratterizzano per la precarietà in quanto fondati per ricercare e indirizzare le persone verso un accumulo di conoscenza e di abilità che legittimano la natura in fieri dei processi di apprendimento.

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PARTE 2:

LA RICERCA

                               

Introduzione alla ricerca-azione

La relazione tra cultura e sistema si manifesta a livello fisico prevalentemente in base a due elementi: materia e forma. Espressioni di un modello organizzativo di conoscenza, entrambi i fattori si visibilizzano come riferimenti semantici di un ambito culturale distintivo. In quest’ottica lo spazio della conoscenza acquista una dimensione segnica in cui si intrecciano e si contaminano, in maniera fluida (Bauman, 2002), esperienze di crescita, ambiti di lavoro, tecniche e movimenti circolari di conoscenza e di produttività, divenendo parte di un sistema dominante il territorio. Da questa prospettiva, il territorio si fa sistema e, nello stesso tempo, luogo dove stimoli di provenienza diversa, equilibri e migrazioni, divenendo patrimonio permanente e connettivo, trovano posizione. All’interno di questa area, ogni istituzione che acquisisce e genera conoscenza, acquista una parvenza estetica, una sua definizione diffusa, forte, con uno slancio che segue i processi sociali, interpretando e producendo con le sue attività, senso (Pine, Gilmore, 2000).

Nell’evoluzione appena tracciata, la cultura si rende possibile dapprima come condizione del territorio di essere connesso con una forma linguisticamente accessibile e costruttiva, poi come manifestazione tecnologica intensiva, materiale e funzionale a ogni visione fondativa e di appartenenza alla realtà urbana (Orletti, 2009). In termini concreti, la conoscenza occupa uno spazio e si rende al sistema-territorio come luogo determinato in cui si raccolgono eventi culturali, formativi e linguistici in grado di qualificare e accrescere la qualità della vita urbana. Lo spazio culturale, perciò, è fondamentalmente vissuto e costruito con nuovi materiali che ci danno la dimensione del prodotto intangibili. La realtà del bisogno immateriale supera quella materiale (Biamonti, 2007), ma per essere presente ai nostri occhi, necessita di uno scenario, prima di tutto, e di un ordine progressivo alla dimensione teorica del progetto. Servono strumenti, criteri in grado di creare, misurare e dare forma adattabile a una diversa categoria culturale che si pone l’obiettivo di possedere una sua fisicità, di averne esperienza, fisica e sensoriale, emotiva e cognitiva, attraverso ciò che lo circonda attorno. L’adattabilità, la flessibilità, l’uniformità, rappresentano alcune delle coordinate sulle quali impostare una progettazione attenta e mirata del luogo culturale inteso come palcoscenico (l’istituzione erogatrice, gli ambienti didattici, l’aula come fulcro della meta progettazione) in cui transitano uomini e nuove idee. Lo spazio culturale, quindi, trae linfa dall’intensità delle interazioni con il vicino e il lontano (Berthoz, 1998). Un’apertura al nuovo e al diverso che coincide con la forma stessa della trama fisica e architetturale che compone essenzialmente la categoria dell’esperienza linguistica; benché interna a un perimetro segnato dalla presenza di esistenze distintive e aggregate, il disegno spaziale crea le condizioni di un’azione concreta, offrendosi contestualmente a ogni individuo quanto alla comunità di apprendenti come valore sempre rinnovato e differente per “saper essere soggetti” che si riconoscono in uno spazio glocale nel quale occorre collocare se stessi, e per “saper fare” attraverso strategie linguistiche di avvicinamento (Baccarini, 2009). Da questa prospettiva, l’istituzione nella sua dimensione fisica e interezza, diventa risorsa di relazione. Per conseguire una tale meta, bisogna essere in mezzo alla complessità della vita, avere accesso al confronto e alla sperimentazione continua, proponendo soluzioni e dialoghi stabili e distribuitivi un meta progetto. Sulla base di questi presupposti che evidenziano l’insieme sinergico tra organizzazione culturale e contesto urbano, apriamo la seconda parte della tesi volta a mostrare il luogo effettivo della ricerca e interpretare i dati ottenuti. Questi ultimi si dispongono nell’ambito dell’ambiente didattico dell’Istituto italiano di cultura di Tokyo in Giappone, le cui iniziative crescono in modo pianificato in seno a un’operazione di marketing

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didattico che consente di rendere attivi tutti i protagonisti sociali nella realizzazione personale del proprio apprendimento. Pertanto, a partire da questo quinto capitolo, vogliamo proporre le ragioni di questa scelta che ci ha portato a identificare l’Istituto in oggetto come luogo di sperimentazione della ricerca; nei capitoli successivi, inoltre, proseguiremo lungo questo tracciato e mostrando i fondamenti teorici di alcuni strumenti quali interviste, questionari e framework delle interazioni, indagheremo i risultati ottenuti dalla loro somministrazione agli studenti adulti che frequentano i corsi di lingua italiana presso tale organismo. L’obiettivo è di avere un quadro generale e ampio del ciclo di conoscenza sviluppato in maniera organizzata attorno a questi ambienti IIC; in particolar modo, i dati ottenuti, contribuiranno a indagare se il ciclo di conoscenza sfrutta l’organizzatività degli ambienti didattici e se, in concreto, questi ultimi generano un impatto sulla qualità della vita didattica della classe d’italiano, costituendo così una variabile emotiva e metodologica della pratica didattica al punto da incidere sulla performance dell’allievo. Infatti, gli input ricavati ci permetteranno di sottolineare il ruolo dell’organismo spaziale nell’insegnamento/apprendimento della lingua italiana come lingua straniera e cogliere da essi dei presupposti per associare agli ambienti nuove strategie di apprendimento in grado di utilizzare e valorizzare la dimensione dell’apprendente, a partire dalle relazioni che gli studenti possono intrattenere, beneficiando di un contesto qualitativamente motivante.

5. Un’indagine sull’insegnamento dell’italiano come lingua straniera: