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L’attività contrattuale pubblica è sottoposta, come parte dell’azione posta in essere dalle amministrazioni per i fini istituzionali, agli indirizzi politici; proprio nella valutazione dei risultati rileva la capacità di dare attuazione agli obiettivi e alle preferenze della politica pubblica quindi, oltre all’efficienza e alla economicità, viene considerata anche l’efficacia. L’amministrazione, nell’esercizio dei poteri discrezionali, dovrà garantire agli interessi che si trova di fronte parità di trattamento e neutralità nell’aggiudicazione del contratto, dovrà motivare la scelta fatta spiegando che è la più vantaggiosa per se e per il proprio interesse.

L’interesse all’effettività della concorrenza tra gli operatori economici in un mercato unico è l’interesse oggettivo di natura innanzitutto comunitaria e di conseguenza anche l’interesse alla trasparenza e all’affidabilità divengono centrali nelle relazioni di mercato. L’amministrazione si presenta sul mercato col potere di autodeterminazione proprio della sua autonomia negoziale, i suoi comportamenti devono rispettare i principi di correttezza e buona fede. Gli

interessi che la stessa deve realizzare sono previsti dalle leggi e sono proprio questi interessi che rendono l’azione dell’amministrazione rilevante anche per i terzi estranei al rapporto contrattuale posto in essere. Quest’ultimi sono perciò in grado di far valere i principi di imparzialità, non discriminazione e convenienza amministrativa che, a prescindere dall’invalidità del contratto, mettono in gioco la responsabilità personale del pubblico funzionario in modi non conosciuti dagli operatori privati.

L’interazione del pubblico con il privato cambia, si ha l’affievolimento della separazione a favore della condivisione di progettazione e realizzazione degli interventi, di modelli organizzativi e di finanziamento, di assunzione dei rischi connessi e di apporti delle conoscenze necessarie, dove spesso è il soggetto privato il motore dell’iniziativa. Si registra una maggiore attenzione alla qualità dei servizi da prestare alla collettività, raggiunta attraverso lo spostamento della posizione dell’amministrazione da quella di proprietaria delle opere e in genere dei beni necessari all’erogazione del servizio, ad acquirente dei servizi stessi, di cui sono maggiormente definite le caratteristiche e gli standard. Gli operatori economici sono messi in concorrenza, sono impegnati non solo nella progettazione, realizzazione e mantenimento dell’opera, ma anche nel suo finanziamento e nell’assunzione del rischio legato al profitto ottenibile dal servizio gestito, il cui costo è a carico degli utenti; tutto ciò

si realizza nell’ambito di un accordo per il quale è prevista una lunga durata.

Il notevole ampliamento che si ha negli ordinamenti dell’impiego delle figure riconducibili al partenariato pubblico-privato ha posto questioni circa l’assetto competitivo dei mercati rilevanti, esse infatti costituiscono lo sviluppo e l’evoluzione di figure anche tradizionali come la concessione di costruzione e gestione di opere pubbliche. Nell’ordinamento italiano l’assimilazione tra figure di partenariato e ordinari moduli contrattuali di mercato si è spinta fino alla ricomprensione di alcune delle prime nell’ambito del quadro di regolamentazione disposto con il codice dei contratti, è il caso del leasing pubblico, del project financing e del contratto di sponsorizzazione.

Sul tema del partenariato contrattuale si sono manifestate sovrapposizioni disciplinari e di livelli regolatori. Da parte del diritto sovranazionale viene dato l’impulso alla definitiva contrattualizzazione della concessione. Si vuole spostare il ruolo dell’amministrazione nella direzione di funzione di controllo sulle realizzazioni del soggetto privato in esecuzione di un progetto contrattuale così come delineato dall’interazione tra le parti, cominciata già nella fase di selezione del contraente e che determina una convergenza di interessi, destinata a protrarsi durante tutto l’arco di realizzazione dell’operazione economica. Non appena, con lo sviluppo e la diffusione degli istituti di partenariato, si sono allargate l’area e la qualità del

coinvolgimento dell’operatore, si è posta la questione di una limitazione dei settori di attività, tra gli ambiti propri delle pubbliche amministrazioni.

Il legislatore italiano ha preferito un’impostazione incentrata sulla finalità di contenimento della spesa, sia in termini di economie gestionali, che di riduzione del personale e nel rispetto dei principi di trasparenza e concorrenza. Si ha un’asimmetria tra regolazione sovranazionale e nazionale in quanto, nell’ordinamento nazionale, il recepimento e il riordino in materia di concessioni avvengono all’interno di uno stesso testo insieme alla disciplina dell’appalto, mentre a livello europeo questo tipo contrattuale viene distinto. In passato l’aspetto critico della disciplina europea riguardante tale rapporto consisteva nel sottovalutare il reale valore della fattispecie economico-giuridica attuata con la concessione, quando ha per oggetto il servizio pubblico, in quanto la relazione tripolare che si instaura tra amministrazione-gestore-utenti veniva riportata, nella sostanza, ad una bipolare, nella quale non venivano presi in considerazione gli utenti. Visto che la suddetta assimilazione a livello europeo viene superata, visto che l’art. 2 e l’art. 4 della direttiva 23 ribadiscono il principio della libertà di amministrazione133, ossia dell’autonomia degli Stati nella definizione, organizzazione e gestione dei

133 Cons. di Stato, VI, n. 1034/2016 per l’applicazione del principio di libera

amministrazione delle autorità pubbliche e di equiordinazione tra le diverse modalità di gestione.

servizi di interesse economico generale134, il legislatore nazionale avrebbe potuto valorizzare la posizione dell’amministrazione di responsabile ultimo del servizio pubblico e dei relativi principi di eguaglianza, continuità, qualità, in modo da superare definitivamente la configurazione autoritativa dell’istituto concessorio. Invece il decreto delegato si è limitato a riportare nell’art. 166, comma 1, la previsione europea che sancisce la libertà di organizzazione delle procedure contrattuali da parte delle amministrazioni aggiudicatrici e la previsione europea che, nell’ambito del principio di libera amministrazione, consente di individuare il modo migliore per garantire un elevato livello di qualità, sicurezza ed accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici.

134 Il d. lgs. n. 50/2016 all’art. 164, comma 3, riporta quanto affermato dall’art. 4,

par. 2, direttiva 23, ossia che i servizi non economici di interesse generale non rientrano nell’ambito di applicazione della parte del decreto dedicata alla disciplina delle concessioni.

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