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Il recepimento dell’intervento comunitario

Inevitabilmente il legislatore nazionale si trova a dover affrontare la questione del recepimento dell’intervento comunitario nell’ordinamento interno, perciò innanzitutto devono essere individuati gli spazi lasciati alle scelte degli Stati e i soggetti a cui viene dato il potere di scelta.

Nelle direttive sono presenti vari tipi di norme che incidono in maniera diversa sugli ordinamenti nazionali. Possiamo notare l’esistenza di norme obbligatorie, con effetti cogenti per gli Stati, che molte volte vanno a prevedere direttamente obblighi a carico delle amministrazioni o degli operatori economici. Questo tipo di norma si ha con riferimento al metodo di calcolo relativo alle soglie del valore economico dei contratti per la loro sottoposizione alle direttive53, si ha per la determinazione delle specifiche tecniche e dei requisiti delle prestazioni richieste, per quanto riguarda gli obblighi di pubblicità della procedura e per l’individuazione delle fattispecie sottratte al vincolo del bando, nonché per la durata del rapporto concessorio.

Un secondo modello fa riferimento alle norme delle direttive che impongono agli Stati membri di disciplinare una materia e al momento del loro recepimento l’ampiezza della scelta del legislatore nazionale sul come disciplinare la materia varia a seconda dei casi. Il livello della scelta è il

53 L’art. 8 della direttiva 23 stabilisce la stessa soglia per le concessioni di lavori e di

più ampio quando le direttive si limitano a sancire i principi fondamentali54; la scelta invece è ridotta quando a livello comunitario vengono previste delle opzioni regolatorie e vengono indicate le principali modalità di attuazione della disciplina55.

Si verifica anche la situazione in cui le norme attribuiscono agli Stati membri la scelta sui modi di recepimento di singoli punti della disciplina, dandogli anche la facoltà di introdurre norme di specificazione, integrazione e attuazione delle disposizioni europee56. In altri casi gli Stati membri hanno come unica scelta quella di stabilire norme di divieto o di limitazione per quanto riguarda le facoltà attribuite alle stazioni appaltanti, oppure di prevedere modi specifici per l’esercizio di quelle facoltà. Vediamo come con riferimento al criterio di aggiudicazione del contratto la direttiva 23 sancisce prescrizioni non molto puntuali, si limita infatti ad affermare che le concessioni devono essere aggiudicate con criteri oggettivi, che comprendono anche criteri ambientali, sociali o di innovazione, come anche il criterio del ciclo di

54 Ciò si verifica per la disciplina dell’affidamento dei contratti per servizi sociali, ex

art. 19, direttiva 23. Ci si limita per le concessioni di servizi sociali agli obblighi di pubblicità ex ante ed ex post rispetto all’aggiudicazione e alla garanzia dei mezzi di tutela, fermo restando che gli Stati dovrebbero varare per l’aggiudicazione di queste concessioni le misure volte a bilanciare il rispetto dei principi fondamentali con la specificità di questi servizi (Considerando n. 53).

55 Ciò si verifica per la disciplina dei conflitti d’interesse e della risoluzione dei

contratti, rispettivamente ex art. 35 ed ex art. 44, direttiva 23.

56 Si verifica per la disciplina delle concessioni riservate ex art. 24, direttiva 23 e per

vita del prodotto, tali da permettere la valutazione delle offerte in un sistema di concorrenza effettiva, in modo da far ottenere un vantaggio economico complessivo per l’amministrazione. Analizzando le direttive vediamo che queste contengono anche norme che attribuiscono direttamente alle amministrazioni aggiudicatrici la scelta circa le modalità di attuazione delle stesse57.

Ci sono anche disposizioni che attribuiscono, in maniera alternativa agli Stati membri o alle amministrazioni aggiudicatrici, il potere di scelta nell’attuazione. In questi casi a livello nazionale o viene prevista per le amministrazioni aggiudicatrici la possibilità di scegliere se operare o meno seguendo certe regole o modalità di condotta, oppure lo Stato di appartenenza può decidere di imporgli di operare secondo le regole o le modalità indicate. Esempio ne sono le norme relative a diverse cause di esclusione il cui recepimento è facoltativo58 e anche quelle riguardanti le condizioni e le modalità del subappalto sia per la fase dell’aggiudicazione che per quella dell’esecuzione del contratto59.

57 Si verifica nell’art. 26, par. 2, direttiva 23 la quale prevede che “le

amministrazioni aggiudicatrici possono specificare nei documenti di gara le modalità con cui i raggruppamenti di operatori economici devono ottemperare ai requisiti in materia di capacità economica e finanziaria o di capacità tecniche e professionali di cui all’art. 38, purché ciò sia proporzionato e giustificato da motivazioni obiettive”.

58 Art. 38, par. 7, direttiva 23. 59 Art. 42, parr. 2,3 e 4, direttiva 23.

Il legislatore nazionale, avendo presente i diversi tipi di norme contenute nelle direttive, deve decidere come farle confluire nell’ordinamento nazionale. Nella scelta relativa all’orientamento da adottare deve tenere sempre presente il principio fondamentale in base al quale amministrare significa scegliere responsabilmente, utilizzare la flessibilità necessaria per realizzare l’interesse pubblico in contesti diversi60. Ecco che il legislatore nazionale può decidere di fissare canoni predefiniti in grado di vincolare le amministrazioni, allo scopo di conseguire il più possibile un equilibrio, anch’esso predefinito, tra i vari interessi pubblici presenti, realizzando così l’obiettivo dell’omogeneità dei comportamenti contrattuali delle amministrazioni aggiudicatrici. L’altra opzione a disposizione del legislatore è quella di consentire la formazione di un sistema di scelte decentrato, tale da incoraggiare la consultazione e il confronto tra le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici, in modo da realizzare l’esigenza di flessibilità.

Nel decidere quale sistema di recepimento sia più conforme alle esigenze nazionali il legislatore deve anche tenere in considerazione la situazione presente in Italia dove l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici denuncia che la troppa regolamentazione provoca un’eccessiva

60 Pajino A., La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell’economia e contrasto alla corruzione, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2015, 1127 ss., 1136.

burocratizzazione della materia, in un settore, quello dei contratti pubblici, che richiede invece strumenti normativi snelli e facilmente applicabili. Questa eccessiva regolamentazione genera un notevole contenzioso che influisce sui tempi di esecuzione del contratto e di conseguenza determina un aumento dei costi. Ciò ovviamente si ripercuote negativamente sull’innovazione che è uno degli scopi principali della concorrenza61. Anche la stessa Corte di giustizia europea nella sentenza Sintesi arriva ad enucleare il principio per cui se il legislatore nazionale fissa, in termini generali e astratti, dei criteri sempre e comunque applicabili, impedisce alle amministrazioni aggiudicatrici di valutare e prendere in considerazione le caratteristiche specifiche dei singoli casi, al fine di adottare per ognuno di essi il criterio più idoneo a garantire la libera concorrenza e a selezionare la migliore offerta62.

Fino a questo momento le direttive europee sono state oggetto di un recepimento complesso, svoltosi su di un piano pubblicistico che risolveva al suo interno le tensioni tra i vari interessi pubblici e privati in gioco. Nel nostro sistema l’impiego del criterio della flessibilità come base del

61 Il Cons. di Stato nel parere n. 855/2016 parla di mancato raggiungimento degli

obiettivi di chiarezza e sistematicità, di aumento del contenzioso e dei costi amministrativi per le imprese.

62 Corte di Giustizia CE 7 ottobre 2004, in causa C-247/02. Caranta R., Cosmin

D.D., La mini rivoluzione del diritto europeo dei contratti pubblici, in Urb. e app., 2014, 493 ss.

recepimento si può avere tenendo sempre in considerazione le problematiche presenti, valorizzando la funzione di vigilanza-regolazione attribuita ad una Autorità esterna al circuito politico-amministrativo e indipendente, la quale si trova così ad avere poteri direttivi, autorizzatori, correttivo- integrativi, informativi, ispettivi e sanzionatori e che opera con autonomia di giudizio. Lo scopo del recepimento dell’intervento legislativo del 2014 è quello di rimediare al fallimento del precedente codice dei contratti pubblici che ha provocato una eccessiva regolamentazione dell’attività contrattuale pubblica e non è stato in grado di mantenere ordine nella disciplina di fronte alle molteplici interferenze dei diversi settori amministrativi o per le più varie finalità pubbliche.

Il fine ultimo è quello di creare un mercato di beni e servizi pubblici efficiente ed è realizzabile solo facendo in modo che gli operatori economici, con cui le amministrazioni contrattano, siano affidabili e in grado di apportare innovazioni63 e facendo in modo che le amministrazioni

63 In merito alla necessità di innovazioni dispone nello specifico la direttiva 23,

recepita dall’art. 173, comma 3. d.lgs. n. 50 del 2016 secondo il quale se la stazione appaltante riceve un’offerta che propone una soluzione innovativa con un livello straordinario di prestazioni funzionali che non avrebbe potuto essere prevista usando l’ordinaria diligenza, può, in via eccezionale, modificare l’ordine dei criteri di aggiudicazione di cui al comma 2, per tenere conto di tale soluzione innovativa. In tal caso, la stazione appaltante informa tutti gli offerenti in merito alla modifica dell’ordine di importanza dei criteri ed emette un nuovo invito a presentare offerte nel termine minimo di ventidue giorni di cui al comma 2, terzo periodo. Se i criteri di aggiudicazione sono stati pubblicati al momento della pubblicazione del bando di

aggiudicatrici risultino essere buoni acquirenti. Ciò viene facilitato dalla creazione di black lists di operatori economici e stazioni appaltanti che hanno dimostrato di non avere le capacità necessarie ad operare in maniera ottimale sul mercato e di white lists dei soggetti che sono specializzati nel settore dei contratti pubblici. Tutto questo è possibile soltanto usando strumenti e modalità che consentono di centralizzare le informazioni, in un contesto di mercato dove non si hanno barriere di accesso e dove le amministrazioni aggiudicatrici e gli operatori economici possono dialogare sempre nel rispetto dei principi di imparzialità e di concorrenza.

concessione, la stazione appaltante pubblica un nuovo bando di concessione, nel rispetto del termine minimo di trenta giorni di cui al comma 2, secondo periodo. La modifica dell’ordine non deve dar luogo a discriminazioni.

Capitolo IV

LA CONCESSIONE COME FORMA DI

PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO

1. La lotta alla corruzione.

Il legislatore nazionale davanti all’obbligo comunitario di dare attuazione alle direttive 23/2014, 24/2014, 25/2014 approva la legge n. 11 del 2016 che contiene la delega al Governo per la loro attuazione e per il riordino della disciplina relativa ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Il Governo sceglie di adempiere alla delega con un unico decreto delegato ed adotta il d. lgs. 18 aprile 2016, n. 50 entro la data fissata dal legislatore europeo per il recepimento da parte degli Stati membri. Viene scelto di nuovo di adottare la stessa sede per la disciplina di appalti e concessioni, nonché delle altre forme di partenariato pubblico-privato.

Il legislatore nazionale favorisce la partecipazione alle procedure contrattuali delle piccole e medie imprese, autorizzando l’introduzione di misure premiali per concessionari e appaltatori che coinvolgono tali imprese nell’esecuzione dei contratti. Le amministrazioni concedenti sono obbligate a consentire l’integrazione documentale non

onerosa per ogni aspetto formale della domanda che non riguardi l’oggetto di valutazioni di merito dell’offerta64. Il diritto europeo e la normativa nazionale di recepimento prevedono una disciplina molto più rigida rispetto al passato per quanto riguarda la lotta alla corruzione e l’integrità dell’attività contrattuale pubblica. La scelta di mantenere una disciplina unica per i contratti pubblici, con il rinvio alle figura generale degli appalti dalle figure speciali delle concessioni e partenariati, provoca una diminuzione delle differenze con qualche aggravamento per la disciplina delle concessioni. Il legislatore nazionale ha elaborato un testo formato da 220 articoli e 25 allegati che delineano una disciplina sufficientemente organica. Viene valorizzato il ruolo dell’ANAC come autorità di vigilanza-regolazione indipendente ed è ampliato il suo potere di soft law per garantire un’integrazione ed un adeguamento flessibile e tempestivo del regime vigente, ai fini di efficacia e qualità dell’attività contrattuale pubblica.

La legge n. 11/2016 e il d. lgs. n. 50/2016 affidano la qualificazione delle stazioni appaltanti e delle centrali di committenza all’Autorità nazionale anticorruzione, a ciò consegue una professionalizzazione dei compiti all’interno delle pubbliche amministrazioni. Si ha la creazione da parte dell’ANAC di un insieme di garanzie di affidabilità degli operatori economici basato anche su aspetti reputazionali. Questo insieme di cambiamenti viene realizzato nell’ambito

di un quadro che ricomprende anche elementi volti ad assicurare la trasparenza e l’integrità dell’attività contrattuale pubblica, come la formazione di un albo nazionale tenuto dall’ANAC per la nomina dei commissari di gara per l’aggiudicazione, la valorizzazione della qualità della progettazione, la limitazione delle varianti in corso di esecuzione e le incompatibilità tra le diverse funzioni nell’ambito della vicenda contrattuale. Tali innovazioni devono essere in grado di salvaguardare i vari interessi pubblici e privati coinvolti nella vicenda contrattuale, devono far fronte ai rischi di prezzo, di esecuzione, di corruzione, derivanti dai comportamenti opportunistici degli operatori economici, in modo tale da determinare una riduzione delle asimmetrie informative esistenti e un aumento del benessere delle parti dei contratti pubblici. L’ANAC nell’ambito di tali innovazioni ha un ruolo importante, ha sia funzioni volte a garantire l’efficienza del mercato, sia funzioni volte a prevenire e controllare la corruzione. Nella nuova disciplina però vengono in evidenza delle carenze e degli elementi contrastanti nel ruolo di tale Autorità, possiamo notare come alla unificazione delle banche dati presso di essa viene sottratta quella relativa all’accertamento dei requisiti generali degli operatori economici, trasferita al Ministero delle infrastrutture65. Inoltre la legge delega dispone che le linee

65 Cantone R., Merloni F., La nuova Autorità Nazionale Anticorruzione, Torino,

guida generali da essa formulate sono soltanto la proposta di un atto finale da formalizzare con decreto del Ministro delle infrastrutture, ciò provoca la trasformazione dell’ANAC in organismo di collaborazione con Governo e Parlamento66 e determina la trasformazione delle linee guida generali in linee guida interpretative e di indirizzo adottate facoltativamente dal Ministero. Questo non corrisponde alla necessità, richiesta dall’ordinamento sovranazionale, della separazione dei ruoli tra chi pone le regole della competizione e chi prende parte ad essa. È proprio in funzione di questa separazione dei ruoli che le competenze relative alla vigilanza sulla imparzialità e sulla razionalità economica dell’azione amministrativa devono essere assegnate ad un’amministrazione necessariamente distante dalla politica; grazie a tali competenze possono essere assunti impegni ed essere formulate minacce nei confronti degli operatori economici, in modo tale da contribuire alla formazione della loro reputazione davanti a stazioni appaltanti integre e professionali.

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