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L'evoluzione della concessione di opera pubblica fino all'attuale disciplina codicistica

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

CORSO DI LAUREA SPECIALISTICA IN GIURISPRUDENZA

TESI DI LAUREA

L’EVOLUZIONE DELLA CONCESSIONE DI

OPERA PUBBLICA FINO ALL’ATTUALE

DISCIPLINA CODICISTICA

Relatore:

Chiar.mo Prof. ALFREDO FIORITTO Correlatore:

Chiar.mo Prof. LUCA RIGHI

Candidato: ELISA CARTEI

Anno Accademico 2016 - 2017

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INDICE

INTRODUZIONE………..1

Capitolo I LA CONCESSIONE NELLA POLITICA DEI LAVORI PUBBLICI 1. Perché nasce l’istituto della concessione………...5

2. Lo Stato e la realizzazione delle opere……….6

2.1 Le opere………..6

2.2 Il problema della spesa………...7

2.2 La concessione come concorso nella spesa………9

3. Il finanziamento delle opere………...10

4. La concessione come strumento di politica dei lavori pubblici…..12

4.1 I lavori pubblici e la disoccupazione………12

4.2 La competenza statale………...13

4.3 Gli organi dello Stato………14

4.4 L’esecuzione delle opere………...24

Capitolo II L’EVOLUZIONE NORMATIVA 1. La concessione di sola costruzione……….29

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2. L’influenza europea sullo sviluppo normativo………...38

3. La disciplina speciale………..46

Capitolo III DALL’INTERVENTO EUROPEO DEL 2004 ALL’INTERVENTO EUROPEO DEL 2014: I CAMBIAMENTI 1. Gli effetti del pacchetto legislativo europeo del 2004………52

2. Le innovazioni del pacchetto legislativo del 2014………..58

3. Il recepimento dell’intervento comunitario……….61

Capitolo IV LA CONCESSIONE COME FORMA DI PARTENARIATO PUBBLICO-PRIVATO 1. La lotta alla corruzione………...68

2. Il rischio………..71

3. La durata……….76

4. I soggetti……….78

4.1 Il concedente……….78

(4)

5. I requisiti……….84

5.1 I requisiti generali……….84

5.2 I requisiti speciali………..85

5.3 I requisiti morali………....87

5.4 L’avvalimento………91

6. Il responsabile del procedimento………92

7. La determinazione a contrarre……….93

8. La programmazione e la progettazione………...96

Capitolo V DALLA SCELTA DEL CONTRAENTE ALL’ESECUZIONE DEL CONTRATTO 1. La scelta del contraente……….102

1.1 I modi di scelta………102 1.2 Le procedure aperte………105 1.3 Le procedure ristrette………..106 1.4 Le procedure negoziate………...108 1.5 Il dialogo competitivo………..110 2. Il bando……….112 2.1 La lex specialis………112 2.2 L’interpretazione……….113 2.3 La pubblicazione……….114

(5)

3. L’offerta………....115

4. L’aggiudicazione………...124

5. La stipulazione del contratto……….130

6. L’esecuzione………..132

(6)

INTRODUZIONE

L’originario carattere pubblicistico della disciplina nazionale delle concessioni e dei contratti pubblici in genere risulta evidente dalla semplice lettura delle norme, secondo l’art. 37, c. 1, del r.d. 23 maggio 1924, n. 827, contenente il regolamento di contabilità, “tutti i contratti dai quali derivi entrata o spesa dello Stato debbono essere preceduti da pubblici incanti, eccetto i casi indicati da leggi speciali e quelli previsti nei successivi articoli”; la previsione ha il suo fondamento nel fatto che la procedura con l’incanto è quella per cui, sulla base di apposito avviso d’asta o bando di gara, la pubblica amministrazione aggiudica il contratto al miglior offerente, ossia a colui che ha indicato il prezzo più basso, massimizzando la finalità di risparmio o di guadagno per l’amministrazione. Come possiamo notare la centralità acquisita in questo settore dalla normativa sovranazionale non risale alle origini della Costituzione ma è dovuta allo sforzo interpretativo volto ad allargare il raggio di azione dei principi di tale ordinamento. Ciò ha portato ai primi interventi attraverso direttive, volte ad eliminare le restrizioni create dai limiti presenti nelle legislazioni nazionali.

L’interesse contrattuale dell’operatore economico è l’interesse soggettivo alla massimizzazione del profitto o quanto meno all’acquisizione di una posizione rilevante in un segmento del mercato stesso. L’interesse contrattuale del

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soggetto pubblico è innanzitutto l’interesse soggettivo alla massimizzazione della convenienza finanziaria relativa all’erogazione del denaro pubblico conseguente alla stipulazione di un contratto passivo per l’amministrazione. La conformità del comportamento in sede di contrattazione e di esecuzione del contratto del soggetto pubblico alle vincolanti norme procedurali e alle altre disposizioni stabilite a partire dalla normativa di contabilità dello Stato ed in genere dalla disciplina pubblicistica è garanzia dell’impiego economico delle risorse iscritte nelle poste del bilancio dell’ente pubblico. Dalla correttezza formale del comportamento contrattuale della parte pubblica deriva la garanzia della diligenza, lealtà e correttezza dell’agire dei pubblici funzionari incaricati di operare con lo strumento negoziale di diritto privato, evitando così rischi di compromissione dell’efficiente allocazione delle risorse pubbliche. Il vincolo di bilancio è strumentale rispetto all’interesse di acquisire dal mercato beni o prestazioni necessari per la realizzazione dell’interesse pubblico. Solo negli anni ottanta si arriva alla consapevolezza della rilevanza dal punto di vista economico delle risorse impiegate per la realizzazione dei lavori e quindi della necessità di un intervento della politica comunitaria in materia, per la creazione di un mercato interno effettivamente aperto senza discriminazioni all’accesso e conseguentemente alla concorrenza tra le imprese dei vari Stati nazionali. Ecco che viene sviluppato un corpo

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normativo eccezionalmente esteso anche agli istituti di tutela degli interessi privati presenti nel settore mediante rimedi di ordine costitutivo, cautelare e risarcitorio, volto a realizzare i principi di non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza; tale corpo normativo si combina con le innumerevoli pronunce della Corte di Giustizia in materia. Il codice dei contratti pubblici ha indicato tra i principi dell’affidamento ed esecuzione di opere e lavori, di servizi e forniture pubbliche, la garanzia della qualità delle prestazioni, che si affianca a quello della certezza delle stesse.

Il mercato dei lavori e delle forniture pubbliche rappresenta uno dei mercati maggiormente regolamentati ai fini di garantire l’effettività della sua apertura e del suo assetto concorrenziale, da una disciplina che trova per lo più la sua matrice nell’ordinamento sovranazionale e che si è posta l’obiettivo di realizzare un determinato ordine tra i soggetti operanti sul mercato, incentivando la sostituzione del precedente regime con uno che attraverso l’uso strumentale e indifferenziato di diritto pubblico e di diritto privato, è sempre più orientato a rendere effettiva la concorrenza nel mercato stesso, a prescindere dalla nazionalità degli operatori economici. Ne risulta che regolazione e concorrenza sono due aspetti reciprocamente collegati nella conformazione dello stesso complesso di rapporti economici.

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In tale contesto però si ha la sensazione di un sovraccarico regolatorio, l’aspetto critico nella relazione tra i due livelli disciplinari, sovranazionale e nazionale, è determinato dalla tendenza della seconda di restringere la trama disegnata dalla prima. Tali elementi di criticità portano con se il rischio di un insuccesso della stessa regolazione, non solo perché i costi di transazione non vengono abbattuti, ma anche perché si ha un modesto risultato per quanto riguarda l’incentivo all’innovazione, sia sotto forma di miglioramento della qualità dell’offerta che di accesso di nuovi operatori nel mercato, che di miglioramento della capacità di acquisto delle prestazioni da parte delle amministrazioni, e in definitiva di incremento del benessere congiunto. Tutto ciò inevitabilmente porta ad un riordino normativo resosi necessario per dare applicazione alle nuove direttive comunitarie e che da vita ad un nuovo codice dei contratti pubblici contenuto nel d. lgs. n. 50 del 2016.

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Capitolo I

LA CONCESSIONE NELLA POLITICA

DEI LAVORI PUBBLICI

1. Perché nasce l’istituto della concessione.

Da sempre lo Stato e la Pubblica Amministrazione in generale ha avuto il dovere di perseguire scopi di interesse pubblico al fine di realizzare le esigenze della collettività, in molti casi questo si verifica attraverso la costruzione di opere o l’esecuzione di lavori. L’istituto della concessione ha ad oggetto la realizzazione di opere o l’esecuzione di lavori, questo perché il lavoro, affidato in concessione, non determina necessariamente la nascita di un’opera. La normativa relativa a tale istituto si applica da un lato alle pubbliche amministrazioni proprie ed a soggetti attinenti alla sfera pubblica non aventi necessariamente veste pubblicistica e dall’altro a soggetti privati, cioè i privati esecutori di lavori di edilizia per certe categorie di opere che in tal caso assumeranno la veste di concessionari di lavori o servizi pubblici. Successivamente l’art. 3 del d. lgs. n. 163 del 2006 precisa che i lavori comprendono attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere; le opere invece rappresentano il risultato del lavoro edilizio o di genio civile, di presidio, difesa ambientale e ingegneria

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naturalistica. Inoltre delinea i lavori come oggetto primario delle concessioni.

2. Lo Stato e la realizzazione delle opere. 2.1 Le opere.

Esistono varie categorie di opere in ambito pubblico tra le quali l’opera pubblica. Essa è eseguita dallo Stato o da un altro ente pubblico e destinata all’esercizio di una funzione pubblica, servizio pubblico, attività pubblica e ovviamente alla realizzazione di un interesse pubblico, ha natura immobiliare. Viene quindi realizzata mediante un lavoro pubblico ed è di proprietà dello Stato, di un ente pubblico o di un organismo di diritto pubblico. Può essere costruita da un privato ma solo nel caso in cui esso operi in qualità di concessionario ed essa sia destinata, scaduta la concessione, a passare nella disponibilità dell’amministrazione concedente1. L’opera assume la qualifica di pubblica in relazione alla sua destinazione al futuro soddisfacimento di un interesse pubblico. In base alle loro finalità e caratteristiche, possono distinguersi in: opere edilizie, marittime, idrauliche, igienico-sanitarie, militari, strade, autostrade, ferrovie e così via.

L’opera di pubblica utilità è, anch’essa, destinata al soddisfacimento di un interesse pubblico ma prescinde dal

1

Cons. di Stato, V, 15 marzo 2011, n. 1514, in Il Cons. di Stato, 2001, I, 674, che ne ha tratto le conseguenze della necessità che l’affidamento della concessione deve avvenire mediante procedura concorsuale ad evidenza pubblica.

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soggetto che la esegue. Ogni opera pubblica è sicuramente un’opera di pubblica utilità ma non ogni opera di pubblica utilità è un’opera pubblica2. Lo Stato e gli enti pubblici possono anche essere proprietari di beni iure privatorum e di solito attraverso modi di acquisto derivativo, la loro diretta costruzione è del tutto rara. Si hanno opere pubbliche internazionali quando due o più Stati si accordano per l’esecuzione e gestione in comune di un’opera, che di solito avviene attraverso una commissione formata dai rappresentanti dei vari Stati; l’opera rimane una e comune agli Stati che l’hanno eseguita. Non rientra in questo concetto il caso in cui la costruzione e la gestione di un’opera pubblica, venga assunta, per concessione, da un’impresa estera. Ci sono anche opere private di rilevanza pubblica ossia opere di proprietà dei privati che, ricorrendo certi presupposti, usano concorsi o contributi da parte dello Stato o mutui di favore; ciò si verifica quando l’opera ha un’utilità pubblica o sociale ma nonostante ciò rimane privata3. Solamente nel caso in cui l’intervento finanziario pubblico sia consistente, l’attività del privato verrà sottoposta in parte alla normativa sui lavori pubblici.

2.2 Il problema della spesa.

Per la realizzazione di opere necessarie a soddisfare gli interessi pubblici che rientrano nelle attribuzioni di

2 Giannini A.D., Lavori pubblici, in Enc. Treccani. 3 Roehrssen, I lavori pubblici, 21 segg..

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ciascun ente pubblico essi sostengono una spesa che grava sui loro bilanci. Nel bilancio le spese per le opere di conservazione e manutenzione di beni immobili esistenti sono inserite nelle voce delle spese correnti in base a ciò che risulta dagli anni precedenti, mentre le opere nuove o di miglioramento o rifacimento di quelle esistenti, attraverso la legge che autorizza lo stanziamento dei relativi fondi, sono inserite nelle spese in conto capitale. In seguito il d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 conferisce un autonomo rilievo ai lavori di manutenzione4. Inoltre lo Stato effettua attribuzioni a favore di regioni, province e comuni di risorse finanziarie necessarie per la realizzazione delle loro competenze. L’erogazione di risorse aggiuntive si ha solo se necessaria a finanziare opere o servizi rientranti nella competenza statale. Vista la necessità di sostenere tali spese sono sorte le figure del concorso nella spesa e nel contributo, in particolare quello dello Stato nella spesa per l’esecuzione di un’opera di interesse locale, attraverso concorsi, sussidi, sovvenzioni, incentivi, al fine di integrare le disponibilità insufficienti dell’ente, per motivi di utilità pubblica e sociale, di miglioramento igienico sanitario, per combattere la disoccupazione localizzata o per motivi politici. Oggi

4

L’art. 3, comma 1, lett. n), del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, definisce il concetto di manutenzione come la combinazione di tutte le azioni tecniche, specialistiche ed amministrative, incluse le azioni di supervisione, volte a mantenere o a riportare un’opera o un impianto nella condizione di svolgere la funzione prevista dal provvedimento di approvazione del progetto.

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vengono usati soprattutto dalle regioni per l’esecuzione di opere pubbliche degli enti locali.

2.3 La concessione come concorso nella spesa.

E’ proprio nell’ambito del concorso nella spesa che nasce l’istituto della concessione di costruzione ed esercizio dell’opera usato spesso dallo Stato o dagli enti pubblici per eseguire un’opera attraverso un loro concorso solo parziale, rimanendo l’altra parte della spesa a carico del concessionario che in compenso gestirà l’opera per un certo numero di anni. Essa verrà quindi costruita con il concorso finanziario del concessionario, il quale potrà essere un altro ente pubblico o un privato; l’opera al termine della concessione passerà allo Stato o ad altro ente concedente. Lo Stato esegue le opere rimaste nelle sue attribuzioni a seguito dell’istituzione delle regioni ordinarie. Le regioni ordinarie si occupano delle attribuzioni di interesse regionale che le sono state trasferite dallo Stato, per il rispettivo territorio; per le regioni speciali le attribuzioni di opere pubbliche sono state indicate all’art. 116 Cost. e negli statuti speciali adottati con leggi costituzionali. I comuni eseguono opere in base ai relativi ordinamenti, opere di interesse comunale, opere attribuite con leggi dello Stato in base all’art. 118 Cost. e su delega delle regioni e dello Stato. Le comunità montane e gli altri enti pubblici non territoriali eseguono opere per attuare le loro finalità istituzionali o su delega dello Stato e delle regioni.

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3. Il finanziamento delle opere.

Come possiamo facilmente intuire la necessità dello Stato e degli enti pubblici in genere di eseguire lavori allo scopo di realizzare l’interesse pubblico determina anche la conseguenza di dover reperire i necessari mezzi di finanziamento. Ancora oggi non sappiamo quale sia il sistema migliore per il finanziamento, la disputa in merito ha prevalentemente carattere politico sociale e dipende inevitabilmente dagli eventuali piani di programmazione economica del Paese. Lo Stato può attingere alla disponibilità ordinaria di bilancio ma oggi è quasi sempre impossibile ricorrere ad essa visto che i bilanci degli Stati sono spesso in passivo. Può decidere di emettere un prestito pubblico, ossia attingere al risparmio del paese traducendo il prestito in titoli di credito o in titoli obbligazionari5; può contrarre mutui con la Cassa Depositi e Prestiti, la legge 244/2007 ha autorizzato la Cassa ad istituire il Fondo di garanzia per le opere pubbliche usato per sostenere i lavori da realizzare mediante contratto di concessione e gestione. Può pagare i corrispettivi di concessione con annualità comprensive di interessi e capitale, creando così un debito a lungo termine dello Stato nei confronti dell’esecutore6. Si può avvalere di mutui con il Consorzio di credito per le opere pubbliche o con istituti di credito o enti di diritto

5 In tal caso lo Stato deve estinguere il prestito in conformità alla legge autorizzativa

dello stesso.

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pubblico autorizzati dal Ministero del Tesoro, oppure di mutui diretti contratti mediante emissione di obbligazioni. Lo Stato può prevedere imposte straordinarie o aumentare le aliquote di quelle esistenti ed ottenere così entrate straordinarie. Inoltre possono essere usati certificati di pagamento rilasciati dal Ministero che ordina il lavoro, questi, con girata, possono essere ceduti al Tesoro dello Stato che emette dei titoli di credito, ammortizzabili in trent’anni e che fruttano l’interesse del 5%. Ovviamente i lavori possono essere finanziati anche attraverso l’emissione di carta moneta o con i proventi derivanti dalla vendita di beni patrimoniali. Nel caso di lavori affidati in concessione, a titolo di prezzo della stessa, l’amministrazione concedente può cedere in proprietà o diritto di godimento al concessionario beni immobili disponibili o espropriati, la cui utilizzazione sia strumentale o connessa all’opera da affidare in concessione.

Viste le sempre maggiori difficoltà di bilancio delle amministrazioni il legislatore ha deciso di favorire la partecipazione dei privati al finanziamento delle opere, i quali sono spinti a farlo in vista dell’utilità economica che potranno ottenere. Ciò si può realizzare attraverso una serie di istituti e in particolare usando la concessione di costruzione e gestione dell’opera, nel quale il corrispettivo dell’esecuzione dei lavori è costituito dai proventi che l’esecutore trae dalla gestione della stessa. Gli utenti infatti pagano una somma per usufruire dell’opera, che costituisce

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i proventi di gestione. Oltre ad essi, all’esecutore possono comunque essere trasferiti fondi pubblici7.

4. La concessione come strumento di politica dei lavori pubblici.

4.1 I lavori pubblici e la disoccupazione.

La costruzione di opere pubbliche per soddisfare un interesse pubblico ha, inevitabilmente, degli effetti economici, che possono consigliare una sua coordinazione o graduazione nel tempo. Ciò ci consente di parlare, con riferimento a tali decisioni, di politica dei lavori pubblici8 che fa parte della politica economica e quindi delle pianificazioni economiche settoriali, territoriali o globali del Paese. Deve trattarsi di lavori utili e produttivi realizzati sulla base di un piano organico, la cui esecuzione viene riservata, nei limiti del possibile, per i periodi di disoccupazione in quanto consente di realizzare una redistribuzione della ricchezza. L’attività svolta dall’amministrazione per l’esecuzione delle opere è attività amministrativa di diritto privato. E’ amministrativa perché volta a soddisfare gli interessi pubblici, è di diritto privato

7 Einaudi L. nel La politica dei lavori pubblici, Roma, 1927, criticava il sistema di

affidare le opere in concessione pur in assenza di corrispondenti disponibilità di bilancio, ricorrendo all’espediente di rimborsare i concessionari in forma rateale, anche a lunghissima scadenza, creando debiti occulti a carico degli esercizi futuri.

8 Petrocchi C., La politica dei lavori pubblici; Papi G.U., Aspetti economici di una politica di lavori pubblici, in Studi per Coletti, 1937; Spinedi, Metodo di finanziamento dei lavori pubblici, in Riv. it. sc. ec., 1936; Rossi, In tema di spesa pubblica, in Riv. it. di sc. ec., 1935.

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perché nei rapporti con il singolo diretti all’esecuzione dei lavori è posta in essere con strumenti di diritto privato9. Agli atti dei soggetti privati viene impresso lo stesso regime giuridico proprio degli atti delle pubbliche amministrazioni perché in questi casi possono impegnare le risorse pubbliche.

4.2 La competenza statale.

La materia dei lavori pubblici ha fatto capo allo Stato fino all’entrata in vigore dell’ordinamento regionale, dopo il quale hanno assunto maggiore rilievo le regioni. Con il d. lgs. n. 112 del 1998 si ha il passaggio alle regioni di tutte le funzioni in materia di opere pubbliche, ad eccezione di quelle riservate allo Stato e non delegate alle regioni. Il nuovo art. 117 Cost., a seguito della modifica apportata con legge costituzionale n. 3 del 2001, prevede per i lavori pubblici la competenza legislativa regionale esclusiva. Fanno eccezione gli interventi relativi ai porti, aeroporti civili, alle grandi reti di trasporto e di navigazione che rientrano nella legislazione concorrente. La tutela della libera concorrenza tra gli operatori del settore dei lavori pubblici rientra invece nella legislazione esclusiva dello Stato, come anche il compito di garantire l’osservanza della disciplina comunitaria in questo settore10, nonché la

9 Zanobini G., Corso dir. amm., IV, 7.

10 La rilevanza della disciplina comunitaria si ha non solo rispetto ai lavori

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disciplina dei contratti dello Stato, di enti pubblici nazionali, di quelli per la tutela dei beni culturali e per la difesa, dei contratti segretati o con misure di sicurezza. Nelle materie di sua competenza esclusiva lo Stato ha potestà regolamentare. Le competenze amministrative di comuni, province ed enti locali si ampliano grazie al principio di sussidiarietà.

4.3 Gli organi dello Stato.

Lo Stato per eseguire le opere di propria competenza si avvale di organi centrali, in particolare i Ministeri che si occupano delle opere che rientrano nelle rispettive attribuzioni. Il Ministero dei lavori pubblici era l’organo centrale per l’esecuzione di opere e lavori pubblici in genere, a seguito dell’attuazione dell’ordinamento regionale molte delle sue attribuzioni sono state trasferite alle regioni. Con il d. lgs. n. 300 del 1999 è confluito nel Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, nel Ministero delle infrastrutture e nel Ministero dei trasporti, poi accorpato nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Nel Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attualmente si fa riferimento all’A.N.A.S che è una Società per azioni ed un

quelli di importo inferiore, per i quali si impone il rispetto delle norme del Trattato CE riguardanti il buon funzionamento del mercato unico (circa l’individuazione di questi principi v. la comunicazione interpretativa della Commissione CE 1 agosto 2006, in G.U.U.E 1 agosto 2006, n. C 179). Conf. T.a.r. Emilia-Romagna, II, 16 febbraio 2009, n. 153, in Foro amm. TAR, 2009, 399.

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organismo di diritto pubblico11, svolge la sua attività in base ad una concessione amministrativa che ha una durata massima di cinquant’anni e le consente di occuparsi della costruzione, gestione, manutenzione, miglioramento delle strade e autostrade statali, inoltre esercita i poteri ministeriali di vigilanza ed eroga i finanziamenti necessari. Nel 2011 è stata istituita presso tale Ministero, l’Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali che si occupa delle concessioni autostradali e nello specifico della selezione, aggiudicazione, vigilanza e controllo dei concessionari autostradali. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha perso importanza nel settore dei lavori pubblici perché tutte le competenze relative alla realizzazione di reti infrastrutturali per l’agricoltura, con rilevanza nazionale, sono state trasferite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il Ministero della difesa si occupa delle opere e servizi riguardanti l’Esercito, la Marina e l’Aeronautica. Abbiamo ancora come organi centrali il Ministero delle comunicazioni, il Ministero dell’economia e delle finanze, il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero dell’ambiente che valuta l’impatto ambientale delle opere che producono modifiche rilevanti all’ambiente.

11 L’art. 1.2 dello statuto approvato dispone espressamente: “La società è organismo

di diritto pubblico, ai sensi dei decreti legislativi 358/92 e 157/95, e dell’art. 2, comma 7, lett. a), della l. 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modifiche”.

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Oltre che di organi centrali lo Stato si avvale anche dell’operato di organi periferici come i Provveditorati alle opere pubbliche che, a seguito del trasferimento alle regioni ordinarie della maggior parte delle attribuzioni statali in materia di lavori pubblici, sono stati trasferiti alle regioni. Essi, in sede decentrata, assicurano l’esercizio delle funzioni e dei compiti dello Stato in diversi ambiti di attività. Sono soggetti al potere di coordinamento della Prefettura-Ufficio territoriale del governo. Gli Uffici del genio civile, in passato erano veri e propri organi periferici, sono stati trasferiti alle regioni ed in seguito soppressi.

Fondamentale rilevanza ce l’hanno anche gli organi consultivi come il Consiglio di Stato il cui parere è obbligatorio per gli schemi generali di contratti-tipo, per accordi e convenzioni di uno o più Ministri, per l’emanazione degli atti normativi del governo e dei singoli Ministeri, per i testi unici, per decidere i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica. Rimane, in ogni caso, la facoltà delle amministrazioni di acquisire il parere del Consiglio di Stato quando lo ritengano opportuno. Al suo interno si hanno tre sezioni con funzione consultiva, tre con funzione giurisdizionale, l’adunanza generale di tutti i magistrati e commissioni speciali. La legge n. 127 del 1997 ha istituito anche una sezione consultiva che esamina gli schemi di atti normativi.

Il Consiglio superiore dei lavori pubblici è il massimo organo tecnico consultivo dello Stato, ha un giudizio e una

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valutazione indipendenti. E’ stato riordinato con il d.P.R. n. 204 del 200612. Esso opera attraverso l’assemblea generale, cinque sezioni, comitati speciali per questioni di particolare rilevanza o motivi di urgenza, il servizio tecnico centrale. Svolge attività di consulenza nei confronti dello Stato che può essere obbligatoria o facoltativa e consulenza facoltativa nei confronti delle regioni, delle province autonome di Trento e Bolzano e di altri enti pubblici. Ha funzioni consultive obbligatorie ma non vincolanti sui progetti definitivi o nei casi previsti dalla legge su quelli preliminari di lavori pubblici di competenza statale, o che sono finanziati per almeno il 50% dallo Stato, di importo superiore a 25 milioni di euro; sui piani portuali, sui progetti di competenza statale o finanziati per almeno il 50% dallo Stato, riguardanti l’informatica e le infrastrutture tecnologiche a servizio del trasporto terrestre e marittimo, dei sistemi portuali, interporti e logistica. Esercita funzioni consultive anche rispetto ai testi delle norme tecniche in

12 In ordine al parere reso dal Consiglio di Stato sullo schema di regolamento, v.

Cons. di Stato, ad. gen., 8 febbraio 2006, n. 1/06, in Foro amm. CDS, 2006, 594. L’art. 127, comma 2, del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, prospetta altre modifiche, disponendo che con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, si provvede ad attribuire al Consiglio superiore dei lavori pubblici, su materie identiche o affini a quelle già di competenza del Consiglio stesso, poteri consultivi i quali, dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del d. lgs., siano stati affidati ad altri organi istituiti presso altre amministrazioni dello Stato, anche con ordinamento autonomo. Inoltre il decreto provvede ad integrare la rappresentanza delle diverse amministrazioni dello Stato e delle regioni nell’ambito del Consiglio, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

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materia edilizia ed antisismica. Ha funzioni consultive facoltative in merito alle linee fondamentali dell’assetto nazionale, alla programmazione delle grandi reti di interesse nazionale, ai programmi dei lavori pubblici, ai progetti delle opere pubbliche o di interesse pubblico, alle costruzioni ed infrastrutture strategiche, ai progetti delle altre amministrazioni pubbliche13. Si occupa anche di predisporre le norme tecniche sulla sicurezza minima delle costruzioni per il territorio nazionale, svolge attività di consulenza per l’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici. Presenta ogni anno al Parlamento una relazione sull’attività svolta.

I Comitati tecnico-amministrativi sono organi consultivi decentrati che operano presso ogni Provveditorato regionale alle opere pubbliche. Ad essi possono partecipare anche, in qualità di esperti di particolari problemi, studiosi e tecnici estranei alle amministrazioni dello Stato.

Nella realizzazione di opere pubbliche hanno rilevanza anche le Autorità Indipendenti come l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici che fa parte della pubblica amministrazione ma ha un’autonomia tale da sottrarla a qualunque vincolo con l’esecutivo. Ha autonomia di

13 L’art. 2, comma 1, lett. a) d.P.R. n. 204 del 2006 stabilisce che ai pareri facoltativi

si applicano le disposizioni del comma 5-ter dell’art. 6 della legge n. 109 del 1994, secondo il quale il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici deve essere espresso entro 45 giorni dalla trasmissione del progetto. Decorso il termine, il procedimento prosegue a prescindere dal parere omesso e l’amministrazione motiva autonomamente l’atto amministrativo da emanare. L’art. 3, comma 3, del d. lgs. n. 163 del 2006, fissa questa regola relativamente a tutti i pareri, sia facoltativi che obbligatori, del Consiglio.

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gestione, indipendenza funzionale, di giudizio, di valutazione nonché autonomia organizzativa, finanziaria, e normativa, ha il proprio personale ed è soggetta solo ai controlli della Corte dei Conti. La sua attività di vigilanza riguarda tutti i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in tutti i settori14. Non ha personalità giuridica e fa parte dello Stato. È un organo collegiale composto da sette membri nominati dai Presidenti di Camera e Senato che rimangono in carica sette anni15 e successivamente non possono essere confermati, si ha l’incompatibilità con qualsiasi altra carica e attività lavorativa. Si occupa di vigilare sul rispetto dei principi di correttezza e trasparenza nella scelta del contraente, della regolarità delle procedure di affidamento, garantisce l’economicità dell’esecuzione dei lavori e che non si abbia pregiudizio per l’erario. La sua attività copre tutto l’arco di vita dei rapporti contrattuali, fino all’attuazione del vincolo negoziale. Ha il potere di richiedere documenti e informazioni, può disporre ispezioni e perizie. Il d. lgs. n. 163 del 2006 le ha conferito la potestà di stabilire autonomamente i modi di esercizio della vigilanza.

14 Mentre la precedente Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici, istituita nei

primi anni novanta per reagire ai fenomeni di corruzione, aveva come ruolo principale quello di vigilare sul rispetto della disciplina legislativa e regolamentare del settore, l’Autorità attuale, è volta anche a garantire il rispetto del principio di concorrenza (Giampaolino L., Ponzone L., L’Autorità di vigilanza sui contratti

pubblici, in Trattato sui contratti pubblici).

15 Il limite originario di cinque anni è stato portato a sette dall’art. 2, comma 1, lett.

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Nello svolgimento della sua attività adotta atti16 di referto e propositivi, essa, infatti, comunica al Governo e al Parlamento le disfunzioni riscontrate nel settore dei contratti pubblici sia con la relazione annuale che con altre comunicazioni. Quando accerta irregolarità emana atti di segnalazione e denuncia che trasmette agli organi di controllo delle amministrazioni interessate e se queste hanno rilevanza penale, li invia agli organi giurisdizionali competenti. Sono trasmessi anche alla procura generale della Corte dei Conti qualora accerti che l’esecuzione dei lavori abbia causato pregiudizio all’erario. Adotta atti normativi e di autorganizzazione in quanto deve disciplinare, con regolamenti, la propria organizzazione e il proprio funzionamento, deve gestire le spese in base alle risorse che ha a disposizione. Inoltre l’Autorità può essere chiamata dalle parti ad esprimere un parere non vincolante su questioni durante lo svolgimento della procedura di gara ed adottare quindi atti di consulenza. Il d. lgs. n. 163 del 2006 stabilisce che in questo caso trova applicazione l’art. 1, comma 67, della legge n. 266 del 2005, il quale afferma che l’Autorità fissa per tale attività un corrispettivo secondo un tariffario prestabilito, reso pubblico.

Sanzioni amministrative pecuniarie vengono emanate nei confronti di coloro che rispetto ad una richiesta della stessa

16 Sulle classificazioni seguite in dottrina rispetto ai compiti dell’Autorità, v.

Giampaolino L., Ponzone L., op. cit., 709 segg. Sulla tassatività dei compiti spettanti all’Autorità, T.a.r. Sicilia, III, 14 dicembre 2006, n. 3936, in Foro amm. TAR, 2006, 4052.

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Autorità di fornirle informazioni o documenti, si rifiutino o li omettano senza giustificato motivo17, oppure li presentino non veritieri. Tali sanzioni vengono applicate anche agli operatori che non adempiono alla richiesta dell’ente aggiudicatore di provare il possesso dei requisiti di partecipazione alla procedura di affidamento, o a coloro che forniscono informazioni non veritiere sul possesso dei requisiti di qualificazione. Nel caso in cui venga rilevata la mancanza dei requisiti, l’Autorità dispone anche la sospensione da uno a dodici mesi dalla partecipazione alle procedure di affidamento18. Il d. lgs. n. 152 del 2008 ha attribuito al regolamento la previsione di sanzioni pecuniarie e interdittive, fino alla decadenza dell’attestazione di qualificazione, verso gli operatori che non adempiono alle richieste dell’Autorità o che forniscono informazioni non veritiere. L’iter procedimentale sanzionatorio deve essere svolto nel rispetto dei principi di tempestività della comunicazione di apertura dell’istruttoria, di contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del

17 T.a.r. Abruzzo, 10 marzo 2009, n. 139 e 17 dicembre 2008, n. 1313, in Foro amm. TAR, risp. 2009, 808 e 2008, 3401, sottolineano che ai fini dell’irrogazione della

sanzione è richiesto l’elemento soggettivo del dolo o della colpa, esclusi solo in presenza di un “giustificato motivo”.

Sui poteri sanzionatori dell’Autorità v. Vinti S., La funzione di controllo sulla

qualificazione delle imprese nelle procedure di evidenza pubblica, in I contratti di appalto pubblico cit., 577 ss.

18 Secondo Giampaolino L., Ponzone L., op. cit., 726, tale previsione si applica solo

nel caso di inadempimento non doloso della dichiarazione dei requisiti di gara, altrimenti si ha automaticamente la sospensione per un anno disposta dall’art. 38, comma 1, lett. h), del d. lgs. n. 163 del 2006.

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contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione19. Quest’ultima viene sempre quantificata in base al valore del contratto pubblico a cui le violazioni appartengono e deve prevedere il termine di pagamento; la riscossione coattiva avviene mediante ruolo. Le eventuali controversie relative alle sanzioni irrogate dall’Autorità sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ha al suo interno l’Osservatorio dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, rispetto al quale essa sovraintende. Quest’ultimo si occupa di acquisire ed elaborare, ogni anno, i dati dei contratti pubblici sul territorio nazionale, tenendo conto del costo del lavoro determinato dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale; stabilisce costi standardizzati per tipo di lavoro nelle varie aree territoriali e li pubblica sulla Gazzetta Ufficiale. Inoltre pubblica annualmente i programmi triennali dei lavori pubblici delle amministrazioni aggiudicatrici e l’elenco dei contratti pubblici affidati, adempie oneri di pubblicità e conoscibilità voluti dall’Autorità e favorisce la formazione di archivi di settore; si occupa del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Sempre all’interno dell’Autorità dal 2010 è stata istituita la Banca dati nazionale dei contratti pubblici presso la quale si trovano i dati relativi al possesso

19 Il regolamento che disciplina l’iter procedimentale è stato emanato dall’Autorità

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dei requisiti generali, tecnico-organizzativi, economico-finanziari delle imprese iscritte; i soggetti pubblici e privati in possesso di questi dati devono metterli a disposizione dell’Autorità ed integrarli. Dal 2013 la verifica del possesso dei requisiti autocertificati dalle imprese concorrenti alle gare viene fatta soltanto attraverso la Banca dati.

Con il d. lgs. n. 163 del 2006 l’Autorità ha autonomia finanziaria. Per coprire i costi essa determina ogni anno i contributi che le spettano20; il versamento del contributo è condizione di ammissibilità dell’offerta nelle procedure volte a realizzare opere pubbliche.

Possiamo notare come non siano state attribuite all’Autorità poteri normativi incidenti in maniera efficace sull’attività del settore ma nonostante questo, le sue prese di posizione, la formazione di precedenti, le relazioni al Governo e al Parlamento, i suoi pareri in sede consultiva, permettono all’Autorità di orientare l’attività del settore. Se le sue delibere riguardano questioni di interesse generale vengono pubblicate in Gazzetta Ufficiale. L’Autorità ha previsto di intervenire tramite determinazioni, atti di regolazione che sono preceduti dalle audizioni dei soggetti interessati, linee guida. E’ legittima la predisposizione da parte dell’Autorità, previo parere del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di bandi-tipo a cui l’ente aggiudicatore, in base alla legge n. 106 del 2011, può derogare ma con l’onere di espressa

20 Circa la costituzionalità di questa previsione v. Corte Cost., 6 luglio 2007, n. 256,

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motivazione. La giurisprudenza ritiene invece che l’Autorità non abbia il potere di esprimere pareri vincolanti per le amministrazioni21.

Altra Autorità indipendente è l’Autorità garante della concorrenza e del mercato istituita con legge n. 287 nel 1990, ha lo scopo di garantire il rispetto del principio di libera concorrenza sul mercato. Svolge la sua attività con riferimento alla complessiva situazione di mercato, a differenza dell’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici che opera con riferimento ai singoli procedimenti di affidamento dei lavori ed ai successivi rapporti. Se riscontra la violazione di regole di mercato concede alle imprese un termine per eliminare le infrazioni e nel caso in cui queste siano gravi applica una sanzione amministrativa pecuniaria. Se l’impresa dovesse reiterare la violazione, l’Autorità può disporre la sospensione della sua attività fino a trenta giorni.

4.4 L’esecuzione delle opere.

Per l’esecuzione delle opere necessarie a porre in essere la propria politica dei lavori pubblici, la pubblica amministrazione può scegliere quale sistema utilizzare. Tra

21

Cons. di Stato, V, 26 marzo 2003, n. 2857, in Il Cons. di Stato, 2003, I, 1191; T.a.r. Piemonte, I, 21 dicembre 2000, n. 1427, in Trib. Amm. reg., 2000, I, 4996, V. il commento a tale sentenza di Damonte R., Il limite dei poteri dell’Autorità per la

vigilanza sui lavori pubblici, in Urbanistica e appalti pubblici, 2001, 425. Si è

negata l’impugnabilità delle deliberazioni dell’Autorità dirette ad orientare l’attività degli operatori del settore: v. Cons. di Stato, VI, 3 maggio 2010, n. 2503, in Foro

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di essi può ricorrere alla realizzazione di lavori in economia quando si tratta di lavori di modesta portata, in tal caso o li esegue direttamente l’amministrazione e si ha l’amministrazione diretta o li fa eseguire da un soggetto di fiducia scelto senza particolari modalità di selezione e si ha il cottimo fiduciario22. Nel caso del cottimo comunque l’affidamento deve avvenire sulla base dei principi di trasparenza, rotazione, parità di trattamento. L’esecuzione in economia è eccezionale e le ipotesi in cui si ha sono tassativamente previste. La pubblica amministrazione si può anche avvalere di enti sostituti ovvero di altri enti pubblici o dei loro apparati per l’esecuzione di alcune opere o per realizzare una parte dell’attività necessaria all’esecuzione. Per attuare la politica dei lavori pubblici l’amministrazione può ricorrere anche all’esecuzione mediante enti speciali quando si tratta di un complesso organico di opere, localmente circoscritto, che l’amministrazione non ha la possibilità di eseguire direttamente e le iniziative degli enti tramite concessioni non risultano essere sufficienti né adeguate.

L’amministrazione può decidere di avvalersi dell’appalto, ossia un contratto con il quale una parte assume il compimento di un’opera o di un servizio a fronte di un corrispettivo in denaro, organizzando i mezzi necessari e gestendo il proprio rischio. L’appaltatore avrà l’onere

22 Per la distinzione tra lavori in economia, in amministrazione e per cottimi cfr.

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dell’organizzazione e della gestione del lavoro, a suo rischio e per il corrispettivo pattuito si impegna a costruire l’opera. L’amministrazione appaltante controllerà l’esecuzione e una volta conclusi i lavori li verificherà. Tale sistema viene usato per la realizzazione delle grandi opere. Altro sistema è rappresentato dai contratti in partenariato pubblico-privato che hanno per oggetto una o più prestazioni tra progettazione, costruzione, gestione, manutenzione di un’opera pubblica o di pubblica utilità, oppure la fornitura di un servizio; il finanziamento totale o parziale è a carico dei privati. In questo tipo di contratto rientrano le concessioni.

Il fatto che in ogni settore dell’organizzazione o dell’azione amministrativa pubblica, compresa la politica dei lavori pubblici, le amministrazioni usino lo strumento contrattuale è talmente importante da farlo diventare un elemento qualificante dell’assetto e del modo di operare dello Stato in un certo momento storico, fino ad azzerare la convinzione che il contratto fosse, rispetto al diritto pubblico, quasi incompatibile.

Il notevole estendersi negli ultimi venti anni delle logiche proprie del mercato, ha comportato un profondo cambiamento dei modi di essere delle figure tipiche del diritto amministrativo “provvedimentale”. Autorizzazioni, concessioni ed ablazioni hanno perso il loro carattere più autoritativo e i privati, destinatari dell’atto finale, partecipano sempre di più al procedimento ponendo a

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confronto i loro interessi con quelli dell’amministrazione procedente, portando nella sfera amministrativa la competizione propria della sfera economica.

Lavori e servizi possono essere affidati da un soggetto pubblico ad un operatore economico in base ad una concessione. Tale figura, a seguito dell’impulso derivante dal diritto sovranazionale, è entrata a far parte dell’area della contrattualità pubblica come forma di partenariato pubblico-privato contrattualizzato, dove il rischio derivante dalla gestione è l’elemento che differenzia la concessione dall’appalto.

Tale vicenda contrattuale è sottoposta ad un regime che, sia nelle procedure di affidamento che nell’esecuzione del contratto concluso, è in parte diverso da quello dell’appalto, ma che poi ritrova elementi unitari nella comune sottoposizione ai principi fondamentali della disciplina contrattuale pubblica così come sono dettati dal diritto sovranazionale a tutela della concorrenza per il mercato. Si instaura una relazione triangolare tra amministrazione committente, imprenditori candidati alle gestione dell’opera o del servizio e utenti che usufruiscono delle utilità rese23. In tal modo lo Stato raggiunge lo scopo di provvedere ad un pubblico servizio utilizzando la maggiore esperienza dei privati industriali. E’ stato affermato e sempre confermato il

23 L’istituto della concessione di costruzione e gestione dell’opera è stato, dalla

dottrina, particolarmente studiato in Francia. Notevole è la trattazione fatta da Jèze in Les principes généraux du droit administratif. Théorie générale des contrats de

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principio il quale stabilisce che la controprestazione spettante al concessionario consiste nel diritto di gestire e sfruttare economicamente i lavori realizzati. In specifici casi però è dato al concedente di prevedere anche un prezzo da corrispondere al concessionario quando a quest’ultimo viene imposto di praticare, nei confronti degli utenti, dei prezzi inferiori a quelli che corrisponderebbero alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile d’impresa. Il prezzo al concessionario viene corrisposto anche se è necessario ad assicurargli la realizzazione dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della relativa gestione in base alla qualità del servizio da prestare. Il sistema della concessione viene adottato per le opere grazie alle quali è possibile percepire un corrispettivo; può servire per realizzare opere di utilità pubblica, sociale o soggette all’uso pubblico. La durata della gestione del servizio dovrà essere tale da consentire al concessionario di reintegrare le spese e ottenere un congruo compenso, proprio per questo motivo l’amministrazione concedente può stabilire anche una durata superiore a trenta anni, in modo da assicurare l’equilibrio economico-finanziario. Alla fine della concessione l’opera che, per tutta la durata della stessa è di proprietà del concessionario, passa nella proprietà dello Stato o dell’ente pubblico concedente24.

24 La temporaneità della proprietà delle opere costruite dal concessionario esclude,

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Capitolo II

L’EVOLUZIONE NORMATIVA

1. La concessione di sola costruzione.

L’ordinamento sovranazionale ben presto si mostra interessato alle concessioni di lavori come modalità di realizzazione delle opere pubbliche, questo ha contribuito a rendere unitario l’istituto concessorio nella forma della concessione di costruzione e gestione dell’opera realizzata. Ciò ha avuto effetto sull’istituto, presente in passato, della concessione di sola costruzione che viene assorbita nel modello contrattuale dell’appalto. Il processo è iniziato con la direttiva Cee n. 71/305, recepita con legge n. 584 del 1977 e poi confermato con direttiva n. 89/440 recepita con d.P.R. n. 406 del 1991.

In questo tipo di concessione l’attività del concessionario consiste solo e unicamente nella costruzione dell’opera, esattamente come avviene nell’appalto. L’opera deve far parte delle attribuzioni dello Stato o di altra pubblica amministrazione che deve sostenerne l’onere economico. Si caratterizza per l’ampiezza dei compiti propri del concessionario in quanto si basa su un progetto di massima da cui deriva la discrezionalità nel valutare le offerte e si ha

infatti, di proprietà destinata a venir meno con la scadenza della concessione. E’ una proprietà necessariamente temporanea.

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la commistione nello stesso soggetto dell’attività progettuale e di esecuzione. L’amministrazione concedente rimborsa la spesa a forfait, ossia in una somma fissa qualunque sia il costo effettivo dell’opera oppure a misura, secondo l’effettiva quantità dei lavori eseguiti, è stabilito un limite massimo il cui superamento rimane a carico del concessionario; il rimborso può anche essere a consuntivo cioè in base alla spesa effettiva sostenuta dal concessionario. Il pagamento avviene o in un’unica soluzione al momento della liquidazione dei lavori o ripartito in più rate annuali. In quest’ultimo caso si creano debiti a carico dello Stato sottoposti a minori controlli e garanzie e che, essendo rateali, vanno a gravare sul futuro. È proprio per questo motivo che, ricorrendo a tale istituto, lo Stato è in grado di attuare una politica dei lavori pubblici che non va a pesare troppo sui bilanci annuali25 e le amministrazioni vengono spinte a far eseguire opere la cui utilità o urgenza non è controllata.

Nel tempo tale sistema viene deformato ricorrendo ad esso non per dare esecuzione a programmi organici ma per realizzare singole opere26, inoltre vengono previsti controlli

25

Questo sistema di esecuzione ha trovato nella ormai cessata Cassa per il Mezzogiorno notevole impiego ed ha svolto un ruolo importante nella legislazione regionale.

26 L’affidamento in concessione dell’esecuzione di un’opera pubblica, ai sensi della

legge n. 1137 del 1929, rappresentava una modalità più complessa dell’appalto e più onerosa per l’amministrazione, per cui andava utilizzata solo in caso di realizzazione di un ampio ed organico programma di interventi, quando fosse indispensabile il

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sull’operato del concessionario che limitano notevolmente la sua libertà, fino al punto di spingere la dottrina a negare l’esistenza di una differenza sostanziale tra tale concessione e l’appalto, affermando che non può configurarsi concessione se oltre all’esecuzione dell’opera non si ha anche l’esercizio del relativo servizio o almeno la facoltà di ottenere un corrispettivo da coloro che ne usufruiscono. Da tale affermazione però viene esclusa la concessione di sola costruzione ad istituzioni pubbliche, nella quale l’ente pubblico concessionario assume rilevanza non come esecutore dei lavori, ma come soggetto che gestisce e coordina tutta l’attività relativa alla realizzazione dell’opera che però viene fatta eseguire materialmente da imprenditori terzi, usando contratti di appalto. Il concessionario diventa così stazione appaltante al posto dell’amministrazione concedente. Essa può essere considerata uno strumento organizzatorio della pubblica amministrazione, deriva da un atto o provvedimento amministrativo e non da un contratto di diritto privato27. Il concessionario viene considerato un sostituto della pubblica amministrazione che agisce in nome proprio e successivamente imputa al concedente il risultato

coordinamento tra l’attività costruttiva e progettuale: Corte dei Conti, sez. contr. Stato, 23 agosto 1995, n. 111, in Riv. C. conti, 1995, fasc. 6, 7.

27 Il d. l. n. 435 del 1948 qualifica come delega amministrativa, l’atto con il quale il

Ministero dei lavori pubblici demanda ad amministrazioni provinciali o comunali la progettazione, direzione, sorveglianza, e contabilizzazione dei lavori di riparazione dei danni dovuti alla guerra a cui lo Stato deve provvedere.

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della sua attività, risponde all’amministrazione solo di tale attività e del modo in cui l’ha svolta.

Per questi motivi la concessione di sola costruzione a istituzioni pubbliche non può essere assimilata all’appalto e rimane nell’ambito del diritto pubblico28. Di conseguenza a tale ipotesi non sono applicabili le disposizioni della legge n. 584 del 1977 che riferendosi alla concessione di sola costruzione la equipara all’appalto, senza distinguere tra concessione di sola costruzione a privati e concessione di sola costruzione ad istituzione pubbliche. La stessa legge istitutiva della concessione di sola costruzione, la legge n. 1137 del 1929, non effettua espressamente tale distinzione, ma è vero anche che in essa, la concessione di sola costruzione a privati viene considerata diversamente da quella attribuita a province, comuni e consorzi. Ecco che l’art. 1 della legge 584/1977 è ritenuto applicabile solo alla concessione di sola costruzione a privati perché solo rispetto ad essa si verificano i problemi a cui la legge intende far fronte e solo nei suoi confronti trovano applicazione le norme introdotte per garantire la libera prestazione dei servizi in materia di appalti di lavori pubblici da aggiudicarsi negli Stati membri, per l’eliminazione delle restrizioni nazionali e il coordinamento delle procedure

28

Situazione diversa è quella di cui alla sentenza Corte CE 18 gennaio 2007, C-220/05, nella quale, in base a convenzione tra due amministrazioni una, con la necessaria capacità, si obbliga verso l’altra non solo alla gestione ed organizzazione del lavori ma anche alla loro realizzazione, anche se con subappaltatori. La Corte ha dichiarato applicabile la direttiva 93/37 vigente all’epoca.

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nazionali di aggiudicazione, obiettivo rispetto al quale risulta estranea la concessione di sola costruzione ad istituzione pubbliche.

Non si ritiene applicabile neppure il d. lgs. n. 406 del 1991, che all’art. 4 fa riferimento soltanto all’affidamento dei lavori tra un’amministrazione aggiudicatrice ed un’impresa fornita dei requisiti prescritti. Così come non ha rilevanza in merito la legge n. 109 del 1994 e il d. lgs. n. 163 del 2006, i quali invece trovano applicazione per quanto riguarda gli affidamenti dei lavori effettuati dal concessionario a terzi. Quando si tratta di concessioni di sola costruzione a soggetti privati si può verificare il caso in cui il concessionario si identifichi con la stazione appaltante e faccia costruire l’opera da terzi imprenditori attraverso l’appalto. Il concessionario si sostituisce all’amministrazione concedente svolgendo, per conto della stessa ma in nome proprio, le attività di quest’ultima, con un proprio scopo di lucro e con strumenti del diritto privato. Esso si occupa della progettazione e programmazione esecutiva delle opere, di instaurare i rapporti necessari con i terzi, di acquisire le aree, di risolvere i problemi che si verificano, di scegliere le imprese, di dirigere i lavori, della contabilizzazione, di gestire l’esecuzione delle opere, del collaudo.

Anche questo tipo di concessione di sola costruzione, che viene definita concessione di committenza, non può essere assimilata all’appalto in quanto l’obbligazione del concessionario consiste nella prestazione di attività o di

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mezzi e non di risultato29, viene usata dall’ordinamento per mantenere la sua discrezionalità politico-amministrativa sugli equilibri di mercato. Perciò non possono trovare applicazione la legge 584/1977 e il d. lgs. 406/199130.

Successivamente la legge n. 109 del 1994, detta legge Merloni, interviene in merito e afferma che le amministrazioni aggiudicatrici non possono affidare a soggetti pubblici o privati le funzioni e le attività di stazione appaltante di lavori pubblici, ciò preclude ovviamente la concessione di committenza31. In seguito anche l’art. 33 del d. lgs. n. 163 del 2006 stabilisce lo stesso principio, aggiunge però che l’affidamento è ammesso se avviene nei confronti dei Provveditorati interregionali alle opere pubbliche, delle amministrazioni provinciali o delle centrali di committenza, ossia organismi di diritto pubblico, costituiti per questo specifico scopo dalle stesse pubbliche amministrazioni ed obbligati ad affidare appalti a terzi rispettando la disciplina disposta dallo stesso decreto legislativo. Diversa è la figura del general contractor, previsto dalle direttive Cee n. 440/1989 e n. 37/1993, in

29

Cons. di Stato, IV, 18 gennaio 1996, n. 54, in Giur. It., 1996, III, 1, 265; Cons. di Stato, II, 21 dicembre 1994, n. 2698, in Il Cons. di Stato, 1996, I, 1407; T.a.r. Veneto, I, 21 aprile 1992, n. 139, Giur. It., 1994, III, 1, 574.

30 Cons. di Stato, II, 21 dicembre 1994, n. 2698, in Il Cons. di Stato, 1996, I, 1407. 31 Cons. di Stato, VI, 28 ottobre 1998, n. 1478. Montedoro G., Talenti V., Le concessioni di lavori pubblici. Nozioni e caratteristiche, in Trattato sui contratti pubblici, cit., IV, pp. 2472 segg.

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base al quale un soggetto si impegna a far eseguire i lavori da terzi32.

A differenza di ciò che avviene nella concessione di committenza, il general contractor assume un’obbligazione di risultato. Nell’ordinamento nazionale viene recepito solo con legge n. 166 del 2002 che modifica l’art. 7 della legge 109/1994, il quale delinea la concessione di lavori e gestione come una possibile forma di gereral contractor quando l’amministrazione concedente non impone al concessionario la realizzazione diretta di una percentuale di lavori. In questo modo viene previsto anche dall’art. 146 del d. lgs. n. 163 del 2006. Ha trovato enorme impiego nelle infrastrutture, insediamenti produttivi strategici e per il rilancio di attività produttive.

Nel caso in cui il concessionario privato di sola costruzione debba provvedere direttamente all’esecuzione dei lavori, l’affidamento della concessione avviene in seguito ad una gara concorsuale e il concessionario è direttamente responsabile, in caso di inadempimento, dell’obbligo di buona esecuzione dei lavori, ha cioè un’obbligazione di risultato. Inoltre, a differenza dell’appalto, il concessionario ha anche obbligazioni collaterali aggiuntive e alcune volte gli vengono trasferiti poteri e compiti che per l’amministrazione sono pubblici ma che il privato svolge in nome proprio e quindi usando strumenti del diritto privato.

32 Cons. di Stato, III, 13 ottobre 2010, n. 4584, in Arch. giur. oo.pp., 2010, 1139;

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Il Consiglio di Stato si è espresso in merito con decisione IV, 31 ottobre 1996, n. 1774, in Il Cons. di Stato, 1996, I, 1485, afferma che in tali rapporti sono contemporaneamente presenti un atto amministrativo e una concessione. Il primo determina il rapporto di ufficio con l’amministrazione, la seconda disciplina il rapporto di servizio con la stessa, originato dall’atto amministrativo. Inoltre sostiene che nel caso della concessione di opera pubblica, la risoluzione del rapporto si svolge secondo schemi civilistici se tocca meccanismi previsti dalle clausole della convenzione e secondo schemi pubblicistici se l’amministrazione vuole incidere sull’atto di concessione che è il fulcro del rapporto. Invece, nell’appalto, una volta concluso il procedimento amministrativo che consente di individuare il contraente dell’amministrazione, il rapporto si svolge interamente in ambito civilistico, compresa la risoluzione.

Il lato pubblicistico è facilmente rilevabile nei mezzi di autotutela del rapporto che l’amministrazione può utilizzare per tutelare l’interesse pubblico connesso alla realizzazione dell’opera, oltre a quelli, sempre di diritto pubblico, dei quali dispone come committente di un appalto di opere pubbliche33.

33

Secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione la concessione di sola costruzione è una concessione amministrativa a tutti gli effetti, di conseguenza, prima delle innovazioni introdotte dalla legge n. 205 del 2000, le controversie tra concedente e concessionario rientravano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

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Rientra in questo schema di concessione anche il caso in cui al concessionario venga attribuito l’obbligo dell’esercizio dell’opera per un certo periodo in modo da rendere più facile l’avvio degli impianti, in modo da agevolare il collaudo definitivo o permettere al personale dell’amministrazione di acquisire la competenza necessaria; in tal caso l’esercizio non si configura come gestione dell’opera.

La scelta del concessionario è soggetta alle disposizioni della legge n. 584 del 1977 per i lavori di importo superiore ad un milione di unità di conto europee e successivamente al d. lgs. n. 406 del 1991 per i lavori di importo pari o superiore a 5 milioni di e.c.u..

Ci sono leggi che prevedono la concessione di sola costruzione per realizzare determinate opere pubbliche e indicano espressamente il soggetto a cui attribuire la concessione, si tratta di leggi-provvedimento. Se il destinatario è un’istituzione pubblica si ha l’ipotesi della concessione di sola costruzione a istituzioni pubbliche; se il concessionario è un privato si ha l’ipotesi di concessione di sola costruzione a soggetti privati nei due diversi casi in cui gli venga affidata solamente la funzione di stazione appaltante, o gli venga attribuita la diretta esecuzione dell’opera.

Si ha un intervento definitivo sull’istituto della concessione di sola costruzione prima con legge n. 109 del 1994 e poi con d. lgs. n. 163 del 2006, viene quindi definitivamente

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precluso il ricorso ad essa ed è consentita solamente la concessione di costruzione e gestione dell’opera.

2. L’influenza europea sullo sviluppo normativo.

L’esecuzione delle opere pubbliche per molto tempo è stata disciplinata da varie leggi e disposizioni speciali, alcune riguardanti tutte le opere pubbliche, altre relative a lavori di determinate categorie o di competenza di alcune amministrazioni.

Tra le leggi generali, importante è la n. 2248 del 1865, legge organica sui lavori pubblici, alla quale per molto tempo si è fatto riferimento per trarre i principi fondamentali della materia.

Dagli anni settanta la Comunità Europea inizia ad emanare una serie di direttive riguardanti la regolamentazione dell’aggiudicazione dei lavori, con lo scopo di assicurare la libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Ma è solo negli anni ottanta che viene raggiunta la consapevolezza della rilevanza economica delle risorse usate per la realizzazione dei lavori e delle forniture pubbliche di beni e servizi e quindi della necessità di una politica comunitaria in positivo con l’obiettivo di creare un mercato interno aperto senza discriminazioni all’accesso e alla concorrenza tra le imprese degli Stati nazionali34.

34 Lo stesso convincimento si ha nell’impulso alla costruzione di un diritto comune

dei contratti, evidenziato a partire dai lavori della Commissione Lando fino al Libro

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In merito a ciò si sono espresse norme dell’Atto Unico europeo del 1986, del Trattato di Maastricht e dei Trattati di Lisbona e una serie di direttive Cee n. 89/440, n. 88/295, n. 92/50, n. 89/665, n. 92/13. In particolare la direttiva Cee n. 71/305, in seguito modificata e raccolta nella direttiva di coordinamento Cee n. 93/37, la direttiva n. 90/531 relativa agli appalti di lavori pubblici nei settori esclusi, con relativa direttiva di coordinamento n. 93/38, poi modificate dalle direttive n. 97/52 e n. 98/4.

A seguito di questi interventi a livello sovranazionale in attuazione della direttiva n. 71/305, viene emanata la legge n. 584 del 1977, poi superata dal d. lgs. n. 406 del 1991, attuativo della direttiva n. 89/440, riguardante l’affidamento dei lavori di valore pari o superiore a 5 milioni di e.c.u. (unità di conto europee) e il d. lgs. n. 158 del 1995 che disciplina i lavori nei settori esclusi. Il d. lgs. 406/1991 definisce concessioni di lavori pubblici i contratti nei quali la controprestazione a favore del concessionario consiste nel diritto di gestire l’opera o in questo diritto insieme ad un prezzo. Stabilisce, per il loro affidamento, l’obbligo di pubblicazione di un bando, il metodo di aggiudicazione per licitazione privata o trattativa privata, il termine minimo di presentazione delle candidature, le cause di esclusione dalla procedura e la possibilità di affidare le concessioni a

consumatori e le imprese della Commissione europea, 1/7/2010, COM (2010) 348, e

al parere su di esso del Comitato economico e sociale europeo, 20/1/2011 (2011/C84/01).

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riunioni di imprese. Se concessionaria è un’altra pubblica amministrazione, questa è tenuta, per i lavori da far eseguire a terzi a rispettare lo stesso decreto; se concessionaria è un’impresa, il bando deve prevedere l’obbligo di affidare a terzi appalti che corrispondono ad almeno il 30% dei lavori. Per i lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria vengono applicate le norme pregresse.

In seguito viene emanata la legge quadro in materia di lavori pubblici, la n. 109 del 1994 (legge Merloni), poi modificata sulla base del decreto legge n. 101 del 1995, dalla legge n. 216 del 1995 (legge Merloni-bis), dalla legge n. 415 del 1998 (legge Merloni-ter) e dall’art. 7 della legge n. 166 del 2002 con la quale viene riordinato il settore.

Da tale quadro normativo si ha una chiara sensazione di un sovraccarico regolatorio e di criticità nella relazione tra i due livelli di regolazione, in quanto il livello nazionale tende a restringere la disciplina sovranazionale, come reazione al fallimento del mercato e delle istituzioni ai vari livelli35 che viene evidenziata dalla legislazione quadro sui lavori pubblici dal 1994 in poi e dalle diverse limitazioni all’autonomia delle parti, soprattutto di quella pubblica, apportate rispetto alle previsioni della normativa sovranazionale. Questo perché la stessa legge quadro è

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È divenuta patologica sia la delega delle amministrazioni alle imprese per realizzare opere pubbliche decise dalla rappresentanza politica, sia la delega affidata dalla collettività all’amministrazione e alla rappresentanza politica per il controllo sull’esecuzione delle opere stesse da parte delle imprese. Cafagno M., Lo Stato

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