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In questo settore assumono rilevanza tre gruppi di norme, innanzitutto le norme tecniche di esecuzione dei lavori43, il così detto diritto tecnico che deve osservarsi in sede di progettazione ed esecuzione dell’opera. In questo caso le massime di esperienza tecnica o i canoni tecnici costruttivi divengono comandi giuridici in modo tale da assicurare la sicurezza della costruzione e l’impiego corretto dei materiali. L’art. 52 del d. lgs. n. 380 del 2001 dispone che in ogni comune le costruzioni pubbliche e private devono rispettare le norme tecniche dei vari elementi

costruttivi, fissati con decreto del Ministro per le infrastrutture e i trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici che si avvale anche del Consiglio nazionale delle ricerche. Se le norme tecniche riguardano costruzioni in zone sismiche sono adottate di concerto con il Ministero per l’interno.

A livello sovranazionale viene emanata in merito la direttiva Cee n. 89/106, modificata dalla direttiva n. 93/68, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, riguardanti i materiali da costruzione, attuata con d.P.R. n. 246 del 1993 e sostituita con regolamento CE n. 305 del 2011.

Importanti sono anche le norme internazionali ISO, europee EN, nazionali UNI, europee recepite dal nostro ordinamento UNI-EN e le molte circolari, istruzioni o decreti ministeriali sulle varie materie. Ricordiamo infine la direttiva CE n. 2001/95, relativa alla sicurezza sui prodotti, attuata con d. lgs. n. 172 del 2004 e la direttiva Cee n. 83/189 sostituita dalla n. 98/34 con lo scopo di impedire che vengano posti ostacoli allo scambio di prodotti in ambito comunitario, infatti stabilisce che nel caso in cui gli Stati vogliano emanare nuove norme tecniche, devono prima informarne la Commissione e se la stessa decide di adottare una propria disciplina in merito, essi dovranno astenersi.

Altro gruppo è quello delle norme per la redazione dei progetti, ossia norme relative alla compilazione di progetti fissate per certe categorie di opere pubbliche con leggi,

decreti presidenziali o ministeriali. Ovviamente valgono per ogni opera edilizia le norme in materia di progettazione contenute nell’allegato al decreto ministeriale 14 settembre 2005.

Il terzo gruppo riguarda le norme sulla esecuzione dei lavori che vanno appunto a disciplinare la fase esecutiva. La loro emanazione inizialmente viene prevista dalla legge fondamentale sui lavori pubblici n. 2248 del 1865, poi dal d.P.R. n. 554 del 1999 attuativo della legge 109/1994 e successivamente dal d.P.R 207/2010. Quest’ultimo disciplina per ogni aspetto solo i contratti delle amministrazioni dello Stato e degli enti statali, potrà riguardare ogni altra amministrazione solo relativamente alle voci che rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello Stato. Accanto al regolamento generale di esecuzione il d. lgs. 163/2006 prevede una serie di altri regolamenti, tra i quali il regolamento per gli speciali requisiti di qualificazione per i lavori relativi ai beni culturali e il regolamento che contiene la tariffa per la progettazione di opere e lavori pubblici. È doveroso sottolineare che il d. lgs. n. 163 del 2006, pur formalizzando la nozione di contratto pubblico, ribadisce che per quanto non è espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’art. 1 si svolge nel rispetto delle disposizioni stabilite dal codice civile.

Fondamentale rilevanza in materia hanno i capitolati d’appalto. Il capitolato generale contiene le condizioni che

possono applicarsi ad un genere di lavoro e le forme che devono seguirsi per lo svolgimento delle gare. Pone preventivamente in modo generale e astratto le condizioni di una possibile serie futura di contratti di un certo tipo o relativi ad un genere di lavoro o appalto. Si impone al privato contraente solo in seguito al suo consenso, è derogabile, ha natura contrattuale. Nei contratti devono essere menzionati e le loro clausole divengono condizioni. Con riferimento ai lavori delle amministrazioni statali, il capitolato generale viene adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, nel rispetto del d. lgs. e del regolamento di attuazione.

I capitolati devono essere menzionati nei bandi e negli inviti così che su di essi si formi il comune consenso delle parti ed entrino a far parte del contratto44.

In passato la natura del capitolato generale è stata controversa, infatti del capitolato approvato con d.P.R. n. 1063 del 1962 viene dichiarata la natura contrattuale dal Consiglio di Stato45, mentre dalla Corte dei Conti ne viene affermata quella regolamentare in quanto esso fa riferimento a tutti i contratti dell’amministrazione statale e per tale motivo deve essere approvato dal Capo dello Stato. Ecco

44

Sulla natura negoziale dei capitolati previsti dal d. lgs. n. 163 v. parere Cons. di Stato sez. normativa n. 355/2006 cit.

45 Mentre in passato, con parere espresso in Adunanza generale n. 600 del 1951 (in Giur. Compl. Cons. di Stato, 1952, 101), lo stesso Consiglio di Stato si era

che il capitolato assume la forma di regolamento e viene approvato con d.P.R.; lo stesso indirizzo viene seguito dalla Corte di Cassazione46. Questo capitolato formalmente ha ad oggetto solo i contratti dello Stato, ma è applicabile anche da altri enti come dalle regioni, fino a che esse non emanano il proprio.

I capitolati speciali contengono le condizioni relative all’oggetto del singolo contratto, le prescrizioni tecniche specifiche, hanno indubbia efficacia contrattuale47. Deve essere inserito come componente del progetto preliminare quando questo sia posto a base di una gara di concessione di lavori pubblici o di appalto, del progetto definitivo quando questo sia posto a base di una gara per aggiudicare la progettazione esecutiva e l’esecuzione dei lavori, e in ogni caso deve far parte del progetto esecutivo. C’è la tendenza a predisporre capitolati speciali tipo in base alle diverse specie di lavori.

La legge 109/1994 introduce il capitolato speciale prestazionale nei casi in cui l’affidamento dei lavori avviene sulla base del progetto preliminare. Esso si differenzia dal capitolato speciale perché è inerente, non alla fase esecutiva

46 Vedi, Cass., 13 febbraio 1969, n. 494, in Mass. Foro., 1969, 143, che ha anche

ritenuto adeguata la forma di approvazione mediante decreto del Presidente della Repubblica. In dottrina v. Roehrssen, I lavori pubblici; Giannini M.S., Dir. amm..

47

Il Cons. di stato, VI, 12 giugno 1992, n. 481 (in Foro amm., 1992, 1402) afferma che i capitolati speciali di appalto, vista la loro natura contrattuale, possono contenere anche disposizioni che operano nella fase di gara con riferimento agli obblighi ed oneri delle parti concorrenti, purché le disposizioni siano state portate tempestivamente a conoscenza degli interessati.

dei lavori ma a quella della progettazione preliminare. Il d. lgs. 163 del 2006 afferma che il progetto esecutivo deve ricomprendere anche un capitolato speciale prestazionale o descrittivo.

Tra le varie fonti normative esaminate ha un’assoluta preminenza la legislazione speciale, la quale prevale sulle norme del codice civile anche se cogenti. È soggetta a disapplicazione qualora contrasti con le norme comunitarie che operano automaticamente nello Stato. I capitolati generali delle singole amministrazioni e quello generale dello Stato, avendo natura negoziale, devono rispettare le norme legislative e regolamentari cogenti, sono equiordinati ai capitolati speciali e ai contratti; in caso di contrasto con quest’ultimi prevale il contratto o capitolato speciale vista la loro specialità. Il capitolato speciale e il contratto non possono derogare alle norme legislative e regolamentari cogenti. Le norme contrattuali prevalgono sulle condizioni con esse incompatibili, contenute nel capitolato speciale.

Capitolo III

DALL’INTERVENTO EUROPEO DEL

2004 ALL’INTERVENTO EUROPEO DEL

2014:

I CAMBIAMENTI

1. Gli effetti del pacchetto legislativo europeo del 2004.

Le direttive europee 17 e 18 del 2004 si interessano eccezionalmente agli istituti di tutela degli interessi privati del settore e sono volte a garantire la realizzazione dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità e trasparenza, combinandosi con le pronunce della Corte di giustizia, in modo da garantire la concorrenza nel mercato, l’uso più efficiente possibile delle risorse pubbliche e per prevenire fenomeni di corruzione e favoritismo.

Il principio di trasparenza è un vero e proprio obbligo per l’amministrazione aggiudicatrice di garantire, con riferimento alle forme e ai contenuti, un livello adeguato di pubblicità in modo che le imprese possano manifestare l’interesse alla competizione e il controllo su un equo e parziale svolgimento della procedura. Il principio di non discriminazione viene espresso come obbligo di descrivere l’oggetto in maniera non discriminatoria, di riconoscere

reciprocamente i diplomi, certificati e attestati, di prevedere termini adeguati per i candidati e offerenti, nonché come facoltà per l’amministrazione di operare usando elenchi di operatori che siano formati in base a criteri oggettivi. Il principio di parità di trattamento consiste nel divieto di vantaggi ingiustificati per uno specifico offerente e nell’obbligo delle amministrazioni di scegliere il contraente in base alle regole previste inizialmente. Tali obblighi sono ovviamente tutti verificabili in sede giurisdizionale.

La Corte di giustizia riprende la giurisprudenza espressa con le sentenze Telaustria e Coname riferite alle concessioni di servizi pubblici, con riguardo ai contratti esclusi per importo economico sotto-soglia o per servizi eccettuati. Afferma che per l’accertamento dell’eventuale inadempimento dello Stato degli obblighi derivanti dalle direttive in merito alla pubblicità occorre valutare l’esistenza di un interesse transfrontaliero certo all’operazione economica, quando cioè le caratteristiche della concessione sono tali da attirare operatori di altri Stati membri, in merito ad esempio al suo presunto valore o al luogo dei lavori; in tal caso se si verifica un affidamento, in assenza di trasparenza, ad un’impresa che ha sede nello Stato dell’amministrazione aggiudicatrice si ha una disparità di trattamento che danneggia le imprese interessate con sede in un altro Stato membro, ciò costituisce una discriminazione indiretta basata sulla nazionalità. Di conseguenza non è illegittimo l’affidamento in assenza di pubblicità per il quale la

Commissione non ha fornito la prova che sia stato leso l’interesse di operatori economici di altri Stati dalla mancata possibilità di accesso alle informazioni.

Notiamo come la regolazione e la concorrenza sono in realtà due aspetti reciprocamente collegati nel complesso dei rapporti economici.

Il regime più lontano da quello dei contratti pubblici continua ad essere quello della concessione di servizi, non disciplinata a livello europeo, vista la presenza pubblica dominante nel settore e la relativa chiusura del mercato. Inoltre, anche se si applicano le discipline che prevedono forme più ampie di tutela della concorrenza, l’unico vincolo per l’amministrazione concedente è che la scelta del concessionario debba avvenire nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. Il concedente deve indire una previa gara informale a cui sono invitati almeno cinque concorrenti, se esistono in tale numero soggetti qualificati in base all’oggetto della concessione, predeterminando i criteri selettivi. Sono fatte salve le discipline specifiche che prevedono l’affidamento diretto a soggetti che sono a loro volta amministrazioni aggiudicatrici, sempre che ciò avvenga nel rispetto dell’ordinamento sovranazionale. La giurisprudenza nazionale ha sancito il principio in base al quale il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto ai casi di impossibilità di ricorrere a pubbliche gare in ragione

dell’estrema urgenza, ovvero della esistenza di presupposti tecnici tali da impedire, se non al prezzo di costi sproporzionati, la ricerca di altre soluzioni basate sul confronto concorrenziale. L’esigenza di una gara, anche se informale, ha lo scopo di garantire uno standard minimo di concorrenzialità ma non impedisce all’amministrazione il ricorso a procedure più aperte e trasparenti48. L’elemento da sottolineare è la valutazione, in sede di gara, dell’equilibrio economico-finanziario dell’imprenditore comprendente l’ordinario utile d’impresa, che dipende dagli esiti della gestione del servizio nel mercato. La concessione e il regolamento prevedono degli standard del servizio e del relativo prezzo, in base agli obiettivi di ordine sociale o qualitativo delle prestazioni e alla capacità di rispondere ai bisogni degli utenti o dei consumatori in relazione agli investimenti effettuati. Ciò può indurre l’amministrazione concedente a prevedere un prezzo a proprio carico che remuneri l’imprenditore ed integri la somma derivante dai ricavi delle prestazioni erogate.

La definizione di concessione di lavori nel codice dei contratti pubblici del 2006 all’art. 3, è quella di derivazione comunitaria, secondo la quale è il contratto che si differenzia dall’appalto pubblico di lavori per il fatto che il

48 Tar Lecce, III, 27 novembre 2009, n. 2868. Per l’affidamento delle concessioni di

lavori, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 45/2010, ha ribadito l’esclusività delle procedure con gara aperta o ristretta.

corrispettivo dei lavori consiste nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto insieme ad un prezzo. La disciplina prevista dal diritto nazionale per l’affidamento delle concessioni di lavori è più vincolante rispetto a quella sancita dal diritto sovranazionale. Quest’ultimo, infatti, si limita a prevedere obblighi di pubblicità e di termini adeguati a carico dell’amministrazione concedente, norme sull’affidamento al concessionario di lavori complementari necessari a causa di sopravvenienze e norme sull’affidamento di lavori dal concessionario a terzi; anch’essa riconosce come elemento fondamentale l’equilibrio economico-finanziario dell’imprenditore49, che può essere considerato un interesse pubblico oggettivo. È proprio allo scopo di realizzare questo interesse che la durata del rapporto contrattuale può superare il limite ordinario di trent’anni non solo con determinazione in sede di gara, ma anche con determinazione al momento della rinegoziazione delle condizioni economiche del rapporto50. La rinegoziazione può far fronte alle sopravvenienze che derivano dall’esercizio di poteri autoritativi dell’amministrazione pubblica, non derivanti dal rapporto concessorio, attinenti alla fissazione delle tariffe o alle condizioni di esercizio dell’attività; può essere anche una risposta all’insufficiente capacità di previsione delle parti contrattuali, del privato che

49 Si veda Cons. di Stato, V, 10 novembre 2005 n. 6287.

50 Si veda Cons. di Stato, V, 17 settembre 2008, n. 4389 che ha riconosciuto la

legittimità delle clausole convenzionali con cui sono state determinate in sede di gara le modalità per l’eventuale ripristino dell’equilibrio economico-finanziario.

ha proposto il piano economico-finanziario e della parte pubblica che lo ha valutato, in particolare per quanto riguarda i presupposti e le condizioni che determinano l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della gestione, i cui limiti sono tali da indurre l’amministrazione ad esercitare uno jus variandi, che inciderà su questa parte del contratto. Di conseguenza la mancata revisione dell’equilibrio dell’originario piano economico-finanziario legittima il privato al recesso, inoltre l’esito della revisione può condurre anche a prevedere nuove condizioni più favorevoli per l’amministrazione concedente.

L’istituto concessorio favorisce l’esecuzione di una parte dei lavori necessari alla realizzazione dell’opera programmata da parte di soggetti terzi, nella misura prevista dall’amministrazione in base ad un tetto massimo stabilito dalla legge, oppure nella misura stabilita dal concessionario. A livello sovranazionale si pensa ad evitare comportamenti non economicamente razionali e non corrispondenti alla logica del mercato che si possono verificare nel rapporto concessorio al momento della determinazione dei contratti di appalto collegati alla concessione. Per questo la disciplina nazionale, in conformità a quella sovranazionale, stabilisce, nel caso in cui il concessionario sia anche amministrazione aggiudicatrice, che debba rispettare le disposizioni del codice dei contratti relative all’affidamento e all’esecuzione degli appalti di lavori. Se il concessionario non è amministrazione aggiudicatrice, deve rispettare quanto

disposto relativamente alla pubblicità e ai termini per la ricezione delle candidature e delle offerte degli operatori economici; nonché le prescrizioni in merito ai requisiti generali e alla qualificazione degli operatori economici, al subappalto, alla progettazione, al collaudo, ai piani di sicurezza51.

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