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6.1 FACOLTÁ DI GEOLOGIA

6.1.11 Conclusioni

La cooperazione italiana con la Facoltà di Geologia, la prima a essere messa in atto dall’Italia in Mozambico, fu sempre strettamente collegata e integrata con le istituzioni mozambicane che operavano nel settore minerario. Il contributo italiano fu di ragguardevole entità, soprattutto nel settore della ricerca geologica di campo, producendo rilievi di grande importanza strategica per il paese. Risulta, pertanto, incomprensibile la sua cessazione completa già nel 1990. Che il disimpegno italiano sia stato dovuto a contrasti con le istituzioni del paese africano non pare probabile, visto che niente di simile risulta dalla documentazione disponibile, sia nell’ambito italiano, sia in quello mozambicano. Se è stato provocato dalla convinzione che il Mozambico fosse privo di risorse minerarie di un qualsiasi valore, ci troveremmo in presenza di un gravissimo errore di valutazione. Nella provincia di Tete sono stati, infatti, scoperti i giacimenti di carbone ritenuti tra i più ricchi del mondo (attualmente sfruttati intensivamente da compagnie straniere fra cui le brasiliane Rio Tinto e Vale e la Jindal-India)13. Giacimenti di altri minerali strategici come il titanio sono sfruttati dalla compagnia irlandese Kenmare. Anche le riserve di pietre preziose e semipreziose si sono rivelate più consistenti di quel che si supponeva in epoca coloniale.

Sarà possibile che l’esistenza di tutte queste ricchezze sia passata inosservata ai geologi italiani? È molto più probabile che non sia stato

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Sullo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali si veda: G. Palagi, Un

paese in (s)vendita, in “Nigrizia”, 05 luglio 2012, http://www.nigrizia.it /notizia/un-

così, almeno per alcuni di questi minerali. Viene allora da pensare a quale strategia vi sia stata dietro il comportamento dell’Italia, o forse dovremmo dire, a quale mancanza di strategia. Anche in altri settori abbiamo, infatti, visto come, a fronte di grandi investimenti in denaro e in risorse umane, l’Italia non sia stata capace di finalizzare il frutto delle sue ricerche a una concreta azione economica.

6.2 FACOLTA DI AGRONOMIA ED INGEGNERIA

FORESTALE (FAEF)

6.2.1 Contestualizzazione storica

L’agricoltura è sicuramente un settore strategico per un paese che ha appena raggiunto l’indipendenza e il cui problema più urgente è quello di provvedere alle necessità alimentari dei propri cittadini. L’esodo dei coloni portoghesi, di cui abbiamo già riferito, non mancò di avere gravi ripercussioni anche in questo settore.

Il vecchio sistema di coltivazioni costituito da grandi piantagioni sostenute da capitale e management straniero collassò, e si cominciò a progettare un nuovo sistema di produzione ditipo socialista allo scopo di sviluppare il grande potenziale agricolo del paese, sfruttato solo in minima parte.

Vennero così create le Aldeias Comunais, villaggi comunitari, sul modello degli Ujaama tanzaniani14, che sarebbero anche stati un luogo privilegiato per formare la coscienza di classe delle masse contadine. Nell’ambito dei villaggi comunitari grande importanza venivano a ricoprire le fattorie statali (Machambas Estatais) che erano considerate il fondamento per lo sviluppo economico del paese. Alcune di queste fattorie, specie al sud, avrebbero potuto contare su un sistema di irrigazione ad alto livello tecnologico mentre cooperative agricole, da creare su tutto il territorio nazionale, si sarebbero avvalse di una tecnologia molto più semplice.

In questo contesto grande rilievo assunse l’interpretazione presentata dalla classe politica al potere, che proponeva la campagna come modello di vita pura contrapposta alla corruzione della città.

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Nella Tanzania di Julius Nyerere avevano trovato rifugio i guerriglieri mozambicani fin dagli albori della lotta armata per l’indipendenza.

Oltre alla produzione di prodotti agricoli destinati al consumo alimentare del paese, le fattorie statali avrebbero dovuto fornire anche materie prime per l’industria nascente, come cotone, zucchero, copra, sisal e tè, diminuendo la dipendenza del paese dalle importazioni.

Seppure esistessero già molte attività volte a sviluppare un buon livello di produzione agricola, come il citato progetto di irrigazione su larga scala e il recupero delle fattorie abbandonate, c’era la necessità di creare infrastrutture per un migliore utilizzo delle risorse nazionali nel settore della produzione agricola.

La riforma agraria, in cui si era impegnata la Repubblica Popolare del Mozambico al suo nascere, non decollò mai veramente e alla fine si rivelò un fallimento. Ancora oggi, il settore rimane delicato e fragile, come dimostrano le “rivolte del pane” che si sono avute in Mozambico nel febbraio 2008 e nel settembre 2010, quando la popolazione scese in piazza contro l’aumento dei generi di prima necessità, in insurrezioni che provocarono morti e feriti. Pur tenendo in conto la situazione mondiale di crisi generale, con l’aumento del prezzo dei cereali, il problema in Mozambico affonda le sue radici nell’insuccesso dell’intervento dello stato nell’ambito della gestione delle campagne e della produzione dei prodotti agricoli. Il paese è ancora largamente dipendente dal vicino Sud Africa per quanto riguarda le importazioni di derrate anche di primissima necessità, laddove la produzione interna rimane ancora scarsa e di bassa qualità. Mentre nei supermercati riservati alle classi più abbienti, spesso catene di negozi sudafricani, si vendono prodotti che nulla hanno da invidiare a quelli venduti nei paesi occidentali, i mercati locali e le bancarelle nelle strade offrono prodotti nazionali di qualità molto scadente. Negli ultimi anni si sono avuti vari avvicendamenti nella posizione di ministro dell’Agricoltura, senza che il problema sia stato minimamente attenuato.