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5.2 Cronologia delle attività di cooperazione italiana e sue fasi

5.2.6 Fase ponte: la preparazione del nuovo intervento

con l’intenzione di mantenere una continuità con quanto già realizzato, la Cooperazione italiana ha finanziato due successivi interventi a gestione diretta. Si è trattato di un “Programma Ponte” che ha coperto il periodo tra il luglio 2007 ed il giugno 2010, la cui funzione era quella di mantenere in essere il rapporto di cooperazione già esistente in attesa della formulazione di un nuovo programma pluriennale.

Nel luglio del 2008, alla scadenza del primo programma ponte, la UEM, fece richiesta di un ulteriore finanziamento ponte, in base al quale fu formulato un secondo intervento annuale articolato nelle seguenti componenti:

 supporto istituzionale;

 supporto al Dipartimento di Progettazione dell’Università E. Mondlane (DAPRO);

 qualità della didattica e aggiornamento dei docenti della UEM;  tematiche di genere (sviluppo della ricerca, salute riproduttiva,

progettazione piano di studi per un corso di operatori d’infanzia, attività seminariali e informative sulle pari opportunità);

 continuazione del supporto alle Facoltà di Medicina, Architettura, Agronomia.

A tale progetto si sarebbe affiancata una componente eseguita in convenzione con il Consorzio Regionale “Sardegna Ricerche”, attraverso un contributo misto Consorzio-DGCS-UEM, finalizzata alla formazione e all’aggiornamento di almeno 40 ricercatori dell’UEM in biotecnologie attraverso corsi di Master internazionali di durata biennale.

Tale fase ha consentito di avviare le attività preparatorie all’intervento pluriennale successivo.

Nel marzo 2009, il nuovo programma annuale di cooperazione fu presentato alle autorità accademiche dell’UEM, anche con lo scopo di raccogliere informazioni atte a ridefinire obiettivi e risultati attesi del futuro programma triennale di cooperazione universitaria.

A livello delle Facoltà già soggetti di cooperazione universitaria con l’Italia (Architettura, Agronomia, Medicina, Educazione) furono indicate come necessità primarie:

 la formazione metodologica e accademica dei docenti;

 lo stanziamento di risorse finanziarie per la mobilità di studenti e docenti;

 l’applicazione di procedure di gestione amministrativa e dell’informazione e di manutenzione degli equipaggiamenti.

La nuova prospettiva prevedeva che l’Italia potesse sostenere l’UEM nel suo processo di riforma sistemica, superando i limiti dell’aiuto “a progetto” con l’introduzione di forme di sostegno diretto che valorizzassero l’esperienza maturata dall’Italia in decenni di attività cooperativistica.

Durante questo periodo di transizione furono effettuate importanti attività, tra le quali:

 il rafforzamento del Centro per lo Sviluppo Accademico della Facoltà di Educazione, (con la formazione di 427 docenti in metodologie pedagogiche);

 il rafforzamento dei gruppi di ricerca presso la Facoltà di Agronomia;

 uno studio per l’integrazione dei data base dell’UEM;

 la progettazione di un Servizio permanente di valutazione e garanzia della qualità dell’insegnamento nell'interno della Direzione Pedagogica;

 la creazione di un Dipartimento per la promozione di partenariati di ricerca presso la Direzione Scientifica dell’UEM;

 la creazione di un Centro di Coordinamento per le questioni di Genere.

Parallelamente continuò il sostegno ai centri di ricerca applicata (estenção) presso la Facoltà di Architettura, per quanto riguarda la catalogazione del patrimonio immobiliare di Maputo e per la conservazione del patrimonio architettonico di valore storico-culturale (Facoltà di Architettura), presso quella di Agronomia, relativamente alla creazione di varietà migliorate di girasole e presso quella di Medicina, per la formazione di tecnici di anatomia patologica.

Anche il personale tecnico e amministrativo si avvalse dell’apporto formativo del programma in questione.

Una delle novità più interessanti del Programma Ponte fu la creazione del Centro di Biotecnologia, che pur nascendo nell’ambito delle Facoltà di Medicina e Agronomia, con l’apporto suppletivo delle Facoltà di Biologia e Veterinaria, rimase completamente indipendente da queste. Non era previsto alcun intervento di docenza; il programma si basava unicamente sulla ricerca, mettendo in comunicazione i settori d’eccellenza delle varie facoltà.

Furono elaborati, inoltre, i progetti di due nuovi corsi di Master in Formazione Agronomia (in modalità semi-presenziale e a distanza) e in Cooperazione e Sviluppo e furono effettuate ricerche nel campo della promozione economica della donna (Centro Studi Africani, CEA).

Da un punto di vista gestionale, la fase ponte ha segnato una involuzione in termini di costi e di efficienza rispetto al successo della gestione precedente. Infatti, nella fase precedente la responsabilità della conduzione del progetto era affidata alla stessa università mozambicana, mentre nella fase ponte ritornò all’Italia. È evidente come la gestione diretta rappresenti una maniera obsoleta di fare cooperazione, in quanto la responsabilità della programmazione e della spesa è affidata esclusivamente al paese donatore ed è pertanto annullata la partecipazione dell’università ai processi decisionali, in contrasto con il principio di ownership.

Oltre all’involuzione da un punto di vista concettuale vi sono anche negative conseguenze pratiche sull’efficienza dell’intervento, dato che ogni minima variazione del piano di spesa dei fondi in loco deve essere previamente autorizzata dalla DGCS con atto formale.

In realtà la fase ponte non è stata altro che un espediente per mantenere in vita una qualche forma di cooperazione in attesa che venisse presentato un nuovo progetto, dato che questa non mostrava aspetti innovativi. Il tempo che trascorre tra la fine di un progetto e l’inizio del successivo è spesso lungo, talvolta a causa di lentezze burocratiche. I finanziamenti che vengono erogati durante questo periodo continuano, però, a essere rilevanti, senza che all’impegno economico faccia riscontro un effettivo avanzamento nella capacità di rispondere alle nuove necessità dell’università ricevente e della società nella quale essa si trova a operare. L’evoluzione dei modelli di cooperazione ha avuto così la controprova della sua efficacia, mostrando come la gestione paritetica e la responsabilizzazione delle istituzioni locali sia la strada giusta da percorrere.

5.2.7 Fase esecutiva: un nuovo modello di cooperazione