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Contestualizzazione storica e interventi preparatori

6.5 FACOLTÁ DI ARCHITETTURA E PIANIFICAZIONE FISICA

6.5.1 Contestualizzazione storica e interventi preparatori

relativi alla mappatura del territorio della loro ex colonia, tuttora conservati negli archivi lusitani e anche adesso di non facile accesso per la consultazione. Il paese si trovò così completamente sprovvisto di qualsiasi riferimento da cui si potesse ricavare la cartografia, le caratteristiche morfologiche, geologiche, idrologiche, altimetriche, le planimetrie, i piani urbanistici, in definitiva tutto ciò che era necessario per la conoscenza del territorio e la sua gestione. Qualsiasi politica di sviluppo e conservazione, dalla costruzione di strade e ponti alla salvaguardia delle risorse naturali e al loro sfruttamento dal punto di vista agronomico, alla rilevazione di confini e proprietà, diventava pertanto di impossibile attuazione. Non esistendo il catasto, il registro delle proprietà era gestito attraverso la memoria storica conservata oralmente e trasmessa di generazione in generazione dai capi villaggio, i regulos, che, tra le loro funzioni, avevano proprio quella di tenere una sorta di “registro” orale non solo delle proprietà, ma anche dei confini e delle caratteristiche del territorio. Per la loro insostituibile funzione nell’ambito della società tradizionale, i regulos godevano di un enorme prestigio, del quale si erano serviti i portoghesi, affidando loro un ruolo di intermediari tra i nativi e l’amministrazione coloniale. Fu proprio questa collaborazione con l’antico colonizzatore a portare alla loro emarginazione da parte del nuovo governo della Repubblica Popolare del Mozambico.

I bisogni che si presentarono davanti ai governanti mozambicani dopo l’indipendenza nel settore della conoscenza del territorio andavano, comunque, ben al di là di quello che poteva essere questa forma di

registrazione orale66. Fu in questo contesto che maturò la forte consapevolezza della necessità di intraprendere un’azione di raccolta e di sistematizzazione dei dati relativi alla realtà fisica e territoriale del paese su rigorose basi scientifiche67.

Anche il settore dell’edilizia, pur presentando carattere di minore urgenza, aveva bisogno di figure professionali di cui il paese era sprovvisto. Le distruzioni della guerra a livello abitativo non erano molto rilevanti perché la guerriglia operava prevalentemente in zone extra- urbane. I lunghi anni di guerra civile provocarono, piuttosto, notevoli danni alle infrastrutture come strade, elettrodotti e ponti, lasciando praticamente intatte le città. Il problema era costituito dal decadimento delle vecchie strutture di epoca coloniale e, soprattutto, dall’emergenza abitativa dovuta all’inurbamento forzato di una gran massa di abitanti delle campagne, i deslocados, che si erano riversati nella capitale per sfuggire ai massacri e alle devastazioni dei guerriglieri. Si erano costituiti grandi agglomerati di case precariamente costruite e i quartieri, che così erano sorti senza seguire nessuna pianificazione urbana, erano privi di qualsiasi servizio, da quelli igienici alla fornitura idrica e di energia elettrica, con strade di terra battuta, per di più scarsamente collegati alla città da una rete di trasporti insicuri e nelle mani di privati. Chi aveva previsto che con la firma dei trattati di pace e il ritorno della sicurezza territoriale, il processo di inurbamento si sarebbe arrestato o, addirittura, avrebbe preso la via inversa del ritorno alle campagne, si era sbagliato. Il trasferimento in massa nelle città è un fenomeno comune a tutti i paesi del terzo mondo, e non solo, e si è ovunque rivelato irreversibile.

Mentre i portoghesi avevano gestito il settore tramite l’impiego di ingegneri, i responsabili mozambicani degli uffici preposti alla pianificazione fisica del territorio decisero di chiedere la collaborazione di alcune Facoltà di Architettura italiane. L’opzione di coniugare territorio e architettura ha, infatti, solide tradizioni in Italia, dove esistono facoltà che associano nel loro interno gli aspetti di architettura,

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Per questi ed altri aspetti relativi alla situazione storica del Mozambico, si veda : M. Newit, op. cit. e A. Isaacman, B. Isaacman, op. cit.

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Planos de estudos e programas de ensino para a Faculdade de Arquitectura e

pianificazione fisica e urbanistica. Tra queste una delle più qualificate nel settore era quella di Venezia, che fu anche tra le prime università a stabilire contatti con la UEM allo scopo di dare un contributo all’imponente sforzo governativo di catalogazione del territorio della Repubblica. L’iniziativa di rivolgersi all’Italia per chiedere un sostegno venne dall’architetto José Forjaz, dapprima a capo della Direção Nacional da Habitação (DNH) e in seguito vice ministro per la Pianificazione Fisica.

Josè Forjaz faceva parte dello sparuto gruppo di 4 architetti, tutti formatisi all’estero e di cui solo due mozambicani, su cui poteva contare il Mozambico del dopo-indipendenza. Di origine portoghese, aveva studiato alla Scuola di Belle Arti di Porto per poi specializzarsi in Architettura negli Stati Uniti. In seguito ai suoi studi e alle sue frequentazioni cosmopolite, aveva stretto contatti personali e professionali con personalità del mondo della politica e della cultura di diversi paesi, tra cui l’Italia. Fu in conseguenza di questi contatti e dell’interessamento dell’ambasciatore Claudio Moreno che riuscì a ottenere il coinvolgimento della Cooperazione italiana.

Abbiamo reperito nell’Archivio Storico del Mozambico una bozza di documento non datato, manoscritto dall’architetto Forjaz che è presumibilmente tra i primi contatti, se non il primo in assoluto, stabiliti con la Cooperazione italiana. Il documento si intitola: Por uma escola de Arquitectura não ortodoxa e stabilisce le caratteristiche che avrebbe dovuto avere la Facoltà di Architettura in Mozambico insieme alla sue priorità. Il primo punto si focalizzava sul processo di sviluppo del paese, le cui necessità primarie risiedevano nella pianificazione del territorio nazionale, nello sviluppo delle infrastrutture fisiche e sociali sia nelle campagne che nelle città, nel controllo dell’uso del suolo, nella necessità dell’uso delle risorse naturali e locali. Il secondo punto riguardava la penuria di tecnici mozambicani e la necessità di crearne con urgenza; il terzo rendeva chiaro come fosse inevitabile che la disciplina si dovesse agganciare ai problemi reali del paese. Stabiliva, inoltre, le modalità di accesso all’università per quei tecnici medi che si sarebbero formati attraverso la cooperazione italiana:

O processo de desenvolvimento do país - necessidade prioritária ao planeamento do território nacional, ao desenvolvimento de infrastruturas fisicas e sociais no campo e na cidade, ao controle do uso do solo, e necessidade de uso dos recursos naturais e locais.

A falta de quadros tecnicós moçambicanos a nivel superior neste dominio–urgência na formação de quadros imediatamente operacionaís.

O caracter da disciplina cujo aprendizagem se adquire

essenzialmente na refleção sobre os problemas reais e concretos e na própria prática profissional.

... entrada directa dos nossos trabalhadores estudantes (do INPF) com a 10ª classe e formação média em planificação física nesta faculdade de Arquitectura, como bolseiros–garantir que o acesso não seja só atraves da 12ª classe do ensino secundário68.

La richiesta di assistenza per la creazione della Facoltà di Architettura fu inoltrata dalle autorità accademiche mozambicane alla Cooperazione italiana nel 1982 e fu oggetto di una riunione tenutasi presso il ministero degli Esteri nel giugno dello stesso anno, mirata a definirne i dettagli culturali e tecnici. Il responsabile mozambicano delle trattative era lo stesso architetto José Forjaz; il partner italiano venne individuato nella Facoltà di Architettura dell’Università La Sapienza di Roma.

Il programma di sostegno alla Facoltà di Architettura prese avvio prima ancora della sua fondazione. In questa fase preparatoria, infatti, la cooperazione italiana fornì la sua assistenza per creare le competenze professionali di base su cui costruire i successivi interventi. L’intervento di cooperazione si è sviluppato in varie fasi69.

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Bozza di documento manoscritto, redatto presumibilmente tra il 1992 e il 1993. ASM, fondo UEM, cartella n. 128.

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Per la denominazione delle fasi in cui si articolò l’intervento italiano si riprende la ripartizione adottata in L. Cupelloni (a cura) Mozambico pensare, fare,