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Spesso la cooperazione con i paesi del sud del mondo ha considerato spurio il tema “università” e c’è voluto del tempo perché il concetto che lo sviluppo passa in larga misura attraverso la formazione delle competenze tecniche, civili, professionali fosse accettato. Inizialmente, i primi interventi rivolti verso questo settore si indirizzarono sia al campo delle scienze “dure”1 a causa del convincimento che potessero aprire una relazione di tipo economico, pur sotto specie di “aiuto allo sviluppo” sia al settore della sperimentazione in quelle aree che maggiori resistenze avrebbero incontrato in patria. Gli interventi di questo tipo avevano il duplice scopo di aiutare il PVS e di trarre allo stesso tempo, vantaggi in favore dell’economia del paese che offriva il sostegno.

Pur con i dovuti distinguo, non si può dire che la cooperazione italiana sia stata del tutto indenne rispetto a questa modalità.

Alcuni degli interventi della prima ora con il Mozambico in ambito universitario si rivolsero proprio a quelle discipline più attinenti al campo di un possibile sfruttamento delle risorse naturali della regione e, pertanto, a quello geologico (dalla mappatura del territorio alla individuazione di risorse naturali) e a quello dell’ingegneria mineraria, chimica e delle telecomunicazioni.

In un secondo momento, l’intervento italiano si rivolse anche verso la Facoltà di Economia, incubatrice dei nuovi quadri dirigenti mozambicani e nella quale dominavano docenti di formazione marxista provenienti dai

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Hard science (letteralmente scienza dura) è un termine usato nell’inglese colloquiale per riferirsi a quei campi delle scienze naturali solitamente fisica, chimica, e biologia, che si basano su dati sperimentali quantificabili o che applicano il metodo scientifico basato sull’accuratezza e l’oggettività e che hanno una ricaduta più immediata sulle tecniche e sull’innovazione.

paesi dell’est, che orientavano la visione economica in una prospettiva profondamente diversa da quella occidentale. Con l’invio di docenti e con l’attivazione di programmi specifici, l’Italia si inserì all’interno della dinamica esistente, pur non avendo la pretesa di scardinarla, anche perché l’intervento italiano, soprattutto nei primi tempi, era limitato alla docenza in settori squisitamente tecnici come la matematica e la statistica, mentre a russi e cubani era affidato l’insegnamento della parte teorica2.

Nonostante l’impegno si fosse originariamente rivolto alle facoltà più legate al mondo economico e produttivo, è questione ancora da verificare e che ci proponiamo di fare in questo lavoro, se l’Italia abbia tratto reali vantaggi economici e finanziari a seguito dei suoi interventi. Il dato di fatto è che lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo è stato sinora nelle mani di altri paesi: Brasile, Gran Bretagna, Australia e Giappone nel campo dell’estrazione del carbone, Irlanda nello sfruttamento delle miniere di titanio, Sud Africa e Stati Uniti per quanto riguarda la trivellazione per ricerche dei giacimenti petroliferi o di gas naturale. Il prossimo futuro ci dirà quale sarà il ritorno economico di cui beneficerà l’Italia a seguito della scoperta, da parte dell’ENI, di ingenti giacimenti di gas naturale nel nord del paese.

La cooperazione italiana in ambito universitario in Mozambico, tuttavia, molto presto ampliò la sfera entro la quale si muoveva, estendendo il suo raggio di azione ad altre facoltà meno coinvolte in un discorso di fruizione economica immediata, anche in virtù di quei rapporti interpersonali di amicizia che esistevano tra i due paesi e che stanno alla base, per esempio, del ruolo determinante dell’Italia nell’istituzione della Facoltà di Architettura3.

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Dall’intervista (giugno 2012) con la professoressa V. De Angelis, docente della Università La Sapienza nella Facoltà di Economia della UEM, risulta che i rapporti tra i docenti italiani e i loro colleghi dei paesi del blocco comunista erano molto limitati, in quanto questi ultimi erano controllati dalle loro ambasciate e vivevano in un ambiente ristretto ai soli loro connazionali. Inoltre i report dei docenti italiani reperibili presso l’archivio UTL di Maputo danno conto dell’atteggiamento di chiusura e sospetto dei docenti dell’est nei confronti degli italiani.

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Da una dichiarazione del prof. G. P. Calchi Novati a chi scrive (25 gennaio 2011), la prima università italiana che contattò la UEM per un eventuale creazione di una Facoltà di Architettura fu, negli anni ’70, Ca’ Foscari, di Venezia. Il progetto non andò in porto e, in seguito, tale incarico passò, con successo, all’Università La Sapienza di Roma.

Il forte impegno della cooperazione italiana in Mozambico, nato, come abbiamo visto, da una miscela unica tra fattori economici, politici e di amicizia, ha fatto sì che anche nel settore universitario l’impegno, sia in ambito finanziario che in quello dell’impiego delle risorse umane, fosse di considerevole entità. Dagli ultimi dati messi a disposizione dall’ufficio della UEM incaricato di monitorare l’andamento della cooperazione svedese in relazione con le altre, il programma italiano di appoggio all’Università Eduardo Mondlane vede, infatti, il nostro paese come secondo maggior donatore, preceduto solo dalla Svezia4, che sostiene un imponente programma di appoggio alla ricerca, e seguito da paesi che pure hanno una consolidata tradizione nel campo dell’aiuto, come Norvegia, Danimarca, Olanda e Belgio5.

5.1.1

Il programma italiano di cooperazione universitaria

Il programma italiano di cooperazione universitaria ha avuto, sin dal suo inizio, un ruolo importante: le autorità mozambicane e il ministero degli Affari Esteri, attraverso il sostegno al settore universitario, si posero l’obiettivo dell’innalzamento del livello culturale e tecnico-scientifico del paese e, quindi, della formazione di una classe dirigente adeguata alle esigenze nazionali, a partire dalla diffusa convinzione che il decollo verso lo sviluppo può avvenire solo in presenza di un'accumulazione primaria di capitale e di una classe politica colta e capace di promuovere un processo di crescita “virtuoso”6.

L’appoggio della cooperazione ai PVS in ambito accademico ha contribuito alla formazione di «quel capitale umano verso il quale si può orientare la vita economica»; riuscendo a dare un contributo sostanziale alla formazione, in queste aree, di élite capaci di indirizzare il futuro del

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M. C. Dias, SSeellff--AAsssseessssmmeenntt ooffBBiillaatteerraallRReesseeaarrcchhCCooooppeerraattiioonnUUEEMM--SSiiddaa,,,

Workshop in Preparation for Agreement 2010-2014, Stockholm, 27-28 August 2009,

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secondo informazioni forniteci da T. Cirillo il programma italiano di cooperazione con la UEM è attualmente in una fase di attesa.

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paese ricevente7. Appare pertanto ovvio come, attraverso questa modalità di intervento, l’Italia abbia svolto e svolga un'azione di politica estera non più espletata attraverso l’esercizio del potere, come in epoca coloniale, bensì attraverso una presenza fattiva e partecipativa. Talune voci critiche, però, suggeriscono che anche questa possa essere considerata una forma mascherata di esercizio di potere.

5.2 Cronologia delle attività di cooperazione italiana e sue