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B) La responsabilità degli organi

6 Conclusioni

In sede di premesse, nell‘illustrare l‘oggetto della presente indagine, ho precisato che sarebbero stati offerti una serie di temi utili alla trattazione dei numerosi profili involti dallo studio del principio generale dell’integrità del

mercato.

In questa prospettiva, dunque, attraverso una analisi della nozione di

integrità del mercato, condotta con gli strumenti propri della gius-economia

nonché attraverso le elaborazioni dottrinali e le pronunce giurisprudenziali che si sono espresse sulle disposizioni del TUF che fanno esplicito riferimento a tale nozione, sono pervenuto a definire l’integrità del mercato come un principio espressivo di un interesse collettivo acché sia preservata la fiducia degli investitori nel corretto funzionamento del mercato.

Un interesse collettivo che, nell‘ambito della disciplina dei mercati finanziari, è tutelato dall‘ordinamento sul piano giuspolitico in ragione della necessità non tanto di impedire che il prezzo di mercato risulti non «vero», ma che la distanza dalla «verità» sia il risultato non dei meccanismi spontanei del mercato e delle sue oggettive inefficienze bensì di comportamenti finalizzati ad accrescerla artificialmente.

Garantire l’integrità del mercato rappresenta allora un‘esigenza strettamente correlata alla conservazione della fiducia degli agenti di mercato nel funzionamento del mercato medesimo.

Conseguentemente, lo si è visto, l‘interesse collettivo all’integrità del mercato si risolve nella tutela di due momenti strettamente irrelati:

a) che sia preservata una struttura di mercato efficiente e concorrenziale;

b) che (dunque) il consumatore possa scegliere liberamente senza inganni.

Al fine di raggiungere tali obiettivi, quanto meno in relazione ai mercati finanziari – oggetto principale della presente trattazione, quale settore nel quale il danno all’integrità del mercato mostra con più immediatezza i suoi effetti – è

Pagina 158 di 185 senz‘altro indispensabile una efficace struttura di public enforcement affidata alle autorità di vigilanza alle quali è attribuito il compito di porre gli strumenti regolatori più efficaci per assicurare l’integrità del mercato e reprimere le relative violazioni (si v. l‘esempio ampiamente trattato delle vendite allo scoperto).

Accanto a tale attività, appare altresì opportuno che siano valorizzati gli strumenti e le tecniche di tutela proprie del diritto privato (c.d. private

enforcement), che possono per vero acquisire una (indiretta) efficacia regolatoria

talvolta più pervasiva di quella ottenibile attraverso i pubblici poteri.

È noto, infatti, che i rimedi offerti dal diritto privato possono contribuire agli obiettivi regolatori già perseguiti da public authorities, coprendo i limiti propri dell‘attività di queste ultime, giacché essi:

a) sono rimessi all‘iniziativa del singolo soggetto che lamenta un pregiudizio, incentivato dalla prospettiva di ricavarne un risarcimento che viene imputato direttamente al suo patrimonio (mentre, salvo casi peculiari, i privati non beneficiano direttamente delle sanzioni pecuniarie pubblicistiche);

b) inducono una migliore circolazione delle informazioni per la scoperta degli illeciti che altrimenti sarebbero affidate alle iniziative di un unico ed accentrato apparato burocratico;

c) determinano un risparmio dei costi per le pubbliche autorità dal momento che gli oneri dell‘azione privata gravano evidentemente sull‘attore.

Vero è, d‘altro canto, che il congiunto operare di public e private enforcement può condurre a forme di iperregolazione o a duplicazioni di sanzioni che, come noto, sono causa di un eccesso di deterrenza che si riflette in un aumento dei costi sociali nonché, in ultimo, un maggior costo per il consumatore finale non compensato da nessun effettivo beneficio.

In questo senso non è allora irragionevole ritenere che il nuovo strumento processuale dell‘azione di classe, oltre che per ragioni testuali e sistematiche, non possa trovare applicazione ai casi di responsabilità civile per danno all’integrità

Pagina 159 di 185 diritto, giacché trattasi di interesse collettivo e non individuale del consumatore già protetto dall‘azione della Consob, anche sul piano civile (ai sensi dell‘art. 187-

undecies TUF).

Più discutibili sono, invece, i limiti che l‘azione privata a tutela dell’integrità

del mercato può incontrare anche quando svolta sul piano individuale.

Come sembrerebbe risultare dalla disamina svolta con riferimento alla responsabilità civile per danni da mancate informazioni sul mercato secondario e per i danni conseguenti a fatti di insider trading, la disciplina della responsabilità civile recata dal nostro ordinamento non è di agevole applicazione ai fatti che pregiudicano l‘interesse collettivo all’integrità del mercato quali sono esemplarmente quelli appena presi in considerazione. Ciò è dovuto:

i) sia alla struttura tendenzialmente riparatoria e non sanzionatoria della responsabilità civile;

ii) sia alle difficoltà di prova del nesso causale e dell‘ingiustizia del danno.

Nell‘attuale contesto, dunque, la tutela dell’integrità del mercato è

caratterizzata da modelli di disciplina e regolazione tipici del diritto pubblico: regimi di autorizzazioni (si pensi alle prescrizioni che governano in via preventiva l‘attività degli intermediari e degli emittenti); imposizione di obblighi, limiti e divieti (si pensi alle nuove prerogative attribuite dall‘art. 127 TUB alla Banca d‘Italia o alla attività preventiva posta in essere negli ultimi tre anni dalla Consob per circoscrivere il fenomeno, ritenuto a torto o a ragione pernicioso per il funzionamento del mercato finanziario, delle vendite allo scoperto); comminazione di sanzioni, anche sottoforma «civile» (si pensi ancora alle attività repressive della Consob degli abusi di mercato e alle prerogative che sono attribuite all‘Autorità dall‘art. 187-undecies TUF).

Appaiono, invece, largamente limitate nella loro operatività le tecniche di regolazione e di tutela tipiche del diritto privato, come è in definitiva comprovato proprio dalla circostanza che anche le pretese risarcitorie connesse a danni all’integrità del mercato conseguenti agli abusi di mercato sono state attribuite dalla legge, segnatamente dal citato art. 187-undecies TUF, ad una autorità statale,

Pagina 160 di 185 la Consob, con tutte le contraddizioni e i profili critici che tale scelta del legislatore ha posto276.

Tale limitazione deriva, a mio avviso, dal fatto che i positivi effetti per la tutela dell’integrità del mercato connessi all‘applicazione dei rimedi offerti dal diritto privato, in termini soprattutto di iniziativa affidata al singolo, a fianco alla attività repressiva delle autorità pubbliche non possono evidentemente dispiegarsi là dove al singolo non è assicurata (o comunque è largamente aleatoria per le difficoltà di fare applicazione della clausola generale della responsabilità civile) la potenziale apprensione di una utilità economica277.

Nell‘attesa che tali difficoltà possano essere superate mediante una interpretazione evolutiva e funzionale della clausola della responsabilità civile è allora quanto mai opportuna una revisione delle attribuzioni e della struttura delle autorità indipendenti che operano nel nostro paese al fine di assicurare un rafforzamento ed una maggiore efficacia al public enforcement dell‘interesse collettivo all’integrità del mercato.

Di là da come una tale riforma debba essere strutturata, tema sul quale non mi sento di esprimermi278, essa appare soprattutto nell‘attuale momento storico

indispensabile per ricostruire la fiducia279 - nella quale, appunto, secondo la tesi

qui patrocinata, l’integrità del mercato si risolve – degli agenti del mercato nel corretto funzionamento del medesimo.

276 Con rinuncia ad affrontare approfonditamente il tema per economia di trattazione, si veda per

una analoga prospettiva riferita alla tutela dell‘ambiente, che per certi versi pone difficoltà che possono essere accostate a quelle dell‘integrità del mercato, il recente contributo di U.SALANITRO,

Tutela dell‘ambiente e strumenti di diritto privato, in Funzioni del diritto privato e tecniche di regolazione del mercato, cit., p. 381 ss. Come noto, la disciplina della responsabilità per danno all‘ambiente, introdotta dall‘art. 18 della legge 8 luglio 1986, n. 349 e riformulata dagli artt. 299 del d. lg. 3 aprile 2006, n. 152 prevede che chi danneggia l‘ambiente è tenuto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato.

277 Del resto, proseguendo nel paragone con la disciplina della responsabilità per danno

all‘ambiente, tale ultima disciplina, in maniera assai speculare con quanto il TUF stabilisce per il danno all‘integrità del mercato, prevede, come detto, che chi danneggia l‘ambiente è tenuto al risarcimento del danno nei confronti dello Stato (non dei singoli).

278 Per una articolata proposta v. G.NAPOLITANO A.ZOPPINI, Le autorità al tempo della crisi. Per una

riforma della regolazione e della vigilanza sui mercati, cit., pp. 57 ss. e 75 ss.

279 Sulla circostanza che l‘ordinamento debba disporre di regole vincolanti per preservare la

―fiducia‖ tra gli agenti economici e dunque per assicurare gli scambi ed il conseguente aumento del benessere complessivo v. esemplarmente F.ROMANI, Appunti sull‘analisi economica dei contratti, in Il

confronto delle idee. Rileggere Franco Romani, a cura di G. Dallera – G. Lauricella – F. Pulitini, Catanzaro, 2008, p. 50 ss.

Pagina 161 di 185 In questo senso, eventuali ipotesi di riforma dovrebbero muovere dalla considerazione che la funzione di tutela degli investitori non può risolversi unicamente in una funzione di trasparenza280: tale tradizionale impostazione

appare del resto, inadeguata almeno per il contesto italiano dove il mercato al dettaglio è meno caratterizzato da un investimento azionario diretto, e risulta, piuttosto, connotato da un forte ruolo delle reti distributive bancarie e dal ricorso all‘investimento indiretto in prodotti e servizi di gestione del risparmio.

Grazie anche all‘affermarsi degli studi di economia comportamentale pare, infatti, acquisita, almeno nell‘ambito dei mercati finanziari, la consapevolezza di un necessario ampliamento dei poteri normativi e di enforcement riconosciuti alle autorità di vigilanza. Del resto, con specifico riguardo agli investitori retail, l‘attuale fase storica che conosce il declino del welfare state aumentando la necessità di investimenti a lungo termine e l‘impatto della crisi finanziaria impongono un rafforzamento degli strumenti regolatori che salvaguardi gli investitori da rischi generali di mercato potenzialmente non gestibili e tenga conto della strutturale vulnerabilità dell‘investitore e i limiti cognitivi che possono affliggere le sue decisioni281.

280Tale tradizionale concezione, di stampo anglosassone, riecheggia in più occasioni nel diritto

dell‘Unione europea. A tenore della direttiva sul prospetto, «l‘informazione è un fattore chiave della tutela dell‘investitore» (considerando n. 21, Direttiva 2003/71/CE), sicché «la tutela degli investitori [va] assicurata mediante l‘obbligo di pubblicazione di informazioni affidabili» (considerando n. 27, Direttiva 2003/71/CE); mentre, di contro, «lo squilibrio delle informazioni e la mancanza di trasparenza rischiano di compromettere il funzionamento dei mercati e soprattutto di danneggiare i consumatori ed i piccoli investitori» (considerando n. 41, Direttiva 2003/71/CE; negli stessi termini, in materia di abusi di mercato, considerando n. 43, Direttiva 2003/6/CE). Analoghe formulazioni si ritrovano nelle direttive sugli obblighi di trasparenza, per la quale le «disposizioni riguardanti gli obblighi di trasparenza devono mirare a garantire un elevato livello di tutela degli investitori» (considerando n. 2, Direttiva 2007/14/CE), con l‘ulteriore precisazione che «l‘applicazione efficace [degli] obblighi di informazione comunitari presuppon[e] un adeguato controllo da parte dell‘autorità competente» (considerando n. 23, Direttiva 2004/109/CE).

281 In questi termini si è esprime il recente contributo di PERRONE, Sistema dei controlli e mercato dei

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