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Limiti all‘utilizzabilità dell‘azione di classe a tutela dell’integrità

4 La necessità del private enforcement per garantire l‘integrità dei mercati

4.3. L‘azione di classe a tutela dell’integrità del mercato: il rafforzamento del

4.3.2. Limiti all‘utilizzabilità dell‘azione di classe a tutela dell’integrità

Da quanto sopra deriva che senz‘altro l‘istituto dell‘azione di classe potrà contribuire ad accrescere il private enforcement in settori cruciali per la tutela della concorrenza e del consumatore. Basti considerare, infatti, che193:

a) l‘art. 140-bis richiama direttamente quelle pratiche commerciali disciplinate dagli artt. 18 ss. Codice del consumo, e cioè quelle attività poste in essere dalle imprese per promuovere sotto forme diverse (in particolare nelle diverse tipologie di pubblicità) la vendita dei propri prodotti in modo ―ingannevole‖, così influenzando indebitamente la scelta da parte del consumatore. L‘ambito di applicazione, delineato dall‘art. 18 del cod. consumo è molto ampio, dato che la norma si applica «ad ogni forma di comunicazione commerciale in qualsiasi modo effettuata»;

192 Cfr. G.ALPA, L‘art. 140-bis del codice del consumo, cit., 384 ss.

193 Sul punto v. FRIGNANI VIRANO, L‘Azione di Classe italiana. Effetti (e rimedi) nel rapporto tra banche e

Pagina 112 di 185 b) la medesima disposizione prevede poi l‘esperibilità della class action per i danni derivanti «c) ... da comportamenti anticoncorrenziali». Questa ultima categoria riguarda tutti i danni che siano eziologicamente collegati alla violazione della normativa antitrust, e cioè derivanti da tutti quei comportamenti che sono vietati dalla l. 10 ottobre 1990 n. 287 o da altra norma a tutela della concorrenza (ad es. il T.U. della Radiotelevisione, D. lgs. 177/05) 194.

Quanto, invece, alla fondamentale tutela dell’integrità del mercato nella sua sede elettiva, vale a dire il mercato finanziario, le perplessità non mancano, posto che la dottrina appare fondamentalmente divisa circa la possibilità d‘utilizzo dell‘azione di classe nel più generale ambito del diritto dei mercati finanziari.

A questo riguardo, è preliminarmente necessario svolgere talune considerazioni in merito alla (contestata) distinzione tra risparmiatore-investitore e consumatore195.

In linea di massima la dicotomia ―consumatore‖ - ―professionista‖ (art. 18, lettere a e b, Codice del consumo) mal si attaglia a quella, su cui poggia l‘intero sistema del diritto del mercato finanziario, tra ―cliente‖ e ―intermediario‖ (art. 26, comma 1, Regolamento Consob n. 16190 del 29 ottobre 2007, d‘ora in avanti ―Regolamento Intermediari‖).

La figura del consumatore è ritagliata in negativo dal Codice del consumo: è tale, sempre e per forza, una persona fisica, la quale agisce per fini non rientranti nel quadro di un‘attività d‘impresa o professionale (così anche nella definizione generale dell‘art. 3, comma 1, lettera a, Codice del Consumo). E gli si contrappone il ―professionista‖, cioè un soggetto — persona fisica o giuridica — che agisce nel quadro della propria attività imprenditoriale o professionale o in nome o per conto di altro professionista.

194 Intese restrittive della concorrenza e abusi di posizione dominante, prima o dopo l‘accertamento

per mano dell‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, potranno essere invocate da ―classi di consumatori o utenti‖ che ritengano di essere stati lesi, seppur in via mediata, da tali comportamenti. Si pensi, ad esempio, alle intese tra aziende sulla formazione dei prezzi dei prodotti (cartello di prezzi) o posizioni dominanti che abbiamo causato un innalzamento del prezzo dei prodotti venduti. In questi casi i consumatori potranno avanzare azioni finalizzate alla restituzione (sotto la forma di risarcimento del danno) di quanto riescano a dimostrare di aver pagato in più rispetto a quello che sarebbe stato il prezzo formato in libera concorrenza.

195 Seppure in una prospettiva più ampia cfr. il recente contributo di F.DENOZZA, Aggregazioni

Pagina 113 di 185 Il cliente destinatario di prestazione di servizi e attività di investimento è descritto invece — già nella Direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004, c.d. ―Mifid‖, sia nell‘attuazione datane dalla Consob, ai sensi dell‘art. 6, comma 2, TUF, con il Regolamento Intermediari — in positivo: è la persona non solo fisica ma anche giuridica cui vengono prestati servizi di investimento o accessori (lettera c dell‘art. 26, comma 1, Regolamento Intermediari). Può distinguersi in ―cliente professionale‖, che soddisfa taluni requisiti indicati nell‘allegato 3 al Regolamento Intermediari (sinteticamente altri intermediari finanziari, grandi imprese e investitori istituzionali: lettera d dell‘art. 26, comma 1, cit.) e in ―cliente al dettaglio‖, questo sì ritagliato in negativo, dovendosi per tale intendere un cliente diverso dal ―cliente professionale‖ e dalla ―controparte qualificata‖ (definita dall‘art. 6, comma 2-bis, lettera d, TUF: in sintesi, operatori professionali nel settore finanziario, in quello della negoziazione di merci e di derivati su merci ovvero altri operatori qualificati da particolare esperienza).

Anche ristretta al ―cliente al dettaglio‖, però, la nozione non è assimilabile a quella di ―consumatore‖. Sono clienti al dettaglio di intermediari finanziari anche le persone giuridiche, e non solo le fisiche. E sono tali indipendentemente da qualunque rilievo del fatto che ricevano la prestazione di servizi di investimento o accessori per fini rientranti nel quadro della propria attività commerciale, industriale, artigianale o professionale196.

Ciò non ostante, proprio alla luce delle recenti frodi si ritiene che l‘inclusione degli investitori tra le categorie legittimate ad agire a tutela dei propri interessi tramite un‘azione collettiva avrebbe potuto contribuire anche al ripristino della fiducia nel mercato con chiari effetti benefici all‘economia in generale197. Occorre tuttavia considerare che:

i) i contratti per l‘acquisto di servizi finanziari non sono disciplinati nel Codice del consumo, ma nel TUF;

ii) di solito l‘investimento in strumenti finanziari è contraddistinto per la varietà dei tipi di investitori e le diverse scelte di investimento fanno

196 Cfr. G.MEO, Consumatori, mercato finanziario e impresa: pratiche scorrette e ordine giuridico del

mercato, in Giur. comm., 2010, 5, p. 720.

197 L.FERRARESE, Le norme statunitensi sulle azioni collettive: analisi comparativa con la normativa italiana

Pagina 114 di 185 venir meno un presupposto indispensabile per l‘esercizio dell‘azione collettiva, la serialità del danno198;

iii) la tutela del risparmiatore non sembra recata dal Codice del consumo, quanto piuttosto dal TUF (art. 32-bis, introdotto dalla disciplina Mifid). Se così fosse, risulterebbe tuttavia evidente la esclusione dei risparmiatori dal perimetro di applicabilità dell‘art. 140-bis Codice del consumo, posto che l‘art. 32-bis del TUF riguarda al più l‘azione collettiva inibitoria (injunctive class action), certo non quella risarcitoria (damages class action) oggetto appunto dell‘art. 140-

bis199.

Nondimeno occorre ribadire che il tema degli investimenti, con tutte le problematiche che ha comportato, è stato uno dei motivi di impulso della nascita dell‘azione collettiva nel nostro Paese, sicché numerose sono state le critiche rivolte alla tesi restrittiva, che lascia l‘art. 140-bis fuori da questo ambito.

Secondo alcuni autori, i rapporti tra clienti e intermediari finanziari, forzando un po‘ la lettera della previsione normativa, potrebbero rientrare nelle pratiche commerciali scorrette, che vengono direttamente a incidere sulla concorrenza tra mercato e imprese200.

Altri autori hanno sostenuto che non si dovrebbero avere troppe difficoltà ad ammettere la tutela collettiva risarcitoria, per lo meno nei confronti delle imprese di investimento che si legano a consumatori di servizi finanziari, dal momento che tali rapporti non sembrano poter prescindere dall‘impiego a monte di schemi di formazione del contratto imperniati su formulari. Utilizzo che in parte è consequenziale all‘esigenza di adeguarsi a regole settoriali finalizzate a garantire la correttezza e la trasparenza dell‘operazione201. Secondo alcuni autori,

in definitiva, non vi dovrebbero essere dubbi in merito alla compatibilità della

198 si veda M.PANUCCI, La disciplina delle azioni collettive risarcitorie, in Fiscalità Finanza e Diritto

d‘Impresa, marzo 2008.

199 G.CARRIERO, Responsabilità delle imprese e interessi collettivi: spunti di riflessione, Riv. dir. pubbl. it.

com. comp., 2008, 24, p. 1 ss.

200 D.AMADEI, L‘azione di classe italiana per la tutela dei diritti individuali omogenei, in www.Judicium.it. 201 Così A.PALMIERI, La class action da danno finanziario, Danno e resp., 2009, 4, p. 382.

Pagina 115 di 185 tutela risarcitoria collettiva quanto alle pretese relative a contratti d‘investimento conclusi mediante moduli e formulari202.

Del resto, sebbene l‘art. 140-bis faccia riferimento solo a consumatori e utenti e non ai risparmiatori, nel codice del consumo sono state introdotte regole sulla conclusione telematica dei contratti aventi ad oggetto servizi finanziari, con la conseguenza che sarebbe del tutto infondata l‘esclusione del ―risparmio‖ dall‘azione di classe. Senza contare il fatto che il risparmiatore nella prassi è un consumatore di servizi finanziari203.

Vi è infine chi204 pur ammettendo che la tutela collettiva è ammissibile per i

retail investors – data la loro assimilabilità ai consumatori – mentre deve

escludersi per gli investitori professionali in strumenti finanziari, ne auspica un‘applicazione estensiva a tutti gli investitori, in quanto solo così l‘azione di classe potrebbe servire da stimolo alla crescita di un moderno mercato finanziario, «aumentandone la capacità di attrazione di capitali anche dall‘estero»205, così come è avvenuto in USA in cui la ratio delle class actions è

anche quella di «incrementare l‘effetto deterrente nei confronti dei soggetti potenzialmente in grado di porre in essere delle frodi … nel mercato finanziario»206.

Ciò per la ragione che da un lato, sul piano gius-politico, l‘ammissibilità della class action da danno finanziario, avvicinerebbe il nostro ordinamento a legislazioni straniere (quella statunitense, in primis) in cui tale forma di azione è pacificamente ammessa; dall‘altro lato, sul piano sistematico, si eviterebbe una contraddizione vistosa con la regola sancita dall‘art. 32-bis del TUF che assicura una tutela collettiva degli investitori, consentendo l‘esercizio dell‘azione c.d. inibitoria da parte delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, ai sensi degli artt. 139 e 140 del Codice del

202 Cfr. F.AROSSA, Gli scomodi confini dell‘azione collettiva risarcitoria all‘italiana: diseconomie del suo

ambito di applicazione, in AGE, I, 2008, p. 38 e il recente contributo di C. CAVALLINI, Azione collettiva risarcitoria e controversie finanziarie, in Riv. soc., 2010, 5, p. 1115 ss.

203 Così G.ALPA, L‘azione collettiva risarcitoria. Alcune osservazioni di diritto sostanziale, in Corriere mer.,

2008, 7, p. 769.

204 Cfr. F.AROSSA, Gli scomodi confini dell‘azione collettiva risarcitoria all‘italiana, cit., p. 32. 205 Così R.LENER, Le “class actions” scomparse, in AGE, I, 2006, p. 136.

206 Così E.BELLINI, Class action e mercato finanziario: l‘esperienza nordamericana, in Danno e resp., 2005,

p. 825. Cfr. anche F. EMANUELE, La tutela collettiva risarcitoria: il modello italiano di class action,

Pagina 116 di 185 Consumo. In quest‘ottica, ai fini della class action da danno finanziario, la categoria dei consumatori abbraccerebbe anche categorie più specifiche quali i risparmiatori, gli assicurati, gli investitori non professionali, lasciando fuori soltanto coloro che, pur avendo riportato un danno dall‘atto illecito del professionista, non hanno alcun collegamento negoziale con lo stesso207.