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Natura dell‘insider trading e ipotesi di responsabilità

B) La responsabilità degli organi

5.2 Il caso dell‘insider trading

5.2.1. Natura dell‘insider trading e ipotesi di responsabilità

L‘abuso di informazioni privilegiate, come noto, consente all‘insider di operare sul mercato secondo la direzione suggerita da informazioni, non di pubblico dominio, di segno opposto a quelle incorporate nel prezzo di quotazione, che ispira le decisioni di investimento degli altri operatori del mercato. L‘insider non ha il dovere di comunicare al mercato le informazioni price

sensitive di cui è venuto in possesso (tale dovere incombe sull‘emittente e sul

soggetto che lo controlla). Egli ha invece il dovere di astenersi dall‘operare sulla base delle informazioni privilegiate di cui sia venuto in possesso: gli è dunque vietato appropriarsi in via esclusiva del valore economico e speculativo dell‘informazione privilegiata.

Per converso, l‘emittente (e il soggetto che lo controlla) ha il dovere di comunicare senza indugio al mercato (mediante invio di un comunicato alla società di gestione del mercato, ad almeno due agenzie di stampa e alla Consob: art. 66 Reg. Emittenti) le informazioni price sensitive che esso produce nello svolgimento della sua attività. A tale dovere non corrisponde un diritto soggettivo dei singoli investitori all‘acquisizione di informazioni privilegiate. Non esiste una pretesa giuridicamente tutelata in capo ai singoli investitori alla conoscenza di informazioni price sensitive, prodotte dall‘emittente o dai soggetti che lo controllano, al fine di decidere il proprio investimento, dal momento che la comunicazione selettiva è vietata. La circostanza che la violazione del dovere di

Pagina 148 di 185 informazione continua comporta per i soggetti obbligati l‘applicazione di una sanzione amministrativa (ai sensi dell‘art. 193 TUF), ne dimostra la funzionalizzazione alla tutela di un interesse pubblico.

L‘emittente non ha, invece, il dovere di astenersi dall‘operare sulla base di informazioni privilegiate che lo riguardano: non incorre nella responsabilità penale per abuso di informazioni privilegiate per il semplice motivo che non si può essere insider di se stessi.

All‘approfittamento dell‘insider corrisponde, innanzitutto, il mancato guadagno di coloro che hanno contestualmente realizzato sul mercato operazioni di segno contrario. L‘insider, acquistando strumenti finanziari per un prezzo inferiore a quello che lo strumento avrebbe registrato ove l‘informazione price

sensitive fosse stata resa pubblica, capitalizza la differenza di prezzo dopo la

pubblicazione della notizia. Contemporaneamente, gli altri investitori, che nello stesso periodo vendono i propri titoli per un prezzo inferiore al loro valore intrinseco, inteso come funzione di tutte le informazioni esistenti, perdono una somma pari alla differenza che il prezzo di quotazione registrerà dopo la pubblicazione della notizia e/o la scoperta dell‘insider trading.

È questa una prima categoria di soggetti che, in mancanza di tutele di tipo ripristinatorio, risarcitorio o restitutorio, finirebbe per sopportare in via definitiva la perdita pari al mancato guadagno derivante da un grave vizio di trasparenza del mercato. Questi soggetti non coincidono, per la maggior parte, con le controparti contrattuali dell‘insider.

In secondo luogo, la società emittente che ha deliberato una certa operazione (ad es. un progetto di fusione o un programma di riacquisto di azioni proprie) potrebbe essere costretta a sostenere un costo maggiore di quello preventivato (ad esempio un rapporto di concambio peggiorativo o un maggior prezzo di acquisito delle proprie azioni) in quanto fra il momento dell‘assunzione della decisione e il momento della sua formalizzazione alcuni

insider operano sui titoli interessati appropriandosi del valore economico e

speculativo dell‘informazione price sensitive. In questo caso il danno per l‘emittente è pari al maggior costo dell‘operazione deliberata (danno emergente), in conseguenza del decremento o dell‘incremento di quotazione del titolo dopo la

Pagina 149 di 185 percezione delle operazioni dell‘insider da parte del mercato. Anche in questo caso il danno dell‘emittente non è il corrispondente di segno negativo del guadagno realizzato dagli insider, né l‘emittente riporta tale danno nell‘ambito di una contrattazione con l‘insider.

In entrambi i casi considerati, gli investitori subiscono una diminuzione patrimoniale, quantificabile in termini matematici in una somma pari alla differenza fra il prezzo di acquisto o di vendita del titolo rispetto alla quotazione che lo stesso registrerà dopo la pubblicazione o comunque dopo l‘assorbimento da parte del mercato della notizia price sensitive.

Anche per questa ragione già prima dell‘entrata in vigore della legge sul risparmio la letteratura segnalava «l‘opportunità di arricchire la disciplina anti-

insider trading, in un approccio polifunzionale, con rimedi civilistici (...) non

sostitutivi ma cumulativi rispetto a quelli penali e amministrativi»269.

Non agevole è però individuare quale debba essere il rimedio privatistico più adeguato alla tutela dell‘investitore. Posto, infatti, che non sussiste come visto un problema di quantificazione del danno agli investitori, esistono ciò non di meno serie difficoltà di qualificazione giuridica dello stesso.

Ciò presuppone, anzitutto, che si verifichi se vi sia una relazione contrattuale o un contatto sociale altrimenti rilevante fra chi abusa di informazioni privilegiate e gli investitori ignari che hanno perfezionato, contemporaneamente all‘insider (ma non necessariamente con l‘insider), operazioni di segno opposto sul mercato regolamentato. L‘impersonalità che caratterizza la fase del perfezionamento dei contratti di borsa, che avviene tramite l‘esecuzione incrociata di ordini impartiti dai clienti agli intermediari, rende estremamente difficoltoso ravvisare una relazione di tipo contrattuale, o anche solo un contatto sociale altrimenti rilevante, fra l‘insider e i contemporaneous

investors. Una relazione di questo tipo si potrebbe, in ogni caso, ricostruire ex post

solo con riferimento ad un numero marginale di investitori. In secondo luogo, appare difficile ravvisare un nesso causale giuridicamente rilevante fra l‘abuso di informazioni privilegiate ed il mancato guadagno degli investitori, laddove si

269 V. NAPOLEONI, Insider trading: i pallori del sistema repressivo. Una ipotesi di lavoro, in Cass. pen., 2001,

Pagina 150 di 185 tratti di speculatori e dunque risulti probabile che questi avrebbero comunque operato sugli strumenti finanziari interessati dall‘informazione privilegiata270.

Inoltre, in molti casi risulterà che, anche in assenza di abuso, gli investitori non avrebbero comunque realizzato il profitto di cui si appropria l‘insider ove l‘informazione privilegiata non fosse stata ancora comunicata al mercato dall‘emittente, dalla sua controllante e dagli altri soggetti tenuti a dare comunicazione delle loro operazioni di insider dealing.

Potrebbe dunque non sussistere alcuna relazione eziologica obiettivamente apprezzabile fra la condotta dell‘insider e il danno economico lamentato dagli investitori ignari. È vero, infatti, che gli investitori in tanto registrano una variazione di segno negativo del loro patrimonio (in termini di mancato guadagno o di maggiori costi) in quanto hanno operato sul mercato in un momento in cui il prezzo non rifletteva tutte le informazioni esistenti. Tuttavia questa circostanza dimostra soltanto che gli investitori ignari rendono possibile all‘insider, che opera abusivamente, di conseguire un profitto indebito. Non si può invece imputare all‘insider l‘omissione di quella informazione preventiva al mercato che avrebbe consentito agli investitori ignari di conseguire un guadagno pari alla differenza di prezzo registrata dal titolo dopo la pubblicazione della notizia ovvero dopo l‘emersione dell‘insider trading. Come si è detto, il sistema della legge vieta all‘insider di operare sulla base di un‘informazione privilegiata fintantoché l‘emittente o la sua controllante non abbia provveduto alla pubblicazione dell‘informazione. Né tale pubblicazione potrebbe essere anticipata dall‘insider in nome proprio.

Tutte le considerazioni che precedono hanno indotto un‘autorevole dottrina a evidenziare l‘insufficienza della disciplina del contratto ad apprestare tutela agli investitori «nell‘ipotesi in cui il negozio sia concluso in un mercato regolamentato (quindi in primo luogo, ma non necessariamente, in borsa) ove l‘anonimato conseguente all‘interposizione fra le due parti sostanziali di un intermediario professionale spezza il nesso di tipo contrattuale fra alienante e

270 BARTALENA, L‘abuso di informazioni privilegiate, cit., p. 138. Critici e favorevoli all‘affermazione

dell‘esistenza di un nesso causale fra il comportamento ―reticente‖ dell‘insider e il mancato guadagno lamentato dagli investitori ignari: CARRIERO, Informazione, mercato, buona fede: il cosiddetto

insider trading, Milano 1992, p. 186 ss.; alla cui opinione sembrano aderire AMATUCCI-DI AMATO,

Pagina 151 di 185 acquirente dei titoli». Si esclude, inoltre, che fra l‘insider e l‘investitore danneggiato si realizzi un contatto sociale giuridicamente rilevante, atteso che «l‘informazione deve essere data alla generalità altrimenti si ricadrebbe nell‘informazione selettiva, del pari vietata (...). Solo a posteriori è possibile individuare le parti del rapporto di scambio»271.

Queste circostanze hanno indotto gli interpreti a ravvisare nella responsabilità aquiliana il terreno di elezione dell‘indagine intorno alla tutela civile degli investitori. Si sostiene, pertanto, che il pregiudizio economico subito dagli investitori in conseguenza dell‘abuso (pari al maggior prezzo che il titolo avrebbe registrato ove tutte le informazioni price sensitive fossero state comunicate al mercato, in caso di vendita; pari al minor prezzo che il titolo avrebbe registrato ove tutte le informazioni price sensitive fossero state comunicate al mercato, in caso di acquisto) sarebbe suscettibile di risarcimento, atteso il rilievo penale della fattispecie, in base al coordinato disposto dell‘art. 185 c.p. e dell‘art. 2043 cod. civ.272. La tesi ha peraltro trovato riscontro anche in

giurisprudenza (v. il paragrafo seguente).