2.3 IVAN ILLICH: IL TEORICO DELLA CONVIVIALITÀ
2.4. MARCEL MAUSS: EQUILIBRIO E TRIPARTIZIONE DEL DONO
2.4.4. Le conclusioni di Mauss
L’ultima sezione del saggio sul dono di Marcel Mauss contiene le conclusioni. Dopo aver introdotto e snocciolato il complesso sistema economico caratterizzato dal triplice movimento di cui abbiamo parlato, il Nostro prova ad attualizzare e a rendere spendibile in chiave moderna una dinamica apparentemente anacronistica.
“l’homo oeconomicus non si trova dietro di noi, ma davanti a noi; come l’uomo della morale e del dovere, come l’uomo della scienza e della ragione. L’uomo è stato per lunghissimo tempo diverso, è solo da poco è diventato una macchina, anzi una macchina calcolatrice.”84 Leggiamo chiaramente in questo passaggio
una considerazione di filosofia della storia in linea di continuità di pensiero con altri precursori ed ispiratori della teoria convivialista che abbiamo analizzato in questo capitolo. La questione fondamentale, in questo senso, risiede nella
83 Elettra Stimilli, il debito del vivente, ascesi e capitalismo, cit., pag. 31. 84 Marcel Mauss, Saggio sul dono, Einaudi, cit., p. 132.
riscoperta di un passato armonioso e sociale del soggetto, che permetta agli individui un confronto pacifico e costruttivo, scevro da egoismi calcolatori ed utilitaristi. Vi è un altro aspetto che colpisce da questo breve passaggio appena citato, e dalla lettura di filosofia della storia che ne abbiamo appena dato, che accomuna il Mauss pensiero alla teoria convivialista: entrambe si configurano come filosofie pratiche, lontane da sistemi prettamente teorici, che spingono il soggetto all’azione per il cambiamento. Ci suggerisce il professor Raoul Kirchmayr: “Lo sguardo indirizzato da Mauss al fatto sociale totale non è pertanto lo sguardo di un puro théorein che trova nel sistema del dono il proprio oggetto di indagine intellettuale; al contrario, questo sguardo è situato politicamente e moralmente. Esso critica il fondamento miscono-‐ sciuto dei rapporti sociali, delimita, organizza, penetra i dati della ricerca, utilizza gli strumenti di analisi in un modo che potrebbe essere appunto definito come poli-‐ ticamente pregiudicato.”85 Si parla di un ritorno all’arcaico come necessità di
salvaguardia della reale natura umana, di un ritorno ad un diritto naturale che esprima i veri valori costituenti della soggettività, al di là delle logiche mercantiliste del profitto e del capitale. Una natura fortemente connotata dalla ricerca, come detto, del disequilibrio, dell’obbligo come valore e non come senso di colpa e della libertà allo stesso tempo di scegliere i tempi e le modalità per rispettare i canoni del movimento economico del dono.
Nella prima sezione delle conclusioni, quelle dedicate all’ordine morale di queste, vi è una dissertazione sul concetto di diritto. Come anticipato poco fa, Mauss segnala in questa sezione come il diritto mercantile, fondato
sull’accumulazione di capitale, sia in forte contrasto con quella che egli definisce una morale “pura ed eterna”86. La distinzione netta che si va delineando tra la
morale del dono e le forme derivanti dalle logiche liberal-‐capitalistiche appare come quella tra una realtà originaria e una derivata, costruita meccanicamente e snaturante l’identità del soggetto. Immediatamente dopo aver recuperato il diritto a livello di impostazione teorica, ecco il monito di Mauss di cui abbiamo parlato poco fa: “non bast constatare il fatto; è necessario ricavarne un atteggiamento pratico, un precetto morale. Non basta dire che il diritto è sul punto di sbarazzarsi di qualche astrazione: della distinzione tra diritto reale e diritto personale; […] bisogna dir che una tale rivoluzione è positiva”87. Non
basta dunque prendere coscienza della disumanità segnata dalla diversificazione del diritto creata dall’avvento dell’età industriale, ma bisogna porvi rimedio con un atteggiamento pratico. Il pericolo, come continua a suggerirci il Professor Kirchmayr, potrebbe essere quello di accuse di anacronismo, ad una lettura semplificata delle conclusione morali e politiche del saggio. All’interno del suo ragionamento logico, il Nostro tiene a sottolineare che non apprezza nessun tipo di distruzione: non è una cesura netta a favore di un ritorno al passato cieco quello che si vuole ricercare. Questo passaggio viene rafforzato da un confronto diretto con alcuni tratti salienti del pensiero di Marx. “Va da sé che noi non preconizziamo nessuna distruzione. I principi giuridici che presiedono al mercato, all'acquisto e alla vendita, che costituiscono la condizione indispensabile della formazione del capitale, devono e possono
86 Marcel Mauss, Saggio sul dono, cit., p. 121. 87 Ibidem.
sussistere accanto ai principi nuovi e a quelli più antichi.”88 In questa nota,
ritroviamo condensata tutta la differenza che sussiste tra la lettura in chiave di filosofia della storia del marxismo rispetto a quella maussiana. Mentre il primo ci riporta ad una lettura lineare e progressiva dell’andamento storico, Mauss sente intimamente di dover operare una cesura con questa tradizione. Ricalcando il movimento progressivo-‐regressivo della dialettica sartriana che abbiamo affrontato nella sezione dedicata, egli riesce a far coesistere un momento di rottura con uno di conservazione. Applicando il triplice movimento del circuito del dono studiato, e ripudiando l’equilibrio come caposaldo dell’oikonomia sociale capitalista, Mauss riesce ad uscire dall’empasse dell’anacronismo. “A una metafisica della storia, quella marxista, Mauss tende così a opporre un'altra metafisica che di quella assume l'istanza critica, mirando a ricondurre il cammino storico della società moderna al di là delle sue crisi verso una giusta ragione, che non è né la ragione della società capitalista né quella della società comunista.”89 La morale del dono, incarnata nel movimento
tripode, rappresenta dunque una alternativa pratica, politica e sociologica alla demonizzazione soggettiva del capitale e alla perdita di ragione distruttiva dell’esperienza teorica rivoluzionaria. “L'espropriazione rivoluzionaria, l'annullamento del limite che separa la sfera domestica da quella pubblica, non solo non garantisce una giusta distribuzione della ricchezza, ma dissipa ogni equivalenza, ogni valore. Il potlàc rivoluzionario brucia dunque sul fuoco della giustizia le condizioni stesse della giustizia, sacrificando follemente la ratio che,
88 Ivi, p. 120.
fondandosi sull'oikos domestico, regola ogni scambio. Scambiare, con una pericolosa illusione, il sacrificio dell'oikos con un fine di giustizia significa smettere di calcolare, sottomettere ogni calcolo all'assenza di calcolo.”90
È dopo aver scongiurato una lettura banalizzante e superficiale delle conclusioni politiche del saggio che possiamo apprezzare tutta la disamina, all’interno delle conclusioni di sociologia generale e di morale, del dono come fatto sociale totale. In questo momento crediamo Mauss voglia giustificare tutto il suo impianto di ricerche teoriche, dando potenza alla struttura sul piano pratico. Definisce l’agente del circuito come totale poiché essi “mettono in moto, in certi casi, la totalità della società e delle sue istituzioni. […] tutti i fenomeni accennati sono, a un tempo giuridici, economici, religiosi e anche estetici e morfologici”91.
La chiosa del saggio non lascia spazio a diverse interpretazioni; in un passaggio chiave, che colleghiamo immediatamente ad uno dei punti programmatici del Manifesto convivialista, l’unica morale possibile per Mauss è anche l’unica a poter garantire la pace. La morale del dono è l’unica in grado una competizione sana tra gli individui, che non accresca le disparità sociali ed economiche individuali; che garantisca un lavoro, a volte comune e a volte collettivo, atto al perseguimento della felicità e del bene comune.92
L’idea di fondo che scaturisce dalle conclusioni del saggio maussiano è dunque fortemente in continuità con gli altri autori analizzati in questo secondo capitolo del lavoro. Una idea fortemente innovatrice rispetto alle filosofie dominanti a
90 Ivi, p. 26.
91 Marcel Mauss, Saggio sul dono, cit., p. 134.
92 Riscontriamo anche in questo caso un netto parallelismo con la doppia linea di movimento tracciata
nel Manifesto convivialista: l’asse orizzontale-verticale di cui abbiamo a lungo parlato che garantisca una ampia base di partecipazione sociale senza andare a scapito della realizzazione personale.
livello politico nel XXIX secolo, sia sul piano di filosofia della storia che sul movimento sociale da perseguire.