2.3 IVAN ILLICH: IL TEORICO DELLA CONVIVIALITÀ
2.4. MARCEL MAUSS: EQUILIBRIO E TRIPARTIZIONE DEL DONO
2.4.1. IL SAGGIO SUL DONO
Il “saggio sul dono” di Marcel Mauss rappresenta senza dubbio il testo di maggior ispirazione per la teoria convivialista che stiamo analizzando.
Prima di introdurre i concetti chiave del saggio, per poterlo apprezzare in riferimento alla nostra dottrina di riferimento, vorremmo partire da una affermazione che racchiude il fondamento del Mauss pensiero nel saggio, fatta da Marco Aime nell’introduzione all’edizione italiana pubblicata da Einaudi: “donare è importante al fine di instaurare relazioni”75. In questa introduzione
illuminante, il dono è accostato alla creazione dei rapporti interpersonali e, di conseguenza, di una armonia ancestrale; viene altresì messa in rilievo la differenza sostanziale con le moderne società industriali e capitaliste: in queste, dal 177676 – anno di pubblicazione della ricchezza delle nazioni di Adam Smith –
75Marcel Mauss, Saggio sul dono, Einaudi, Torino, 2002, p. VIII.
76 Non ci soffermeremo, per questioni di tempo e di focus, sul dibattito intorno alla paternità di Adam
Smith della nascita della società industriale. Segnaliamo per “dovere morale” e per ulteriori e future ricerche, la letteratura che gravita intorno a quella che gli storici della filosofia definiscono “l’Adam Smith problem”. Per scagionare il filosofo ed economista scozzese dall’accusa di accanito sostenitore, e principale fondatore delle storture della società industriale che stiamo snocciolando – lasciando così
in avanti, la realizzazione sociale dell’individuo è stata sistematicamente accostata al perseguimento del proprio personale interesse egoistico. Il razionalismo e l’utilitarismo forgianti la nostra cultura hanno contribuito a relegare l’aspetto del dono in un contesto etnografico preciso, ci suggerisce il Professor Aime, che nella fattispecie è quello oceanico. Questa distinzione ha portato a una dicotomia netta tra società ed economia nel sentito comune occidentale, tradendo e dimenticando l’etimologia e il significato greco originale della parola. Negli ultimi decenni, un enorme filone di pensiero si è concentrato sul significato del termine greco oikonomia; per Aristotele, questo si riferisce a tutti quegli aspetti che rimandano all’oikos, ossia dei beni familiari e della loro gestione, ma anche e soprattutto ai rapporti interpersonali costitutivi del vivere sociale77. In apertura del secondo libro dell’Economico, facente parte del corpus
delle opere aristoteliche, viene sottolineato come il valore del termine oikos (letteralmente tradotto dal greco antico “casa”) debba essere applicato anche
intravedere la nostra posizione a riguardo – ci permettiamo solamente di citare un passo di Tiziano Raffaelli: “la ricchezza delle nazioni”. Riferendosi ad un passaggio del volume smithiano in cui si esamina la divisione del lavoro all’interno della fabbrica, Raffaelli afferma: ”Smith sottolinea anche in maniera inequivocabile che la capacità di comprensione dei lavoratori comuni è indebolita dalla divisione del lavoro, dal fatto di essere vincolati ad operazioni monotone e ripetitive. Il singolo lavoratore diviene incapace di giudizio perfino sui doveri comuni della vita privata, «diviene tanto stupido e ignorante quanto può esserlo una creatura umana sicché la sua destrezza nel suo mestiere specifico sembra in questo modo acquisita a spese delle sue qualità intellettuali, sociali e militari»”. [Tiziano Raffaelli, la ricchezza delle nazioni, Carocci editore, Roma, 2001, Pag. 42]Da questo breve passo, all’interno del quale vengono prese in prestito parole dello stesso Smith, possiamo cogliere due sostanziali assonanze con dei tratti che stiamo esaminando in questo capitolo dedicato ai precursori della teoria convivialista: in primis una critica alla divisione netta e totale del lavoro, e delle conseguenze che questo porta sul soggetto, sostenute anche da Ivan Illich con la sua tagliente confutazione verso l’elogio dell’iper-specializzazione; accanto a questo, il passo finale mette in risalto come la focalizzazione dell’individuo sulla sfera economico produttiva debiliti mortalmente le sue capacità sociali e interpersonali, come suggerisce anche Mauss nel sue celebre saggio di cui stiamo parlando.
77 Aristotele, politica, Laterza, Roma, 2007, 1253b3-11. Si evidenzia, in questo senso, che per
Aristotele i tre rapporti fondamentali del passaggio in questione erano tre: il rapporto marito/moglie, quello padre/figli e in ultima istanza quello servo/padrone.
alla gestione della cosa pubblica – per usare un latinismo – instaurando come una anticipazione diretta della moderna economia politica.
Uno degli studiosi maggiormente coinvolti in questo dibattito negli ultimi decenni è Moses Finley, il quale parte da una concezione crematistica del concetto di economia. Egli svaluta paradigmaticamente la concezione di oikonomia greca, partendo dall’assunto che la concezione greca [finanche romana] di economia debbano essere rilegate nell’ambito dell’etica e della morale, ma non abbiano nulla a che vedere con la valenza che questa ha assunto nel corso della modernità. Ci suggerisce Giorgio Agamben in una intervista una preziosa sintesi del significato di oikonomia aristotelica: “il termine oikonomìa di cui si servono questi teologi è lo stesso termine di Aristotele, che in greco designa innanzitutto l’amministrazione della casa. Ma l’ oikos, la casa greca è un organismo complesso, in cui si intrecciano rapporti eterogenei, che vanno da quelli parentali in senso stretto, a quelli padrone-‐schiavi e alla gestione di un’azienda agricola spesso di ampie dimensioni. Ciò che tiene insieme queste relazioni è un paradigma che potremmo definire «gestionale»”78. Crediamo sia proprio questo l’orizzonte
culturale all’interno del quale inserire una ricerca ed una analisi del saggio del dono di Marcel Mauss: un tentativo di scardinare una concezione chiusa dell’economia solamente in chiave moderna e capitalista.