3 Tornando al Manifesto
3.2. CONVIVENZA – E MOLTEPLICI SUE DECLINAZIONI–
A centro del circuito maussiano del dono vi è il concetto di stabilità nei rapporti. O meglio, il circuito stesso se completato nelle sue tre proposizioni diventa motore per la stabilità sociale e relazionale dei singoli come dei gruppi.
Una lettura molto ben centrata del Professo Fistetti ci accompagna all’interno di questo aspetto peculiare del sistema maussiano. In questo caso il circolo si fa avviatore del movimento politico per eccellenza: “l’alleanza con l’altro e con il diverso da sé.”105 Quindi è all’interno di un movimento economico, che faccia
spazio ad una etica di allenza e “deposizione delle lance”106 tra individui e
gruppi di individui, che si fonda lo spazio politico per eccellenza: quello dell’aggregazione e dell’alleanza. Alla base di questo slancio vi sono due sentimenti che abbiamo già incontrato sia in fase di presentazione del Manifesto che nella disamina del pensiero di alcuni precursori della teoria convivialista: la libertà e la fiducia. Il fine di questo passaggio è di “addomesticare quella dimensione originaria e strutturale di violenza – di conflitto e di discordia – che non è cancellabile una volta per tutte, ma che va costantemente tenuta a bada riproponendo ricorrentemente l’arbitrarietà relativa della decisione fondativa del politico.”107 In questo passaggio, sostiene Fistetti, è contenuta la chiave di
lettura per quella che egli definisce una Svolta Culturale: fil rouge di gran parte del nostro lavoro è la riappropriazione di una componente etico-‐morale in seno
105http://postfilosofie.it/archivio_numeri/anno5_6_numero6/anno5:6_numero6_Fistetti.pdf
106 questa espressione viene utilizzata da Mauss più volte all’interno della sua descrizione dei
circuiti economici oceanici.
107 Francesco Fistetti, La globalizzazione alla luce del paradigma del dono. una nuova prospettiva
all’economia108; si intende qui rinnovare la discussione anche all’interno della
tradizionale argomentazione economicistica, staccandosi dal preconcetto che sia questa esclusivamente basata sulla rivendicazione salariale e sulla redistribuzione delle risorse. Rifacendoci ad Ivan Illich potremmo pensare che un nuovo orizzonte argomentativo potrebbe essere costituito partendo dai temi della libertà dell’iniziativa personale, mentre prendendo come punto di riferimento Mauss si dovrebbe partire dal superamento del valore d’uso e di scambio, concentrandoci sul valore relazionale di beni e servizi.
Sempre nello stesso saggio, il professor Fistetti solleva una seconda questione che ben si colloca in questa sezione, col background di studio dei pensatori del secondo capitolo. Proseguendo sull’orizzonte di filosofia politica rinnovato rispetto alle tradizioni di stampo economicistico, scrive Fistetti: “la domanda che sorge è: […] cosa stiamo diventando? Ciò vuol dire che le identità sono una pratica discorsiva e narrativa, prodotte da luoghi storici ed istituzionali ben precisi: esse esprimono sempre delle coordinate “posizionali” che fanno del soggetto un soggetto “interpellato”, da un canto obbligato ad assumere delle prese di posizione determinate all’interno di un sistema di rappresentazioni significanti e dall’altro a rielaborarle come un insieme di “identificazioni” che
108 Si rimanda anche a quello che la letteratura contemporanea ha ribattezzato come “Adam
Smith Problem”; cercando una sintesi tra la teoria morale e quella economica sviluppata dal pensatore scozzese, il già citato Professor Raffaelli ha proposto una chiave di lettura che si basi sulla “simpathy”, ossia sulla capacità di interazione spontanea dei soggetti all’interno del movimento prettamente economico. Assieme alla sottolineatura importante riguardo alle storture causate ai soggetti che porta con sé la divisione del lavoro – e della divisione in classi sociali derivante dalla retribuzione – questa lettura dello Smith Problem di Raffaelli appare particolarmente in sintonia con la Svolta culturale di cui parla Fistetti. Cfr. Tiziano Raffaelli, la ricchezza delle nazioni, Carocci editore, Roma, 2001, Pagg. 16-‐20.
hanno un carattere intrinsecamente condizionale e contingente.” 109
Immediatamente Fistetti spiega il concetto rifacendosi a lévinas, parlando del soggetto che si scopre attraverso l’altro, sottolineando come “l’irrompere dell’altro” sia fondamentale per la scoperta di sé e per la creazione dell’orizzonte d’azione. Forti dello studio del secondo capitolo di questo lavoro sugli ispiratori della teoria convivialista, ci sentiamo di stabilire un nuovo parallelo nell’analisi di questo passaggio, utilizzando quanto detto circa Sartre. “qualunque progetto, per quanto universale esso sia, ha sempre valore universale”: queste parole, pronunciate nel ciclo di conferenze giapponesi di cui abbiamo già parlato, ci paiono pregnanti in questo contesto. L’apertura verso l’altro, unito ad uno slancio di libertà e rischio tipici del movimento maussiano, fondano il movimento inter-‐relazionale costitutivo della convivenza. Non solo, in quest’ottica, ogni movimento del singolo proiettato verso l’altro, risulta essere anche un mattone per la costruzione dell’orizzonte di filosofia della storia, perennemente in divenire. Con queste premesse, e con l’accezione oikonimica di cui abbiamo parlato, all’interno dei circuiti economici vengono a crearsi beni che non appartengono alla sfera monetaria o dei servizi, ma beni strettamente sociali e relazionali. È alla luce di questi valori che si compie totalmente la fusione dei due piani – orizzontale e verticale – della teoria conviviale: aprendosi alla relazione con l’altro significa riconoscere le qualità dell’altro come significative per la prassi collettiva. La realizzazione di fini comuni passa da questo; impegnandosi attivamente nella relazione con l’alterità, si aiuta il dispiegamento di qualità estranee atte alla realizzazione di un fine
109 La globalizzazione alla luce del paradigma del dono. una nuova prospettiva epistemologica, cit.,
comune. Si supera in questo modo, senza per nulla privarla di valore, la dimensione dell’autorealizzazione, “che è quella propria del riconoscimento reciproco da parte di ognuno di sapersi prezioso per la società, in virtù delle proprie prestazioni e delle proprie attitudini.”110
Su di un altro punto focale del capitolo precedente risulta ancora una volta illuminante un passaggio di questo saggio: “ non c’è ancora l’apprezzamento [corsivo nostro] del debito che il nostro sé ha nei confronti degli altri per essere diventato ciò che è.”111 L’accostamento del termine apprezzamento al concetto
di debito ci riporta a quanto detto poco sopra: una chiave di svolta fondamentale è costituita dallo svincolamento dell’equivalenza socialmente accettata tra debito e senso di colpa.
All’interno di questa Svolta Culturale si nascondono però anche svariate insidie: il passaggio necessario dal piano dell’economia a quello dell’oikonomia, di un inglobamento etico e morale all’economicismo moderno in sostanza, potrebbe portare all’accentuazione di dinamiche sclerotizzanti in termini di dinamiche di potere fra macro-‐sistemi, che siano statali o sovra-‐statali. Ancora una volta, è la riconduzione al modello maussiano del dono a venirci d’aiuto. Le sue due direttrici nella creazione di un nuovo spazio politico, quella della obbligazione politica e della libertà personale, saranno i garanti della salvaguardia delle differenze culturali che continueranno ad esistere e a rappresentare un patrimonio incalcolabile. È così, che la difesa della propria identità (sia essa soggettiva o di gruppo) non può assumere contorni integralistici all’interno del
110 Ivi, pp. 30-‐31. In questo passaggio Fistetti prende a prestito delle parole di A. Honneth in lotta
per il riconoscimento, il saggiaotore, Milano, 2002, p. 156.
circuito del dono, ma deve necessariamente passare dalla creazione di una interazione tra locale e globale atto a valorizzare le peculiarità del piccolo, in qualsiasi campo esse si trovino. “la riconnessione tra economia e cultura avviene salvaguardando la libertà culturale, che nel nostro caso vuol dire costruire una identità oikonomica [termine e corsivo nostro] che si affermi come tale senza che essa implichi la negazione di ciò che non è autoctono, ma anzi incoraggi la competizione e il confronto.”112